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Brano tratto
da "Il tempo è denaro":
CAPITOLO
I
Primo
giorno, Lunedì 6 Agosto
La sveglia
del cellulare trillò alle sette in punto. La mano, nella stanza
ancora buia, ne inseguì il suono sul comodino. Dopo aver inciampato
in quelli che dovevano essere i suoi occhiali, premette il tasto posponi
e tornò ad abbracciare il cuscino. Il rito si ripeté altre
due volte.
Quando la sveglia suonò per la terza volta, decise, come al solito,
che non si poteva prorogare oltre la levata; tastoni, cercò le
sue pillole di Eutirox che ingoiò senza bere nulla. Ora la giornata
doveva incominciare. Per lui, la prima mattina era sempre in salita. Pressione
bassa e ipotiroidismo lo rallentavano particolarmente al momento di partire,
poi la giornata seguiva il suo corso.
Si sedette un attimo al bordo del letto, quasi a prendere lultima
spinta e infine si alzò.
Il letto matrimoniale era disfatto solo a metà. La sua.
Il questore Bergonzi dormiva solo da tantissimi anni, da quando la malattia
si era presa sua moglie, Letizia. Era stata una storia che lo aveva segnato.
Il cancro gli portò via quello che era stato lunico amore
della sua vita. Laveva conosciuta sui banchi del liceo e con lei
aveva frequentato la facoltà di legge a Parma. Si erano laureati
entrambi e le loro storie professionali si erano divise. Lui in polizia,
lei a insegnare, ma la loro storia sentimentale non era mai terminata
e così, a due anni dalla laurea, entrambi con un lavoro presso
lo stato, decisero di unirsi in matrimonio. Di quella scelta non ebbe
mai un dubbio.
Letizia non era bellissima, ma aveva charme, molto charme. La sua famiglia,
di antiche origini nobiliari, aveva diverse aziende agricole e lei era
cresciuta sulle colline reggiane, alternando la frequentazione degli ambienti
famigliari con quelli, a lei più congegnali, di figli e figlie
dei loro lavoranti.
Le condizioni in cui era cresciuta e un carattere solare le davano quellincredibile
capacità di rendere semplice e sincero ogni rapporto. Con lei non
capitava mai di essere sulla difensiva e forse era questo che lo aveva
fatto innamorare fin dai tempi della scuola.
Poi era arrivata la malattia. Aveva ventotto anni. Troppo presto per andarsene
e troppo dolore a cui non era preparato. Era stato un calvario. L
aveva vista sfiorire lentamente alternando la speranza alle delusioni,
la tenerezza al dolore. Il 9 ottobre 1994 lo aveva lasciato solo e disperato.
Lanno che seguì fu il più difficile della sua vita.
La perdita di Letizia lo aveva portato a chiudersi in se stesso perdendo
di vista amici e parenti. Sapeva che stava sbagliando, ma non era riuscito
a fare altrimenti. Si era nascosto come un soldato ferito e indifeso in
terra nemica e aveva bruciato tutti i ponti, pur di trovare un rifugio
in cui potersi leccare le ferite.
In poco più di un mese, lui, abituato alla buona tavola e propenso
alla pinguedine, aveva perso 12 chili. Lo stomaco gli si chiudeva e ogni
volta che ingoiava qualcosa ne poteva seguire, suo malgrado, il percorso
nelle viscere.
Si aggrappò al lavoro come un naufrago alla ricerca di un appiglio,
nel tentativo di impedire ai suoi demoni di assalirlo, ma fu cosa per
nulla semplice. Le tante ore passate rabbiosamente a lavorare avevano
almeno agevolato la sua carriera, fino a portarlo a essere commissario
a soli ventinove anni. Il lavoro però non era sufficiente. Lo stordiva,
lo ubriacava, forse lo assorbiva, ma la sua vita non aveva più
i colori, i sapori e i profumi di quando cera lei.
Il suo viso gli tornava in mente con la regolarità e il potere
seduttivo di uno spot pubblicitario e lui, quasi impotente, continuava
a ricercarlo in ogni donna che incrociava. E ogni volta era il panico:
il respiro veniva meno, il cuore scalciava come un cavallo impazzito,
il sudore, la nausea. Lo prendeva una voglia di fuggire, di nascondersi
diventando invisibile e allora cercava davvero un posticino isolato, dove
poter tornare a respirare. Di norma queste sensazioni dopo pochi minuti
cominciavano ad attenuarsi, il ritmo dei battiti rallentava e, un passo
dopo laltro, salendo verso la luce riusciva a riprendere il controllo.
