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Brano tratto da: "Calma
piatta a Flamingo's Bay"
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Flamingos Bay Delaware Giugno 2018
Uno strano suono metallico salì dal fondo della trincea sovrapponendosi
per un attimo a quello ansimante del motore. La benna si bloccò
improvvisamente, generando un contraccolpo al braccio della piccola escavatrice
che sobbalzò violentemente. Colto di sorpresa, Ralph Fleishburne
fece lentamente ruotare sui cingoli la macchina, riposizionandola a novanta
gradi, poi spense il motore. Era solo a metà del lavoro e per portarlo
a termine ne avrebbe avuto per lintera giornata.
Lo scavo
in corso riguardava la realizzazione di una trincea perimetrale, larga
un metro e profonda due, che avrebbe alloggiato le fondamenta della nuova
villa che andava ad aggiungersi a quelle già esistenti lungo la
baia, una villa a due piani con terrazza, solarium, giardino e piscina,
del tutto simile alle venticinque già esistenti. Faceva parte di
unurbanizzazione di recente sviluppo che occupava la porzione più
interna di unampia insenatura. La delimitava, come una candida mezzaluna,
una spiaggia costituita da una sabbia fine, di un delicato colore avorio
con sfumature dorate, che sinterponeva fra le acque azzurre delloceano
e i verdi prati che anticipavano lintricata vegetazione retrostante.
La baia era riparata dalle onde oceaniche da due lingue di terra che,
simili a due grandi braccia protettrici, si protendevano da ciascun lato
verso il mare aperto nel tentativo, per ora ampiamente fallito, di congiungersi
fra loro.
Il terreno era costituito da sabbia a grana fine, sciolta nella sua porzione
più superficiale, poi più compatta che, dopo il primo metro
e mezzo, passava a un silt argilloso. Un terreno ideale per lazione
aggressiva della benna, che avanzava con lenta ma costante velocità,
mordendolo con geometrica precisione, centimetro dopo centimetro.
Prima che si verificasse linconveniente, Ralph si era concesso un
attimo di riposo. Spento il motore, si era messo a contemplare la superficie
del mare che si estendeva davanti a lui sino allorizzonte. Non spirava
un alito di vento e una calma piatta si era stabilmente impossessata di
quella azzurra distesa liquida, conferendole laspetto di un specchio
infinito, luccicante per il cielo terso che vi si rifletteva. Aveva chiuso
gli occhi e, per un attimo, aveva perso il contatto con la realtà.
«Non mi sembra che tu stia rispettando le profondità. Non
sei a due metri; ti mancano almeno dieci centimetri. Vai più giù.»
Sorpreso, li aveva riaperti. Chi aveva parlato?
Si era voltato, ma non aveva visto anima viva. Eppure era sicuro di aver
udito una voce provenire da un punto ben preciso, proprio alle sue spalle.
Possibile che si fosse sognato tutto? E poi, chiunque fosse, come diavolo
faceva a sapere che il fondo della trincea non aveva raggiunto i due metri
di profondità? Bisognava trovarsi proprio sul suo bordo per poterlo
valutare, e anche così, ci voleva un occhio professionale.
Aveva allora ripreso il lavoro, pur se con minore entusiasmo. Quanto accaduto
gli aveva generato uno strano malessere che neanche la bellezza del posto
riusciva a dissipare. Aggredito nuovamente e con maggior forza il fondo
della trincea, aveva rimosso un ulteriore sottile strato di materiale,
quasi ad accontentare implicitamente la misteriosa richiesta, quando,
improvvisamente, aveva udito quello strano rumore metallico.
Ralph scese
dalla scavatrice e saltò nella trincea. Quello che vide lo lasciò
perplesso. La benna si era bloccata contro lo spigolo di quella che appariva
essere unenorme pietra, anche se le sue dimensioni potevano solo
essere intuite dalla piccola porzione venuta alla luce.
Grattò via un po di terra per meglio osservare quel pezzo
di roccia e le sue perplessità aumentarono. Pur non essendo un
geologo, fece poca fatica a capire che quei pochi centimetri quadrati
di roccia biancastra appartenevano a quella categoria di materiale definito
genericamente marmo. Da quando aveva iniziato a lavorare in quellarea
non aveva mai incontrato nulla di più grande di un sassolino, e
anche dagli altri operatori impegnati nellarea non gli erano mai
giunte voci di ritrovamenti che facessero pensare alla presenza di roccia
o massi nel sottosuolo. Per lo meno sino alla profondità di due
metri perché più in basso non si era mai spinto nessuno.
