Sogno
di una notte in spiaggia
Vedo
la stella, si muove verso di me.
Bianca
e io nera.
Forse
mi vuole abbracciare.
Chissà
cosa cerca.
Ennesima
occasione.
Mi
sento come alle giostre
e
voglio scappare,
sono
troppo sporca,
ci
vorrebbe una doccia.
Vado
dove lei non può guardare i peccati.
Lavo
via il marcio, voglio esser chiara, sincera.
Lei
è la mia stella.
(
©Sara
Pisani - Tutti i diritti riservati)
i
A
Francesca, di luglio
Mi
chiamava Bologna.
Bologna chiamava.
Sì, ciao amiche e amici, volevo dire, mi mancate sapete?
Sì,
tu, lei, lui, l'altro, anche lei e voi, tutte e tutti, vi volevo
chiedere: quand'è che ci rivediamo?
Sì,
domani faccio un post, pensavo, domani, uno di quei post un po
matti un po scassaminchia
dove
vi taggo a manetta e poi qualcuna è contenta, qualcuno
no, maccchisene, io lo faccio lo stesso.
Domani lo scrivo e vi dico: spiruliamo un po sti metri,
dai, incontriamoci, ridiamo,
tiriamoci
4 schiaffi di poesia o anche no, magari solo lo spritz, va bene,
quello che volete,
lessiamoci
nel caldo, anchio che non lo sopporto, perché è
bella Bologna e mi mancate e non vengo da un bel po.
Ma
quello era il momento, ormai dovrei saperlo,
era
quello e non ce n'è mai un altro dopo che possa essere
lo stesso.
Era quello, quello subito dopo l'oscuro ché la luce abbaglia
e ferma e tutto resta com'è per 1 secondo almeno.
Bisognava contarlo, insieme magari, gridarlo fuori dalle gole.
E arrivato prima lo squarcio, io penso e lui invece va e
va e corre e non sente cosa fa, non lo capisce neanche.
E chi ci capisce più qualcosa.
Ha chiamato Bologna.
Bologna ha chiamato.
Bellissima anche nell'inferno e la luce gialla di una palla gigante
in mezzo al nero.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
La
vecchia suora ha la faccia di uno stoccafisso
La vecchia suora ha la faccia di uno stoccafisso.
Forse
lasciandola a bagno tre giorni sotto l'acqua corrente ritornerà
una persona normale.
Ci
mette tutti in fila indiana in quello stanzone che chiamano teatrino,
quaranta
bambini impalati e muti a fare quello che lei chiama il gioco
del silenzio.
A
sei anni non si può stare immobili come pali da vigna a
guardare la nuca di Aurelio Pandolfi,
almeno
non per molto tempo.
Almeno
io non ne ero capace.
Poi
ti vengono i pensieri...
A
sei anni è presto, ce n'è di tempo...
così
dico qualche cazzata ad Aurelio,
lui
si mette a ridere
(in
cazzate sono bravo da sempre)
Lo
schiaffo rugoso e violento della vecchia mi fa girare la testa
dall'altra parte,
non
ho mai preso uno schiaffo così forte prima di allora,
anzi
neanche dopo, da grandi non si tirano schiaffi...
magari
si fa a botte ma gli schiaffi no, non è roba da uomini.
No
che non piango vecchia puttana
Non
te la do questa soddisfazione
le
lacrime premono per uscire ma l'orgoglio le domina.
Brutta
stronza, non te la do questa soddisfazione...
La
troia dice che andrò all'inferno.
L'inferno
è pieno di bambini di sei anni che hanno perso al gioco
del silenzio...
In
seguito ci sono stati giorni in cui ho pensato che la profezia
di suor-come-cazzo-si-chiamava
si
era avverata.
Così
dal fondo del pozzo ogni tanto fantastico sul mio paradiso personale.
Dio
è B.B.King. Sta in fondo al locale in un angolo e sorride
mentre
in sottofondo suona la sua Lucille.
Sorride
e ha una parola buona per tutti,
e
puoi mandarlo a fare in culo che tanto lui non si offende.
Lo
sa come funziona...
Poi
gli porti una Guiness e lui beve con te e ti racconta una barzelletta
sporca,
di
quelle che fanno ridere, come quella delle tre signore che passano
vicino alla spiaggia dei nudisti.
Appoggiato
all'angolo del bancone c'è Bob Dylan.
Se
vuoi puoi sederti sullo sgabello vicino al suo
(in
paradiso lo sgabello vicino a Bob Dylan non è mai occupato).
Sì,
ti puoi sedere vicino a lui, appoggiare i gomiti sul banco con
un bicchiere tra le mani,
e
con lo sguardo liquido perso su un pianeta lontano stare lì
in silenzio a non pensare a niente.
La
gente entrando direbbe: guarda quei due, come la sanno lunga...
E'
così che si fa il gioco del silenzio.
E
poi nel mio paradiso personale farei entrare tutti i ragazzi della
ritirata di Russia,
nessuno
se li ricorda, ma loro all'inferno ci sono già stati. Entrerebbero
di diritto...
e
non si parlerebbe di politica ma di donne, sì con gli alpini
a bere e a parlare di donne,
ma
solo di quelle hai amato davvero.
Nel
mio paradiso personale il bere non farebbe male,
il
vino avrebbe solo un'anima buona,
come
le chitarre dreadnought...
E
io ho venticinque anni e la tempesta non è mai arrivata,
e mi sentirei sempre come quando la sono
andata
a prendere con il mio catorcio al lavoro,
e
insieme abbiamo imboccato l'autostrada con il sole che scoppiava
dentro e fuori.
Nel
mio paradiso personale ci sarebbe posto anche per la vecchia suora,
per lei e per le sue minacce.
Proprio
a fianco di B.B.King, dietro la porta del bagno (è sempre
in fondo a sinistra no?)
Beh,
lei sarebbe lì.
A
pulire i cessi dal piscio degli alpini ebbri e noncuranti della
mira.
(
©
Federico
Virgilio - Tutti i diritti riservati)
Toccami
Se
non hai a chi dire come
ci si sente veri, come baci,
come chi resta, se vuoi contare
barattoli ma hai finito le dita
nellultimo saluto, perduto e basta,
se il calore di un cappotto è
solo nessuno che si presenta,
se oggi fai il pane e domani
fai la casa alla solitudine e se
svieni parlandone e non cadi.
Allora tocca. Toccami e basta.
(
©
Lucilla
Gori - Tutti i diritti riservati)
In
assenza di te
In
cinque minuti
sfidare
il contrario di eterno
Con il riso
che ci scappa dai denti
Tu fuori
io dentro
Tu dentro
io ... ?
Sparsa
sciolta
nell'arco dei tuoi reni
raccolta
Divieto di esche
o tagliole sui nervi
I polsi liberi dai fantocci
Uno, chiamare
Due, è vento
Tre, bum bum bum
Si apre
Chi c'è?
Intero lo specchio
dove non ci troveranno
i riflessi
Bum bum bum
Si apre
Cosa?
Cado
Dove?
Sui gomiti, i cieli spezzati
Diluvio
L'arca parte
Senza di me
In assenza di te
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
In
braccio al ciliegio
Dopo
il tutto per spacciato.
Dopo tutto quel morire.
Una sberla di fuoco.
È mia.
È mare che esce dal nido.
È fondo che si rivolta.
È la terra, madre,
che si svergina ed erutta.
In completo addio
dimenticanza di orlo.
Non l'ombra del rimorso
in braccio al ciliegio.
A bocca spalancata
sotto al frutto esploso.
Corrosione zuccherina.
Pugnale.
Brivido di materia
capace di passo,
suono, meraviglia.
La testa contro il muro.
Non c'è più posto per nessuno.
Cede il gelo
a un caldo di ciniglia.
Metastasi di linguaggio comune.
Se solo potessi dirlo
ma è sangue,
carne, molecola primordiale.
Inferno liquefatto.
Si prega per entrare.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
Se
ti penso
Il
ricordo è un filo di lana
Che spezza il tramonto,
Come un pugnale d'ombra
Segmenta il tempo,
Ne fa mucchi di briciole rosse
Che spande
Sopra l 'autunno.
A
piedi nudi
Io attraverso quel filo,
Calpesto l'odore stantio del bisogno,
Nella foschia ruvida
Di un agrifoglio
- In equilibrio -
Io rimpiango quel giorno.
Poi,
senza voltarmi
Oltrepasso l 'arco di un leccio,
Accarezzo foglie di giada,
Fuggo, m'inseguo, vaneggio.
E
il crepitio dei miei passi
Diventa un flusso salmastro:
Una corrente di baci e parole
Che inonda gli occhi e
Inaridisce il cuore
(©
Alba Sunshine Bettoschi Ratti - Tutti i diritti riservati)
Nata
ieri
Quando
il vento muove i passi in sincrono col tuo
Quando il tempo s'inchioda alla sua paraplegica costruzione
Quando il morso degli obblighi è ridicolo sfregio e lo
sguardo è solo e tutto
Allora ci sono io
Nel giardino di una chiesa
Senza consacrazione
Benedetto sia
Questo unico respiro
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
Il
peggio di me
Hai
conosciuto il peggio di me
avresti dovuto vedermi
quando ero un cacciatore di sogni
una specie in estinzione
li tenevo nelle tasche
Si sa che il tempo cambia le situazioni
le classifiche non restano le stesse
e il tempo
il meglio lo tiene per sé
(©
Eternel - Tutti i diritti riservati)
Niente
di che
Il
nero è denso
Il
bianco è acqua
Il
giallo è verde illuminato
Ma
il fuoco è la barba del diavolo
E
il bianco è anche aria
L'anima
è nebbia che si muove
L'azzurro
è il colore che nasconde il Vuoto
Il
Vuoto...
Il
rosso comincia dove si perde la vista
fino
al Nero,
oltre
i confini del Bianco.
E
il Vuoto,
è
una stricia infinita di latte
sciolto
in una specie di yoga...
(©Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
FATA
TURCHINA
Io
evito
di pensare. Lei è giovane, pensi
pure quanto vuole. All'acqua
all'aria l'amore,
all'ozono la politica gli asini
che volano e alle zanne ancestrali
degli elefanti e di Dio,
Signorina,
e ai Pianeti e al Perché.
