(Brani
tratti da "E CONTINUO A PARLARE CON TE" - IL PREZZO DEL
RISCATTO -)
(...)
7.
Da lontano
ti ho guardata camminare. Lo sguardo perso nel vuoto, accostata ad una
sconosciuta.
Ad un certo punto hai girato il viso. E ho rivisto il tuo sguardo cattivo.
Perché, vedi, quando si è davanti alla perdita di qualcuno
che amiamo, la memoria ci gioca un brutto scherzo. Sembra volere restituire
al presente soltanto la versione buona di chi abbiamo amato, nascondendo
la verità che potrebbe farci sentire in colpa.
Di quale verità parlo?
Non nasciamo buoni, no, siamo da sempre anche cattivi, capaci di mentire,
di tradire, di odiare, di offendere. E allora ho incominciato a sfogliare
anche quelle pagine che la tua malattia sta strappando giorno dopo giorno,
sto cercando di attaccare i pezzi, soprattutto quelli che rischiano
di andare perduti se non li afferro subito e li ripongo dove è
giusto che stiano. Voglio riuscire ad amarti completamente senza il
bisogno di nascondere quello che di te non mi è piaciuto, ciò
che mi ha ferito, che di te non ho condiviso.
Si ama veramente solo quando si è capaci di perdonare senza che
sia laltro a chiedere.
Stasera viene tuo nonno a cena. Non ne posso più di quel vecchio
che sbava mentre mangia.
Ma mamma il nonno ci ha sempre aiutato. Non pensi a quante volte il
papà ha avuto bisogno di lui e poi non ti ricordi i pomeriggi
da Marus a comperare i vestiti per noi, e la casa dove abitiamo ce lha
regalata lui. E poi, mamma, ci ha voluto bene. Ludovica ed io eravamo
felici, la domenica, quando ci portava al cinema e a mangiare la pizza
da Gastone. Adesso è vecchio, come dici tu, ma è ancora
presente nella nostra vita.
E questi pranzi e queste cene tutti insieme io li vorrei per mio figlio.
La vorrei la famiglia che voi ci avete dato. Nonostante tutto, la vorrei.
La sera, quando mi siedo davanti a Marcello, soli, ripenso alle sere
del mercoledì, alle patate con il rosmarino, al salame e ai bomboloni
con la crema e la marmellata. E poi torna alla mente la tua cattiveria,
quando più di una volta gridavi la tua stanchezza davanti a quel
vecchio che per me era così importante. Dicevi al papà
che eri stanca. Ma stanca di cosa, mamma, di fare i solitari, di andare
alle tue riunioni a pretesto religioso, di andare a fare spese, alle
nostre riunioni a scuola? Oppure stanca di non essere altro che una
moglie, una madre?
Desiderosa di essere solo una donna, a prescindere da noi, corteggiata,
amata solo perché sei tu.
Ma le nostre scelte hanno sempre un prezzo, un prezzo alto. Nessuna
è senza dolore. Il problema esiste quando ci sembra di non essere
state noi a farle, quelle scelte. Che qualcosa è uscito dal nostro
controllo in un momento in cui eravamo distratte da unidea, lontane
dalla realtà. E così anziché entrare in una dimensione
precipitiamo in unaltra, che da un giorno allaltro si rivela
nella sua distanza dalle nostre attese, speranze. Ed eccoci improvvisamente
estranei dentro una vita che smettiamo di affermare, lentamente, senza
consapevolezza. Incomincia la rabbia contro chi ci sta intorno, a cui
tentiamo di addossare ogni responsabilità. Poi quando comunicare
non ci interessa più, ci mettiamo in disparte. E così
il tempo passa sopra noi. Realizziamo un senso di inutilità sia
verso noi sia verso chi pensiamo di amare. E niente odora più,
niente si muove più, solo il tempo sopra noi segna i passaggi
inevitabili. Ma a quel punto neppure il tempo è più nostro.
Depressione, angoscia, disperazione, malinconia, comunque la si voglia
clinicamente definire, tutto dipende da questo.
8.
Sono tornata. Ho indossato come gli altri la maschera dellabbronzatura,
ho messo due gocce di Chanel N.5 e sono venuta da te. Sei dimagrita
ancora, mentre lestranea che ti sta accanto è ingrassata.