Anche gli scavi per costruire le piscine non avevano mai superato quella
profondità in quanto la loro struttura veniva realizzata in parte
fuori terra, sopraelevata, in modo da apparire, a lavoro ultimato, come
se si trovasse in cima a una collinetta, creata in realtà artificialmente
con materiale di riporto.
Inoltre, lintera regione costiera era assolutamente pianeggiante
e in mare non erano presenti scogli per diversi chilometri. I primi affioramenti
rocciosi si incontravano allinterno, a qualche chilometro dalla
costa, e si trattava comunque di graniti grigi variamente fratturati.
Ma quellostacolo andava comunque rimosso, cosa che non poteva fare
con la benna, decisamente ingombrante per quanto di piccole dimensioni.
Loperazione richiedeva luso di un martello idraulico. Tornato
a bordo dellescavatrice, Ralph estrasse il braccio dalla trincea
e appoggiò la benna al suolo. Saltò giù e scollegò
i due tubi flessibili, poi, afferrata una grossa mazza, si diede a colpire
con forza il perno che la teneva in sede, sino a liberarla. Si allontanò
in direzione di un vecchio pick-up parcheggiato sulla strada, vi saltò
sopra e si allontanò a gran velocità dal cantiere.
Nel giro di mezzora fu di ritorno. Andò a parcheggiare proprio
di fianco allescavatrice; nel cassone portava un martello idraulico
di piccole dimensioni, adatto a lavorare in spazi ristretti come era appunto
il caso della trincea. Salì nuovamente a bordo dellescavatrice
e, abbassato il braccio nel cassone, lo collegò al martello pneumatico
poi allontanato il pick-up.
Era indeciso su come procedere.
Doveva frantumare subito la pietra, oppure liberarla prima dal terreno
per apprezzarne le dimensioni, e solo dopo tentare di estrarla intera
con la benna? Decise per la prima soluzione e appoggiò la punta
del martello proprio sulla parte che aveva ripulita con le mani. Stava
per iniziare a percuotere quando locchio gli cadde su un uomo che,
fermo sul ciglio della strada a una cinquantina di metri, lo stava osservando.
Quando era tornato col pick-up non aveva notato anima viva, e avrebbe
giurato che un attimo prima, quando aveva abbassato il martello nella
trincea, quelluomo non cera. Lo osservò e fu colpito
dal suo aspetto.
Era di statura leggermente inferiore alla media, sui cinquantanni,
con una capigliatura che appariva di un biondo slavato, quasi bianco,
acconciata in modo buffo, con morbidi riccioli simili a boccoli che gli
ricadevano sulla fronte. E anche gli abiti che indossava gli parvero di
foggia alquanto insolita, con una lunga veste quasi identica a quelle
che spesso indossavano i turisti lungo le spiagge affollate, di taglio
vagamente orientale.
«Io non lo frantumerei, Ralph.»
A queste parole, scandite ad alta voce, loperatore restò
allibito. Era la stessa voce udita in precedenza. Arrestò immediatamente
il martello e sollevò la testa.
Chi diavolo era quelluomo? Ma, soprattutto, come faceva a sapere
che lì sotto cera qualcosa da frantumare? Ancora una volta
si disse che, dal posto in cui si trovava, quelluomo non aveva alcuna
possibilità di scorgere il fondo della trincea. E come accidenti
faceva a conoscere il suo nome? Lui, quel tipo, non laveva mai visto
prima.
«Di cosa stai parlando, amico; ci conosciamo?» chiese, dopo
essersi ripreso dallo stupore.
«Di quello che cè lì sotto. Ti suggerisco di
fare attenzione a non danneggiarlo» rispose luomo accennando
a un mezzo sorriso e ignorando la seconda parte della domanda.
Per nulla rinfrancato da quella risposta, Ralph sollevò il martello
dalla pietra e lo appoggiò sul fondo della trincea, poi, prima
di farlo scattare, volle gettare un altro sguardo allo strano personaggio.
Luomo era sparito.