Pensi quanto vuole. Ci ho impiegato
una vita per capire che tanto
non conta un pazzo. Creda,
mi era rimasto solo che chiedere
a Pinocchio l'opinione che avesse
della Fata Turchina.
E ora guarda caso,
come ha detto che si chiama?...
(©Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
Primattori
nella notte
Ormai si vive solo di notte,
nel sonno agitato e confuso
che spiuma cuscini e trapunte a fiori
e fa da regia ribelle ai nostri sogni
tormentati.
Nel
semibuio delle ore più intense
dentro piani sequenza amatoriali
si compiono le gesta attese
di onirici primattori, nelle scene rubate
all'ottusa e avversa quotidianità.
Ad
ogni ciak si vola, s'inventa e si crea,
si conducono battaglie e lunghi soliloqui
si uccide perfino, a volte si muore
e molto spesso è soltanto l'amore,
perché è ciò che tace e manca
che alfine affiora
e pretende ascolto dentro di noi.
Siamo
eroi minuti e spavaldi
fino al chiarore dell'alba,
marinai davanti al timone
di piccole navi
racchiuse
in bottiglie
che non approderanno mai.
(
©Corrado
Guzzon - Tutti i diritti riservati)
Durante
Dovrebbe
esser sempre lunga
la notte.
Senza capo né coda.
Senza no e senza sì.
Solo notte di passi pochi
e respiri in automatico
per godersi
gigantesca
l'assenza.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
(Poniamo)
Sei
lesta
quando ti guardo e rastrelli
campioni di capelli biondi,
poi
mori domani, invasione
ricciarossa dopodomani.
Mi piaci. Mai la stessa
mi appari eppure
CoccaCara nell'ora
dell'ozio e dopo il secondo
quarto d'ora mi stufi
più che i tetti delle case,
più che a Dante
la Divina Commedia
e al contadino (poniamo)
una sciocca vendemmia.
(©
Javier Guado - Tutti i diritti riservati)
Nuova
Avevo
un amore.
Giovane.
Apparecchiato come la Pasqua.
Sfondava le finestre.
Ululava per le strade diurne
della speranza cieca.
Era bello come la notte brizzolata di stelle
e vento lucido.
Andava giù alla grande
senza acqua nel bicchiere.
Rubava brillantina alle farfalle
faceva nodi in gola ai grilli
cadeva con chi cade.
Fresco saltellava tra ali di zucchero nero
e lingue di burrasca.
Piovve.
Scardinò il portone
giocò i suoi quattro assi
e stese il tappeto della raccolta gemente.
Sparò a salve sulla bonaccia.
Io mi ferii la testa con un'aureola
di idee sante e farlocche.
Lo chiusi con la chiave gettata
alla mia nascita.
La combinazione fece cilecca.
La minacciai con un calcio.
Mi restò un segno di scortico blu
sul ginocchio destro.
Era una cosa che non potevo vedere.
Lui rise ancora parecchio.
Poi la tovaglia fu tolta.
Aveva un colore e una stampante.
Riconobbi il timbro.
Fu per sempre senza mai essere.
Fu la gioventù a fare il suo dovere.
Adulta adulterata sconfessa adulterio
premendo on sull'aspirapolvere.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
-
Mattino di maggio -
Nellopulenza
della cenere
giacciono donne sole.
Senza denti o labbra
raschiano pareti innanzi al sonno.
Cadrò domani
tra le chiare voglie delle tombe
dove, tra inetti fiori,
singoiano gli specchi.
(©
Antonio Torre - Tutti i diritti riservati)
-
Stato -
Ah
cieli distanti e vivi,
non la limpidezza piango;
Io
piango la non-Beatrice,
La mia ragione del trapasso,
La cerimonia immensa e fredda
delle stelle.
(©
Antonio Torre - Tutti i diritti riservati)
Dachau
Piovono, piovono su di noi da questo cielo cannone.
Cadono sui nostri telefonini ebeti, sopra i flash puntati a mirare
il vuoto.
Piovono, piovono sulle mani nude, su questi abiti inopportuni.
Cadono su questi respiri sfacciati e la ghiaia al posto dei corpi,
i loro.
Tanti, fitti, ricurvi, malfermi, poco più che sussurri
fra squadroni di stivali neri e duri
lustrati a odio e cenere e grida e fumo
e idee da ardere.
Piovono, piovono impalpabili su queste teste attonite
e le lacrime arrestate al via per non sembrare ancora più
stupide
e che cosa ti credevi?
Cadono sul groppo in gola e le gambe molli,
sui nostri bei visi puliti e spalmati di una nuova crema alla
calendula.
Cadono sulla fronte e il naso e le guance
e non sugli occhi che chiedono di sapere perché, come,
chi
e trovano una risposta scomoda.
Dachau ci restituisce quella stessa nebbia,
gli incubi, la vertigine della paura,
la possibilità dell'inverosimile, la fragilità del
limite.
Dachau è la forza dell'assenza, la prova silenziosa,
l'unità di misura.
Tutto in ordine, tutto allineato,
le sbavature rimosse nella magica geometria del campo
e da sopra le torrette di guardia, oltre il filo spinato,
come frecce di cupidi misericordiosi,
gli spari.
Un piede nell'erba ed era tutto finito.
La fame, lo sfinimento, il tifo, gli esperimenti
ARBEIT MACHT FREI
l'annientamento, lo svilimento, la disumanizzazione
e una bandiera, pensa, messa in cima a farsi onore.
Progetto folle e geniale fin troppo condiviso
da cui è stato facile, poi, prendere il largo verso la
nuova economia
evviva evviva
e chissà se è successo davvero.
Ma loro piovono, piovono incessanti sulla morte che non hanno
avuto,
sul senso di un sorriso, una sigaretta, un libro,
un morso di mela, quella bella canzone,
sulle lettere di un cognome, un cuscino
e tutta una spazzola per capelli zero.
Cadono al centro del piazzale degli appelli,
piovono sul nome non pronunciato,
sull' altoparlante muto.
Cadono da questo cielo cannone
sulle nostre labbra serrate, sui nostri uncini interrogativi,
sulle foglie pregne di questo autunno sferico
e colpevole di essere tornato.
Eppure nessuno che volesse morire
mentre le carcasse si ammonticchiavano
nella stanza prima del forno
come troppi spaghetti in pochissima acqua e la pentola inadatta.
Una bocca aperta e deformata dal dolore
sopra a un pube rinsecchito, infetto e nudo.
Le gambe di non si sa chi fra le braccia di chissà chi
altro di chissà dove.
Cadaveri come gomitoli
come paglia stipata a casaccio
come letame
come fosse normale.
Poi, la libertà del camino.
La dignità riconquistata cambiando composizione all'ossigeno
e una variante in più nello spettro di colori disponibile.
La camera a gas di Dachau è piccola e bassa.
Pare non sia stata utilizzata per stermini di massa.
Erano solo le prove generali
per il grande spettacolo che si sarebbe tenuto altrove.
Qui dentro non piove.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
FUOCO
DORMIENTE
Vivi
all'interno di vivide trasparenze
sinuosamente danzanti e rossastre
sensualmente caste e vere
come la tua presenza
come quell'angolo talmente sognato
da essere reale e solo nostro
Vivi all'interno di un vecchio fuoco
un vecchio fuoco dormiente che abbiamo dalla nascita
a cui ha dato forza e vita
con l'ossigeno d'alito d'angelo
con carbone di quotidiana fiducia e rispetto
ed atavico sentimento tangibile
reale come quelle lacrime
che di fronte ad un tale fuoco
possono solo evaporare per diventare poi
acqua dolce che alimenta il lago
il nostro contatto liquido
Viviamo in queste attraenti fiamme
ma nonostante tutto non bruciamo mai
accarezziamo un fuoco
che ci allarga le vene
baciamo quella fiamma
come in un rito arcaico
che lascerà in noi delle scottature
di cui ne andrò sempre fiero
perché semmai il tempo
cercherà di riaddormentare il mio fuoco
come se con presunzione volesse domarlo
avrò sempre un luminoso incendio da ricordare
ed è questo che farà si
che la tua fiamma non si spegnerà
mai
(©
Luca Codurelli -Tutti i diritti riservati)
(invia
anche tu una poesia a
manoscritti@cicorivoltaedizioni.com,
scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
TRAGEDIA
Adesso
o mai più!
Vola cazzo vola!
Come
un'ape mostro
di fiore in fiore
creando danno
con la tragedia nella tua testa
tragico dentro e fuori
creatore di libertà
liberticida di te stesso
Vola, vola forte!
Pensi di avere tutto questo tempo
Io non ce l'ho cazzo
non ce l'ho
Sarete sorpresi anche voi
per la medesima causa:
l'imperfetto umano
che ci trascina in un tragico vortice
danzando
la gloria di me
abbandonando la lussuria
(©Luca
Codurelli -Tutti i diritti riservati)
(invia
anche tu una poesia a
manoscritti@cicorivoltaedizioni.com,
scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
Scampanio
inopportuno
L'imbarazzo
dello scrivere in silenzio
Il disagio di un'indecisione
Ho solo perso qualche momento
nell'attesa di un lampo di sole
Ho solo atteso che il cuore rinfrancasse
quest'assolo di lacrime e tremore
Vorrei soltanto appendere la sera alla
solitudine dei pensieri innevati di
lutti e velluti sottili, leggeri di piume
rovesce e scandite dal tempo asciutto
nella notte che cammina lenta lungo i fianchi
del mio rimorso di vita spessa e amara
scontati gli epigoni, rincresce l'atto
un folle senso, assapora così la fine
della nostra morsa a corpi stretti, addomesticati
al sonno condiviso, nel tepore dell'inverno,
radioso tremore infernale dei tasti macinati
in fretta, come il pensiero, così fugge
il rimorso colpevole di non dirsi quando
il quieto vivere, le lacrime del giorno sereno
la notte sudicia di buoni consigli, come la fatica
il sudore pudico dello scrivere
solitario e pensoso
E
bramo parole e fermenti di vita nell'animo osceno
E aspetto l'ardire delle scatole vuote, rovesce sui tavoli
Smessi dei nostri silenzi, ch'evaporano il soave azzurro
Tra i cuscini smossi del divano e l'abete regale del natale
Voglio tornare a morire le viole
Voglio tornare a spremere l'odore acre della terra nei petali strappati
Quando un tempo uccidevo tenere violette, tra l'erbe del cordolo
grigio,
e piangevo l'oscenità del vivere mio sottile, come giunco
piegato al tenero
rullare del vento improvviso, improvvido e mendace
ho scartato
il mio natale
lucente di carte e nastrini
sorrisi e
sonni, carezze e mattini
Ho scartato il mio natale
impaziente di vivere i ritmi folli
della notte in corsa
per la fine
del mondo.
