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VICINI
DI CASA (tratto da RACCONTI BIGAMI)
Incerte
madonne verranno a farsi sentire.
Sul sagrato. In piedi o in ginocchio. Esitanti o dal passo sicuro, faranno
di tutto per redimerci. Ma noi, stoicamente come i nostri nonni ci avevano
insegnato, non abbandoneremo le nostre posizioni. Saremo ligi al dovere
e difenderemo le nostre trincee, fatte di cicche spente e bicchieri di
plastica accartocciati.
E per cosa poi? Urleremo loro in faccia.
Per vincere un posto alla mensa?
Ma quello ce labbiamo già, basta mettersi in coda e ricordarsi
di non ordinare il polpettone,
che con chissà cosa lo fanno. Ecco quindi che, diremo loro, potete
tornare sui vostri passi. Ma le incerte madonne non torneranno da dove
sono venute. Piuttosto se ne staranno zitte a guardarci, rendendoci ancora
più nervosi e cattivi, tanto che cominceremo a litigare fra di
noi. Fai largo, tu, non vedi che ho i piedi allo scoperto? Vuoi proprio
farmi ammazzare? Versami dellaltro vino piuttosto, e idiota che
sei. Questo non devo mai scordarmi di dirtelo.
E loro ancora là, senza dire una parola, con quella faccia a metà
tra il desolato e il beato. Una cosa che puoi interpretare come vuoi,
dipende da come ti senti e da come sarà andata la tua giornata.
Care incerte madonne, continueremo noi, non avete proprio nullaltro
da fare? Ci sono cocchi a milioni da salvare, miseri da raccattare, inetti
da recuperare. Con noi sarà tutto fiato sprecato e tempo buttato
e soldi spesi a vanvera. Perché un budget ce lo avrete anche voi,
lassù nel Creato
non vorremmo proprio che il santo cassiere
(chi sarà mai quello preposto a tale dovere, SantOro?) scendesse
inoltrandovi formale protesta e chiedendo
il conto a noi.
Ma le
Incerte madonne insisteranno
nella loro terapia del silenzio-attesa. Che un buon tacere ha sempre funzionato.
E noi, acidi ed elettrici come murene, sembreremo tanti piccoli autoscontri
senza pilota con la chiavetta perennemente inserita,
che vanno e vanno fino a scontrarsi con laltro. Bum e rimbalzo,
bum e rimbalzo, con la stupida musichetta dance che farà da sottofondo.
Grazie di essere stati in nostra compagnia, una voce ci saluterà
dallalto, annunciando eterna pioggia ed eterna bolletta
per quelli che, incautamente, avessero tentato
linvestimento nei bot vaticani. Ego sum pauper. Io sono povero,
non ho niente, ma tutto ti dono: questo il motto impresso sulla maglietta
del cherubino che, gioendo del nostro pentimento, esulterà sotto
gli spalti, sollevando la tunica celeste.
(Incerte
Madonne da I Ricordi della Mangusta)
1.
Il mio vicino dappartamento è agitato.
Ho fabbricato un cono di cartone e ci appoggio lorecchio sopra per
spiare meglio le sue mosse. Lo sento aggirarsi per le stanze inquieto,
nervoso. Tocca i soprammobili e li fa cadere, apre e chiude cassetti con
violenza. Accende la televisione e alza il volume al massimo, subito dopo
la spegne e così via. Mi sta rendendo nervoso.
Ti faccio assoluto divieto di andare a disturbarli ha detto
mia moglie prima di partire. Questo, tre giorni fa. I nostri vicini
sono strani, ma ciò non ti autorizza a spiarli notte e giorno.
Certo non sono pazzi, questo lo so, ma vanno e vengono vestiti a quel
modo, tutti colorati, con piume e pennacchi, con nasi finti e scarpe sformate.
Non è mica normale.
Lo sai, te lho già detto che lavorano in un circo.
Entrano ed escono spesso, ma non fanno troppo rumore, e mentre sono via
non ti daranno fastidio.
Ma poi cè
stata quella lite, giusto ieri. Hanno gridato e urlato per due ore intere.
Ho guardato lorologio non appena hanno iniziato ad insultarsi e
ho tenuto docchio le lancette fino a quando non hanno smesso. Credo
che abbia vinto lei, perché ho sentito la porta di casa sbattere
violentemente, passi che scendevano le scale e poi ho sentito la voce
di lui imprecare in cucina. Le nostre stanze sono simmetriche e, a quanto
dice mia moglie, arredate praticamente alla stessa maniera, perciò
ho capito che stava seduto al tavolo del cucinino a battere i pugni sulla
fòrmica grigia.
