i quaderni di Cico
 
 

 

 

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titolo: "OTORUT"
collana
i quaderni di Cico
autore Ione Vernazza
ISBN 978-88- 97424-21-5
€ 13,00 - pp.165 - © 2012 in copertina, illustrazione originale di Ilaria Grimaldi (www.ilariagrimaldi.it)


Otorut è un mantra, una metafora. Ed è la pronuncia del termine francese autoroute, cioè autostrada.

Oltre a questo, è una storia di incontri e “disincontri”.

Un romanzo fatto di relazioni casuali e determinanti, familiari e problematiche, affettive, amorose, sessuali, che coinvolge e abbraccia personaggi giovani, anziani e di mezz’età.

Gustavo, Sofia, Charlie sono alcuni di loro.

leggi l'intervista all'Autrice su LAPREALPINA

 

... e di Ione Vernazza, leggi anche Cerchio a metà - IL TROMBAMICO e QUADRO A RETE

 

 
 
 
 

 

Gustavo conosce Charlie, il simbolo dell’uomo libero, conscio dei propri errori e limiti, costruttivo e spontaneo: si confida con lui, gli narra del proprio rapporto con l’amico-nemico Fiorenzo. Gustavo e Charlie conoscono Sofia e Baba, in autostrada. Baba, il pappagallo, è primo attore insieme agli umani: accompagna passo per passo l’evoluzione della giovane Sofia. Lino, in contrasto con Sofia, rappresenta l’uomo invischiato nel bozzolo di malsano egocentrismo da cui non è mai uscito. Luigia, fra tutti, è la vestale dei sentimenti e infonde sicurezza.

Per il concorrere di varie circostanze, Charlie, Gustavo, Sofia, Lino e Luigia si troveranno a trascorrere insieme un breve ma intenso periodo. La loro vita ne uscirà cambiata.

Otorut, suddiviso in 8 capitoli, è ambientato in parte a Varese, in parte a Nizza, principalmente a Sanremo-Ospedaletti.

 

 

 

Brano tratto da "OTORUT"

(...)