(©Adele
Pedroncelli - Tutti i diritti riservati)
(invia
anche tu una poesia a
manoscritti@cicorivoltaedizioni.com,
scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
Ruggire
Uno
stormo di starne sta
frastagliato di trame
stranamente ruggendo al tramonto
e mentre le guardo, striate
starnazzo, starnuto,
stupisco e trapasso
tre istanti
tre ore
tre sogni può darsi
o tre Tigri?
mi siedo sul letto e trasudo perplesso
una truce stranezza
tradita dall'alba
mi coglie a contare
tre dita per tre
ripeto tre tigri
che contro tre tigri
stranamente striate
sul filo del sole,
sul trono del giorno
starnazzan di già.
"E lo stormo di starne che fa?"
mi domando stranito.
"Ruggisce al tramonto, ma solo tre volte"
rispondo in un solo ruggito.
"Di più non si sa?"
"Di più non si può. Ruggire".
(
©
Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
(invia anche tu una
poesia a manoscritti@cicorivoltaedizioni.com,
scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
Delirio di luce nuda,
in te la fiamma oscura e spira!
Sul
piano di questa voglia
il cieco incenso che si frange,
di forma sciolta
che si disfuma e sfila.
Delirio
di luce nuda,
in te la fiamma oscura e spira.
Notte,
perduta notte!
Cantiamo e moriamo
l'ultima volta ancora!
Ah,
ho reso tutto!
Tutto quanto è disteso
come un fraterno orrore.
Declina
il fasto
la tua fronte in fuga.
Entro
il sereno sonno
che ti copre
diamanti estratti
da un inflitto volo.
Delirio
di luce nuda,
in te la fiamma oscura e spira.
Dei
vasti lumi
che riversa il giorno
non teme il conto
il tuo perfetto chiuso.
Come
in un orizzonte,
teso tra cieli esausti,
cadono vastamente
soli profondi ed ira,
così questo silenzio,
avvolto della tua forma,
cade perdutamente
in sangue
che estratto gira.
Delirio
di luce nuda,
in te la fiamma oscura e spira.
(
©
Antonio
Torre - Tutti i diritti riservati)
(invia anche tu una
poesia a manoscritti@cicorivoltaedizioni.com,
scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
IL
PRIMO UOMO
ti
ho visto
eri gobbo e goffo
ripiegato su una speranza che non hai
parole che non conosci
ho cercato in me la tenerezza
ma non è venuta
ti ho visto
e potevi essere chiunque
eppure, non lo sei
ti ho visto
stonato e storto
tra le pieghe della vita che hai vissuto
bravo, te la sei goduta
è un fatto
non conosco i tuoi pensieri
nemmeno so se sei capace di averne
ti ho visto
camminavi solo
e solamente camminavi
sempre
un po' più lontano
la cosa buffa, infine,
è l'occhio di mia madre
a scorgerti
senza di lei, di te,
non avrei mai visto niente
ma non cercarti l'ennesimo alibi
è con gli occhi miei che io ti guardo
di tutte le cose che potevi essere
più di ogni altra
ti avrei voluto
semplicemente
sincero
ti ho visto
mi chiedevi di uccidere
il tuo carnefice
ho solo pensato
che tu sei stato il mio
NON IO
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
(invia anche tu una
poesia a manoscritti@cicorivoltaedizioni.com,
scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
FUORI
SINCRONO
Fa paura la vita che si sgrana
riversata in un film
a sonoro fuori sincrono
bande strette su rumori di fondo
fruscii
stropicciature di voci
in play-back disordinati
ondulazioni spezzate da sbiechi
e fra gli scardini del moto
il balzo improvviso
di inquadrature compensative
che svicolano consce dell'improbabile happy end
(
©Carla
Paolini - Tutti i diritti riservati)
(invia anche tu una
poesia a manoscritti@cicorivoltaedizioni.com,
scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
QUALCOSA
DI MIELE E CLOROFILLA
Qualcosa
nel tuo corpo m'agita
come una mezza verità
un colore obliquo
una canzone sorda.
Qualcosa nel tuo corpo mi riporta
un senso smarrito
una forza forte
un'aria sospesa.
Qualcosa nel tuo corpo mi garantisce
che sei solo
mentre io tremo della tua stessa estraneità.
E' un corpo bello, il tuo, come se fosse nudo
e per niente vigile e un po' austero.
Un'acerbità senza l'audacia.
Qualcosa da scolpire come se fosse neve.
Da annusare come se fosse fango
e muschio e clorofilla.
Da leccare come una chantilly
in una terra di finite meraviglie.
Qualcosa nel tuo corpo mi rimanda
qualcosa del mio
paralizzandomi come rocuronio.
Qualcosa nel tuo corpo mi dice
di un fuori rotta
e un destino che è andato maledettamente perduto.
Sobrietà e piedi per terra.
Pragmatismo e responsabilità
e fammi il piacere più in fretta!
A.A.A. paio di belle scarpe cercasi
nuove fiammanti
sotto lo sguardo di una luna a metà
lucente di brividi e uno sforzo sovrumano di precarietà
per picchiettare col tacco
su un blocco di travertino usato.
Scivolare nell'impossibilità
e farne un gioco premiato.
Se questo sonno venisse più spesso,
più spesso io saprei dirti chi sono.
Magico e incatenato momento
di nullità e nullessenza
pulsante di fiocchi d'avena
e un petalo viola.
Dentro di me spirito che non vola
e s'impenna di quando in quando
solo morendo.
Lo strascico lungo della mia ininterrotta posa
e il salto infame al di là del regno della scusa.
Parole senza sostegno naviganti nel blu
della mia arteria principale.
Oh se questo sonno venisse più spesso
e mi cogliesse ancora com'ero prima!
E tu? Tu che faresti?
Che faresti così nudo e solo
nella tormentosa tormenta di luce sguaiata?
Che faresti di quella tua spalla larga
che riflette un buio non spento?
Girovago della vita senza sapere dove trovarla.
Come fuori questo vento che sento
senza che si faccia mai prendere.
Bene, nella tua fantastica poesia sporca,
nella buona e cattiva sorte del tuo santo ipocrita e giustiziere,
tu non mi venderesti mai ad un altro
né mai saresti capace
di tenermi a te con mossa d'anguilla.
Che me ne faccio del tuo corpo io
se non per sognarlo ancora?
Vorrei toccarlo di più sotto la larga camicia
di tutte le volte.
Qualcosa nel tuo corpo si spreme in automatico
in un miele un po' rancido
mentre tu ignori
che io ne berrei come se fosse linfa.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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IL
PASSO DI MIO PADRE
Il
passo di mio padre
è leggero e ticchettante
L'avampiede accompagna
il labbro recitante
la tenace considerazione avversa.
Viene
giù dalle scale
percorse mille istanti
coi carichi pesanti
della vita.
Il
passo di mio padre
si distingue
è riservato e sobrio,
così diverso dal suo ciarlare
inutile ed ossesso ma,
adesso,
è così strano
udirlo
discendere veloce,
passare lieve dietro la mia porta
io non mi sono sporta
non ne ho avuto il coraggio
quel semplice passaggio
che mi ha lasciata attonita
e sfinita
non parla più di vita
ma d'illusione uditiva
di un'anima che origlia
di quello che paventa e aborra
questa tua martoriata figlia.
Volerti
e non volerti
adesso è strano
e sapere che scegliere è impossibile
e dalla mente tenerti
ben lontano
per rendere il mio giorno più vivibile.
Ti
prego, fa di più ora che puoi
ora che niente impedisce il sentimento,
ora che è chiaro quello che non vuoi
ora che appare assurdo il pentimento.
E'
strano alzare gli occhi per parlarti
captarti e non sapere come.
E' strano venire qui a pregarti
e sulla tomba leggere il tuo nome
Sei
morto, morto, morto e morto ancora!
E morirai ogni giorno ed ogni istante
non servirà, adesso come allora,
relegarti in un pensiero vacillante.
Ti
prego fa di più
di quello che hai mai fatto
non passarmi solo accanto
pietrificandomi al tatto.
Sopporterò
la prova dell'attesa tua infinita,
potevi far di più che darmi la tua vita.
(
©
Manola
Pieruccioni - Tutti i diritti riservati)
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DA
EST A WEST
ci ho messo un metro e sessantuno di vita,
che vuol dire eterno come la mia circonferenza,
per sapere quello che già sapevo
e la cosa non mi rende poi tanto allegra
da anni convivo con le tue parole
anche se tu mi hai dato per persa
ed era vero
mi hai sempre vista
senza nemmeno dover vedere
e a me faceva un gran bene
e ora mi manchi come manco a me stessa che sono qui
un metro e sessantuno che ci sto
e sembra uno scherzo
ho accomodato un genio alla mia tavola una volta
gli offrii fulmine, fumo, pane, sugo e arrosto
più qualche cosa da bere per andare in scioltezza
fu così, per conoscenza, che mi mostrò la sua lampada
bella, lucida, trasparente e vera che la mia bocca
si colmò subito di desideri e dalle mie labbra piovvero
farfalle e aerei che si spararono in ogni direzione
visto che non ne avevano nessuna
da est a west
attraverso il tropico degli accidenti
oltre il triangolo delle mie mutande
aspirammo il calumet della voglia e ci scambiammo la lingua
non successe niente fra noi
giusto il gusto della sapienza
poi lampada e genio sgasarono via su una jeep d'annata
ed io ho lavato il bicchiere vuoto sotto un'acqua fredda
ho sempre pensato che prima dell'amore ci fosse il sesso
poi i pensieri si confondono e se hai fortuna
tutto diventa una cosa sola, ma anche nessuna cosa
e funziona lo stesso
se mi vedi ancora
c'è un metro e sessantuno di capelli neri
e questa bocca che proprio non ce la fa a starsene zitta
e mi fa un gran bene lasciarla aperta alla sapidità che non
è mai troppa
volevo dirti che me l'ha insegnato un genio, alla mia tavola, una
volta
eppure, giuro, lo sapevo già da un mucchio di tempo
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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COME
SENZA
io
cerco l'armonia
tu trovi il dispetto
schiavo libero di indicare sempre l'errore
non ti disinfesti dall'ombra
che porti ricamata dentro
altorilievo di un gioco che ti ha bruciato
e si vede
ho chiare lettere digitate sul petto
i n s o p p o r t a z i o n e
circolo vizioso dell'inappetenza
che estingue senza lamento
così poca fortuna
così poco
e se io non lo meritassi?
se ci fosse davvero dietro l'angolo
quell'orma sporca e selvaggia
che mi scalpita in vena?
e se mi bastasse per vivere ancora?
come un foglio bianco
come questa boccata di fumo pregno
come l'assenzio che precipita la sua essenza
come l'assenza
come senza
reset
la stessa luce del giorno prima
i piedi in tutte le scarpe
la fine dei tempi morti
il cuore in altalena
il vento al principio di ogni stagione
un destro al perpetuo ché si dia una mossa
se ci sei, ti dico,
se ci sei batti un colpo
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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TRANSUMANZA
Sverno
Dove l'ultimo spicchio di sole
Riscalda il mio vagare lento,
errando
per valli riesumate dal ricordo
dov'ero agnello dal morbido riccio
inconsapevole e felice d'andare.