Lamministratore ha comperato uno stock di mobili tutti uguali,
per questo siamo come fotocopie accatastate una sullaltra.
Così mia moglie è solita definire casa nostra. Un vero peccato,
adoro il nostro appartamento e saperlo uguale agli altri, sebbene non
avendoli mai visti non ne abbia la certezza, mi disturba. Ma cerco di
non pensarci.
Non hanno figli, meno male, tutto silenzio guadagnato, forse per colpa
del loro lavoro strano. Certe volte vedo dalla finestra le punte dei loro
tendoni, appena fuori città. Una volta ci avevano pure appeso un
dirigibile in miniatura, di quelli gonfiabili. Da lontano, da dove stavo
io, sembrava vero sul serio, tanto che mero messo paura e pensavo
che i Russi ci avessero invaso di punto in bianco. Avevo chiamato la polizia,
che aveva chiamato lesercito. Un vero casino e quando si scoprì
che era un falso allarme vennero da noi, anzi andarono dritti da mia moglie
chissà perché. Non ho mai capito come andò a finire
quella storia, lei non ha mai voluto raccontarmi niente ed io, che di
faccende che non riguardano casa nostra mi interesso poco, non ho mai
chiesto dettagli.
Mia moglie mha raccomandato di lavorare alla mia miniatura mentre
lei sarà in viaggio. Si tratta di una fedele riproduzione di una
nave mercantile tutta fatta di stuzzicadenti, una bananiera con due stive
per il carico. Delle banane, appunto. Tornerà dopodomani, lei,
e ha promesso di portarmi qualche cosa, io spero un binocolo, o un telescopio
per guardare il palazzo di fronte.
Sono stato spento per parecchio, ma dopo, mentre guardavo fuori dalla
finestra mi è parso di sentire la loro porta sbattere nuovamente.
Ho creduto che anche lui se ne fosse andato, chi lo sa, magari a cercare
sua moglie. Invece i rumori allinterno sono ricominciati. Ed erano
molto più forti e sconnessi di prima. Sembrava parecchio più
incattivito, come se il tanto pensare gli avesse fatto montare una rabbia
dentro che ora debordava dal suo corpo, costringendolo a sfogarsi sullarredamento
e sulle stoviglie, non trovando alcun antagonista da affrontare. Mi sono
seduto sul divano a riflettere e a ragionare su quanto stava accadendo
ai nostri vicini. Ho preso carta e penna, ho spento la luce per non farmi
distrarre da nulla e alla fine ho elaborato questa breve teoria:
a) I nostri
vicini hanno litigato e Lei se nè andata da sua madre sbattendo
la porta.
b) Lui è molto orgoglioso, tutti quelli che lavorano al circo lo
sono e dunque non lha rincorsa, sperando che tornasse sui suoi passi
da sola.
c) Dopo alcune ore il senso di colpa o la solitudine lo hanno sopraffatto
ed è uscito sul pianerottolo con lintenzione di andarla a
cercare, ma poi il carattere del maschio dominante ha prevalso ed è
rientrato in casa sbattendo la porta.
d) Adesso vaga senza pace per la casa, attendendo il suo ritorno.
Lho
trascritta e appesa al bagno, come fanno i pugili con le foto degli avversari,
così me la guardo e me la studio ogni volta che mi scappa da pisciare.
2.
Sto cercando di immaginare i suoi movimenti, ma senza poterlo vedere è
difficilissimo. La donna non è tornata e deve aver trascorso la
notte da solo, proprio come me. Mia moglie ha telefonato stamattina e
mi ha chiesto cosa stavo facendo.
Sto tagliando a misura gli stuzzicadenti le ho detto, devo
costruire i coperchi delle stive e terminare la poppa. Non era vero.
Quello che stavo facendo era molto più eccitante e divertente che
costruire modellini di legno.
Non stai dando noie ai nostri vicini, vero? mi ha chiesto
lei. Io ho insistito su come fosse faticosissimo e difficilissimo tagliare
con precisione assoluta gli stuzzicadenti e perciò non avrei proprio
avuto tempo per loro. Ha riso freddamente dallaltra parte del mondo,
mi pare si trovi in Australia per delle conferenze su non so che progetto
di cura per deviazioni schizoidi riguardanti maschi adulti paranoici.
Cose noiose, insomma, buone solo per dormire davanti alla televisione.
3.
Si muove. Non sa proprio stare fermo, quello lì. E talmente
agitato che dai rumori che fa sembra saltare sul divano, rotolare per
terra e graffiare i muri dalla rabbia. Certe volte mi siedo allindiana
davanti al muro, quello della sala, dove so esserci anche il loro salotto
con il televisore, il divano e la credenza, tutto speculare a casa nostra.