Avvertì una strana sensazione, una specie di gelido alito passargli
lungo la schiena; eppure la giornata era assolata e la temperatura decisamente
superiore alla media per quel periodo dellanno, al punto da costringerlo
a liberarsi della camicia e restare a torso nudo. Il sudore, colando lentamente
lungo il solco della spina dorsale, gli aveva in parte impregnato gli
shorts; ebbe la sensazione che si fossero improvvisamente congelati. Fu
un attimo; gli si accapponò la pelle, poi tutto passò.
Gettò allora uno sguardo in lontananza, verso il mare che sinsinuava
pigramente nella baia, quasi si aspettasse di scorgervi lo strano personaggio.
Ma non unincrespatura interrompeva quello specchio liquido.
Un insolito silenzio regnava a Flamingos Bay.
Questo nome le derivava da una piccola colonia di fenicotteri, una rara
varietà dallo splendido piumaggio rosso che, in anni passati, era
solita trascorrervi un paio di mesi estivi, interrompendo una migrazione
circolare che dai Caraibi li conduceva alle più fresche coste del
Delaware, per poi riportarli là da dove erano partiti. Con lavvio
dellurbanizzazione della baia, i volatili, disturbati dalla continua
presenza delluomo, lavevano definitivamente abbandonata optando
per altre zone più tranquille.
Inconsciamente,
Ralph azionò il martello, facendo attenzione a non colpire la pietra.
Era uno strumento concepito per frantumare la roccia e in quel terreno
soffice penetrava senza incontrare resistenza. Cominciò ad allargare
lo scasso e si accorse, con sua grande sorpresa, che lostacolo incontrato
nel terreno aveva una forma geometrica, almeno per la parte che stava
emergendo. Interruppe la percussione per allontanare il terreno sbriciolato
e mettere a nudo la parte liberata. Il marmo appariva perfettamente conservato
e il colore mostrava di non aver subito particolari alterazioni per il
fatto di essere stato sepolto sotto quasi due metri di sedimenti. Sceso
dallescavatrice, saltò nella trincea e osservò loggetto
di marmo che stava emergendo. Restò perplesso. Non cerano
dubbi, si trattava di un oggetto sicuramente dovuto alla mano delluomo.
Lo ripulì grossolanamente dalla terra e capì di essere di
fronte a qualcosa di importante. Riprese il lavoro di allargamento e pulizia
della trincea. Lavorava senza interruzioni, in preda a una specie di frenesia;
saltò il pranzo, lasciando che i due sandwich allinterno
del cruscotto del pick-up si afflosciassero sotto lattacco inesorabile
del calore. A fine pomeriggio aveva liberato completamente il manufatto
marmoreo.
Pur non essendo un esperto, lo riconobbe senza ombra di dubbio.
Estrasse il martello dalla trincea, ormai trasformata in unenorme
buca, spense il motore, saltò a terra e si sgranchì le gambe.
La giornata volgeva al termine e il sole stava ormai scivolando dietro
gli alberi. I colori del tramonto, con i suoi caldi toni rossi e aranciati,
conferivano a tutta la baia un che di magico, unatmosfera irreale,
una pace che sembrava allungarsi su tutto e tutti, ma non su Ralph che
ancora una volta si irrigidì, girandosi di scatto verso la strada.
Con la coda dellocchio gli era parso di scorgere unombra.
Ma non vide nessuno. Eppure la sensazione era stata identica a quella
provata molte ore prima, quando aveva fatto la sua fugace apparizione
quella figura enigmatica.
Frutto dellimmaginazione, si disse, e di quella strana atmosfera
crepuscolare che alimentava la fantasia. Si avviò verso il pick-up
e solo quando si sedette al volante si ricordò dei sandwich. Aprì
il cruscotto ed estrasse il pranzo accuratamente avvolto nella carta argentata.
Poi ci ripensò. In realtà non aveva appetito; avrebbe riciclato
i due sandwich destinandoli alla cena. In quel momento aveva qualcosa
di più urgente da portare a termine. Partì in direzione
della città. Quella strana sensazione di disagio stentava ad abbandonarlo.
Percorse le venti miglia che lo separavano dalle prime abitazioni della
periferia ripensando agli eventi della giornata.
Doveva assolutamente parlare con lo sceriffo.
(...)
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