Ho speso tante estati nella piana,
raggi feroci incendiavano il vello robusto,
incenerivano i ricordi,
ubriacavano gli occhi opachi.
E ora, questa transumanza,
m'offende il cuore, m'incatena.
Devo seguire il gregge,
anche se non è più lo stesso.
Da tempo ho perduto compagni,
li ho visti morire distratti,
anelando al greto mellifluo,
annegando nel ruscello violento,
alcuni sbranati dai lupi.
Li ho visti afferrare da mani rapaci,
li ho riconosciuti dai belati invocanti,
dall'odore acre dell' arrosto.
Altri ho perduto di vista, ombre vaghe.
Poi si sono aggregati i nuovi di cuore,
sgambettavano ignari, felici
nell'aria pungente, prima del fuoco.
Hanno brucato anche loro l'erba avvelenata,
trovato ristoro nella fonte indigesta,
molti sono scomparsi nella grande vallata.
Segno il passo, imperterrito,
tra un vagito e un allegro belato,
facendo il pieno di soli e di lune,
col capo chino e il passo allineato.
Non andrò,
questa volta a svernare,
rimarrò qui, solo, ad aspettare
nuovi cuori a farmi compagnia,
freschi ruscelli a dissetare la mia sete antica,
tiepidi raggi a riscaldare
questa carcassa stanca d'andare.
(
©
Lucia
Sallustio - Tutti i diritti riservati)
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FRAMMENTO
Dèi leggeri dalle gambe nude,
dalla facile vita estiva.
Ti lascio con loro.
La febbre sparisce e intanto
gli occhi risalgono dal buio.
Non cadrò anchio nellerba,
non cercherò le sue canzoni.
Ti lascio con loro.
E non posso guardare il passato
senza tremare.
E lo straccio che stringo è soltanto
uno straccio.
(
©
Giulia
Sarli - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Lezione
di canto
Alla
lezione di canto
parlava
dell'aria e del suono
che ne deve uscire
come liberato
primigenio e riscoperto.
Ognuno di noi
ha una voce incatenata
in qualche posto che
non vuole o può
uscire fuori.
Il respiro passa
inconsciamente continua
ma non sappiamo riconoscerne
il tragitto, il percorso.
Dove risuona
il nostro respiro
è partorita la nostra voce
e non c'è miracolo o scienza
capace di fecondare
ma solo miracolo della carne
scienza dello spazio fisico
estasi dell'aria
che viene suono.
Possiamo andare sorridenti
verso la luna e i pianeti
possiamo curare malattie
virus forti e combattenti
possiamo anche
erigere monumenti
per esaltare la gloria
l'identità nazionale
per sentirci più popolo
meno soli più solidali
possiamo fare tutto
scoprire sempre
nuove informazioni
passarle agli altri
essendo piccoli messia
della rete
informatica.
Possiamo forse amare il prossimo
ed esserne convinti
soffrire per i dolori altrui
o fingere di farlo
possiamo incontrare nuove persone
in poco tempo in tutto il globo
con un aereo viaggiare
e solcare gli oceani
esplorare i cieli.
Grazie a tecniche
all'avanguardia
ci è dato sapere
quello che accade
quotidianamente
sotto le acque all'interno dei mari.
Con le vivisezioni
impariamo
la vita
e impariamo
la morte
per provare a sconfiggerla
piccoli messia.
Non sappiamo ancora
ritornare bambini
dare forma al respiro
guidarlo e condurlo
nei posti più semplici
che fan parte di noi
ma che non conosciamo.
Come piccoli messia
non ci danno sicurezza
le croci
e i sepolcri non ci conterranno
mai
ma non abbiamo paradisi
o sedie alla destra del padre.
non siamo adatti
a riposare nel sacro
noi
che non conosciamo il respiro
che non sappiamo
farlo
cantare.
(
©
Nicola
Lotto - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
La
fragilità sopravvive all'eterno
Ci
sono mura di silenzio che arretrano alle spalle
Dei miei soliloqui quando il sole ha singulti di cristalli erosi
dal tempo
Il sabato del mio mattino
La chitarra elettrica respira un sorriso andato
Con il cancro del mio amore incestuoso, impasto di lacrime e terra
Cemento, riciclaggio di fiori appassiti.
Non mi rassegno all'evolvere dei bouquet ricevuti.
Li osservo seccare, evapora l'anima del loro dolore, attraverso
lo spessore dei giorni.
Ne conservo il tiepido colore, fino alle briciole di una consistenza
possibile.
Ho la tenerezza di un bouquet appassito, l'aspetto d'un petalo ch'è
polvere, dissolvenza di fibre e colore.
Li conservo per anni, a dispetto del tempo, la fragilità
sopravvive all'eterno.
Qualcuno muore, qualcuno ritorna, sono voli d'angelo le nostre paure.
Quante illuminazioni perse nel retaggio della mia indolenza,
nel dubbio della dimenticanza, le nubi tradite dall'incerto spendersi
d'un raggio di sole
mutate nel vago singulto d'un vento assassino
viaggiano ancora tra le folaghe scure
e le canne del fiume viola.
Alle spalle del giorno lo sguardo
a lutto
delle montagne.
(
©Adele
Pedroncelli - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Ali
di sogno
Batti
la testa
e sanguina ancora
quando riprendi
la tua corsa
verso una felicità
intravista,
rumori
assordanti
sulla strada sottostante
non ti impediscono
di gustare
il fuoco rosso
del tramonto,
rimuovi le scorie
di un vivere malsano,
abbandona le cose
che solo cose sono
e veglia prudente
sui tuoi ideali,
se
senti una scossa
non la ignorare
e se sprofondi
in un sorriso
non ti vergognare.
Di tutto ciò
la vita si nutre,
rinascere e morire
può sempre capitare,
niente è precluso
a chi sa sognare.
(
©
Imada
Vola - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
QUIETO
VIVERE
Quieto
vivere quieto
io so di te e dei tuoi voli in discesa
del tuo sole senza luce
del tuo vento senza aria
Quieto vivere quieto
il frullo del passero
è passato
e non te ne sei accorto
Allegro a impagliare
il suono
placido a spezzare
il ballo
Tutto quel mare inutile
a sbattere sulla tua riva di catrame
Tutto quel mare eterno
in una lingua salata
Era pace era bellezza
era l'orizzonte limpido
di una giornata pura
e tu lì a starnutire
Quieto vivere quieto
mi sei apparso candido
e ti ho creduto
poi ho conosciuto il colore
che ha sconfessato le tue facili certezze
Ho rimpianto qualcosa che ho visto
e che non esiste
e domandato il perché per ogni cosa
e tu mi hai risposto
col fondo di un bicchiere vuoto
Quieto vivere quieto
io so di te e delle tue gambe strette
della tua faccia da poster
della tua bocca asciutta
del tuo pane senza fame
Eri buono nella mia immagine
ma io sono astigmatica
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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ASSIETTATE
Quando
l'ho visto aveva i pantaloni bianchi
e una fame gialla.
Il suo petto fibrillava di poco
sotto la pompa di un cuore distratto.
Incerto ingenuo inadatto inconsapevole.
Gli dissi: non avere paura del tuo stesso sangue.
E così, crollando dalle gambe, si raccattò fra le
sue lacrime.
Quando
l'ho visto aveva i pantaloni bianchi.
I muscoli bianchi, le vene bianche, un ghigno bianco
e mani nere.
Le sue narici spruzzavano chiodi
e dalle orecchie gli cadevano parole orizzontali.
Ansante angosciato annaspante anoressico.
Non pensai ci fosse qualcosa da dire.
Non aveva bisogno di niente.
Quando
l'ho visto aveva i pantaloni bianchi
e una tuba di cera.
Una vestaglia di pecora
e un rossetto rosso.
Vaporoso vaticinante vagheggiante valente.
Parlava francese e napoletano.
Mi disse: assiettate e asseyez vous!
E io, su un piede solo, seminai viole e tulipani.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
PREGO
Quanto
godo quando tutto prende una direzione storta
Quando il cielo minaccia pioggia
Io
ho bisogno di cadere perché è troppo bello risalire
Solo e solamente io, ho bisogno di soffrire
Sentire il battito del mio cuore morire
Dall'essere
umiliato
Dieci, cento, mille volte prego, come una merda, di essere calpestato
Silenziosamente mentre gli altri dormono io vengo svegliato
Dalla luce di un sole oscuro
La fonte è il mio vissuto.
Quanto
godo quando un macigno si stacca dalla montagna colpendo ogni mia
speranza
Quando sta per tornare l'era della decadenza
Quando l'abitudine all'apparenza si allontana mestamente
Quando ciò che intendono per felicità
Riconosco essere solo un'eredità che non mi appartiene.
E posso annusare il suo arrivo
Dell'ombra nera che mi sta per coprire
Della solitudine che diventa compagna
Per porgere la sua spalla
Ed aiuta a non far svanire pensieri che provengono da chissà
dove
Che trovano, insieme a me, sfogo nelle scritte parole.
