Nota
del traduttore
Loasi
del tramonto è, attualmente, lultimo
romanzo di Bahaa Taher, vincitore dellInternational Prize for Arabic
fiction nel 2008.
La storia, ambientata negli ultimi anni del XIX secolo, narra la vicenda
del Governatore delloasi di Siwa, il maggiore Mahmud Abd al-Zahir,
pseudonimo di un personaggio realmente esistito. Come punizione per le
sue implicazioni nella fallita rivolta urabista del 1882 contro linvasione
inglese dellEgitto, Mahmud è nominato Governatore della splendida
quanto remota oasi di Siwa, sede di un insediamento berbero nel cuore
del deserto. Gli abitanti delloasi,
caratterizzati da usi e costumi tanto antichi quanto singolari, nonché
da una lingua incomprensibile, sono stati assoggettati dagli Egiziani
solo recentemente, dopo secoli di indipendenza, e sono divisi tra loro
in due clan rivali in perenne conflitto.
La nomina a Governatore di Siwa è sinonimo di una morte quasi certa:
i due precedenti Governatori sono stati infatti assassinati dai Siwani,
che mal sopportano la dominazione degli Egiziani, dai quali si sentono
colonizzati e ai quali oppongono, quindi, una fiera resistenza.
Mahmud è accompagnato nella sua avventura dalla moglie irlandese
Catherine, una studiosa di archeologia che spera di trovare nelloasi
le tracce di Alessandro Magno, passato a Siwa per cercare dallOracolo
di Amon la conferma della propria discendenza da Zeus.
Mentre lo sguardo di Catherine sul deserto e sulloasi è filtrato
dal prisma della storia antica e dal desiderio di affermazione come archeologa,
Mahmud è consumato dai rimorsi e dal rimpianto del proprio passato.
Lufficiale non riesce, infatti, ad assolversi per il comportamento
tenuto, anni prima, durante linchiesta volta ad accertare le responsabilità
dei militari accusati di simpatie e collusioni con i ribelli, così
come non può perdonarsi la durezza di cuore che ha allontanato
da lui il grande amore della sua vita, la schiava Niama. Mahmud
è tormentato dai fantasmi del passato, si considera quasi un traditore,
arriva al punto di desiderare la morte.
Giunta nelloasi dopo un periglioso viaggio attraverso il deserto,
la coppia inizia una vita difficile: Mahmud e Catherine sono infatti circondati
da uninvalicabile barriera di ostilità che li isola dagli
abitanti del luogo, i rapporti con i quali sono assolutamente gelidi.
Le sole persone con cui i due scambiano qualche parola sono i soldati
della guarnigione di Mahmud e, in particolare, Ibrahim, il fedele attendente
del Governatore. Compito principale di questultimo è la riscossione
delle imposte, esageratamente elevate, richieste dal governo egiziano.
Come gli Egiziani sono vessati dagli Inglesi, così i Siwani sono
oppressi dagli Egiziani, contro i quali tramano continue rivolte.
Mentre Mahmud è impegnato nel difficile duplice braccio di ferro,
tanto con i Siwani quanto con il governo del Cairo, al quale chiede una
riduzione delle imposte per loasi, Catherine continua le sue ricerche,
convinta di essere sulle tracce del sepolcro di Alessandro Magno. Nellisolamento
dal mondo, la passione di Catherine per le antichità si trasforma
in una vera ossessione, che la porta a violare le tradizioni delloasi
e la pone in aperto conflitto con i Siwani, aggravando così la
già problematica posizione del marito.
Duramente messo alla prova dalle difficoltà e dalla solitudine,
il matrimonio di Mahmud e Catherine entra in crisi e si disgrega rapidamente.
Nel dramma si introducono persone che potrebbero favorire la riconciliazione
dei coniugi e la loro integrazione a Siwa: lanziano Shaykh Yahya,
un capo del clan dei Gharbiyin, lunico a mostrare disponibilità
verso il Governatore e sua moglie, la bella nipote di lui, Malika, che
vorrebbe stringere amicizia con Catherine, la sorella minore di questultima,
Fiona, giunta a Siwa per tentare una cura alla tubercolosi in un luogo
dal clima salubre e caldo.
Tuttavia nulla sembra poter fermare il meccanismo della tragedia che,
ormai innescato, procede inarrestabile verso la catastrofe: lapproccio
amichevole della giovane Malika è frainteso da Catherine e si conclude
nel sangue, le condizioni di Fiona peggiorano, precipitando verso linevitabile
epilogo.