In quegli istanti però rimaneva estraneo a se stesso, un precario
equilibrio emotivo gli dava limpressione di poter ricadere nel vorticoso
fiume che scorreva sotto i suoi piedi.
Questi attacchi di panico, da cui non riuscì a liberarsi mai completamente,
lo portarono ad ammettere a se stesso che doveva ripartire da zero. Doveva
smettere di aspettarla, non sarebbe tornata, non poteva tornare. E non
era vigliaccheria, non avrebbe dovuto sentire i rimorsi per non averla
attesa fino alla fine. Non era quello il modo di dimostrarle il suo amore.
Chiese il trasferimento in altra sede e dopo poche settimane venne accontentato.
Partì per Trani, che fu il primo di una lunga serie di spostamenti.
La carriera era in crescita. Passò in molti commissariati: LAquila,
Bergamo, Verona, Bologna, Firenze, Roma e ogni trasferimento aveva sempre
portato qualche stelletta in più. A Roma aveva trascorso gli ultimi
sei anni ed era diventato Commissario Capo, ricevendo diversi encomi e
riconoscimenti. Adorava quella città meravigliosa con i suoi luoghi
ricchi di storia e non gli sarebbe dispiaciuto chiudere lì la sua
carriera.
Ma un intoppo aveva interrotto bruscamente lidillio con la città,
o meglio, con il suo potere. Il governatore del Lazio (in forza al partito
dellopposizione al governo nazionale) venne coinvolto in un ricatto
a sfondo sessuale. Una storia pruriginosa in cui dei video, che lo ritraevano
con un trans in situazioni quanto meno imbarazzanti, erano stati offerti
a diversi giornali più o meno scandalistici. Alle operazioni investigative
prese parte anche il ROS dellArma e quattro carabinieri risultarono
coinvolti pesantemente nelle indagini.
In Italia si stava vivendo una fase politica e sociale molto particolare.
Era lottobre del 2009. Leconomia aveva da poco conosciuto
linizio di una delle fasi più brutte, probabilmente ancora
peggiore di quella del 29.
Le difficoltà economiche avevano inizialmente toccato solo i margini
della società, quegli strati che appartengono esclusivamente alle
statistiche, ma non hanno un volto o un nome. Poi linquietudine
si era allargata a fasce sempre più ampie di popolazione, fino
a trasformarsi in una rabbia collettiva che cercava il suo sfogo.
Rivelare che un politico, sempre che fosse davvero il solo, si trastullava
tra le braccia di un trans, pagato, pare, duemila euro per incontro e
raggiunto con lauto blu di servizio, poteva avere conseguenze non
facilmente controllabili.
Bergonzi, che non aveva particolari simpatie politiche e si orientava
verso il centro moderato e cattolico, in questo caso aveva gestito malissimo
la parte diplomatica del suo lavoro. Spesso aveva accettato soluzioni
di compromesso, nella convinzione profonda che soluzioni mediate potessero
meglio garantire equilibrio nellinteresse generale, ma quella volta
agì diversamente.
Capiva che oramai la mala gestione politica era un lusso che il paese
non si poteva più permettere, e quindi era necessario aprire gli
occhi e smettere, almeno per il momento, di lasciar decidere ad altri
cosa era buono e cosa no.
Questo suo mettersi di traverso lo aveva portato a forti conflitti con
le altre istituzioni, che propendevano per una gestione molto più
controllata e meno rumorosa del caso. Fu così che, nel drammatico
scontro finale con il ministro dellinterno in persona, accettò
una promozione laterale, vale a dire che sarebbe stato trasferito in unaltra
sede come questore. La cosa non gli era piaciuta per nulla, ma aveva capito,
e gli era stato fatto capire, che se non avesse accettato avrebbero avuto
mille e più modi per renderlo inoffensivo e senza dover ricorrere
a promozioni.
Accettò lincarico presso la Questura di Parma, dove il suo
predecessore aveva da poco raggiunto letà della pensione
e stava lasciando il posto vacante.