Non
posso permettermi di non approfittare di tanto funesto dolore
Di una rabbia che in me non muore, di questo odio senza amore
La luce dell'ispirazione è di una candela vecchia di mio
nonno
che ha troppi anni per chiedergli di rimanere accesa
Lei è lì per me ed illumina il mio foglio
Devo fare in fretta per godere di quei brevi momenti che mi regalano
un po' di orgoglio
Come
un fulmine che mi elettrizza
Come il Piave che straripa
Io trovo piacere nelle mie futili certezze che getto in fondo ad
un fosso
Liberandomi da quelle influenze che il mio corpo.intossicano.
Quando
tutto è grigio, sporco e malodorante ritrovo me stesso
E per quanto possa rinnegare il mio posto al manicomio
Di cambiare non c'è verso.
Un
bisogno di infognarsi in ogni genere di catastrofe
Per dare forma alla mia vita, altresì un assenteismo ingiustificato.
Per
scovare quella parte di me celata dietro un cielo azzurro,
lassù dove le idee raggiungono vette inacessibili
Orizzonti invisibili
all'occhio nudo di chi ha un percorso beato privo di irti ostacoli
O che hanno conflitti programmati
Io
do una valida motivazione
Alla spasmodica personale ricerca di ogni forma di emozione
Ribellarsi
a ciò che è facile ed anche ragionevole
Non è che voglia fare il diverso per una mia perversione
Ma io sono dominato da una forza avvulsa alla noia
Più incline all'eterna insoddisfazione.
Ad
questa forma di maledizione non c'è genere di clonazione
Che possa far capire all'altro il mio perverso bisogno
Di trovare gusto a fare lo schiavo del padrone.
Ecco
che allora scatta la mia assurda involuzione
La mia mano trema e non si ferma
Il bianco del mio foglio viene riempito di parole
È nero il sangue che esce dal mio cuore
E'
il dolore e la rabbia che si libera dell'atomo
Una bomba nucleare che esplode
E che fa "tabula rasa" di tutto quello che non serve alla
mia invenzione.
Ed
è solo in quel momento che capisco perché scrivere
è meglio dell'amore.
(
©
Gianluigi
Miani - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
SUITE
PER CONTRABBASSO SOLO
Ispirata da e dedicata a Roberto Bartoli - Casa del cuculo
Una luce
un albero
uno stato di grazia.
Lo strumento
ha curve da femmina
e lui
è uomo di garbo.
L' abbraccia
la stringe
la tiene col petto.
Le mani che sanno
le corde che tremano
il respiro che tace.
Uniti in un alito
svuotano il tempo.
Rotola un brivido.
Poi l'aria s'accomoda.
Da sopra le stelle
sente calda la terra.
La fede al suo dito
come un jazz di speranza.
Un tono sincero
una nota leggera
e l'erba più umida.
Qualcosa che accade
col senso di eterno.
E tu che sei niente
adesso
sei musica.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
era
l'anno nuovo
di baci e di parole
di sospiri di vento
e sorrisi a trancio di luna
ebete stranita curiosa
spenta solo nella luce
che non è la sua
era un tocco che non ti aspetti
una risata incline
un solleticar di pancia molle
fiera della sua espansione liquida
era questo respiro incredulo
di fretta di ritorno
di voglia e di incertezza
e chissenefrega
eri tu nella piega della pelle
nel profumo di quel che non si afferra
ed eri bello e candido
come nella prima volta
era un grido poi un riflesso
di pensieri di illusioni
e ancora una speranza
ti affogo bene bene
che tu non abbia da parlare
a voce alta
stai lì, sotto
che sembri morto
mentre io ti porto in spalla
una mano sulla coscia
tutta l'elevazione possibile
fino a toccare terra
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Come
bocca di pesce i pensieri
Come fili di lama i sorrisi
Come acqua di cascata gli equilibri
Sei in grado di reggere il raggio del sole?
Morso di cancrena sottile
Crepa sul lago ghiacciato
Ho una stanchezza antica
unghie nere e un'aria sfatta
gravida come cavalla
Dialogo interiore e poi si muore
Sempre all'ombra della tua assenza
suoni vuoto come un fiasco
dopo nessuna festa
Volevo raccontarti la musica
nel mezzo di un prato
ma sono rotolata in un fosso
Solo nuvole, stelle e, a tratti, la luna
in una stessità senza profumo
e senza gloria
Tesa la pelle di tamburo
muove i passi
di una circostanza astratta
dove incontare la mia faccia
mette paura
Come bolla di sapone il respiro
Come il freddo di un tempio
vuoto di ogni dio
Come gomitolo di polvere all'angolo
lì sto io
a sporcarti l'anima
Ma tu ti svegli stiracchiandoti alla finestra
e con uno sbadiglio hai già chiuso la porta
Ma era l'ora sbagliata
finché poi ho smesso di rincorrerti
e il mio miraggio si è spento dentro al tuo
Cammino bene da sola
e voglio che tu sappia
che la luce di questa mattina
è tutta roba mia
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
LA
VITA ALLA GOCCIA
ti
parlo di pancia
come fossi il mio io zingaro e forestiero
chi sei che io amo?
riflesso di onnipotenza o pura verità soltanto vera?
chi sono io? ballerina di un tempo in punta su sogni costanti
freddo poi fame poi brivido
e tremito e fremito e gemito
scalza sui vetri in ginocchio su braci
nuda nel vento che c'era anche allora in un'altra stagione
piena piena piena
come il sole rigonfio d'arancio
che affoga in un mare di cubi di ghiaccio
come una luna chiara grassa e bassa
che tendi la mano a vuoto nell'aria
le ali hanno smarrito il grido dell'aquila
e non era cera, non era cera!
la terra non è sfera, ma di corallo
poi ci sono fiumi, pietra e io di cristallo
mi piace la notte insidiosa
l'amore nel pozzo
la vita alla goccia
appoggio il bicchiere adesso
la gola che brucia e una spina in un occhio
aspetto il sapore a riempirmi la bocca
mi lecco le labbra
... di solito è casa, qualche volta, stupore
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
mi
hanno fotografato
pesato misurato
schedato registrato intervistato
scordati
il passato
è come nascere di nuovo
il
caldo è un segnale
un salto di continente
la
realtà pertinente
sono spine ricurve
sono uova minuscole
embrioni di futuro
anche
l'ombra
è schiacciata lavata
i
ricordi corrosi
evaporano
è
tensione di vapore
quella che altri
chiamano
metempsicosi.
(
©Tommaso
Cioni - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Lontano
dai paraventi
Ho
spento una luce
Brucato l'ombra della tela
Sorriso, appesa al tuo giuoco
E concluso, aperta
Ai tuoi dinieghi, il concerto delle
Dita nel silenzio, alla mia maniera
Assonnata
Estranea
ai tuoi lamenti
L'anima mia lapida i confini.
E
dentro la trincea dei miei deserti
Respiro assorta la fatica, la bonaccia
le parole assolte, spente
tavole consunte
Sui palmi aperti dell'attesa.
Sono
albicocche
Queste parole di rosa
Languore, il sapore, l'impasto
Tenero e lieve, il suono
Dolce di uno spigolo di luce
Il filo di uno sguardo senza voce
Sono frustate di limo e sangue
Stridori di luce altera
Fragori di risa nel silenzio
Rincorse di spettri randagi
Folate di sciabole al vento.
(
©Adele
Pedroncelli - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
ELETTRA
Ho
il tuo profumo dolce
sulle dita mentre
la luna piena bolle
fumo di nuvole bianche
nel cielo notturno e la strada
che corre riflette
luci gialle catarifrangenti e penso
a Te che custodisci fra le gambe
la prelibata meta
di ogni mio quotidiano,
goloso percorso
(
©
Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
cade
morbido
il suono del piano
nel mio abbandono
di sangue caldo
e nervi tesi,
non troppo lontano
non troppo vicino
Cage
cade
si adagia alle curve
note d'acqua
ed occhi chiusi,
sarà alla fine
nell'ultimo dito
stremato come ora
sarà il cadere
ultimo
sospeso
mai ultimo
mai finito,
non esiste fine
chino sul prato
odore d'estate
e il suono del piano
cade
e ancora con Cage
cado,
il suono del mio soffio
cade
con Cage
morbido
come sono
come sono stato.
(
©
Giuseppe Sanna
- Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Come
sono bravo a cadere
adesso sono un tuttuno con la morte
e tu
la mia alleata perfetta
come sono bravo a calarmi
nei sotterranei dell'odio
angelo dalla sottana nera
consegnami la tua infernale benedizione
come sono splendidi i tuoi occhi
che mirano a profanare il mio ventre
che mi condannano a morte
che mi proteggono.
(
©Pierangelo
Affanni
- Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
La
croce a me dovuta
Preferisco impazzire
che vivere una seconda volta.
Evito di calpestare i fiori,
gioco a bocce con i miei occhi.
Mi nutro di carta straccia
inchiostrata da un alcolizzato.
Amo una donna come il mio secondo giorno di vita,
sono un perfetto gentleman,
sono un perfetto idiota.
Faccio sempre tardi a lavoro,
sarò un barbone coi fiocchi.
Non ho mai salvato una vita,
neanche la mia.
Ho lo sguardo rivolto verso il vuoto
davanti a uno specchio,
un giorno sarò pelle e ossa
attaccati con lo scotch,
intanto accumulo grassi
in attesa che il peggio si presenti,
mentre l'esercito del nulla
scava la sua trincea e guadagna altri
quattro metri
io
stacco un pezzo di cielo azzurro
e lo mando affanculo.
(
©Vincenzo
Blanco - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Lacrima,
la notte, un sogno
Sfilo
le parole
nella traccia
di un grido
che disconosco
Ho solo un velo
di note
sulla pelle
il grido rosso del tango
richiamo di sangue e fervore
calze sciolte
fra i nodi dell'attesa.
Nella lacrima della notte
il pensiero si dipana
l'aria si fa voce
e nella radura
dell'anima nuda
muove le dita
lenta, ad articolare
un battito di luce
Così
chiudo gli occhi
sul biondo filo
azzurro della sua
giovane impazienza
e rassegno
la mia persuasione
alla vita
(
©Adele
Pedroncelli - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
FIN
QUI
Un
trancio d'arcobaleno si è agganciato alla luna.
In mezzo al blu torvo, non te lo spieghi.
Un passo indietro, cerchi il tuo bandolo.
