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i quaderni di Cico
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titolo:
"Dopo tutto questo tempo"
Lui. Lei. Un lungo viaggio alla ricerca di un amore perduto. Due piccoli cuori acerbi dinanzi a un sentimento fertile infinito che si scioglie come clorofilla nel per sempre. Lui. Lei. Dopo quell'incontro casuale. Lui & Lei. Perdersi, crescere e poi ritrovarsi più belli e forti di prima, prendere le redini dei propri destini e portare i passi sulla stessa strada. Un viaggio che inizia dalla periferia per terminare nella loro città, Torino; passando per Istanbul, infinite spiagge, la casa in montagna, Parigi e tutti quei posti dove hanno imparato ad amarsi e a sopravvivere dal mondo fuori. Insieme.
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I
dont believe in Beatles. |
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Qui
sotto il video della presentazione di "Dopo tutto questo tempo"
alla Biblioteca di Lercara Friddi (Palermo), con le interviste di Epifania
Lo Presti, giornalista per Magaze.it
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ma leggi l'intervista all'Autore su www.magaze.it | ||||||||||||||
DOPO TUTTO QUESTO TEMPO è un libro bellissimo, è UN CUORE IMMENSO (demasiado corazon) e una SMISURATA LETTERA D'AMORE, scritta di getto e così di getto trasmessa e pubblicata, come un inno alla Vita, alla Gioia della Felicità che NON ESISTE e che pure si può prendere e TENERE STRETTA PER MANO. (parola di Cico) |
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Brani tratti da "Dopo tutto questo tempo" (...) Pallido è il cielo fuori dalla finestra, quel cielo che ci piace solo visto dalla finestra della cucina, beviamoci un caffè e guardiamoci negli occhi e alle spalle, e intanto lo stereo incanta e canta e dice enjoy the silence e con le dita ticchettiamo il tempo uno sullaltro e intoniamo solo il ritornello e mettiamoci in quarantena, per questa domenica e per le prossime quaranta, fammi un po di spazio dentro te e mischiamo i nostri battiti perché è un buon motivo per dirti ti amo, e poi questa parola, questa sensazione, questo sentimento, fa un po paura a tutti perché siamo senza fantasia, e la nostra, di fantasia, la capiamo solo noi e ci scriviamo i bigliettini sul frigo anni Cinquanta, blu, che quasi non si vede più perché è pieno delle nostre frasi congelate e che durano coraggiose nel tempo più di noi due, rimandiamo i problemi scrivendoli in piccoli foglietti quadrati e colorati, appendiamoli sul frigo, e un giorno penseremo anche a risolverli o a sorvolarli, dipende da come ci sentiremo e se abbiamo fatto colazione e se abbiamo abbastanza sigarette, e se abbiamo ancora voglia di noi, perché quella si sa, è una magia che tende a svanire, come dopo un lungo pianto a letto, per poi dormire, chiudere gli occhi e morire. (...) Mandami i tuoi baci perché li ho quasi finiti, soffiane un po verso me e li conserverò nella tasca interna del giubbotto per un po di compagnia in questo lungo viaggio, per riscaldarmi come se fossi ancora seduto vicino a quel fuoco amico. Non so dove sto andando, ma so che andando, troverò te, perché nessuno ti conosce come me. Ci siamo sempre scambiati i segreti e i sogni più intimi, le paure e lamore, i pensieri e le poesie, il profumo e i disastri economici. Seguo i tuoi occhi perché in te ho ritrovato me stesso e ora che ho scoperto chi sono grazie a te, ora che ho sconfitto le paure, mi riconosco e se scavo in fondo la mia anima, so che troverò gli indizi che portano a te, perché tu sei il mio sole e come i girasoli più belli, ti seguo, mi volto verso te sino a quando la luna non coprirà i tuoi passi dimenticati lungo la strada, quei passi che hai lasciato per me per essere raggiunta, perché è un po come dire ti amo, siamo timidi, ogni occasione sprecata si mostra come una fotografia, proprio come quella che tengo in mano per donarla a te, siamo timidi e fieri, stupidi se vogliamo. Sono passati due anni, e in tutti questi mesi nessuno ha avuto il coraggio di fare il primo passo, siamo rimasti alla finestra