Giovanna aveva notato Gustavo per via dell’orecchio un po’ a sventola, ed era entrata a far parte del suo gruppo di studio. Ogni tanto, mentre studiavano, egli coglieva lo sguardo di lei che indugiava a fissargli le orecchie, con un sorrisino di divertimento. Gustavo non aveva gradito, e si adombrava ogni volta di più: le orecchie per lui non avevano mai costituito un complesso. “Senti bimba, guarda altrove, mi stai rompendo i ‘maroni’: cosa pensi, di essere più bella tu, che ti sei trasformata quelle cazzo di orecchie in due lampadari?”. Lo stesso Gustavo era rimasto stupito dal proprio linguaggio e dalla propria veemenza; anche i compagni, che lo conoscevano come persona poco ciarliera per motivi frivoli, sempre attenta e garbata nel rivolgersi agli altri. Gustavo aveva ritenuto opportuno scusarsi, ma Giovanna l’aveva interrotto con una risata divertita e squillante. “Hai detto una cosa giustissima, mi sono torturata le orecchie con questi fottuti pezzi di vetro per poi non piacermi: oltretutto, se un’idiota li scambiasse per brillanti veri, correrei pure il rischio di trovarmi i lobi mozzati. Temo che dovrò mettere in preventivo una plastica, ma non subito: ho già altri problemi, sono in tesi, devo ancora terminare gli esami, dunque non ho un minuto da perdere.” Giovanna era davvero un mulo, il trainer del gruppo di studio. Possedeva una mente lucida e logica, e Gustavo la ammirava, più di tutti gli altri compagni; nessuno aveva mai assistito a un suo esame, ma era senz’altro la più preparata. Poco a poco, Gustavo aveva finito con l’innamorarsene e Giovanna l’aveva capito benissimo, ma con gli occhi brillanti da rapace notturno sorvolava sopra quelli color caramello di lui, e taceva. Gustavo però aveva deciso di rompere gli argini: la sera, rigirandosi nel letto e pensando a Giovanna, rammentava la prima Giovanna, ed il desiderio di fare all’amore con la seconda cresceva. Giovanna seconda era abile: anziché sorvolare, ogni tanto fulminava Gustavo nel profondo degli occhi e continuava a tacere, parlando soltanto di argomenti riguardanti lo studio. Un giorno, arrivati in anticipo nell’aula ancora deserta, mentre lei gli si era seduta di fronte e aveva iniziato a illustrargli la propria ricerca, dopo avere continuato a fissarle le labbra, Gustavo si era alzato dalla sedia e si era proteso sul tavolo. Con una mano si puntellava, e con l’altra aveva quasi afferrato Giovanna da dietro il collo. L’aveva costretta ad alzarsi e a protendersi verso di lui quel tanto che gli era bastato per stamparle un bacio molto rozzo e loquace sulla bocca ancora atteggiata a parlare. Giovanna seconda lo stuzzicava molto più della prima, e questa volta i termini erano chiari: Gustavo non voleva parlare né sentirla parlare, ma scoparsela, e avvertiva che anche lei voleva che lui la scopasse. Tutto normale, e nel pomeriggio fissato per recarsi al motel più vicino, pagato da lei, che aveva a disposizione molti più soldi di lui e la macchina, Gustavo si sentiva felice. Scomparsa nel nulla la prima Giovanna, da parecchi anni il giovane non aveva più fatto sesso completo e Giovanna seconda gli piaceva in un modo intenso, indefinibile, carico di eccitazione. I due giovani avevano a disposizione tre ore abbondanti, ma Gustavo cominciava a pensare che Giovanna, attardandosi in bagno, sprecasse tempo prezioso. Finalmente, Giovanna seconda, dopo averlo avvertito di spegnere tutte le luci, si era infilata nel letto, distesa prona, e si lasciava baciare sul collo, sulle spalle, sulla schiena. Non conoscendo le abitudini di Giovanna seconda, la quale a sua volta non lo conosceva, Gustavo, dopo quei preliminari, esitava. Giovanna, sempre prona, si muoveva in un modo particolare, per cui Gustavo aveva dedotto che la ragazza non disdegnasse la sodomia. Un po’ imbarazzato Gustavo si era deciso a penetrarla con enorme cautela nel pertugio stretto e cedevole. Dopo, Gustavo si era disteso sul letto, accanto a Giovanna, in attesa che lei si girasse e si decidesse ad aprirgli per bene le gambe. Invece, Giovanna gli si era addossata e Gustavo aveva dovuto capire che Giovanna pretendeva di fare con lui ciò che egli aveva appena terminato di farle. All’idea, la prima reazione era stata di rifiutare… però, come con la prima Giovanna, Gustavo era rimasto insoddisfatto ed era anche curioso, inoltre sapeva che quel corpo, con pisello o no, gli piaceva comunque. Dopo un tentativo per nulla riuscito, Giovanni-Giovanna gli aveva spiegato che prima di divenire una donna a tutti gli effetti, avrebbe dovuto affrontare ulteriori interventi, e Gustavo aveva trovato naturale accettare altri incontri senza porsi il problema di chi o cosa fosse Giovanna: sodomizzandola, compensava egualmente gli arretrati dovuti alla prolungata astinenza, e gli approcci, mai riusciti, dell’altra-altro, quasi lo intenerivano. Raggiunta la laurea, prima di entrare in clinica, la futura Giovanna aveva presentato a Gustavo un ragazzo