Vita sazia, spregiudicata.
Hai pensato: eccomi.
Ma non eri.
Disciolta, la tua fame non ha più sapore.
Castelli su di te come ghirlande ai tropici.
Eppure, non c'eri.
Ti credevi fiamma e oro e brillanti
e, qualche volta, erba secca.
Ti credevi luce e missione.
Sei dado.
Giro di carte senza figure.
Mano morta.
Da lontano, da molto lontano,
fin qui.
Lucidamente fai surf sulle vette
giocoliere impeccabile
sopra il mare che bolle.
Hai chinato, un po', la testa di lato.
Ti sembra possibile?
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Lombra
negativo
di me mio vuoto
in proiezione mi copia con inediti
profili tagliati nella luce - se dal
di fuori la spiassi mi direi sono
io quello?
pulviscolare ha i contorni
del sogno e i suoi fòsfeni
si spezzetta se riflessa inafferrabile
fantoccio mi diventa
pure mio vuoto mia metà
che estinta con l'ultima sua luce
rientrerà nel corpo-contenitore
unificata con la terra - senza un grido
tutt'uno con la morte -
senza perché - solo ombra
(
©
Felice
Serino - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
A
Dino Campana
Il vento spaventa di risposte
I miei consigli ripetuti
Alle ore vuote di questo sole
Prosaico di novembre
Passi affaticati nella notte
Di un giorno che, a stento,
Sveglia le colline
Morte sui clivi boscosi
Sugli argini ombrosi
Nelle nebbie pallide e azzurrine
Coltri farinose e densi vapori fluviali
Che spaventose imprese di notti confuse
Circondano i crepuscoli sbiaditi
Del sole in divenire, addio,
Al dio del mare che sprofonda
Il denso azzurro di un liquido
Ombreggiare
Cautamente allontano
Per non frangere flutti impetuosi
Porcellane di bambole pallide
Di rosa mani dipinte
Porcellane di mani sbiancate
Di smalti trafitti
Anni di ardori, dolori, pallori
Fragilità a perire, folle Dino, a inveire
Rabbie da urlare, Dino
Che dolce impaurire
Di furie incomprese
compresse
Denso batte
Nella notte
Sento i passi
Che botte
Sento e perdo
I pensieri
Nelle fughe di un lontano arpeggiare
Le corde dei timpani appesi
Le chiese rinchiuse di cere
Le voci dei pazzi a sfinire
Fragile anima a rotti di agire
Sfinimento di sensi
Di parvenze assopite
Nei luoghi comuni dei monti, dei fiumi, dei prati, dei mari
Di fughe, onde, braccia, ponti, strade, notti, luci
Anime stanate
(
©Adele
Pedroncelli - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Ai
Poeti alla finestra
Cadranno
uno ad uno
i vostri sogni
dentro pregiudizi ritagliati
su misura
avamposti della vostra paura.
E
faranno rumore
alzando nuvole di polvere
e di idee claudicanti.
Voi
bulimici della parola
che vi arrampicate sui versi
per scivolare nei deja-vue
di una poesia anoressica.
Voi
che dondolate
fra i teorici della giustizia divina
ed i pratici della giustizia sommaria.
Voi
che masticate la storia
come un cibo avariato (dal tempo) e
non vi accorgete che le rivoluzioni
passano
molto più in là del revisionismo accademico.
Voi
che non sapete ancora riconoscere
l'odore fedele a tutte le miserie
quel dolore in retroguardia
di un'umanità depredata
dei propri bisogni.
Non
state alla finestra
mezzadri del potere
il vostro guardare
è colpevole.
(
©
Paolo
Lazzini - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
VEDI?
Il
buco della cintura è sempre quello, l'ultimo,
ma la gravità del tempo disegna sulle mie forme
rinnovati profili e il tatto affonda in una
morbidezza nuova e secolare.
Eppure resto esile e nervosa
ad affacciarmi a un giorno che non fa distinzioni.
E' un corpo reduce che ancora conserva una grazia, invidioso
di una solidità ossuta e bambina.
Solo i seni resistono orgogliosi, rigonfi della ruvida
presa delle tue mani ingorde e della mia voluttà.
Morso di barba irsuta, grido di puttana esule e consapevole.
...
Sono uscita in una notte finalmente chiara
con l'aria che respira e il vento che c'è, ma non si vede.
L'odore fitto della pioggia mi smuove
un brivido a rallentatore,
una pozzanghera riflette bagliori
notturni che sanno di vero e di pianto e di liberazione
e di quiete e ... basta.
Tra il rotolante fruscio di una foglia secca
- così poetica nel suo accartocciarsi caldo e marrone -
e l'indecisione di un verde cauto più in alto,
mi accorgo che i miei capelli danzano frivoli a una debita distanza.
Non ho freddo,
posso sorridere e godermi lo spettacolo
al centro di un tutto che mi ammanta nella mia totale
estraneità ai fatti e indiscutibile impotenza.
Sono sola, le mani in tasca,
gli stivali arroccati sul ghiaino fradicio,
le gambe immobili e nessuna paura.
Gli occhi s'ingozzano di nitidi contorni nel riverbero estatico
di un panorama pulito, essenziale, semplificato.
I polmoni compressi dilatandosi strizzano il cuore
che s'agita di un tremore sordo e sconfinato,come il cielo
che intravedo tra un rombo di nuvola in vestito da sposa e le stelle
a orlarle una severa acconciatura.
Non ho rimpianti, non ho passato, non c'è futuro, né
desiderio ...
languido, contemporaneo ed eterno, tutto sfila in un solo fiato.
...
Vedi?
Con calma, a poco a poco, io cerco di tornare.
A lungo sorseggio il tuo bacio della buona notte
mentre un po' di saliva mi s'incastra
sul mento e punge come in un graffio.
Sono alla fine di tutte le storie e appena all'inizio di un'altra.
Mi passo una mano sull'anima, beve la terra digiuna,
di poco saziandosi come in tempi duri di dopoguerra e carestie.
Sei gentile a esserci.
Mi addormento pensando all'aroma di un buon caffè,
forse, domattina.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Libertà
ma
è la liberazione
di/da un mondo incipriato
danza
di fenicotteri ubriachi
orgia d'acqua senza diga
euforia d'un evaso
scrivere
senza gravità
(
©Eleonora
Roaro - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Ho
sentito
Ho
sentito le mie parole
rotolare nel deserto
pieno della stanza.
Ho acceso gli sguardi,
confuso gli anni, slacciato
i bottoni dell'inverno.
Ho sentito le mie parole
masticare carne e modellare vento
di altrui pensiero.
Rimbalzavano, lame leggere,
a tergere il velo di un pudore antico
insidiose, ma innocue a un tempo,
diverse eppure le stesse
perle sciolte
dal filo rimosse.
(
©Adele
Pedroncelli - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
JAMMIN'
Io
non ci sono,
tu non ci sei più.
Ci sono solo le nostre ombre
come candele spente
sulle strade abbandonate del Jammin',
mentre un vento che sa di Jack Daniel's
scompiglia le pagine di centomila voci, illeggibili ormai
ed è sola la sedia
dove appoggio la schiena e scrivo
questa specie di allegra buona notte
dedicata a te.
(
©
Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
COME
UNA LACRIMA
Aggrappato
agli specchi dei tuoi occhi
scivolo via come una lacrima del tuo dolore.
Attraverso il tuo dolcissimo viso
ristagno su un angolo della tua bocca
un tappeto di rose steso sulla tua faccia.
Gocciolo sui tuoi seni delicati
contenitori del liquido della vita
ai quali starei attaccato fino alla morte.
Invece, in caduta libera,
atterro sul tuo magrissimo ventre
frenando la mia corsa
contro la siepe nera del tuo sesso.
Infine precipito sul pavimento
abbandonandomi ai tuoi piccolissimi piedi
che leggeri vanno via
mentre il tuo volto è già illuminato
da un nuovo bellissimo sorriso.
(
©Gennaro
Morra - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
CANARINO
E CATRAME
L'azzurra
presenza del foglio
adombra il riverbero della sera
ai vetri appesa, nel rimembrare steli
d'erba e noci d'asfalto, scorticate al suolo.
Modellammo così come catrame, caldo e denso,
il mantello del nostro amore maturo, canarino
il frullo, leggero come il tempo ch'è trascorso
e non importa la sorte
Canarino e catrame, il giallo e il nero.
Tenera piuma nell'incavo dei grani nodosi.
Oltre il prospettico apparire, parametri spaziali
sensazione propria e volontaria,
altro percepire, oltre il vedere
l'intuizione di un orizzonte aperto,
interpretazione che il senso è sconcerto
e le mani, parole, aperte sul precipizio
del dolore.
Non è mai perfetto questo amore
di giunchiglia schiusa.
Mi ha chiuso il passaggio, la strada è deserta.
Nessuno sa il disincanto,
che il disincanto spiace,
così spiace lo sguardo che scivola sui muri
e tace.
Neri coriandoli dileggiano
lo schermo piatto della sera.
(
©Adele
Pedroncelli - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
COTTA
O CRUDA
boh
una vita e tante cose come nessuna
è uguale cioè che fa lo stesso
menzogna o verità o delirio o sogno
magari ... pazzia?
realtà come confusione
confusione come unica realtà e poi...
mi si spezzano le unghie, così, senza un motivo
capisci?
ieri mi sono vista i primi capelli bianchi
non ha nessuna importanza ma ne ha
ecco, quando non si ha più voglia di essere soli
sappiamo di esserlo, sempre
butta giù
butta giù la linea butta giù il pensiero
butta giù la grappa dal bicchiere
butta giù le membra sul divano
butta buttati giù
in fondo
sotto
di più
ancora e poi ancora
e poi ancora un attimo
non ci voglio restare qui
voglio niente
voglio troppo
tutto
bambina cattiva
brutta e cattiva
tutte le strade portano da nessuna parte
adesso muoviti e dimmi da che parte stai
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
(
STORIA DI UN ATTIMO )
Una
volta ho cercato i tuoi occhi
e li ho trovati nei miei.
I tuoi occhi distratti
da tutti gli uomini,
dentro i miei occhi.
E tu non avevi Nessun Nome
e il mio nome era Nessuno.
Ti ho vista, attraverso i tuoi occhi.
Una volta, per un attimo solo
io ti ho vista.
Mentre pensavi a tutti gli uomini.
