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titolo:
"Scomparire"
collana: ILMIOSPAZIO
autore: Claudio Marinaccio
Illustrazioni di Giorgia Montanari
-ISBN 978-88-99021-07-8
€
12,00 - pp.94
- ©
2014 - in
copertina, immagine di Callo Albanese.
Dovevo
resistere agli attacchi del consumismo cosmico e pensare che ogni scatola
contiene un numero di carboidrati e calorie che vogliono renderti dipendente
da qualcosa di cui non necessiti, droghe legali che fanno dimenticare
e deviare i problemi.
Siamo
grassi perché ci vogliono grassi. Hanno
inventato duemila tipi diversi di burro, e ora quello senza grassi, che
equivale a dire una pornostar vergine.

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Leggi
qui di seguito la recensione
di Claudio Della Pietà
per satisfiction:
Un uomo misterioso, descritto nei minimi particolari ad eccezione del
nome, viene spinto dalla folla ipnotizzata da bisogni indotti, in un pullman
senza autista.Tutti guidano, con la forza del pensiero, e non c’è
pericolo che il pullman si spezzi in due parti perché uno gira
a destra e l’altro a sinistra. No. Tutti pensano la stessa cosa.
Sembra una di quelle gite da 13/14 euro durante le quali ognuno compera
almeno un pezzo della batteria di pentole antiaderenti proposta, almeno
per ora.
Questo
libro potrebbe essere preceduto da un banale prologo come quello che vi
ho appena proposto, ma anche da innumerevoli altri. Raccontandoci la drammatica
storia di una persona in sovrappeso, costretta a dimagrire perché
aggredita da immagini, voci, situazioni, irrealtà, Claudio ci svela
questo essere telecomandato, e scoperchia una miniera d’oro. Nel
bugiardino iniziale che ogni autore si guarda bene dal pubblicare, salvo
questo fuorilegge di Marinaccio (tipico cognome da fuorilegge), ci viene
detto che leggere questa storia farà aumentare la nostra autostima
(?). Questo libro fa scoppiare il bubbone, questo libro e non altri, provoca
l’eruzione incontrollabile di foruncoli enormi carichi di pus verdastro,
che cola sulle nostre teste di cazzo, per bloccare l’ipnosi che ci
fa desiderare di vivere altre vite, ci fa illudere di poter mangiare senza
ingrassare, di poter scopare senza fare figli, di poter morire senza soffrire.
Questo mostro ipnotico, che incolla il nostro protagonista allo specchio
con il suo sguardo, ha una forza creatrice spaventosa. E’ un dio
e fa credere a chi si specchia di poter essere anche lui dio, ognuno dio
di se stesso, soddisfatto di se stesso, totalmente indifferente a chiunque
altro, totalmente solo. Ma l’autore, anche lui davanti allo specchio
per sistemare quei capelli che non si dimenticano facilmente il Cile e
cercano libertà, l’autore, dio del suo libro urla fin quasi
al vomito al suo personaggio che non può continuare a vivere vite
d’altri, mettersi nei panni di nuovi personaggi. La sua vita è
unica originale, preziosa e correndo dietro a false prospettive rischia
di scomparire, rischia che nessuno si accorga più di lui, del vero
protagonista, rischia di morire. La vera morte infatti non è fisica,
è ben altro, ma non ve lo dico. Leggete Scomparire, e fate presto,
prima di scomparire.
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Il
protagonista è un giovane obeso; la sua è una ben pesante
tara, perlomeno lui la percepisce tale, per cui, stanco di sé,
si dà da fare per riuscire a diventare una sorta di mannequin.
Non si risparmia pur di riuscire a dimagrire e diventare così
un uomo-oggetto, qualcosa di desiderabile. Inizia così la sua
discesa all’inferno. Certo, il protagonista non aveva messo in
conto che per dimagrire avrebbe dovuto annullare sé stesso;
all’inizio, credendoci (quasi) in buona fede, aveva pensato che
dimagrendo e raggiungendo il peso forma, sarebbe stato oggetto di
attenzione da parte delle donne, del mondo del lavoro, e non solo.