Lidea di trasferirsi a Parma non gli dispiaceva. Era una città
che conosceva per averci studiato, di cui aveva molti ricordi e lo scorrere
del tempo aveva lenito le ferite lasciate da quelli più dolorosi.
In poco tempo il trasferimento fu organizzato. Poco prima di Natale ci
fu la cerimonia dinsediamento, con giornalisti di radio e tv locali,
autorità al completo e anche qualche vecchio amico che aveva riabbracciato
dopo tanti anni.
Schivo comera, si era insediato nella carica senza troppo rumore,
ma il rumore si era avvertito subito dopo, e in tutta Italia. In collaborazione
con il procuratore aveva portato avanti un lavoro dintelligence,
scoperchiando un marciume negli ambienti politici cittadini, che neppure
i più agguerriti oppositori avevano immaginato.
Più di un anno dintercettazioni ambientali e telefoniche
avevano portato allo scoperto un giro impressionante di mazzette, nelloperazione
denominata green money.
Tre alti dirigenti del comune (Castellazzi, Balduzzi e Tagliavini), alcuni
dirigenti pubblici (Casoli, Rosciano, Marcaus e Bori) e tre imprenditori
(Puccini, Calzerotti e Corni) della gestione del verde pubblico, da cui
loperazione aveva preso il nome, erano risultati coinvolti in una
storia di appalti truccati. Bergonzi aveva vissuto la vicenda quasi in
modo liberatorio, si era riappropriato del proprio mestiere, era tornato
a sentirsi utile.
Il caso, come detto, ebbe eco nazionale. Gli inviati dei TG Rai e Mediaset
soggiornarono diversi giorni in città, nel timore di non essere
i primi ad annunciare lultimo scandalo. La gente comune fu risvegliata
dal sonnacchioso torpore che spesso avvolge lopinione pubblica.
Ci furono manifestazioni di protesta sotto i Portici del Grano, dove risiede
il Municipio, che richiedevano a gran voce le dimissioni del sindaco.
E non erano i soliti manifestanti professionisti; questa volta armati
di tamburo e grancassa vi erano anche casalinghe, professionisti, impiegati.
Qualcosa stava succedendo. Il palazzo aveva tremato ma le mura avevano
retto. Il sindaco Canali aveva resistito, sebbene la sua posizione non
fosse facile. Era risultato completamente estraneo alle indagini, nonostante
lamicizia con alcuni indagati finiti in regime di carcerazione preventiva.
La popolazione non aveva apprezzato il mancato controllo esercitato dal
sindaco e, ora, i centottantamila euro spesi solo per le rose che arredavano
il lungoparma, erano visti come uno spreco intollerabile anche da chi
lo aveva giustificato per la cura che aveva impiegato nel riportare Parma
agli antichi splendori della duchessa dAustria.
Bergonzi non aveva vissuto la vicenda come una rivincita sul potere politico
che lo aveva messo in disparte, piuttosto, come dicono spesso le procure,
come un atto dovuto: il suo atto dovuto alla Verità e ora si sentiva
più in pace con il mondo.
La credibilità delle istituzioni era stata minata da diversi eventi,
che con fragore vennero alla ribalta già prima del suo arrivo e
il desiderio di quella parte sana della pubblica amministrazione di rendersi
meno invisa alla gente, era molto forte.
Con il procuratore, con cui si era instaurato un buon rapporto nel rispetto
delle reciproche competenze, condivideva la voglia di girare pagina e
mettere alle spalle tutte le vicende deplorevoli del passato. Era un progetto
molto difficile, perché sarebbe stato necessario mostrare la voglia
di fare pulizia e di scoperchiare tutto il marcio che nel pentolone ribolliva.
Nel 2009 era scoppiato il caso Opoku. In una retata dei vigili urbani
in borghese, erano stati arrestati un pusher e il suo palo.
In seguito si venne a scoprire che cera stato uno scambio di persone.
Emanuel Opoku, uno studente ghanese, risultò non aver nulla a che
fare con il palo che cercava la polizia, ciò nonostante
era stato malmenato con motivazioni a sfondo razzista. Il processo seguì
il suo corso e la verità poté emergere, anche se in maniera
tuttaltro che indolore.