Sto seduto ad occhi chiusi e mi concentro solo sui rumori che provengono
dallaltra parte e tento di visualizzare la stanza dallalto
in prospettiva, proprio come fosse un progetto. Allora riesco a vederlo,
seppure sfuocato, senza i dettagli, aggirarsi a volte furtivo, a volte
deciso e carico di cattiveria. Eccolo aprire armadi e rovistare negli
scaffali, cercando chissà che cosa, poi andare in bagno e sfogarsi
svuotando a ripetizione lo sciacquone, mettendo a dura prova la tendina
per la doccia, tirandola e strappandola.
Ho avuto la tentazione di bussare alla parete, ma una vocina da dentro,
molto simile alla voce di mia moglie, mi ha ricordato che ho fatto una
promessa e che chi non mantiene le promesse farà una brutta fine.
Dicono che i bugiardi non vadano proprio allinferno, ma un gradino
più giù. E io non ci voglio andare da quelle parti.
4.
E notte, finalmente. Mi piace, perché i rumori da fuori si
acquietano e posso sentire molto meglio tutti quelli provenienti dal palazzo.
Cè un famiglia due piani sopra il nostro. Moglie, marito,
due figli, un gatto. A notte fonda, quando tutti dormono, riesco a sentire
il felino rifarsi le unghie sulla fodera del divano. Ci vuole concentrazione,
certo, e fortuna dico io. Basterebbe che qualcuno si rigirasse nel letto,
starnutisse, oppure che unauto decidesse di svoltare proprio nella
nostra via per rovinare tutta quanta la trama dellascolto.
Anche il mio vicino sembra essersi tranquillizzato da un po. Sono
esattamente dodici minuti che non sento altro che il rumore della pendola
del nostro salotto. Forse dorme, o forse si è fatto male ed è
svenuto. Forse è morto. In effetti poco prima che smettesse di
muoversi ho sentito un tonfo sordo. Come di qualche cosa di pesante che
cade a terra. Potrebbe aver preso uno di quei grossi cuscini di velluto
dal divano e averlo gettato a terra. Mi viene il dubbio che possa aver
inciampato e sbattuto la testa sul pavimento. Dovrei chiamare la polizia
ma
visti i precedenti è meglio che aspetti un altro po.
Cè il numero del pronto intervento in bella mostra sulla
credenza. Sono passati dieci minuti da quando ho deciso che sì,
devo chiamare i soccorsi e sono ancora imbambolato davanti al telefono.
Non riesco a decidermi. Forse perché la situazione non mi è
ancora ben chiara.
Ho percepito una specie di mugolio poco fa, una cosa leggerissima, quasi
impercettibile e se non fosse che ho le orecchie ben allenate non credo
lavrei sentito. Ma daltra parte potrebbe essere solamente
ferito e non morto, come pensavo e perciò, mi sono detto, credo
che aspetterò ancora un minuto esatto e poi chiamerò il
113.
A rovinare tutto quanto ci ha pensato mia moglie, che nel bel mezzo della
notte ha deciso di telefonarmi. Non si ricordava che il fuso orario è
diverso e credeva che qui stessimo cenando.
Oh, scusami tanto ha detto, ti ho svegliato vero?
E io che non volevo deluderla ammettendo che invece ero sveglio e vigile,
ho fatto la voce assonnata e lho rimproverata bonariamente.
Come procede il modellino? Lo sai, vero, che quando torno voglio
vederlo finito? Allora mi è venuto il dubbio che se continuo
a lasciarlo da parte poi quando torna e non lavrò finito,
sicuramente si insospettirà e vorrà sapere cosho fatto
in tutto questo tempo. Così ho dovuto inventare una scusa stupida.
Le ho detto che mi era caduto proprio mentre stavo terminando una delle
due stive e si è sfasciato. Ma, siccome sono un tipo intraprendente,
le ho pure confidato che ho già ripreso dallinizio tutto
il lavoro. E sono già a buon punto.
Ti sei lavato i denti? ha domandato. Odio quando me lo chiede.
Mi fa sentire un verme, perché sembra che lo sappia che quando
non cè non me li lavo mai. Così mi tocca di raccontare
una nuova bugia che mi avvicinerà di un altro gradino a quella
cosa che sta sotto linferno.
5.
Proprio mentre poggiavo la cornetta lho sentito muoversi in salotto.
Credo proprio che fosse disteso sul divano, perché ha fatto un
tonfo leggero ma sordo, come se avesse appoggiato i piedi a terra. Sto
invecchiando, non me ne ero accorto che si fosse messo lì, lo pensavo
ancora disteso a terra esanime. Meglio così
.