ad aspettare un segno, ma quel segno siamo noi, io il tuo e tu il mio, questo cazzo damore ci ha resi ciechi e non mi accorgevo dei cambiamenti in noi, degli sguardi senza luce, dei tuoi pianti, delle maree che ci dicevano di allontanarci, e tu negli ultimi mesi eri diversa, avevi paura e a stento parlavi, e io stupido, stupido, pensavo fosse solo un cielo nero che il vento aveva momentaneamente posato sulle nostre palpebre, un momento come tanti, che passa perché noi siamo forti, e invece, quella notte ero solo, in cucina, a bere una birra perché non riuscivo a dormire, dovevo pensarci un po su, e tu in camera non mi aspettavi, dormivi con gli occhi gonfi dalle lacrime, sono rimasto sulla porta a guardarti dormire, mi sei sembrata bellissima, ma questo non te lho mai detto. Con le sigarette ammazzavo il tempo, aspettavo lalba e cercavo di recuperare i pezzi mancanti degli ultimi mesi, ingoiavo sorsate di birra, ormai calda, ed era come avere un sasso in gola, e non riuscivo a piangere, ma sentivo che tutti i cassetti di casa con le cose belle stavano morendo sul pavimento. In silenzio, guardavo il nuovo sole tra i palazzi grigi, lodore del caffè mi ha dato una scossa, preparo tutto ciò che piace a lei, vado in camera per svegliarla ma lei, girata sul fianco con le spalle alla porta, era già sveglia. Ci siamo solo guardati, senza dire una parola, tutto è stato veloce, improvviso, ci muovevamo come in un flashback. Già sapevamo, era un consenso tacito, rimango a letto, lei mi guarda e dopo una manciata di secondi il silenzio assordante della casa. Lei non cera più, la porta sera chiusa alle sue spalle. Mi stava chiedendo aiuto, di stare insieme, e io ho dato tutto per scontato, senza apprezzare il quotidiano, non mi specchiavo più nei suoi occhi e la tenevo lo stesso per mano, e se quella notte ci fosse stata pure lei, la birra non sarebbe mai diventata calda e al mattino avrei potuto dire qualcosa piuttosto che stare in silenzio, con i sassi in gola. Caro Papà, in questo lungo viaggio i ricordi mi tagliano la mente, penso, e tante immagini si sovrappongono una sullaltra e sento che fra un po esploderò. Chilometri e chilometri mi hanno lasciato solo, e io che pensavo fosse banale, che nella vita i cambiamenti sono una regola, e invece ora che mi trovo qui, su questo treno che continua a viaggiare, mi pento di non aver passato più tempo con te, in fondo tu eri il mio migliore amico, e io il tuo, eravamo complici, ci passavamo i cd e ascoltavamo luno la musica dellaltro, e ora ho proprio voglia di quella musica, come vorrei che tu fossi qui con me, il viaggio prenderebbe unaltra sfumatura, più colorata. Visto che butto giù queste parole, vuol dire che sei ancora vivo in me e che in tutti questi anni, inconsciamente sei sempre stato al mio fianco. Grazie, in anticipo, aspettando di riabbracciarti. Papà. Riordino
le nostre foto, le tue lettere, i ricordi. Cerco qualcosa che mi porti
da te, dove sei andata?. Guardo le foto che ho portato con me e ricordo
tutto, come fosse ieri. Le città europee, le montagne, le nostre
case, tutte diverse e in fondo tutte che si somigliavano, forse perché
dentro ceravamo noi, sempre uguali. Leggo le tue lettere, di quando
sei andata via da me per tre giorni e non ci siamo sentiti, come stavo
male, ed effettivamente non so ancora niente di quello che hai fatto in
quei tre giorni, posso venirti a cercare, posso iniziare da lì,
oppure continuare a viaggiare su questo treno, e pensare, pensare, pensare
dove potresti essere, ma quei tre giorni mi sembrano un buon inizio, più
che altro, per scoprire ancora più cose su di te, per scoprire
ancora più segreti perché non sono mai sazio di te. Correggo
la rotta verso i tuoi tre giorni, spero di trovarti lì, o magari,
ancora è troppo presto, il viaggio mi servirà per conoscermi
meglio e donarti tutto me stesso come non sono stato mai. Laria
fresca della provincia mi bagna il viso, chiudo gli occhi e respiro a
pieni polmoni, cerco le tue notti atomiche, chiudo le palpebre alla ricerca
di te, prendo il sole e lo faccio mio, mai come adesso ho bisogno di luce.