E pensavi a tutti quelli.
E a tutte le altre cose.
Come a un cielo basso.
A un cielo basso e a un sole piccolo piccolo.
Lontano da te. O troppo addosso a te.
Oppure non pensavi a niente, va bene, come vuoi.
E a nessuno.
E forse non eri neanche tu, no. Non eri tu.
E sarà per questo, se non ti ricordi adesso.
Se non ti ricordi già più.
Ma quella volta, per un quarto d'ora,
ho avuto i miei occhi nei tuoi.
Quando tu non avevi Nessun Nome
e il mio nome era Un Attimo.
Ed era anche Nessuno, il mio nome.
Poi ti ho pagata e sono uscito.
Mi hai baciato sulla guancia e sono uscito.
A telefonarti un sorriso.
E a dirti grazie.
Quasi fosse Amore
già da un mucchio di tempo.
(
©
Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
(invia anche tu una
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scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
(La
poesia della settimana)
TALASSICO
RESPIRO
L'arenile
arrendevole
arretra alle sue ronde,
pittore e poi scultore
lo soggioga e lo modella
e di nuove geometrie
decora coste e dune.
Vani supponiamo
presidi nell'attesa e,
mentre la costanza
non è una sua virtù,
conosce tregua solo
colui che guarda altrove.
(
©
Vittoria Soranno Fanelli - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Sono
qui
Sono
qui immobile
che scrivo parole,
scavo nell'anima,
descrivo emozioni,
e righe sempre più nere
prendono forma
come se avessero ali leggere.
Sono qui da sola
che scrivo di me,
mi cerco nel silenzio della notte
con quell'attesa dentro,
con quel morso,
con quell'ansia che alimenta la fantasia.
Mi fermo a momenti,
persa nel dubbio,
lascio andare il sogno,
mentre il desiderio cresce,
sale, avanza, mi consuma.
(
©
Carina
Spurio - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
GENTE
MONDO
Oggi
aria celeste.
Cielo, grande pizza blu
con mozzarella nuvole.
Zingari amici
fiume bagno nudi.
Bambini e cani
gioco piccoli animali fuori e dentro,
sopra e sotto roulotte.
Agnelli NO sangue colano,
festa carne pulita.
Tramonto,
sole gonfio pomodoro/papavero.
Oggi scrivo poesia,
sigarette acquavite silenzio
musica di tromba e quella
dicono fisarmonica.
Rumore di tempo non esiste più,
io non paura di morte ma vedo
lampi di fumo e donne,
occhi di lupe che ballano uomini
e birra moretti davanti a fiamma che sale.
Questa notte fuoco di stelle,
musica di vita
con luna storta che guarda,
nostra piccola festa
Rom.
(
©
Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
SENZA
DOVE
Con
la pistola puntata alla tempia, la pistola puntata alla tempia...
E' un metallo che brucia mentre raggela.
Cola in gola come fiele, ma non è paura.
Sposta quell'arnese che c'è ancora qualcosa da vedere in
giro.
Ho i succhi gastrici un po' incazzati e una strada deserta da percorrere
... oltre, ancora oltre, non arriverà nessuno.
Nel non luogo della mia mente è cresciuto il tunnel
... era incastonato nella brina ghiacciata nella stagione del silenzio
e farina in cielo fin dove l'erba cresce, dal basso.
E farina densa in un cielo che perde di dignità.
Sei stato tu? Sei stato tu?
Dimmelo, lo voglio sapere.
Ho una pistola puntata alla tempia e di te non vedo che un'ombra.
Spostala, sposta quell'arnese che c'è bisogno di un po' di
vita
da smerciare sottobanco ché i grandi della terra non abbiano
sogni tranquilli da fare.
Ti senti forte oggi? Ti senti vero?
Guardati, mi fai ridere ... non così, per dire, ma per davvero.
Cacciatela in bocca la tua canna sfavillante, pisciati addosso e
trema
e confessa, dai su, confessa che non ti fa poi così schifo
vivere.
Ho fatto un giro senza sole, una capriola stanca senza vertigine.
E' troppo freddo per i significati,
c'è troppo grigio per un ballo in maschera.
Non ti diverti alla festa?
Eppure dovresti, è come un bel pacco di natale.
Ho la schiuma alla bocca e sapore di sale.
Con una pistola alla tempia, una pistola alla tempia,
so esattamente dove si trova il mare.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
(invia anche tu una
poesia a manoscritti@cicorivoltaedizioni.com,
scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
(La
poesia della settimana)
Niente
è come sembra
quaranta
quarti d'ora
o giù di lì col volume
a tutta birra fino a quando
la razza della sventola colpisce
il piatto che fa gong e bussano
pugni neri alla porta e le foglie
di ficus cadute risalgono
sui rami spogli e le mutande
rientrano sulle cime
delle orecchie per darsi
una specie di contegno, ché il fischio
rumoroso del vento
fuggito via e dei suoi
venti orchestrali ha scosso
il bicchiere colmo della
ragazza della
porta accanto, cambia
disco, metti
un jazz, che c'è
lei
(
©
Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
(invia anche tu una
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scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
(La
poesia della settimana)
Un
senso
Sono
come un giardino d'inverno,
scolpito sotto la coltre.
Sono come amaranta di sera
che si chiude in preghiera.
Posso esser farfalla
che sa vivere un giorno
lamentando lo strazio
del tuo non credere.
Desolazione desolazione
fedele compagna,
raccoglierò le vesti
saluterò il fringuello
e lascerò che vane parole
diano un senso a questa
dipartita.
Un senso a questa
condizione.
(
©
Tiziana
Zago - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
PREDA
RIDENS
un
rotolare di sassi non passa
per il punto sguarnito della coscienza
ma s'impiastra di fango e i segugi dai nasi
umidi al vento di mille
voci di cacciatori che soffiano
per i canaloni ciechi non sentono
fra le canne d'India la preda,
agile bestia calda nel solco
di muschio e terriccio avvezza
all'eternità degli occhi, dea
fra le querce secolari, che di balzo
in balzo fugge risalendo verso
la luce del nulla ovattato
di nulla e dall'alto
degli scoli di un varco svanisce
quando ride senza
vera salvezza nei secoli
iena dei secoli,
amen.
(
©
Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
(invia anche tu una
poesia a manoscritti@cicorivoltaedizioni.com,
scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
(La
poesia della settimana)
Vento
Ho
disperso le sue ceneri nel vino
Ma il sangue che scorre lento tutt'ora
Non può nemmeno assomigliarci.
Ho
affogato ogni supposizione (le mie certezze)
Ma Rancore è un rettile orribile
Che traccia penose sofferenze
Ho
lasciato tempo al tempo
Troppo tempo al tempo,troppo
Ed ora so che:
soltanto
il vento può sussurrare ai campi
il dolore della città di pietra
ascolta
parlare il vento nelle sue più fragili poesie
quand'è seduto sul campo bagnato
e si specchia in gocce di pioggia (lacrime di Dio)
o
quando s'alza fulgido e tempestoso,mai domo
e sibilano allora i vigneti
e gli ulivi maestosi
ascolta
parlare il vento nelle sue più languide filosofie
che possono donare calore ai tuoi occhi gelidi
ora senz'anima.
(
©
Nicola
Lotto - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
SOTTO
I PIEDI
"Alla
fine ciò di cui ognuno
di noi ha bisogno è solo essere accettato
per ciò che è"
...
E' vero!
...
Allora tengo gli occhi aperti,
le orecchie tese, la bocca spalancata.
I capelli sparati, le mani morbide,
i capezzoli impennati.
Le braccia come sulla croce,
le gambe come in sala parto.
I pensieri a tutto tondo, il comprendonio a 360 gradi.
Il cuore, cazzo, il cuore a 10.000 pulsazioni al secondo.
I sogni alti e arditi all'ennesima potenza.
I muscoli attivi.
Ecco, sono pronta.
...
S O N O P R O N T A !
...
onta onta on ta ta ta ta a ... ah!
...
Alla valle del vento ti puoi
abbandonare sul crinale ruvido della collina
dove la terra ti svanisce sotto i piedi.
Alla valle del vento
il giro fiero e prepotente dell'aria ti sostiene
più soave di un cuscino di piume.
Alla valle del vento
ti lasci andare e stai sicuro.
...
Mi portano via ... di già.
...
Assolutamente immobile, la saliva
fioccante spiaccicata alla ganascia,
ho galoppato sull'assurdo più libera di un re.
Le luci non mi piacciono più come prima.
...
Scusa, mi hai vista?
Scusa?
...
Che cazzo vuoi da ME?
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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, scrivendo nell'oggetto "poesia della settimana" )
(La
poesia della settimana)
TROMENTO
scrivila
te una poesia,
che troppo spesso le poesie fanno cagare,
uno mette in fila due stecchi di rima e si crede
inventore dell'anima e del senso,
e della Luce fino alla Materia scura
perciò, scrivila te, che sei bella ispirata e sensuale
e credi ancora che scrivere poesie giustifichi
il lato cattivo con quello buono del vino e sai
di profumo e di vento e di sabbia e di polvere
e di nuoto e acqua densa e tromento,
hai capito bene, sì, ho detto proprio così,
perché mi invento le parole,
tu schiacciati una noce, e non far caso a tutto,
prendi l'arnese che stringe e spacca e apre
e schiacciati una noce e poi dimmi se non c'è
poesia dentro una noce che sembra
forziere naturale
di un culo, un intestino
o alla fin fine di un cervello da gallina,
guarda, senti, vedi laggiù in fondo?
due nuvole si sono separate
- che sciocche! -
e ora una sta venendo in qua
mentre l'altra si è fermata
a guardare,
Te.
(
©
Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
STANDBY
Stanca...delle
luci dei suoni del dover fare che spalancano le porte ad un giorno
che non ho scelto di voler vivere...si dovrebbe poter scegliere
quando vivere...standby...stanca della notte lunga e abbagliante
che non necessita di un'alba a venire,chiede solo di viaggiare rapida
e indeterminata...leggera e unica...fino a quando non ne ho abbastanza...poi
magari saltare un secolo.
Stanca,ho due ore del cazzo prima di tornare a fare quello che si
pretende io debba fare e fare bene e essere presente e esserci,ma
non ci sono...provo a bussare alla bocca del mio cervello,gli smollo
un pugno dritto nello stomaco,un calcio nei denti...niente,non ci
sono,pappa.