Mahmud e Catherine, dopo la morte del loro amore, soccombono, ciascuno
a suo modo, ai propri incubi e alle proprie ossessioni.
Il
romanzo è ricco di spunti e di elementi che stupiscono e affascinano
il lettore.
Il primo dato che balza agli occhi è il continuo intreccio di epoche
diverse: il presente, ossia lultimo decennio dellOttocento,
caratterizzato, in Egitto, dalla dominazione britannica; un passato recente,
risalente a una quindicina di anni addietro, al tempo della fallita rivolta
capeggiata da Ahmad Urabi contro linvasione inglese dellEgitto,
periodo sovente evocato nelle amare riflessioni di Mahmud; lepopea
di Alessandro Magno, con le guerre e le conquiste del re macedone, i suoi
vizi e le sue virtù, epopea che rivive costantemente nei discorsi
e nei soliloqui di Catherine; il periodo faraonico, infine, sempre presente
come un fondale su cui si staglia lazione dei personaggi.
Il passaggio da unepoca allaltra è continuo, la narrazione
è contrassegnata da salti temporali che trasportano improvvisamente
il lettore dal presente al passato, e viceversa, senza mai fargli perdere
di vista, comunque, il filo conduttore della vicenda.
Un secondo elemento che colpisce il lettore è sicuramente la descrizione
delloasi di Siwa e dei suoi abitanti.
Loasi è splendida, un ambiente naturale fantastico, caratterizzato
da immensi palmeti verdeggianti, da oliveti rigogliosi, da giardini fioriti,
da fonti zampillanti e laghi blu che scintillano al sole, circondati dalla
sabbia gialla del deserto. In questoasi meravigliosa sorgono due
villaggi, Shali e Aghurmi. Shali è una città fortificata,
arroccata su unaltura, si erge come una piramide sul verde dei palmeti.
Il viaggiatore che visita Siwa, oggi come ieri, rimane stregato dalla
bellezza delloasi, ma anche dalla descrizione che Taher ci propone.
Gli abitanti ci vengono presentati prima dal punto di vista antropologico
e sociologico, quindi da quello umano e personale. Appartengono a una
tribù berbera proveniente dal Maghreb, parlano una lingua propria,
possiedono tradizioni antichissime, talvolta crudeli, come quella di segregare
per mesi la vedova dopo la morte del marito. Inevitabile lincomprensione
con gli Egiziani, portatori di una cultura diversa e considerati dai Siwani
alla stregua di colonizzatori. Il carattere fiero e bellicoso di questi
abitanti li spinge, infatti, non solo a continue ribellioni agli Egiziani,
ma anche a incessanti conflitti fra le due tribù delloasi,
gli Sharqiyin (gli Orientali) e i Gharbiyin
(gli Occidentali).
La storia della vita di Mahmud e Catherine a Siwa è, dunque, la
storia di un rapporto impossibile, di un contatto irrealizzabile tra due
mondi diversi, tra i quali non passa alcuna comunicazione.
Molto interessante risulta lanalisi psicologica dei personaggi,
condotta da Taher con una semplicità stupefacente nel descrivere
le situazioni più complesse dellanimo umano.
Mahmud, lufficiale ribelle, è il protagonista assoluto, larchetipo
delluomo battuto dagli eventi e dalle circostanze. Non ancora quarantenne,
bello, affascinante, proveniente da una ricca e altolocata famiglia del
Cairo, ha un carattere naturalmente incline alla malinconia e allintrospezione.
Nella sua giovinezza, è stato travolto dalla passione politica
che lo ha portato ad aderire a una loggia massonica prima, e a invischiarsi
nella rivolta urabista, poi. Dopo il fallimento della rivolta, è
stato costretto, davanti a una commissione di inchiesta, anticamera della
Corte marziale, a ritrattare le proprie convinzioni, a negare la propria
partecipazione alla rivolta. Prosciolto, ha continuato la sua carriera
di ufficiale, senza però riuscire a perdonare se stesso per quello
che considera un tradimento dei propri ideali e della propria patria.
Allo stesso modo, si tormenta per non aver saputo legare a sé il
grande amore della sua vita, una schiava, compagna dellinfanzia
e della giovinezza.
Mahmud, come altri personaggi di Bahaa Taher, è un perdente, un
uomo che non riesce ad accedere alla stabilità e alla pace del
cuore, che non sa venire a patti con il mondo, troppo preso dal suo universo
interiore, dal quale non trova scampo né rifugio. Resta dunque
un personaggio irrisolto, un enigma inaccessibile perfino
a se stesso, con il suo innamoramento finale per la moribonda cognata
Fiona. Indagando il suo lato oscuro, il lettore scende con lui negli abissi
insondabili dellanimo umano, scoprendo che esistono livelli della
nostra coscienza per giungere ai quali non è stata ancora trovata
una chiave di lettura.