Prendo appunti, scrivo spostamenti e orari, mie impressioni sui suoi atteggiamenti
e sul suo carattere.
Maschio adulto, media età. Poco socievole, incline agli scatti
dira. La sua vita privata sembra un contrappasso di quella pubblica
e lavorativa. Con le persone estranee è costretto a ridere e scherzare
felicemente, nellintimo si sente solo nonostante la compagna. Utilizza
la casa come poligono di tiro, rifugio fisico e cerebrale. Non sembra
pericoloso per altri se non per se stesso.
Non deve
essere una bella situazione per lui. La moglie ancora non si è
vista o sentita e a questo punto non tornerà più. Sono un
catastrofista, me ne rendo conto, ma penso di avere fiuto per queste cose.
Come quando mia moglie perse lincarico alluniversità.
Me lo sentivo già da un paio di giorni che sarebbe successo. Già
dal tono di quelle lettere che ritirai dal postino per lei e che, su di-sposizioni
di mia moglie medesima, non avrei dovuto leggere. Parlavano di scadenze
da rispettare, di documenti da consegnare, e io mi indispettii per quella
malcelata maleducazione nei suoi confronti. Non potevo certo permettere
che leggesse quegli insulti e perciò le distrussi ancor prima che
potesse vederle. Così, quando il rettore venne a casa nostra e
le comunicò che lincarico sarebbe stato affidato a un altro
per la mancata consegna del materiale richiesto, non piansi più
del necessario. Insomma, non tanto quanto lei.
Il maschio
sono io e dunque spetta a me mantenere lordine, qui. Sebbene sia
solo mia moglie a lavorare, io ho la responsabilità di dirigere
casa, controllare che tutte le stanze siano in buono stato e che niente
venga spostato senza un valido motivo. E un lavoro faticoso, che
mi porta via molte energie. Mi dispiace perché vorrei coltivare
altre mie passioni, come il modellismo, appunto, e come la vigilanza nel
quartiere dalla mia postazione segreta. Si trova sul terrazzino che si
affaccia alla strada, che è ben riparato da uno strato di cerata
e dunque posso vedere senza essere visto. Riesco ad accorgermi di molte
cose che accadono giù in strada, molte di più rispetto a
quelli di-stratti e abituati a passare velocemente a piedi o in macchina.
Ecco perché spero che mia moglie mi porti in regalo un binocolo,
o un piccolo telescopio.
6.
Quando mi muovo cerco di farlo cautamente, nel più silenzioso dei
modi possibili. So che potrei attirare la sua attenzione, insospettirlo,
indurlo a vedere quel che succede da questa parte, suonare il campanello
per chiedermi cosa cè da spiare. Non voglio proprio che accada
una cosa del genere, non saprei come comportarmi. Così mi muovo
come un ladro, senza mai usare scarpe o ciabatte. Ho indossato quattro
paia di calzini pesanti e non faccio alcun rumore camminando. Cerco di
non toccare niente, nemmeno le stoviglie in cucina. Mangio cose precotte
e nemmeno le riscaldo per paura che laccendino faccia troppo sfrigolio
quando lo maneggio. Al bagno ci vado spesso, non posso evitarlo, ma non
uso lo sciacquone che farebbe un gran fracasso. Ammetto che lodore
comincia ad infastidirmi e così dovrò decidermi a rischiare
e mandare giù un po di quella cosa che galleggia nella tazza
e che mi fa schifo solo a nominarla, così non lo dirò nemmeno
come si chiama. Daltra parte non ho né tempo né voglia
di distrarmi facendo altre cose. Occuparmi del mio vicino, studiarlo e
catalogare le sue mosse mi tiene impegnato ventiquattro ore su ventiquattro.
Non dormo, ma a questo ci sono abituato. Non ricordo di aver mai dormito
una notte intera, ci sono troppe cose da sentire, ascoltare, immaginare.
7.
Casa nostra non è certo spoglia, anzi direi che mia moglie lha
personalizzata con gusto. Ai mobili fotocopia ha aggiunto
soprammobili antichi e moderni. Non che io me ne intenda, ma mi piace
guardarli da vicino, osservarli nei particolari, trovarci i difetti o
deformazioni. Così ho scoperto su di unantica statuetta di
legno rappresentate un guerriero africano un minuscolo foro, proprio sulla
nuca. Secondo mia moglie era un difetto di fabbricazione, ma io credo
si trattasse di un tarlo. Così mi sono appostato e ho piantonato
la statuetta per trentasei ore di fila. Non mi sono mai mosso e ho sempre
tenuto docchio il foro, per vedere il tarlo fuoriuscire dal buco.
