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Incipit,
tratto da "Ragazzi
cari vi odio, vi amo" (Diario
epitolare per una nuova Grammatica dell'agire).
Ragazzi
cari...
Mi sono sempre
occupata di voi, ho vissuto per e con voi per molti anni.
Ho scelto questo mestiere così incompreso e difficile che è
l'insegnamento quando avevo poco più dei vostri anni e l'ho esercitato
in mezzo a voi, considerando la cattedra più uno strumento di distanza
che uno strumento didattico. E così vi sono venuta vicino, più
vicino che ho potuto, mantenendo sempre quella distanza necessaria ad
un ascolto.
Ho inciampato nei vostri deserti emotivi, ho calciato più lontano
che ho potuto le vostre paure e le vostre ansie riducendole alla realtà,
vi ho soffiato le parole dei saggi sugli occhi, sulle labbra e sui cuori,
spesso aridi e inadatti alla vita. Ho creduto alle vostre lacrime e asciugato
con il mio sudore il vostro. Mi sono sempre messa dalla vostra parte con
umiltà e pazienza. Ho creduto che avrei, nel mio immenso piccolo,
potuto contribuire a formare stomaco e muscoli dentro quei corpi fragili
che incrociavano le mie giornate.
Vi ho amato. Oggi vi odio.
Affermazione forte? Eccessiva? Fuori tempo?
Non importa. Ho bisogno di scrivervi e dirvi cosa penso di voi.
Ho riflettuto a lungo e sono arrivata anche io, con i tempi del mio cuore
e della mia testa, ad una conciliazione definitiva. Strano a dirsi, questa
conciliazione si traduce in odio.
Durante una lezione, nel maggio di questo difficile anno 2014, mi sono
incontrata con un grande profeta, di cui tante volte, oggi so inutilmente,
abbiamo parlato insieme. Vi ho fatto vedere anche il suo "Edipo",
film di straordinaria attualità. Sì, Pierpaolo Pasolini.
Ho riletto un articolo che lui scrisse nel "lontanovicino" maggio
del 1968 a Roma, a seguito di uno scontro piuttosto violento che si manifestò
a Villa Giulia, facoltà di Architettura, tra studenti contestatori
e polizia. Era uno dei primi sintomi del fascino della violenza che nel
movimento studentesco coabitava con il dibattito semplicemente ideologico.
E i giovani di quegli anni erano confusi almeno quanto voi perché
effettivamente combattevano, non risparmiandosi disprezzo e odio, una
generazione, quella dei loro padri, perché volevano l'emancipazione,
senza conoscere il vero significato di questo termine che ponevano ad
alta voce come obiettivo a giustificazione di qualsiasi mezzo.
Emancipazione?
In un delirio collettivo che li ha avvolti come la nebbia in una confusione
di intenti e nella inevitabile perdita di vista del fine dell'agire, anche
loro, proprio come voi, sono diventati strumento del potere, di quel potere
che voi oggi tanto negate senza conoscere le radici della giustizia e
la differenza tra il bene e il male.
L'ignoranza genera mostri, e mostri sono stati loro, come lo siete voi.
Dite che non desiderate la vita dei vostri genitori e poi non riuscite
a prendere un autobus, ad arrivare puntuali a scuola, a rispettare il
dovere dello studio, a riconoscerlo come una forma autentica di emancipazione
e di critica credibile. Vi vestite con i loro stessi abiti, li rubate
dai loro armadi borghesi e non determinate il vostro corpo con un gusto
che abbia radici solo dentro di voi. Vi emancipate solo in gruppo, quando
soli, siete smarriti e silenziosi. E non fate pena, no, piuttosto rabbia
e orrore. Siete involucri, materia svestita dell'essenziale, ombre, senza
occhi, senza sorriso, senza rossore e pallore. Siete il niente che annunciava
Zarathustra dentro la scrittura di Friedrich Nietzsche. Impossibile accendervi
se non per un istante.