Se Mahmud è un personaggio tragico, un uomo triste e introverso,
sua moglie Catherine sembra contrapporsi a lui in modo speculare, costituire
il suo esatto contrario. Volitiva e determinata, sicura della propria
superiorità intellettuale e culturale, certa della validità
delle sue ipotesi, persegue con pervicacia lobiettivo che si prefigge,
quello di scoprire il sepolcro di Alessandro Magno, incurante di infrangere
tabù millenari e di scatenare sul capo del marito la collera dei
Siwani. Il dubbio di sbagliare non la sfiora mai, non si rende conto della
realtà che la circonda, non capisce di irritare i locali con il
suo abbigliamento maschile, il suo modo di fare disinvolto, e soprattutto
con le sue ricerche nei templi delloasi, che gli abitanti interpretano
come abominevoli pratiche magiche. Ma Catherine non ha occhi neppure per
vedere le angosce di Mahmud, per capire le difficoltà in cui si
dibatte, e si ritrova così ad assistere, impassibile e indifferente,
alla disgregazione del suo matrimonio, come già era naufragato
il suo primo matrimonio con il connazionale Michael. Neppure le sofferenze
della sorella Fiona, sfiorata dalla morte, scalfiscono la durezza di Catherine
né la distolgono dalla sua ossessione, la tomba di Alessandro Magno.
Quando la giovane siwana Malika tenta amichevolmente di avvicinare la
donna, questultima scambia una semplice profferta di amicizia per
un approccio omosessuale. Non appena si accorge do provare una forte attrazione
per la ragazza, Catherine non esita a colpirla, condannandola a una fine
tragica.
Anche Catherine, dunque, non solo è inadatta ad accedere alla serenità
e alla pace interiore, divorata dallansia di ottenere fama e gloria
con una scoperta importante, ma è una sorta di monade, incapace
di spostare lo sguardo da sé agli altri.
Indimenticabile il personaggio di Malika, la giovane e bellissima siwana
che cerca, con risultati catastrofici, di conquistare lamicizia
di Catherine. Fin dalla prima apparizione, si presenta come un simbolo
della gioventù e della bellezza, pur segnata dallamaro destino
di un insopportabile matrimonio con un arrogante vegliardo. Ma Malika
è anche il simbolo della trasgressione: dopo la morte del decrepito
marito, viola il divieto, imposto nelloasi alle vedove, di uscire
di casa, e vaga travestita da uomo. è proprio in questi panni che
si presenta a casa di Catherine, segnando così la propria rovina.
Il
romanzo, dunque, ruota intorno ai grandi temi delle passioni umane: lamore,
il coraggio, il tradimento, la paura, la violenza, lossessione che
diventa pazzia.
Tutti gli stati danimo dei protagonisti sono indagati da Bahaa Taher
con rara profondità, anche se in modo diretto e immediato. Dietro
le parole semplici dei personaggi, si coglie una complessità umana
che turba, possiamo intravedere forze oscure che strappano, via via, ai
personaggi le loro certezze quotidiane.
Lo stile è piano e scorrevole, il ritmo della storia spesso incalzante,
cosicché il libro, pur corposo, si legge dun fiato.
La tecnica narrativa è quella del racconto a più voci, ciascuna
delle quali riferisce le vicende dal proprio peculiare punto di vista.
Si alternano, così, le voci di Mahmud e di Catherine, ma anche
quelle di due capi delloasi, Shaykh Yahya e Shaykh Saber, e, addirittura
quella dello spirito di Alessandro Magno.
La
lingua è larabo classico per la quasi totalità del
romanzo, anche se lantico idioma adoperato dallAutore per
i dialoghi dei Siwani conferisce a questi passi la freschezza e la spontaneità
del linguaggio delle antiche popolazioni berbere, beduine e dellEgitto
rurale che, pur rimanendo ai margini delle grandi città, sopravvivono
e conservano ancora oggi i loro tratti culturali e tradizionali specifici.
Federica
Pistono
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Bahaa
Taher
Fra
gli scrittori contemporanei più apprezzati sia in Europa sia nel
mondo arabo, Bahaa Taher nasce nel 1936 a Giza, da una famiglia
originaria di Karnak, nellAlto Egitto. Il padre è un professore
di arabo, la madre, pur non avendo compiuto studi regolari, rappresenta,
per il futuro scrittore, una fonte inesauribile di storie sulluniverso
dellAlto Egitto.