Ho sofferto lontana da te e adesso scopro che soffro ancora di più
davanti a te. Dico allestranea che può andarsene. Lontana
lei e la sua avidità, vicine per qualche istante noi. Sole. Non
dici più niente. Il tuo corpo mi sembra ancora più rigido.
Sei vestita senza cura, sudata, pallida. Hai le gambe ricoperte di peli
lunghi e neri. Perché non ti radono? Perché non ti mettono
lo smalto? Non ti truccano e ti vestono come una signora? Tu sei la
mia signora e loro perché ti trascinano lungo le strade della
nostra città così ridotta a cosa, a fare parlare di come
eri e di cosa sei, di una malattia che può conoscere solo chi
vive indirettamente. Perché continuo ad essere arrabbiata? E
soprattutto perché non faccio io quello che gli altri non fanno?
Mi sento in colpa. Ho trascorso due mesi al mare, lontana da te. Ho
subito giudizi tra i più terribili da tutti su come educo non
educo mio figlio. Non ho incontrato amore. E non sono riuscita a difendermi.
Ho subito come un panno steso su un filo di ruggine immobile. In silenzio.
Ho guardato da lontano gli altri. Non ho invidiato nemmeno per un secondo
la loro realtà. Club, circoli, carte, Dolce e Gabbana, Gucci,
Berlusconi, Prodi, il mutuo per la terza casa. Non mi interessa. Sono
contro. Tutto mi sembra falso, convenzionale fino alla nausea. Non reggo.
Sprofondo nel colore grigio del mare destate.
Antonio è tornato a casa. Per lui non è successo niente.
Mi rinfaccia la mia incapacità di adattarmi, non mi difende abbastanza
di fronte ai giudizi degli altri. Per loro non valgo niente, sono anomala,
socialmente poco adatta. Mi dice di non pensare al passato, di guardare
oltre. Di amarlo senza paura. Ma io sono congelata dentro. Vorrei stendermi
nuda davanti ai suoi occhi e succhiare il sesso di uno sconosciuto che
dice di amarmi. Vorrei rotolare tra le sue braccia e godere senza rimorso
solo perché lo desidero. Vorrei tornare ad amare il mio corpo
e smettere di mostrare una pelle grigiastra inodore. Vorrei
E non riesco più a dire voglio. Non riesco ad alzarmi dal letto
ed essere felice di aspettare.
Non cè nei miei occhi, nel mio sguardo, quella luce contagiosa
di un tempo. Mi hanno rubato i sogni, mi hanno tolto i veli e sono rimasta
nuda, disarmata davanti al silenzio dei miei morti. Non riesco più
ad amare neppure loro. Non mi rispondono, hanno altro da ascoltare.
E tu? Perché continui a fissarmi senza voce? Ti domando di urlare
e continui a non dire niente. E se smettessi anche di parlare con te?
Cosa ne sarebbe di quello che resta di noi? Io questa solitudine non
lho scelta.
E tu?
Dimmi, come fa a passarti sopra la pelle tutto, perché non ti
accorgi che ti stai bruciando le mani a forza di fumare, che ti crescono
lunghi e orribili peli neri sulle gambe. Come puoi essere tanto indifferente
e non sentire questa voce che ti implora in silenzio, senza invadenza,
di dire una parola. Una sola. Buona notte, mamma. Dormi bene. E che
tra il sonno e la veglia non ci sia che una pausa. Se così vuoi,
così sia.
(...)
(Brani
tratti da "LA CASA DEI SILENZI" - IL PREZZO DEL RISCATTO
-)
Seduto
mi domando se ho saputo amarti abbastanza e quanto di ciò che
ho provato per te hai potuto capire. Non vedo ormai più niente
e tutto ciò che arriva è solo una grande risata dal fondo
della camera.
Nel buio intenso di questa soffitta, osservo le lancette dellorologio
e so bene che si fermeranno prima che faccia luce.
Aspetto e ti vedo nuda di fronte a me.
Mi guardi e sorridi.
Sono sicuro che ti stai facendo le solite domande. Infastidito dalla
prevedibilità dei tuoi gesti, a volte ho voluto lasciarti. Per
ritornare.