di nemmeno vent’anni, molto bello, chiaramente fuori dal giro delle abituali frequentazioni all’interno dell’università. Si chiamava Fiorenzo, di cognome Enrique; era biondo con occhi verdissimi, ed aveva rivolto la parola a Gustavo come se lo conoscesse da tempo, con aria di complicità. Giovanna aveva assunto un’espressione compiaciuta e perfida, e Gustavo aveva pensato che la ragazza si era presa gioco di lui, che se in futuro l’avesse incontrata dopo l’operazione, le avrebbe scassato la nuova e costosa vagina a furia di colpi ben assestati. Poi, mentre Giovanna e Fiorenzo erano intenti a parlare fra loro di un conoscente comune, Gustavo aveva dovuto ammettere in pieno la propria corresponsabilità. Da una parte egli si era sentito quasi magnanimo verso un Giovannino destinato a soccombere, morituro innocente già mezzo stroncato dai farmaci; un povero piccolo passero ostinato a spiccare gli ultimi timidi frulli. D’altra parte, la proprietaria aveva il pieno diritto di ritrovare la sua vera natura; nell’attesa, si accontentava, e Gustavo con lei. Come maschio, Gustavo era perplesso: la persona chiamata Giovanni era una larva prossima a trasformarsi nella farfalla Giovanna, a suo parere una futura assassina di poveri maschi. Ma egli, che cos’era?
Tornando col pensiero alla prima Giovanna, al proprio furtivo indugiare presso il pertugio proibito, si chiedeva se lui in realtà fosse un maschio tradizionale o cos’altro. Il fatto che ‘Giovannino’ gli avesse destato pietà sarebbe bastato a deporre per la prima versione, ma Gustavo capiva che Fiorenzo lo attraeva moltissimo, e che forse Giovanna glielo aveva presentato a ragione. Dunque, egli apparteneva alla categoria di coloro cui piacciono gli uomini effeminati, come il biondino con gli occhi sornioni che si trovava di fronte! Per qualche mese, impegnato a cercare lavoro, Gustavo si era distratto da questi pensieri, poi, nel primo sabato libero, finalmente con una macchina sua, si era diretto in piazzale Maciachini a Milano per prelevare Fiorenzo davanti alla sua abitazione. Il piazzale ospitava la sede di una moschea, e Fiorenzo se ne lamentava: qualche volta i fedeli invadevano anche i marciapiedi, prepotenti, preoccupanti. Gli sguardi spesso, nei suoi confronti erano torvi, di manifesta ostilità. Il ragazzo si sentiva soffocare, desiderava evadere da quei luoghi e Gustavo avrebbe potuto riuscirgli di aiuto. Dal canto suo Gustavo era deciso a risolvere il dubbio, e senza troppe preoccupazioni aveva condotto Fiorenzo nello stesso motel dove si era incontrato con Giovanna seconda. Ma Fiorenzo, una volta entrati in camera, si era rivelato un osso durissimo. “Gus, tu mi piaci, lo sai, ti ho seguito fin qui, ma temo tu non abbia capito. Vorrei spiegarti. Io sono un gay, non una puttana. Con Giovanna era stata una storia speciale, l’ho incontrata quando era ancora Giovanni: a proposito, saresti gentile a chiedermi notizie di lei… ti ha conosciuto e mi ha parlato a lungo di te, mi ha detto di avere intuito che sei particolare e che avresti potuto diventare il compagno premuroso e affettuoso che cerco da tempo”. Gustavo si era sentito raggelare, era impallidito, si era scusato adducendo un malessere e i due si erano limitati a chiacchierare rimanendo seduti sul letto. Fiorenzo Enrique gli aveva narrato le proprie vicissitudini, e Gustavo, al suo confronto, si era sentito un nababbo sotto ogni punto di vista, affetti compresi. Oltretutto, il ragazzo, pur possedendo un diploma nel settore alberghiero, non era ancora riuscito a trovare un lavoro confacente alle proprie aspettative, perciò soggiornava in casa di lontani parenti e lavorava come cameriere a chiamata presso vari ristoratori. Fiore possedeva una voce delicata, musicale, amava parlare, e Gus l’aveva ascoltato come era solito fare ai tempi di Giovanna prima. Gustavo si rendeva conto che avrebbe finito con l’aiutare il ragazzo, pur sapendo che questa intenzione vanificava la principale, cioè chiarire a se stesso i dubbi per cui si era recato al motel. D’altra parte… era meglio calarsi subito nella sua parte. “Giovanna sta bene?... Ne sono contento, davvero… Fiore, ascolta, non mi sento pronto per il discorso che hai prospettato. Se avessi potuto pagarti… ma così… preferisco restarti amico, un amico fidato”. Fiorenzo aveva sorriso, specificando che non aveva tanto bisogno di soldi, quanto di buoni consigli, e di compagnia. Pertanto i giovani avevano preso l’abitudine di telefonarsi e incontrarsi spesso: come era solito affermare Fiorenzo, univano due solitudini. Gustavo poneva grande attenzione ai luoghi in cui si recava: non voleva incontrare nessuno dei suoi conoscenti, anche se Fiore pareva aver intuito l’imbarazzo di Gus e si presentava abbigliato in maniera assolutamente normale. Vedendolo, senza sentirlo parlare, sembrava un amico appena più giovane, molto bello e altrettanto garbato. Per Gustavo si trattava di un periodo tranquillo; era stato