La verità processuale mostrò una forza pubblica deviata
e quantomeno connivente e, oltre alla condanna dei Vigili imputati, ci
fu lallontanamento del capo della Polizia Municipale, Antonella
Guidi, ufficialmente perché a scadenza naturale del mandato. Ironia
della sorte, fu sostituita da quel Castellazzi poi finito in carcere per
la vicenda green money.
Il caso Opoku era stato lennesimo granello di sabbia soffiato negli
occhi irritati della pubblica opinione e il livello di degrado, della
mala politica nazionale, pareva essere senza fine.
Un presidente del consiglio puttaniere che non perdeva occasione per gettare
discredito sul paese, un branco di cani famelico che affollava, si fa
per dire, le aule del parlamento, senza distinzione di parte, pronto a
divorare anche le briciole di tutto ciò che era pubblico, eserciti
di faccendieri impegnati a spartire soldi e potere, avevano fatto sì
che la gente avesse un fortissimo rigetto della politica a qualsiasi livello.
In questo clima ostile, non era facile per Bergonzi portare avanti in
maniera serena il proprio lavoro. Spesso si sentiva tradito dalle istituzioni
che rappresentava. Essere corretto, in quei momenti, significava soprattutto
trovare e punire chi avesse responsabilità pubbliche come lui e
corretto non era, rischiando di essere a loro assimilato.
Un po come il medico costretto dallisolamento ad amputarsi
un arto infetto perché non estenda il contagio al resto del corpo.
Un gesto improcrastinabile, ma molto doloroso.
Cerano tuttavia anche tante brave persone, sia in polizia sia in
procura, che amministravano la giustizia con pieno senso del dovere e
che avrebbe giudicato un vero e proprio tradimento abbandonare; portò
avanti il lavoro con crescente determinazione e fu così che venne
alla luce unaltra vicenda scandalosa e sconfortante nello stesso
tempo.
A seguito della denuncia di un imprenditore, vittima di un tentativo di
concussione, la guardia di finanza aveva sviluppato indagini terminate
con larresto dellassessore ai servizi educativi Pernini, del
suo braccio destro Calandrini e di due imprenditori, Tassara e Coscelli.
Alessio Pernini, uomo del PDL dalla faccia pulita e irreprensibile, paladino
della moralità, doveva aver pensato che vestiti di foggia sartoriale
e acconciatura perfetta, senza mai un capello fuoriposto, gli permettessero
cose che in realtà la legge vietava.
Era stato accusato di aver venduto lappalto delle mense scolastiche
per un tozzo di pane, pare ottomila euro, e un IPAD, irresistibile oggetto
del desiderio. Larresto avvenne dopo lunghe indagini che testimoniarono
con le intercettazioni ambientali il chiaro svolgimento dei fatti. Una
volta scoperchiato il vaso di Pandora, il sudicio fluire della melma che
si sprigionò, travolse tutto. La gente rimase allibita nel leggere
dei soprusi perpetrati nelle sue vesti pubbliche dal Pernini. Scoprì
con indignazione delle multe che aveva tentato di far togliere a unamica,
dei cambi di destinazione duso per gli immobili dimpresari
a lui vicini, delle spintarelle fatte avere a conoscenti per posti di
lavoro per cui non avevano i requisiti e chi più ne ha più
ne metta.
Era stato proprio il Procuratore Grasso a sottolineare in conferenza stampa
come fosse indecente che si lucri sulle scuole. Come detto, questa volta
il palazzo non si limitò a tremare.
Il sindaco Canali finì sotto lassedio dei mezzi di comunicazione,
di forze dellopposizione e gente comune che soggiornavano sotto
i portici del Grano. Ci furono più vertici tra Canali e i coordinatori
nazionali della forza politica che lo sosteneva, alla ricerca di una soluzione
che non penalizzasse troppo il partito stesso.
Alle 20.25 del 29 Settembre lannuncio ufficiale da parte delladdetto
stampa di Canali, il quale scrisse una lettera aperta ai cittadini di
Parma, che almeno gli valse lonore delle armi. Dopo aver elencato
le opere sviluppate e portate a termine durante il suo mandato e aver
evidenziato, supportato dalle indagini della procura, la sua totale estraneità
ai fatti, comunicò la sua decisione di fare un passo indietro,
per il bene della città, rimettendo il mandato. Unuscita
di scena dolorosa quanto rumorosa, forse indispensabile per limitare i
danni che grandi nuvole scure pressanti allorizzonte promettevano
minacciose.