Tuttavia, ben presto, l’idea di dimagrire diventerà una...
(clicca
qui e continua a leggere l'intensa recensione
di
Giuseppe Iannozzi). |
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Brano
tratto da "Scomparire":
(...)
110 kg circa
Il
sole lucente arroventava le vie della città. Il calore si faceva
strada dall'asfalto scuro e crepato. Guardando in avanti si aveva quasi
l'impressione di poter scorgere spire di luce partorite dal suolo.
Era una tipica giornata agostana, palazzi e strade uguali a scenografie
di uno spettacolo fallimentare, con le persone rimaste ad affollare le
gelaterie come se stessero distribuendo il pane a Calcutta.
Le panchine all'ombra erano contese manco fossero delle belle donne.
Sudavo al pari di un uomo in forte sovrappeso. Del resto, ero un uomo
grasso. Da quando ero diventato così, facevo fatica a camminare
e mi stancavo facilmente per ogni cosa.
Incominciai a gocciolare dalla fronte; perspiratio sensibilis:
acqua ricca di sali minerali e zuccheri scendeva copiosamente da sotto
i capelli che tenevo legati come Lorenzo Lamas in Renegade. La
differenza era che sembrava mi fossi mangiato l'indiano che lo accompagnava.
Camminavo per una via molto stretta sorseggiando Coca-Cola, introducendo
zuccheri nel corpo, alleviando la sofferenza del mio essere un ciccione,
alimentando quello che non avrei dovuto avere.
La bevanda nera e gelata con le sue bollicine mi grattava il palato.
La mia era una triste infelice vita. Solo e ciccione. Possedevo tutte
le caratteristiche per essere un aspirante suicida, ma facendo un'attenta
analisi delle diverse tipologie con cui avrei potuto mettere fine alla
mia esistenza, non riuscivo a trovarne una che non avesse delle criticità.
Tagliarmi le vene? Con tutto il colesterolo che avevo in corpo il sangue
non sarebbe riuscito a venir fuori. Impiccarmi? Avrei dovuto utilizzare
un cavo d'acciaio o roba del genere per poter sorreggere il mio peso e
non sarebbe stato possibile fare un buon nodo per il cappio. Darmi fuoco?
Il maiale non si cucina flambé. Spararmi? Per fare le cose in regola,
avrei dovuto prendere il porto d'armi e sarebbe passato troppo tempo.
Allora avvelenarmi? Mangiavo così tanto cibo spazzatura che se
non morivo con quello, non so davvero cosa ci sarebbe riuscito.
Farmi esplodere? Non avevo una giusta causa islamica per farlo.
D'un tratto mi fermai di fronte a un cartello pubblicitario gigantesco
che sponsorizzava una famosa griffe di moda, troppo da omosessuale per
non essere famosa.
La foto rappresentava una bellissima donna bionda, abbronzata, seminuda
e unta, che cercava di mordere l'addome del modello. Lui aveva un fisico
perfetto e i capelli tirati con il gel; indossava occhiali a goccia e
mutande sexy; e poi gli addominali, che ricordavano quelli di Brad Pitt
in Fight Club, depilato come un bambino prima dell'adolescenza.
Nonostante fossi pienamente eterosessuale, non riuscivo a staccare gli
occhi dal modello e mi immaginavo al suo posto con la ragazza che azzanna
la mia trippa e incomincia a divorarmi.Se fossi stato una delle vittime
in quella che fu la tragedia delle Ande, avrebbero mangiato solo me.
Quel cartello pubblicitario era il simbolo dei nostri tempi, la ricerca
della perfezione fisica. Apparire più che essere.
Fu in quell’istante ricevetti un segno dal cielo, l'illuminazione
che tutti aspettano: decisi di essere il nuovo messia, un Buddha con addominali
scolpiti.
Da quel giorno tutto cambiò.
(...)
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