Nonostante mia moglie continuasse a rimproverarmi per la mia insistenza,
non ho mollato. E successo che ad un certo punto devo essere svenuto
per i morsi della fame. Non mi ricordo molto bene, so che la vista mi
si è annebbiata, poi mi sono ritrovato steso sul letto con mia
moglie da un lato e uninfermiera dallaltro. In mezzo una flebo
alta e grossa. Adoro le flebo. Puoi startene fermo a guardare quelle gocce
che scendono lentamente una dopo laltra e osservarle nei dettagli,
fino a quando non si staccano, fondendosi con il resto del liquido. Questo
bel gioco mi ha fatto dimenticare la statuetta e il tarlo. Quando ho ripreso
le forze non avevo più interesse per loro e ho gettato la statuetta
nella stufa. Certo non ho raccontato nulla a mia moglie, le ho detto che
non sapevo assolutamente dove fosse finita e credo se la sia bevuta perché
ne ha comperata una nuova. Di ferro battuto, questa volta.
8.
E passata la notte. Tranquillamente, direi, forse anche troppo per
i miei gusti. Domani sera mia moglie sarà di nuovo a casa e anche
questo bel gioco dovrà finire. Non so, magari minvento qualcosa
e faccio ritardare il suo ritorno per un altro giorno, così tanto
per prolungare ancora un po il divertimento. Ci penserò questa
sera.
Subito dopo colazione è successo un incidente. E devo attribuire
la colpa di tutto anche in questo caso a mia moglie. Con la sua mania
di tenersi in forma facendo sport, lei adora il tennis, ha riempito casa
nostra di racchette e palline. Ed è proprio di quelle stupide palline
gialle che sto parlando. Rotolano dappertutto, non stanno mai ferme nello
stesso punto, non puoi accatastarle. Così, mentre tentavo di riordinare
il ripostiglio facendo meno rumore possibile - e direi che fino a quel
momento cero riuscito alla perfezione -, una di quelle odiose palline
è uscita dalla confezione a tubo da tre. Se ne stava in bella mostra
nello scaffale più alto dellarmadio a muro e non so come
il tubetto ha deciso di rovesciarsi ed espellerne una. La pallina ha fatto
quattro rimbalzi in salotto prima che la raggiungessi e la buttassi nella
stufa, proprio come avevo fatto con la statuetta di legno. Solo che la
palla ha fatto fatica a bruciare e ha riempito la casa di un odore sgradevolissimo.
Ma non è questo il punto. Ho avuto paura che il mio vicino mi avesse
scoperto. E in effetti deve essere andata proprio così. Ho sentito
un tonfo come di uno che scende velocemente dal divano e dei passetti
furtivi che si avvicinavano alla parete. Allora mi sono tappato la bocca
e ho chiuso gli occhi, come se anche solo guardare facesse rumore. Ho
sperato, pregato che credesse dessersi sbagliato, invece è
successa una cosa stranissima. Dallaltra parte, proveniente dalla
stanza nella quale si trovava lui, ho sentito un rumore. Ma non un rumore
qualsiasi. Uno ben preciso, che avevo udito pochi istanti prima nella
mia stanza. Ho distnto con precisione quattro toc o pop
secchi e felpati, come di una pallina da tennis che rimbalza pesantemente
sul pavimento. Dopodiché, il silenzio più assoluto.
9.
E davvero strano. Non so cosa pensare. Ho cercato di riassumere
tutta la faccenda e ho rivalutato lo schema che avevo appeso alla specchiera
del bagno. Credo di averlo letto e riletto un centinaio di volte, poi
ho aggiunto un nuovo punto:
e) Ha bisogno
estremo di comunicare con qualcuno. Il mio maldestro incidente lo ha esortato
a tentare un approccio.
La teoria
che ho elaborato è molto semplice. Sono giorni che non parla con
nessuno, che cerca in tutti i modi di sfogare la sua rabbia e il suo dolore,
ma inutilmente. Ora ha assoluto bisogno di raccontare la sua storia a
un altro essere vivente, vuole trovare orecchie disposte ad ascoltare,
magari senza interventi o consigli. Solo un individuo che recepisca i
suoi turbamenti e se li tenga, liberandolo dalla tristezza. Così
mi sono offerto volontario e ho deciso di rompere il silenzio che ci separa.