Seguendo liter burocratico, la città venne affidata a un
commissario straordinario che aveva il compito di traghettarla fino a
nuove elezioni.
Bergonzi dopo quei momenti drammatici e pieni di tensione era tornato
al tran tran quotidiano.
Anche quella mattina, indossate le pantofole, si diresse verso la finestra
perché la luce potesse affluire dandogli un riferimento nellinizio
di giornata. Sul percorso che dal letto conduceva alla finestra della
stanza, fece tappa, come tutte le mattine, sulla bilancia. Non era una
cosa che gradiva molto, anzi. Ma gli avevano spiegato che il confronto
quotidiano con la pesa gli avrebbe dato maggior consapevolezza del suo
regime alimentare, inducendolo a una certa moderazione. Non che volesse
tornare al girovita di quando aveva ventanni, che a quei tempi misurava
con malcelata vanità, ma almeno gli venisse meno laffanno
quando doveva affrettare il passo.
Con un leggero sorriso per il responso di quella mattina sindirizzò
alla volta del bagno, dove una doccia tiepida gli avrebbe fatto perdere
il sapore della notte.
Asciugandosi davanti allo specchio si accanì contro alcuni capelli
bianchi. Non voleva che qualche pelo bianco, rarissimo, potesse denunciare
i suoi quarantotto anni. Li isolò ed eliminò con chirurgica
precisione.
Ma i capelli qualche avvisaglia sicuramente la davano. Non era più,
infatti, la rigogliosa chioma castana e boccolosa che aveva avuto fino
ai tempi in cui perse Letizia. Ora il taglio era corto, come peraltro
la sua posizione richiedeva e buona parte della fronte aveva eroso quella
vigorosa boscaglia. Per bilanciare lincipiente calvizie fece crescere
una barba ben curata, che gli incorniciava il viso senza minacciare la
mobilità dei suoi lineamenti.
Una cosa però lo aiutava a togliersi qualche anno: il suo sorriso
fanciullesco e contagioso che scopriva i denti, piccoli e ben allineati
ed evidenziava le fossette al bordo degli zigomi paffuti. Per sua fortuna
non era quasi mai venuto meno.
Con le mani aggiustò capelli e barba, osservando gli occhi verdi
nocciola, contornati dalla fatica dovuta al caldo torrido degli ultimi
giorni. Pensò che presto sarebbero anche arrivate le attese vacanze
ristoratrici.
Prese poi la piccola forbice appoggiata su una delle mensole a lato dello
specchio e cercò di tagliare alcuni peli insubordinati che cercavano
maggior visibilità fra gli altri. Si guardò arricciando
il piccolo naso tondo e concluse che era presentabile. La pulizia dei
denti e il fresco profumo di agrumi rischiavano di renderlo addirittura
gradevole.
Si diresse verso il manichino porta abiti su cui la sera precedente aveva
diligentemente disposto vestito, camicia fresca e cravatta. Indossati
indumenti e scarpe, un ultimo controllo allo specchio, fatto più
per dovere che non per il desiderio di essere veramente inappuntabile,
prese la via del corridoio e uscì da casa.
Come tutte le mattine la prima tappa non sarebbe stata la questura ma
il bar nei pressi, dove era solito fare colazione e leggere i giornali.
Scese le scale a piedi nellunico esercizio fisico, assieme al tragitto
verso lufficio, che si obbligava a fare ogni giorno. Era agosto
di unestate rovente e anche ora, pochi minuti prima delle otto,
gli alberi sul lungo viale che formava la prima cinta del centro cittadino,
non riuscivano ad avere la meglio sulla cappa di calore che già
avvolgeva la città. Mentre pedalava i suoi pensieri inseguivano
auto e biciclette che cominciavano ad animare le vie. Le scuole erano
ormai chiuse, chiusi molti uffici pubblici e privati che avevano iniziato
la turnazione per le ferie estive e il traffico aveva modo di decongestionarsi
un poco.
Si fermò alla solita edicola. Avrebbe anche potuto fare in modo
che i giornali gli fossero recapitati in ufficio e a spese dello stato,
ma preferiva che restasse ancora un momento privato di una piacevole attività.
Le otto piccole facciate della struttura in ferro erano come al solito
ricoperte di giornali e riviste, ma qualche vuoto qua e là e alcuni
settimanali del periodo precedente lasciavano intendere che molte case
editrici avevano saltato un giro di consegne.