E poi ritornate nel vostro spazio a dis-abitare la vostra vita e pensando,
oltretutto, di essere migliori di quei padri che uccidete ogni giorno
con una esistenza inodore.
Non sto prendendo le difese degli adulti che vi intralciano quando non
vi servono più.
Sto cercando di spiegare a me stessa le radici di questo sentimento opposto
a quello che ho sempre sentito per voi.
Ho dei ricordi meravigliosi di alcuni di voi che hanno dimostrato con
il tempo quello che davvero volevano essere. Perché?
Lo sono diventati e, guarda caso, amavano i loro genitori, nel bene e
nel male, hanno saputo amarli e diventare, esempio, nei fatti, di quanto
non erano riusciti, nonostante lo sforzo, a diventare il padre o la madre
o entrambi. Questa è la battaglia che vi si chiede. Da sempre.
Non mi interessano i lamenti. Non mi interessa più il vostro lasciarvi
andare dietro scuse che non hanno senso.
Mi interessa, invece, la forza. Dovete rialzarvi. Dovete camminare ed
essere fedeli alla terra. Dovete amare la vita. Poiché piegarvi
su quello che vi ritorna comodo fa di voi, ancora una volta nella storia,
uno strumento di potere. Vi rende esattamente come qualcuno vuole che
siate. Inoffensivi e arresi.
La storia è segnata solo da chi ama il tempo e lo vince nell'agire
quotidiano, riempiendo di senso le giornate che si avvicendano una sull'altra
e sulla nostra pelle.
Le vostre lacrime devono innaffiare una terra oramai disabitata. Devono
tradurre passione e non rimanere confinate in una disperazione da cui
solo voi potete uscire.
La letteratura e la filosofia dovrebbero essere strumenti non di erudizione
ma di trasformazione del reale.
Rispondete sì, finalmente. Sì alla vita che negate nelle
vostre scelte che sono non scelte, amatevi, ballate e costruite nella
musica un tempo diverso, animato di amore e pace. Soprattutto siate onesti
con voi stessi, non nascondete il vostro disagio in gesti irrazionali
e autodistruttivi. Siate contagiosi.
Ho conosciuto
Andrea. Ho costruito insieme a lui, per voi, noi, questo diario epistolare.
Andrea ha vent'anni.
Andrea si è accorto improvvisamente che stava male ed ha avuto
il coraggio di elaborare questo stato d'animo. Andrea è arrabbiato.
Andrea non sa perché sta così male ma vuole riuscire a determinare
il suo senso. Ci sono altri Andrea tra di voi.
Sono certa di quello che scrivo. Abbiate il suo coraggio. Leggetelo e
che da questa lettura possano riaffiorare forze ed energie naturali, che
abitano dentro di voi senza che sappiate trovare loro uno spazio in cui
lasciarle andare libere.
Sciogliete il mio odio e traducetelo nel suo contrario.
Non mi pento, né tanto meno mi vergogno di questa dichiarazione
forte con cui cerco disperatamente l'ultimo ascolto. Di certo il mio odio
nasce solo dall'amore. Grazie Andrea, goccia in mezzo all'Oceano, che
mi sei venuto a cercare e attraverso le tue lettere hai nutrito questa
ultima speranza.
(...)
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Francesca
Boari è nata a Ferrara nel 1966.
Educatrice, scrittrice, insegnante di storia e filosofia, ha pubblicato
Il
prezzo del riscatto
(romanzi brevi, Cicorivolta 2008), Aldro (romanzo ispirato
alla vicenda giudiziaria e di cronaca sul caso Aldrovandi, Corbo 2009),
Piovono
sassi dal cielo (romanzo,
prima e seconda edizione, Cicorivolta 2013 e 2014), Ragazzi
cari vi odio, vi amo (con
Andrea Bonvicin, Cicorivolta 2014),Un
dentro tanto grande
(romanzo, Cicorivolta 2016),E
così sia
(Lettera al padre, Cicorivolta 2018). Ha organizzato eventi e convegni
a Ferrara sul tema delladolescenza, in collaborazione con la Clinica
di psichiatria e lUniversità.
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