Non sarà la solita visita di cortesia, oh no davvero. Non uscirò
certo di casa per andare a bussare alla sua porta. Sono anni che non esco,
non lo farò nemmeno ora. Tenterò invece lesperimento
della comunicazione rumorosa, ovvero lo scambio di idee e messaggi attraverso
semplici suoni prodotti da oggetti darredo o stoviglie. Una specie
di alfabeto morse casereccio.
Corro in ripostiglio e prendo unaltra pallina da tennis. La tecnica
che ho in mente consiste nella produzione di un singolo rumore. Perciò
altri suoni estranei dovranno essere ridotti al minimo, o azzerati. Mi
posiziono davanti alla parete e ripeto lo stesso movimento che in precedenza
era stato del tutto involontario. Quattro rimbalzi esatti e poi stop.
Pronti
via
pop
pop
pop
e pop.
Mi fermo e ascolto. Passa un minuto, ne passano due e poi anche un terzo.
Alla fine ecco la risposta tanto attesa. Dallaltra parte, flebili
e quasi indecisi, altri quattro rimbalzi del tutto simili ai miei
pop
pop
pop
e
pop.
Splendido, fantastico, eccellente. Ora devo cercare la riprova cambiando
il suono. Mi guardo attorno, poi saltello leggero in cucina e torno con
due mestoli di latta. Ecco, blam e blam
cozzano fra loro e producono
il suono che per me significa: Ti sono amico, puoi parlare con me.
Passano ben più di cinque minuti senza alcun esito, tanto che penso
di aver rovinato tutto con questa variazione, ma allimprovviso sento
la risposta e quasi mi lascio scappare un grido di entusiasmo. Blam e
blam
suono uguale prodotto da oggetti simili. Questo significa che
il mio vicino ha capito il meccanismo e forse anche la simbologia che
ci sta dietro.
Mi rendo conto che il tempo trascorso prima della risposta è stato
necessario per trovare loggetto adatto e mi prenderei a pugni per
non averlo capito al volo.
10.
Andiamo a meraviglia, io e lui. Abbiamo ripetuto la stessa sequenza di
suoni, pallina e mestoli, per tutta la mattinata, variando il numero di
rimbalzi e di percussioni. Il mio amico - oramai penso di poterlo considerare
tale - si sta appassionando. Proseguiamo per tutto il pomeriggio, fino
a tarda sera.
A un certo punto, dopo la mia ennesima sequenza e la sua pronta risposta,
lo sento sbuffare, o meglio quasi grugnire di soddisfazione, e adagiarsi
sul divano. Passano due ore di silenzio quasi totale.
Siccome non posso vederlo e non so con certezza cosa stia facendo, ho
sempre paura che si svegli e che, volendo riprendere il gioco, mi trovi
impreparato. Così non mi sposto di un centimetro dalla posizione,
pronto per riprendere non appena si ripresenterà loccasione.
Passa ancora unora, ne passano due, poi un altro paio, fino a quando
non vedo il grigio dellalba rischiarare la stanza. Ho le ossa indolenzite,
i piedi mi fanno male, ma sono fiero di aver obbedito alla regola che
mi sono dato. Immobilità e dinamismo allo stesso tempo. Silenzio
assoluto pronto al balzo
anzi al rimbalzo, ah ah ah! Certe volte
mi riconosco un umorismo esilarante che quasi mi spaventa.
Attenzione. Qualche cosa si muove in casa sua. Forse si sta svegliando,
forse dorme, sogna e si rigira.
11.
Ciao, sono io. Sono allaeroporto di Francoforte. Sarò
a casa per stasera intorno alle dieci, sempre che la neve non ci blocchi
qui tutti quanti, sapessi come viene giù! Se non mi rispondi significa
che stai facendo il solito bagno mattutino. Mi pare che questa volta ci
metti uneternità però, deve essere più di unora
ormai che sei a mollo. Mi raccomando, fatti trovare bello e sbarbato che
questa sera si mangia indiano.
Il messaggio sinterrompe e la segreteria riavvolge il nastro. Quando
ha squillato il telefono ho capito subito che era mia moglie. Non si dimentica
mai di telefonare per controllarmi, sapere come sto, perché le
manco. Anche lei mi manca certe volte, in alcuni giorni, quelli più
piovosi, ma di sicuro non adesso. Perché ho da fare con il mio
vicino, devo dialogare con lui. Oggi devo avanzare, progredire nella comunicazione
prima che torni mia moglie, e anche senza sottovalutare lincognita
sempre presente del rientro inaspettato della compagna del mio nuovo amico.
Confido che la lite sia stata piuttosto aspra, tanto da trattenerla lontano
da casa ancora per un poco.