Quando ledicolante se lo trovò davanti, si voltò a
cercare, in mezzo ai pacchi di quotidiani che preparava per le banche,
quello che aveva predisposto per lui.
Buongiorno dottore disse, porgendogli con un sorriso un piccolo
malloppo di giornali.
Buongiorno Carlo replicò Bergonzi con altrettanta affabilità.
Era solito regolare i conti alla fine del mese per cui, mentre il sorriso
stereotipato cominciava ad attenuarsi, sindirizzò lungo via
della Repubblica, una delle quattro vie che portavano alla piazza centrale
della città, piazza Garibaldi, dove aveva sede il Municipio.
La strada era abbastanza larga e i negozi più attraenti, quelli
del lusso, erano concentrati nella sua prima parte, quella che sirradiava
dal municipio verso la periferia. La sua passeggiata si sviluppava nella
metà in cui le vetrine avevano una minor cura e ricercatezza e
raramente rallentava per vedere le merci esposte.
A metà della via passò davanti a palazzo Rangoni, sede della
Prefettura; sul balcone che sovrastava lingresso sventolavano la
bandiera italiana e quella dellunione europea ad indicare un pubblico
ufficio. La facciata del palazzo era stata da poco tempo ristrutturata;
le mura esterne avevano ripreso il bel colore rosso mattone originale,
restituendo vigore anche ai due telamoni di marmo intenti a sostenere
e proteggere la volta dentrata. Ledificio aveva ripreso il
lustro che si confaceva a una sede così importante.
La prefettura condivideva il piazzale interno proprio con la questura,
che aveva sede in Borgo della Posta, proprio dalla parte opposta del caseggiato.
Bergonzi, per una sorta di rispetto istituzionale, non prendeva mai lingresso
di via della Repubblica, ma preferiva sempre percorrere tuttintorno
al perimetro del rione, fino ad arrivare allingresso ufficiale della
questura.
Come sempre, fece per primo un cenno di saluto al piantone di turno che
lo ricambiò con un buongiorno dottore dordinanza e proseguì,
dopo aver girato verso destra, nella via che delimitava il quartiere,
fino al solito bar.
La commessa più giovane, una ragazza del sud con uno splendido
sorriso, lasciò il bancone per indirizzarsi verso la fine della
sala, per sparecchiare tazze e briciole dal tavolo che di solito occupava.
Lui la seguì fra i tavoli, schivando con meno agilità i
pochi avventori seduti nella sala.
Dottore, cosa le porto? mentre con uno straccio giallo asciugò
il tavolo con rapidi e ampi gesti.
Il solito Betty, cappuccino e brioche alla crema rispose con
gentilezza.
Recuperò il giornale locale da un tavolo vicino e simmerse
nella lettura. Era solito iniziare sempre dalla Gazzetta di Parma dove
articoli e immagini avevano la familiarità rassicurante dellabitudine.
Balzava dalla prima pagina ai rimandi delle pagine interne che leggeva
con attenzione poi ripartiva dallinizio, scorrendo via via gli articoli
con minor attenzione.
Betty, nel frattempo tornata con il vassoio, appoggiò la tazza
e il piattino con la brioche sul tavolo Ha sentito che stanno riaprendo
i cantieri della stazione?.
Certo che lho sentito rispose lui serafico speriamo
che qualcosa si muova.
Ce ne sarebbe proprio bisogno, per tutti disse lei tornando
verso il bancone dove alcuni clienti aspettavano di essere serviti.
Il momento economico era tuttaltro che favorevole. La crisi, iniziata
nel 2008 con il crollo del colosso americano del credito Lehmans Brothers,
si era estesa oltre agli Stati Uniti, a tutto il vecchio mondo occidentale.
Unenorme massa di ricchezza finanziaria creata grazie ai derivati,
strumenti che derivavano ,appunto, il loro valore dal prezzo di altri
beni, si era smaterializzata in pochi minuti, costringendo gli stati sovrani
ad una serie di salvataggi forzati di banche che erano risultate troppo
esposte verso tale tipi di strumenti.
La crisi delle banche, manifestatasi in una crisi di liquidità
mondiale, si era poi trasferita alleconomia reale, per via del cosiddetto
credit crunch, ovvero la restrizione del credito ad aziende e famiglie.