promosso a personal banker, gli era stato assegnato un ufficio riservato con divanetto, ed infine gli era stata affiancata una collega, preparata nel lavoro e disponibile a fare sesso sul divanetto. Non si trattava di amore, ma di sana ginnastica con cadenza quasi settimanale. Valeria era un’amante disinibita, ed ironizzava con benevolenza sul loro temporaneo rapporto di mutuo soccorso, senza complicazioni o svolazzi; insomma, ancora due solitudini che miravano ad unirsi. Niente voli, neanche sbattiti. Papà Giuseppe e mamma Mariangela si trovavano in buona salute, soddisfatti dal tipo di vita che conducevano; ogni tanto Gustavo usciva a cena con conoscenti e colleghi, vedeva regolarmente Fiorenzo e non aveva il più pallido sentore dell’addensarsi della nube fuligginosa che l’avrebbe inghiottito. Gustavo aveva inviato molte richieste di impiego, accompagnate dai relativi curriculum del suo protetto; a Fiorenzo era stato proposto di lavorare in un autogrill, nella zona del Monferrato. Non era il sogno, avrebbe dovuto sbrigare mansioni variabili, ma in compenso Fiorenzo aveva ottenuto un contratto a tempo indeterminato, con stipendio passabile comprensivo di vitto e di alloggio. Dopo solo quindici giorni Fiorenzo era già in crisi: abituato ad abitare in Milano, in quella landa fuori dal mondo si sentiva perduto. Nel tempo libero egli tempestava Gustavo di telefonate e messaggi, esigendo che il suo consigliere privato fosse sempre a disposizione. Una sera, dopo avere aspettato che Fiorenzo ultimasse lo sgombero della parte di sala che gli era stata assegnata, Gustavo l’aveva accompagnato nella camera dove l’amico dormiva, in un prefabbricato quasi elegante ricavato dietro l’area parcheggio degli autotreni. Più tardi, mentre guidava sull’autostrada deserta, Gustavo ripensava smarrito a Fiorenzo: il ragazzo gli si era avvinghiato, piangeva, e, mentre egli gli cingeva fraternamente le spalle, gli aveva sussurrato all’orecchio alcune parole che non potevano dare adito ad equivoci. Gustavo si era ritratto, e Fiorenzo, inviperito, aveva additato la porta, sibilava. “Pidepul, sei un fottuto codardo, ma attento, tu abiti in un luogo pieno di gente perbene e annoiata, come i tuoi genitori...”. Appena pronunciata la pesante minaccia, Fiorenzo l’aveva ritrattata: era stanco, doveva ancora abituarsi al nuovo lavoro, di cui era molto grato a Gustavo. Ciò nonostante, l’esplicita minaccia insita nell’affermazione aveva molto colpito Gustavo: il ragazzo avrebbe potuto diventare pericoloso. “Fiore, calmati, ti sono amico, prometto che verrò a visitarti il più spesso possibile”. In capo a un paio di mesi Gus era arrivato al collasso, senza osare esternare alcuna protesta al giovane amico. Gustavo rifletteva che da un certo punto di vista Fiorenzo aveva le proprie ragioni: era innamorato di lui e non tollerava il fatto di non venir ricambiato. E fin qui, nulla da eccepire. Però aveva torto nel giudicarlo un codardo: ammesso che Gustavo temesse il giudizio degli altri, ciò avveniva unicamente perché egli non aveva ancora chiarito le proprie contraddizioni. D’altra parte, la prima volta, al motel, Gustavo era deciso a partire alla carica, ma Fiorenzo glielo aveva impedito con la dichiarazione di essere un gay, non una puttana. Ed ora, nell’ambiente del grill, Gustavo intuiva che gran parte del personale lo considerava un amante, scaricato e troppo insistente. Gustavo iniziava a venire osservato anche nel proprio ambiente: la faccia era tirata, e la concentrazione scendeva sotto i livelli di guardia. Valeria era stupita: durante la pausa, invece di fare l’amore, Gustavo quasi si addormentava sul divanetto. Giuseppe e Mariangela pensavano che il figlio avesse preso la classica sbandata amorosa. Dopo lunghe consultazioni i coniugi avevano deciso di non intervenire. A loro parere il figlio era sempre stato un ragazzo di natura molto riservata, perciò temevano che, indagando, egli si richiudesse ulteriormente in se stesso, e si allontanasse, precludendo ulteriori possibilità di contatto. Gustavo ormai era adulto, un ragazzo posato: bisognava lasciarlo stancare al punto da accorgersi spontaneamente che la ragazza magari era bella, anche brava, ma troppo impegnativa. Oppure, se la storia era poco pulita, occorreva avere pazienza attendendo che la sbornia sfumasse. Così Gustavo veniva abbandonato a macerarsi da solo, mentre Fiorenzo si divertiva a tenerlo in sospeso, ad insolentirlo con quel ‘Pidepul’ pronunciato nel medesimo tono sarcastico udito da Charlie.

(...)


 

Ione Vernazza è nata a Parma. Laureata in Lettere, divide la propria residenza fra la Liguria e la Lombardia. Ha scritto e pubblicato numerosi racconti e diversi romanzi:
Campo 58 (Edicom, 2005), Vasca da letto (Fratelli Frilli Editori, 2006), Sedia da ballo (Arduino Sacco Editore, 2008),
Quadro a rete (Cicorivolta, 2009), Cerchio a metà - Il Trombamico (Cicorivolta, 2011).

Il suo luogo internet è:www.ione-anguilla.it