Intanto devo trovare un nuovo codice, una nuova sequenza che mi aiuti
a superare questo gradino. Mi avvicino con la faccia al muro, il mio naso
sfiora lintonaco. Ci metto la mano sopra e sento il freddo della
calce sul palmo della mano. Faccio il tentativo. Tamburello con le dita,
come se fossi impaziente. Le dita producono una scarica ritmica veloce
ma netta, ed era quello che volevo. Mi metto in ascolto. Dallaltra
parte lo sento muoversi, alzarsi dal divano e spingersi verso la parete.
Lo avverto tastare il muro, come se volesse cercare il punto dal quale
è arrivato il suono. Mi pare chiaro che se non ci fosse una parete
di mezzo ci staremmo guardando negli occhi. Un minuto dattesa interminabile
ed ecco la sua risposta. Mi sorprendo perché è imprecisa,
difettata, non proprio netta come la mia. Come se avesse difficoltà
a coordinare le dita nella ripetizione del gesto. Riprovo tamburellando,
ma questa volta con un ritmo leggermente più lento. Ed ecco che
il mio vicino ripete la sequenza, anche in questo caso con una sorta di
indecisione, direi probabile imbarazzo, che avverto dal suono più
debole e cauto. Rafforzo la mia idea che forse la sua mano ha qualche
cosa che non va, segno di una lite violenta o di un incidente domestico
causato da un impeto di rabbia.
Mi siedo lentamente, con la schiena appoggiata alla parete e penso. Penso
a noi due e alla barriera che ci divide e che si sta assottigliando sempre
più. Un leggero sentimento di paura mi attraversa, provocandomi
un brivido sudato alla schiena.
12.
No so, forse mi sono distratto o forse sto davvero invecchiando. Ma improvvisamente
mi accorgo che cè qualche cosa di diverso. Qualche cosa è
cambiato nellambiente in cui vivo. Un elemento si è aggiunto.
Mi guardo attorno e non capisco da dove provenga una tale fastidiosa sensazione.
Mi alzo e mi aggiro per le stanze osservando i mobili, soprammobili, annusando
laria. Niente, tutto è ordinato come io stesso conosco e
so. Eppure lidea che ci sia una sensazione nuova in casa persiste
e non mi piace. Non mi va di perdere il controllo della situazione. Esco
sul terrazzo. La tela cerata mimpedisce di vedere quello adiacente,
dove vivono i nostri vicini. Sto per rientrare, poi abbasso gli occhi
ed eccola! Ecco la cosa nuova che prima non cera e che adesso cè.
E una specie di carta da gioco, di tarocco, ma diversa dal solito.
Mi abbasso e la raccolgo. Il formato è lo stesso delle carte, ma
i simboli non corrispondono. Ce un numero, il 65, e un disegno
che rappresenta un bambino che piange. In basso a sinistra una scritta:
o chianto il pianto.
Sto per gridare, ma mi trattengo. Cè una fessura che non
avevo mai notato prima ai bordi del terrazzino. Una feritoia quasi invisibile
che comunica con il terrazzo adiacente e dunque con lappartamento
del mio vicino. E lui, sfruttando questo passaggio ha voluto parlare con
me, mandarmi un messaggio. Il cui significato è chiarissimo. Lui
è triste, piange, si sente solo!
13.
Giro e rigiro la carta fra le mani. Eppure i disegni mi sono famigliari.
Li ho già visti da qualche parte, e da qualche parte
per me significa qui in casa. Furtivamente entro nello sgabuzzino, mi
siedo e guardo tutto quanto, ogni cosa fin nei minimi dettagli. La soluzione
è qui dentro, ne sono certo. Ci metto due ore, forse anche di più,
ma alla fine, con gli occhi che mi bruciano dallo sforzo, trovo quello
che cercavo. Non si tratta dello stesso oggetto, ma di qualche cosa di
molto simile, almeno nel significato. Tempo fa, mia moglie mi portò
in regalo da Napoli la tombola e su ogni casella cera rappresentata
la smorfia napoletana abbinata al numero. Eccitato come un bambino ho
ritagliato tutte le caselle e le ho disposte sul pavimento. Le osservo
una ad una e infine scelgo quella adatta. Raggomitolato sul terrazzo infilo
nella fessura il tassello con il nr.5: a mana la mano. Voglio
aiutarlo e spero che lui capisca.