Sguaiata sul divano controllo due lancette metodiche e ossessive
che ignorano tutto di me...dalla finestra socchiusa un nugolo d'aria
polverosa viene ad appesantirmi queste gambe aperte come lo sapessero
ancora prima che io lo possa capire.
Gli occhi si chiudono,per rispetto si direbbe,invece no,si chiudono
e basta per vedere ciò che a loro fa piacere vedere...succede
solo così che facciano piacere anche a me.
Lui aveva un sorriso bieco per nulla spaventoso e un'aria infinitamente
losca con una punta di dolce proprio nel mezzo...mi si è
stretto e bagnato subito proprio quel punto lì,sta in mezzo
alle gambe la nostra unica anima.
Mentre gli aprivo lo sportello della macchina i nostri corpi erano
vicini molto molto vicini e un odore che conosco senza riconoscere
mi si è avvampato addosso...ero sudatissima,certa di puzzare
persino,ma non c'era altro modo,nessun altro modo di rivelarsi o
di nascondersi o di coprirsi o di cambiarsi...ero esattamente come
ero in quell'istante dopo il caldo delirante dopo l'alcol a litri
dopo il ballo frenetico ed estasiante...dopo.
Mentre guidavo senza sapere dove dovessi portarlo pensavo solo che
eravamo perfetti, eppure quando quella voce bassa e quasi litanica
ha spaccato il ritmo del mio pensiero dicendomi di voler restare
ancora con me,quando la febbre ha raggiunto il contagio,mi è
sembrato che stesse accadendo a qualcun altro...qualcuno che non
poteva essere altro da me.
Mentre sapevo con certezza dove stavamo andando mi sono eccitata
talmente che era come un bagno turco,una traversata a mezzogiorno
nel deserto,una pesca talmente sfatta da non tenerla in mano e che
sbrodola dalle labbra copiosamente con rigoli polposi lungo tutte
le dita e il rivolo più impudente giù fino al gomito.
Stanca delle cose che amo e che non durano mai abbastanza,sono ancora
sul mio divano a pancia sotto e la faccia soffocata fra i cuscini...le
gambe sempre aperte hanno agguantato e stretto la mia mano,le dita
sembrano essere affondate in una pesca troppo matura per essere
mangiata,meglio berla,il respiro non mi fa respirare e l'aria è
ferma fuori dalla finestra e non osa più entrare...solo due
infernali lancette del cazzo hanno segnato il tempo di un giorno
che avrei scelto di non vivere e,una volta di più,ho fatto
tardi per i vostri piani...unica intima soddisfazione mentre,senza
esserci,vengo dove avete stabilito io debba arrivare per fare bene.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Burattino
di Carta
Seduto davanti alla tv
a ingrassare di notizia
guerra o pace che t'importa?
Così ti viene data.
Sentimi dentro
Sentimi, fuoco:
ho visto brillare negl'occhi
arditi di medaglie
al valore
mille croci e mille
distese lungo
la Collina di Farfalle.
Ho visto bambini, ad est
dopo gli scoppi
Di macinasangue
Pieghe di mani, e cristalli,
e piedi, mura distrutte e piaghe d'infami,
latte rosso sul fiume
secco.
E sentimi dentro
(ho sentito gridare)
tu, sentimi fuoco
imbecilli, vili parlare
piene le pancie
di Cola ed hot-dog
agnelli latrare
ai Banchetti di Pace.
Per i venti che soffiano
Tra pareti senza finestra
ho visto i miei figli morire
altri figli scivolare
Su uno sputo capitale.
Sentimi
Dentro
Tu, sentimi
Fuoco.
Grida con me.
(
©
Giovanna
Mulas - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Non
è whisky
Tu
credi ancora di poter capire, soffrire, soffriggere?
O dio buono, dio buono, dio buono!
falla finita
Scemo!
cosa credi che sia l'amore?
èh?
acqua, l'amore è acqua e non è whisky
e l'amore è aria e non è fumo
e sei tu, l'amore
e hai bisogno di bere acqua
e di respirare aria
e di chiudere quegli occhi allo specchio degli occhi
e di riposarti un'ora giusta,
per capire cosa sia la purezza di amare nel sonno
e di essere in pace con tutto il tuo stomaco
metti a posto lo stomaco, perciò,
e chiudi la porta e chiudi la finestra,
e metti il tappo alla bottiglia,
ed esci da lì, per favore
o entra, se vuoi,
ma lascia tutto e portati via te stesso,
per sempre con te nell'aria e nell'acqua
e non ti abbandonare mai,
più,
come un pezzo di niente
nelle dolci mani di lei che non ha
tempo.
(
©
Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Prima
che arrivi notte
Prima
che arrivi notte
Sarai già andato
Ancora di nuova illusione
Ubriaco
Per strade già fatte
Già viste ma nuove
Così almeno sembrano
Ad occhi senza dubbio vecchi
Da tempo erranti.
E colorerai ancora
Questa ignobile via
Questo deserto stento e malato
Questi rapporti obbligati
Con le persone con le cose
Che tutto sono meno che poesia.
Sarà
che siamo eterni ospiti
Di questo immondo albergo
Sarà che le cameriere sono
Nuove abili megere
E che il bar è un'officina
Di vecchi e inutili rottami.
Ma se riderai della mia sventura
Presto o tardi riderai la tua.
E alfine mi troverai un senso
Che tanti l'han cercato
Ma trovato nessuno
Di questa nostra brama
Di essere ad ogni costo qualcuno?
(
©
Nicola
Lotto - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
SPAZI
Davanti
a me sempre la stessa
strada?
Un rigone grigio d'asfalto secco e
gli alberi in colonna inchiodati lì, ai margini.
Mi srotolo avanti e indietro compressa
nel mio vortice.
Non so perché mi muovo.
Quando sono troppo stanca, mi sforzo
di guardare in alto,
e c'è questa coltre che chiamiamo
cielo a ricordarmi che sto sotto.
Con la sua immensità violata,
dove può ancora nascondermi?
A fianco, scorre il treno.
Trapassa impudente istantanee d'arredo
urbano e campagne prefabbricate dove
non giocano più bambini.
Ringhia ed è sparito.
Dietro di sé, per un attimo, il mondo appare immoto.
Ah, ci sei anche tu!
Sei arrivato dal mare, mi hai detto.
Hai incornato le dune acquatiche per essere
più vero e adesso sei qui
col passo incerto a cercare
la rotta in mezzo alla ghiaia.
Peccato, c'era più aria nelle tue sabbie mobili.
Io non ti tenderò la mano.
Non sarò il luccichio del faro, né lo stormo
di cui si studiano le tappe.
Io non sono dove mi vedi.
Sono geometria inspiegabile in uno spazio
mobile.
Sono ritmo isterico in un'armonia
perduta.
E' verde
non mi muovo.
E' verde
vai avanti tu.
E' verde
suonano.
(
©
Giorgia
Monti - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
(SCONTRIBRUTI)
Salve,
avrei bisogno di parlare
con un matto, uno
che sappia bene tutte le lingue selvagge
del sole e del vento
Ho merce che scotta e ho bisogno di un matto
che fugga sulla groppa di un asino rubato verso
il cielo australe nel mese del granturco del
granoturco.
Avete un matto che faccia al caso mio nella
vostra Lista di Sorvegliati Speciali, Signor
Garante della privacy?
Che ne so, magari un pronipote di Toro
Seduto, quello che diceva "vi siete
presi i miei figli, vi siete
presi i miei sogni, vi siete
presi... uhm
le mie terre, ma non vi prenderete
mai la mia Anima
". Ecco
un matto del genere voglio,
fuori di misura, fuori dal futuro come quel Toro
Seduto e pure come il Tizio di Tiananmen
che sta ancora sempre in piedi e mica
si sposta davanti al carrarmato senza
paura e senza
partita iva per la sua piccola grande impresa
Dunque,
un matto sano ma ben inteso, siamo d'accordo, senza
codice fiscale, ce l'avete?
Da pagare in nero, si capisce, mica
scherzi è chiaro e senza versare
SCONTRIBRUTI?
(
©
Javier
Guado - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
ESTATE
Lenta dirada la nebbia l'arsura
fermo, calmo placido
il mare,
nessuna ombra si vede in pianura
poiché senza scopo sembra amare.
Vespe ronzano su fragole amare
è questo perenne cercare che costa
ma la verità del vivere è posta
nell'eterna tensione dell'essere
forse qualcosa resta
e non si sposta.
(
©Susanna
Pelizza - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Come
dolore dal cielo venuto
sorpreso di trovare tanta ingenuità
sulla quale banchettare.
Come dolore che ha coperto col velo
il suo viso lubrico e impunito
dalla notte dei tempi
fino all'altra notte, dei dementi.
Sta in ogni addio un profumo di morte
che avvolge il nostro essere labili.
Come
dolore anche tu sanguinerai via
Come
dolore che abbiamo ritenuto
prigioniero nei cuori dei soli infelici
pagandone poi l'arrogante errore.
Come dolore scagliato nel fango
ripudiato piangendo: è l'ultima volta!!
Come dolore coltivato per ore
tra il sonno e la veglia
tra l'odio e l'amore.
Sta in ogni incontro il principio della morte
che avvolge il nostro essere uomini.
Come
dolore anche tu sanguinerai via
Come
dolore fuggito dall'altare
di un Dio incerto
e un po' ingenuo.
Cade beffardo l'iniquo
pioggia di sangue
e ride alle ombre tremanti
in attesa dei corpi
già impiccate al marmo funebre.
È
ovvio che come dolore anche tu sanguinerai via (da me)
(
©
Nicola
Lotto - Tutti i diritti riservati)
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(La
poesia della settimana)
Può,
la fiumara, lavare una vita
entro seriali posture di canna;
e tu risalila, coi tuoi relitti,
l'anno che cercherai sul tuo passato.
La memoria
- se poi bolle un molle boccheggio -
lì cesserà il suo vaglio;
vedrai il fluire specchiare appena
la tua immagine senza storia,
la scorza tua già tenue negli spiragli
della città alacre.
Non credere che da un'alta fonte
quell'acqua scatti:
la fiumara,
come pure noialtri,
non è sorgiva;
piuttosto: è d'occasione
il suo tratto.
(
©
Carlo
Bellinvia - Tutti i diritti riservati)
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