Molte aziende erano state messe in ginocchio dalla mancanza di risorse
finanziarie, arrivando a dover chiudere i battenti.
La situazione preoccupava perché la spirale recessiva, in un gorgo
immenso, trascinava tutto verso il fondo. Disoccupazione crescente, consumi
in continua diminuzione, prospettive anche peggiori, facevano sì
che anche la classe media toccasse con mano la difficoltà economica.
In questo clima di crescente incertezza e preoccupazione, lopinione
pubblica era diventata molto meno, per non dire nulla, tollerante verso
la malapolitica e questo aveva dato la spallata finale al governo di Tarasconi.
Otto mesi prima era caduto, incalzato da scandali, processi e soprattutto
da mercati finanziari e istituzione europee. Il malumore era latente sia
negli ambienti politici sia fra la gente comune.
Il Presidente della Repubblica, dopo le consultazioni con i partiti, aveva
assegnato lincarico di formare il nuovo governo al professor Conti.
Era stato scelto un tecnico perché nessuno dei maggiori partiti
riteneva, senza diventare inviso ai propri elettori, di poter attuare
riforme e prendere misure molto impopolari che erano diventate indifferibili.
Parma, che era stata commissariata, aveva subito oltre alla crisi, quellimpasse
cui si giunge in un momento in cui il governo temporaneo è affidato
a qualche burocrate per nulla intenzionato a prendersi più responsabilità
di quelle imposte dalle procedure.
Per fortuna le elezioni si erano tenute in tempi molto ristretti, in calendario
era già una tornata di amministrative, e la città era tornata
nel giro di breve ad avere un consiglio comunale operativo.
Parma era finita, a causa di quelle elezioni, sotto gli occhi del mondo.
Nel clima politico oltremodo surriscaldato, era successo che avesse vinto
al ballottaggio, sbaragliando il candidato favorito, un giovane del MuTamento5
Frecce, Federico Lazzarotti. Leccezionalità della situazione
risiedeva nel fatto che M5F, acronimo della coalizione, era una forza
politica fondata da un comico, Michele Trillo che, non essendo un partito,
nemmeno sedeva in parlamento.
Era un movimento di rottura, come lo era stata la Lega ai tempi di tangentopoli,
che cavalcava il malessere tuttaltro che latente da cui era attraversata
la popolazione. M5F era cresciuto grazie al web e non vi erano al suo
interno politici di professione, ma cittadini, espressione del civismo
più classico. Quello che aveva attirato lattenzione dei media
internazionali era la sfida che era stata lanciata dalla strada verso
il palazzo, il tentativo di dimostrare che non vi era nulla che giustificasse
lo status di casta cui era giunta la politica. Ovviamente il cimento risiedeva
proprio nella capacità di governo che poteva avere un gruppo di
persone comuni.
Per quanto linizio del mandato fosse cominciato con qualche difficoltà
e rallentamento di troppo, la gestione cominciava a prendere un passo
sempre più spedito e diverse cose si stavano sistemando. I cantieri
che in città stavano riaprendo erano proprio la più chiara
dimostrazione che si poteva vincere quella sfida.
Bergonzi intanto era passato alla lettura del Corriere, mentre cappuccino
e brioche ancora aspettavano di ricevere le giuste attenzioni. Sul giornale,
in prima pagina, come anche su Libero e il Sole i titoli si concentravano
sulla difficile situazione finanziaria mondiale, in cui la speculazione
internazionale lanciava costanti attacchi verso i paesi più deboli.
Il crollo delle quotazioni dei loro titoli di stato ed era una cosa che
destava molta preoccupazione, faceva salire i rendimenti e di conseguenza
il costo del loro debito.
Sotto un attacco violentissimo ora era la Grecia, ma non era solo il paese
ellenico a essere sotto scacco. Veniva messa in discussione la stessa
struttura dellUnione Europea. I primi ministri di tutti i paesi
del vecchio continente si riunivano in frequentissimi vertici plurilaterali,
nel tentativo di individuare una soluzione in grado di rispettare gli
equilibri tra i paesi e, soprattutto, unequa ripartizione di costi
e sacrifici.
