Brano tratto da "Controluce".
PROLOGO
Nora
ricordava perfettamente quel momento: si erano fermate dinnanzi a un'edicola,
un bazar dove la carta stampata combatteva con titoli ad effetto la
sua lotta per la supremazia su giochi, figurine e altre mercanzie.
Un insolito giornalino aveva ipnotizzato Chiara: sembrava un vero e
proprio libro e, sulla copertina, uno strano gruppo di omini rossi simulava
un buffo balletto.
La giornalaia sorrise, leggendo sul volto della piccola il desiderio
di averlo ad ogni costo.
- È un giornalino per i bambini... e c'è pure una videocassetta
- esclamò, strizzandole l'occhio - Chiara così può
capire come è fatto il suo corpicino!
Nora volse lo sguardo verso la nipote e intercettò il suo sguardo
speranzoso: non aveva mai visto quella bambina dal carattere taciturno
così eccitata. Afferrò il giornalino con gli omini rossi
e la videocassetta, ne lesse il titolo impegnativo,"Il corpo umano",
e glielo porse, sorridendole.
Scrutò l'espressione della bambina mentre stringeva a sé
quel trofeo e intuì, con quell'indicibile istinto di chi vive
in ascolto, che il destino di Chiara sarebbe stato la "Medicina".
Ogni
sera Nora si vedeva comparire dinnanzi agli occhi, prima che il sonno
la rapisse, l'immagine di quella bambina con i suoi volumi colorati
e non poteva fare a meno di chiedersi, suo malgrado, se il sogno racchiuso
in quegli occhi azzurri si era avverato come la nipote lo aveva immaginato.
PRIMO
Napoli, 2009
1.1
Nella Sala Medici del reparto di Cardiologia della Clinica San Marco
di Castelvolturno uno stato di agitazione incontenibile faceva presagire
una rivolta di stile carcerario: Chiara si affacciò sull'arco
della porta, chiedendosi preoccupata cosa stesse accadendo.
Al posto dei detenuti c'erano medici e infermieri, indispettiti dall'aria
condizionata che si spegneva di continuo: un concerto di voci concitate
rovesciava sul Primario, Antonio Esposito, accese proteste, senza dargli
neppure il tempo di formulare frasi compiute di risposta.
- Ma che sta succedendo? Cosa è tutta questa confusione? - chiese
con tono preoccupato Paolo Morelli, attraversando con passo svelto il
corridoio.
- Non vorrei stare al suo posto! - esclamò Chiara, indicando
Esposito accerchiato dai colleghi.
Istintivamente i suoi occhi si soffermarono sul velo leggero di barba
che Morelli aveva sul viso: la priorità nella vita di quell'uomo
non era decisamente l'aspetto fisico.
- Neppure io ci vorrei stare - sorrise lui, immaginando le sequele di
proteste che sarebbero andate avanti per tutta la giornata.
Chiara non riusciva a smettere di scrutarlo: i suoi occhi passarono
in rassegna il camice spiegazzato e il nodo della cravatta allentato.
A giudicare da quello che vedeva, la giornata del vice Primario non
aveva avuto di sicuro una buona partenza.
- Stanno tentando di riparare l'aria condizionata da stamattina - continuò
poi, fingendo di essere al corrente degli eventi, pur di proseguire
la conversazione.
Paolo rimase in silenzio per qualche istante, guardando con apprensione
il cellulare.
- Devo vedere un paziente nuovo
se ti va puoi venire con me -
disse infine, cambiando improvvisamente discorso.
Con un battito di ali la questione dell'adunata di protesta dinnanzi
a Esposito sembrava, nei pensieri di Morelli, passata in secondo piano:
era davvero una persona strana, cortese ma allo stesso tempo imprevedibile,
al punto da sembrare spesso incomprensibile.
Eppure, ogni volta in cui Chiara lavorava insieme a lui, avvertiva un'energia
che le rimaneva dentro per giorni e giorni, inspiegabilmente.
- Molto volentieri dottor Morelli.
- Paolo - ricordò l'uomo, intercettando l'imbarazzo della collega.
- Paolo, certamente.
Nonostante l'ammirasse profondamente, aveva ancora difficoltà
a chiamarlo per nome, soprattutto quando erano soli: era complicato
sentirsi da un lato affascinata e dall'altro provare un timore reverenziale
nei suoi confronti.
Ma evidentemente non era l'unica alla quale Paolo provocasse quegli
stati d'animo: durante la visita, la paziente, una giovane donna, ascoltava
le sue parole con un'espressione rapita e intimorita allo stesso tempo.
- Stia tranquilla signora, la sua pressione può essere tenuta
sotto controllo farmacologicamente - le sfuggì, nel tentativo
di tranquillizzare la ragazza spaventata.
Paolo le lanciò un'occhiata seccata e cercò lo sguardo
della paziente: inaspettatamente, sul viso della giovane ammalata era
comparso una specie di sorriso.
- Silvana - disse poi, rivolgendosi alla paziente - la dottoressa Morgera
sarà il suo riferimento. È in ottime mani.
Chiara sussultò: non aveva avuto un'idea saggia a intervenire,
ma, a dispetto della sua aria burbera, Paolo sembrava aver intuito il
senso delle sue intenzioni e le aveva anche apprezzate, evidentemente!
Dopo circa un mese di lavoro presso quella struttura, stava iniziando
a rendersi conto che Paolo era profondamente differente dagli altri
colleghi.
"È capace di entrare in relazione con chiunque nel modo
giusto", aveva provato a spiegarle la Caposala "ma non si
può dire che sia in confidenza con qualcuno".
Il volto della paziente sembrava dare senso a quelle parole: Silvana
le sorrideva, come se le parole con le quali Morelli l'aveva affidata
alla dottoressa dagli occhi azzurri l'avessero davvero convinta che
Chiara l'avrebbe accompagnata verso la guarigione.
- La malattia è un padrone prepotente e c'è bisogno di
qualcuno che si frapponga fra lei e l'ammalato - le sussurrò
Paolo, avvicinandosi al suo orecchio.
Chiara incominciò a sospettare che lui leggesse i suoi pensieri.
(...)