Era autunno quando ti incontrai di nuovo, sotto i portici dei grandi
magazzini.
La luce era confusa, tra il bianco e il grigio. E anche il tuo viso
era grigio. Ti ho invitato a prendere un caffè in una nuvola
di fumo dove, nelle prime ore del mattino, fanno colazione i tranvieri.
Hai il viso magro e tu non dicevi niente e sorridevi.
Quella mattina abbiamo parlato anche di Calvino. Lezioni americane.
Tu tremavi e continuavi a guardarti intorno. Tenevi in mano almeno dieci
giornali: viaggio negli Stati Uniti. Non eri felice.
Hai mai creduto vero quello scenario dentro il quale questa dichiarazione
damore per te si è mossa a passi lenti, a circuire la tua
attenzione, ad ingoiare la tua giovinezza, a sorpassare gli entusiasmi
e a mutarli troppo in fretta in cadute verso il basso?
La prima volta che appoggiai le labbra sul tuo seno giovane e bianco
di luce, avvertii una strana sensazione, regressione involontaria allinfanzia,
il profumo del latte, il basilico in estate, il rosso intenso dei pomodori.
Quando le stagioni erano ancora stagioni.
Un voluttuoso mescolarsi di sensazioni olfattive e visive che mi portava
lontano nellarmonia ospitale della riconciliazione con me stesso.
Adesso, intendo proprio ora, in questi minuti che precedono la fine,
ho come la sensazione che il tempo danzi come quando i bambini si stringono
in un cerchio e si muovono sul suolo cercando un equilibrio.
Un invito al pentimento, al rimorso, al rimpianto... dovrei in questi
istanti amare la vita come allora, sullerba verde destate
assieme a te e al profumo delle fragole sciolte al sole... forse dovrei
ritornare, ma che dico...
Mi tolgo i pantaloni e li appoggio sul pavimento. Cè cattivo
odore. Una forza distruttiva incontrollabile mi ronza intorno insieme
con un inequivocabile senso di morte, di lacerazione, di un vano dolersi
alla ricerca di una terra senza male e alla guarigione di unanima
straniera. Ostinato restare, stupido ed inaccettabile attaccamento alle
cose del mondo che amo, amo, amo!
Mi passa davanti unesistenza intera vissuta allombra di
me stesso, per essere sempre il protagonista di una scena dalle cornici
erose dai vizi simili a quelli di unattrice di Hollywood, del
cui successo però si legge solamente sui rotocalchi stropicciati
sopra il tavolino del barbiere.
Abbiamo fatto lamore alcuni giorni fa e ti ho lasciato un forte
odore di sesso tra le lenzuola.
Non cè luce, ora al di fuori di questo ricordo, dentro
il quale tu respiri sul mio ventre sudato di piacere di una polvere
che profuma dinfanzia.
Il nostro è stato sempre un gioco dincastri in cui è
mancato il tassello centrale.
Sottile mancamento, abbandono leggero nel vuoto (un ragno denormi
dimensioni sta salendo sulla mia gamba e decido di non fermarlo perché
mi fa compagnia). Fluire rapido distanti in cui niente si distingue
più.
Cercare, cercare, cercare.
Follia.
Sentirsi vivere
Mentre tu ti senti sola, continui ad avere voglia di vomitare, di piangere
e urlare con rabbia contro gli ostacoli appoggiati a caso sulla tua
strada, opporre uninutile resistenza allinevitabile procedere
del tempo, come se nulla mai debba accadere oltre a noi. Eppure sei
anche certa che tra non molto ti alzerai la mattina e tornerai a sorridere.
Perciò ti dico di accelerare questo momento in cui la disperazione
dovrà lasciare il posto alla nostalgia e alla malinconia, alle
chiacchiere sulla vita e alla tristezza delle sere trascorse davanti
alla televisione nellattesa del sonno. Ecco cosa diventeranno
le tue lacrime tra poco. E inevitabile.
Per adesso non ti rimane che annegare la mia assenza nelle lenzuola
inumidite del nostro ultimo amplesso, quel saluto così informale,
nella bottiglia di cerasuolo rimasta alla polvere, sopra la credenza
dove accumuli ricordi.
E se a volte il dolore dovesse diventare insopportabile tu balla e canta
forte.
(...)