Al Cairo, negli anni degli studi liceali e universitari, Taher vive, come
i giovani della sua generazione, la lotta contro il colonialismo inglese
e la monarchia egiziana, condividendo gli ideali che infiammano lEgitto
allinizio degli anni 50: lindipendenza dalloccupante
straniero, un nazionalismo arabo ispirato ai principi di libertà
e di giustizia sociale, la necessità di una più equa distribuzione
della ricchezza, ladesione alla causa palestinese.
La rivoluzione nasseriana degli Ufficiali Liberi, nel 52, soddisfa
solo in parte queste istanze. Se, infatti, sul piano internazionale, il
regime nasseriano assume posizioni decisamente anti-imperialistiche, con
azioni come la nazionalizzazione del Canale di Suez, lappoggio ai
rivoluzionari algerini in lotta per la liberazione del loro paese dalla
dominazione francese, la lotta per la liberazione della Palestina, sul
fronte interno mostra ben presto il proprio carattere autoritario, lintrinseca
brutalità, la morsa soffocante in cui schiaccia ogni opposizione.
In questatmosfera di lacerante contrapposizione si forma la nuova
generazione di intellettuali egiziani.
Dopo la laurea in Storia nel 57, Taher inizia a lavorare come traduttore
al Ministero dellInformazione. Nel 59 è assunto da
Radio Cairo, per divenire in seguito vicedirettore del secondo canale,
dedicato alla cultura.
Nel 1964 scrive il suo primo racconto, Al-Khutuba (Il fidanzamento), seguito
da altri, che sono pubblicati su diverse riviste. La prima raccolta è
pubblicata nel 1973, con il titolo del primo racconto.
Dal punto di vista letterario, Taher appartiene a quella che è
chiamata la generazione degli scrittori degli anni 60.
Alla fine degli anni 60, Taher collabora, infatti, alla rivista
letteraria Galleria 68, che rappresenta la voce del 68
egiziano, il punto dincontro di questa generazione di scrittori
e intellettuali accomunati dalla volontà di un rinnovamento sociale
e da una critica severa alle limitazioni delle libertà civili imposte
dal regime nasseriano.
Con la presidenza di Sadat, negli anni dellInfitah, dellapertura
allAmerica e al capitalismo, questi scrittori, che nel periodo nasseriano
erano stati considerati alla stregua di corrotti esistenzialisti borghesi,
diventano ora, agli occhi del regime, dei comunisti e dei sovversivi.
Negli anni 70, Sadat comincia a perseguitare gli intellettuali in
rivolta contro la sua politica filoamericana e non più filo palestinese.
Questo clima pesante induce Taher a trasferirsi in Svizzera, dove lavora
come traduttore a Ginevra presso le Nazioni Unite. Nel 1995 torna in Egitto,
al Cairo, dove partecipa da protagonista alla vita letteraria e culturale
del suo paese. Nel 1998 lo scrittore riceve, al Cairo, il premio Nagib
Mahfuz. In Italia gli sono assegnati a Castel Goffredo il premio
Giuseppe Acerbi, nel 2001 e, a Cagliari, il premio Francesco
Alziator, nel 2008. Sempre nel 2008 gli viene conferito, ad Abu
Dhabi, lArabic Booker Prize per il romanzo Wahat al-ghurub (Loasi
del tramonto, 2007).
Nel 2012 è nominato Presidente onorario al Festival del cinema
Egiziano ed Europeo, nella sua prima edizione di Luxor.
Opere
Bahaa
Taher ha pubblicato raccolte di racconti, come Il fidanzamento
(al- Khutuba, 1973), Ieri ti ho sognato (Bi l-amsi halamtu
bi-ka, 1980), Io, il re, sono giunto (Ana al-malik git, 1985
), Sono andato a una cascata (Dhahabtu ilà al shallal, 1998),
e i seguenti romanzi: A oriente del palmeto (Sharq al-nakhil, 1985),
Ha detto Doha (Qalat Duhà, 1985), Punto di luce (Nuqtat
al-nur, 2001) e Loasi del tramonto (Wahat al-ghurub, 2007).
Opere
in italiano
Zia
Safia e il monastero
Traduzione e Postfazione di G. Margherita, Roma, Jouvence, 1993 ( Khalati
Safiya wa al-dayr, 1991).
Lamore in esilio
Traduzione e Postfazione di P. Viviani, Nuoro, Ilisso, 2008 (al-Hubb fi
al-manfà, 1995).
Sono
stati tradotti in italiano diversi racconti pubblicati in diverse antologie.
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