Allosservatore esterno appariva chiaro che nessuno avesse idee risolutive
per la crisi, ammesso che fosse capita, ma piuttosto ogni capo di governo
era impegnato nel baratto fra le varie rinunzie che il suo paese era chiamato
a fare e i finanziamenti che gli sarebbero giunti dallunione europea.
Il questore finalmente portò alla bocca il croissant, gli occhi
ancora fermi sul quotidiano. Il dibattito coinvolgeva un po tutti,
sia per le immediate conseguenze materiali sia perché sembrava
che qualcosa nel vecchio mondo non funzionasse più.
Meccanicamente, portò la tazza alla bocca e sorbì un po
del cappuccino oramai raffreddato.
La lettura dei giornali lo prendeva sempre moltissimo, sia per una sorta
di dovere professionale sia perché per le pagine di economia aveva
un debole particolare. Aveva il vizio, come diceva lui, di giocare in
borsa. Riteneva la cosa alquanto disdicevole perché lattrazione
verso la Borsa aveva qualcosa di morboso e sicuramente non si addiceva
a un funzionario pubblico, ma la sua attrazione aveva origini lontane.
Partiva da quando, ancora studente universitario, con alcuni amici aveva
unito i pochi risparmi e fatto qualche investimento che si era rivelato
fruttuoso. Nulla dimportante, sia ben chiaro, qualche spicciolo
che consentiva loro di andare in vacanza senza dover chiedere nulla ai
genitori o di invitare qualche bella ragazza a cena in locali che era
altrimenti sarebbero stati senza dubbio fuori dalla loro portata.
Lattrazione che la maggior parte della gente prova nei confronti
dei mercati azionari e finanziari in generale, trova la sua spiegazione
nella loro ciclicità. Languono per diverso tempo, con quotazioni
dei titoli che hanno oscillazioni marginali per anni, poi allimprovviso
cominciano a crescere vorticosamente senza distinzioni particolari per
la bontà delle aziende di cui rappresentano quota del valore. In
quei momenti si dice che leconomia è entrata in una fase
espansiva in cui ricchezza e benessere continuano a crescere e pertanto
è opportuno comprare titoli azionari, in un ciclo che si autoalimenta
portando guadagni per tutti.
La sensazione è molto simile a quella che provano i surfisti dei
mari del sud. Aspettano anni per cavalcare londa anomala, quella
le cui foto andranno a riempire i giornali. Attraversano, in pochi iperadrenalinici
secondi, il tunnel che londa forma ricadendo su se stessa, sperando
di terminare la corsa senza che i flutti li trascinino verso il fondo.
E, se e quando sono usciti trionfatori tra le schiume dellacqua,
hanno ancora più desiderio di cercare unaltra ondata che
possa regalar loro almeno le stesse sensazioni.
Bergonzi non aveva molti denari investiti su titoli azionari in quel momento.
La grande onda si era esaurita nel 2008 e lui, che aveva provato a cavalcarla,
ne era uscito piuttosto malconcio, come tutti del resto. Il valore dei
suoi titoli si era quasi dimezzato, e aveva preferito vendere tutto prima
che si generassero perdite ben maggiori. Labilità di un trader
- chi compra e vende titoli sul mercato di borsa- sta proprio nella capacità
di chiudere in perdita operazioni che si sono rivelate infruttuose prima
che diventino disastrose.
Ora era in cerca della nuova grande onda, che prima o poi si doveva ripresentare.
Ma i listini che scorreva, con locchio indagatore del poliziotto,
alla ricerca di qualche buona occasione, per il momento non mostravano
una gran voglia di stupire.
Chiusa anche lultima pagina del giornale, si alzò dalla sedia
curandosi di non provocare rumori. Dopo essersi pulito da briciole e schiuma
del cappuccino, si diresse verso la cassa, dove un altro cliente stava
regolando i propri conti. Bergonzi si accodò cominciando a pensare
agli impegni che lo attendevano in ufficio.
Il cellulare suonò inaspettato. Tastò diverse tasche di
abito e camicia, perché larnese non aveva mai avuto una posizione
definita. Quando lo trovò, senza avere il tempo di controllare
chi lo stava cercando, lo diresse allorecchio.
Pronto, chi parla? domandò con sorpresa.
Buongiorno signor questore, sono Villalta rispose allaltro
capo una voce che tradiva disagio. è stato ritrovato il cadavere
di Baldi.
(...)
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