Passeggio e penso i tuoi discorsi delle tre del mattino, rivedo tutti
i posti di cui mi parlavi e sono proprio come immaginavo, ogni cosa è
al suo posto, non ci sono fili scoperti a farmi male e a non farmi pensare
a te. Tutto è il tutto come la nostra galassia che ci avvolge,
cerco di guardare tutto attraverso i tuoi occhi e ora voglio viaggiare
con te, dentro te, e non più al tuo fianco, perché sono
nel tuo mondo e tu la mia stella polare, e forse tornerai, e adesso che
ci parliamo raramente, penso alle tazze del caffè che erano sempre
sporche e nessuno aveva voglia di pulire i nostri scarti e i nostri appartamenti,
ma era bello così, eravamo due colpi di vento con le finestre chiuse,
i nostri futuri inverosimili ora li metto a fuoco, dormiamo senza toglierci
le scarpe perché non cè tempo, siamo stanchi, è
pomeriggio, dormiamo prima che faccia notte e proteggimi da tutte queste
bastonate che un giorno mi darai per andartene, perché io lo so
e tu fai finta di non sapere, ma ti conosco, e so quando fingi e dipingi
le pareti di casa di un verde militare per nasconderci da noi, ed ora,
mi fermo per un caffè e la mia prima sigaretta dopo giorni mi fa
respirare e ingoiare sorsate di sicurezza e tu non preoccuparti, parla
sempre dei nostri corpi separati, a tutti e lascia dei segnali che solo
io posso capire. Non so dirti il perché di tutto questo, magari
è solo un brutto sogno e in questo momento sono ancora disteso
sul mio cellophane, non lo so, mi abituerò a tutto, anche ai nostri
grattaceli abbattuti e ai nostri cuori ustionati e le guance con le lacrime
ai bordi e le mani gelate, mi abituerò a non averti e mi abituerò
a sentirti vicino e a cercarti, per stendere i nostri vestiti, uno dopo
laltro e farli vedere a tutti, come si vedono le vene del tuo collo
trasparente, seguo quei piccoli fili blu che portano ovunque, nel tuo
ovunque che io conosco bene. Non ti vengo a cercare per te, si, lo so,
posso sembrare egoista, ma lo sto facendo per me, ti vengo a cercare per
me, perché con te sono una persona migliore, sto bene, e se sto
bene io stai bene anche tu e il mondo visto dai tuoi occhi è il
paese delle meraviglie, e io il tuo bianconiglio. Seguimi e ti porterò
al mare per confondere il tempo, per ingannare i binari morti che non
portano da nessuna parte e guardiamo i nostri ex imbarazzanti progetti,
ridiamoci su e ricuciamoci i polsi perché abbiamo perso già
troppo e quel che rimane è solo lattesa delle tue mestruazioni
e delle corse con gli scontrini scaduti e ancora parecchi chilometri da
fare, insieme o da soli, poco importa, perché siamo sempre nel
tuo mondo e i tuoi discorsi seri, di ieri, quelli di cui non capivo un
cazzo, ora prendono forma, ritorniamo a Londra, e magari è lì
che ti trovi, pettiniamo lanima e diamo da mangiare ai nostri incubi
che già conosciamo, che ci fanno paura ma che ci cullano anche,
chiudiamo tutto nel tuo diario, anche gli angeli di neve e tutte le tue
avventure senza me, che ho voglia di conoscere e fare lamore con
te. Intanto fuori piove e la stanza dalbergo, gelida, nasconde bene
le mie ansie, che salgono come ledera quando fuori cala il buio
e con lui anche i miei No più intimi e tutte le mie ombre, perché
non basta scappare, lombra mi seguirà sempre, e se è
sporca starò male ovunque, serve stenderla al freddo per pulirla
dai miei sbagli e dal peso delle parole damore che non ti ho mai
detto e dai venti che portano via il tuo odore. Aspetto la luce per dare
vita a nuovi pensieri, per avere ancora più fame e non mangio da
giorni, sazio di tutte queste parole, io e te, scopriremo altre americhe
e fanculo a chi non crede a noi e alle nostre impronte digitali inchiodate
ovunque a casa nostra e che se non torniamo annegheremo nelle nuvole cariche
di lacrime che non aspettano altro a casa nostra, riapriamo la finestra
e sputiamo fuori queste cazzo di nuvole e quando torneremo dipingeremo
le pareti con i nostri organi, per disegnarmi sulla schiena un angelo.
Il nostro miracolo. (...)
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Luigi
Milazzo nasce sotto il segno della vergine
a Palermo, nel 1986. Suona
nella band ZAHIR con Felmi e Rosario. Questo è il suo primo, bellissimo, libro.
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