Il cielo sannuvola e il vento comincia a farsi freddo sebbene sia
soltanto mezzogiorno. Ho intenzione di aspettare qui fino a quando non
avrò ricevuto risposta, costi quel che costi. Alzo il bavero della
giacca e chiudo gli occhi. Sento la carta ancora prima di vederla. Il
31: o padrone e casa il padrone di casa. Forse vuole
dirmi che sua moglie non cè e che lui ora è il capo,
non so. Gli rispondo con il tassello nr.70: o palazzo. Vorrei sapesse
che io, invece, sono il padrone di tutto quanto. Mi pare unottima
risposta, condita con un pizzico di cinismo ironico. La terza sua carta
quasi mi fa sganasciare dalle risate e devo ingoiare tutta la mano per
non farlo. Raccolgo e bacio la carta nr.66: e ddoie zetelle
le due zitelle. E vero, siamo proprio come due vecchie comari che
si scambiano pettegolezzi e non posso far altro che rispondere con il
19: a resata la risata.
14.
Nemmeno me ne sono accorto che stiamo praticamente dialogando. Sicuramente
siamo seduti vicini, divisi solo da una ringhiera e da una cerata. Avverto
la sua presenza, ma non è ingombrante, non è fastidiosa.
Mi viene in mente solo un vocabolo per definirla, anche se non centra
niente: ludica.
Sento il fruscio della carta in arrivo e guardo scivolare da sotto la
tela il nr.80: a vocca la bocca. Ha fame, penso, magari ha
il frigo vuoto e non vuole uscire a fare la spesa. Prendo il tassello
nr.86: a puteca la bottega e quello mi risponde con la carta
nr.46: é denare il denaro. E un problema allora, senza
soldi non si va da nessuna parte e men che meno si mangia.
Trattengo
un sospiro di smarrimento. Sono ad un punto morto. Sè fatto
pomeriggio inoltrato e siamo ancora qui fuori, con il freddo che comincia
a entrare nelle ossa e la conversazione piantata a metà. Sento
che cè bisogno di progredire ancora, salire un altro gradino
nella scala della comunicazione, evitando sempre di rivolgerci la parola.
Squilla il telefono. Questa volta rispondo, ma non è mia moglie.
E mia suocera che mi chiede se ho notizie del suo arrivo. Non ho
alcuna voglia di parlare con lei, così riattacco senza nemmeno
scusarmi. Me ne torno sul terrazzo e il telefono ricomincia a squillare.
Parte la segreteria e contemporaneamente un rosario di insulti e maledizioni.
Mia suocera non perdona facilmente. Tento unultima carta con il
mio amico, vorrei in qualche modo presentarmi, ma cercando di farlo sorridere.
Avanzo il tassello nr.22: o pazzo e subito dopo il 23: o scemo.
Dallaltra parte una sola risposta, per me incomprensibile. Il nr.59:
é pile i peli.
15.
Me ne sto disteso sul divano a guardare la carta nr.59. Cosa avrà
voluto dirmi? Che è molto peloso? E che mimporta! Forse significa
che ha freddo e ha bisogno di una coperta, ma mi sembra uninterpretazione
troppo fantasiosa. Mi mordicchio le unghie, mi gratto gli avambracci fino
a spellarmi, ma non mi viene in mente niente. Ho bisogno di cambiare qualche
cosa nello schema del nostro rapporto e si sta facendo tardi. Unora,
unora soltanto e mia moglie varcherà quella soglia e io dovrò
smettere di comunicare con lui.
Credo che mi mancherà.
Devo vederlo, forse è questo. Devo trovare un modo per vedere qualche
cosa di lui, senza che lui noti me. Torno vicino alla parete della sala,
la scruto, la palpo e lannuso. Cè un quadro molto grande
e pesante, che se ne sta appeso chissà da quanto. Rappresenta una
donna, una femmina molto procace. Non che questo abbia mai attirato la
mia attenzione, piuttosto mi incuriosisce il chiodo al quale sta appeso.
E molto grosso, non ha le solite dimensioni e inoltre è piantato
molto in basso, cosicché la cornice è facile da spostare.
Sollevo il quadro e lo tolgo dalla sua sede. Sul muro rimane unombra
più chiara, una sorta di negativo. Mi arrampico su uno sgabello
e metto il dito nel foro. E profondo e potrebbe quasi trapassare
la parete. Cerco e trovo un cacciavite abbastanza lungo e mi metto a lavorare.
I mattoni rossi sono teneri e non ci metto molto ad arrivare dallaltra
parte. Con la lingua a penzoloni dallo sforzo, mi alzo sulle punte dei
piedi e sbircio.
16.
(...)
Gli
altri titoli sono: Intro!
- Canaja scuria (Ragazzi difettosi) - La solita mattanza - La solita
mattanza - Lotus -Piccoli sinistri tra amici -
Storia del killer - Una storia da una storia - Una giornata
tipo - Me e Monsieur N. - Certe cose dentro - Il
Raccontapalle
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