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titolo: "Cercare
altrove"
collana temalibero
autore: Renato Giananti
ISBN 978-88-99021-52-8
€
13,00 - pp.160 -
© 2016
In copertina,illustrazioni originali di Renato Giananti.
Per
Maurizio e gli altri "cavalieri senza macchia e senza paura",
la ricerca del senso della vita passa per l'India, il luogo dei perfetti
contrari, dove andare a cercare la radice delle cose, in cui stanare i
propri fantasmi per combatterli, se necessario, fino alla morte. E tuttavia,
se "Niente è come sembra", quella di Maurizio e degli
altri, è una lotta contro le apparenze che nascondono la verità.
Già, ma quante verità esistono? La verità individuale,
la verità oggettiva, quella nascosta, quella universale... E può
darsi che sia una battaglia persa in partenza, quella per la ricerca della
verità. Del resto, chi può dirlo? O ci provi, o non lo sai.
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Brano
tratto da "Cercare
altrove"
2 - India
blues
(13/21 febbraio 2008)
Kamala se
ne sta seduta nellangolo più buio del postribolo. Ha le labbra
e le unghie pitturate di rosso fuoco.
Fuori, la più grande baraccopoli di Bombay ansima con un fiato
fetido che arroventa i tetti e le lamiere.
Kamala prega Parvati perché la protegga, o le faccia lasciare questo
mondo di dolore. Canta le lodi della dea a voce bassa, un mantra a cui
si uniscono le altre ragazzine, sventurate compagne del bordello. Oggi
è il suo compleanno e nessuno lo sa. E i genitori? Di sicuro se
ne ricordano. Perché la lasciano lì, allora? Perché
non vengono per riportarla a casa?
La tenutaria del bordello entra con del riso. La guarda, ripensa ai ventanni
trascorsi da quando ha iniziato quella vita, e si riconosce in lei. Kamala
però è più bella, ha un portamento da principessa.
E i clienti sono disposti a pagare molto.
Voglio tornare al villaggio dice Kamala. Chiama Rajin,
per favore.
La tenutaria esce dalla stanza senza rispondere.
Allora Kamala si mette a gridare; raccoglie una ciotola di rame e la tira
contro la porta.
Qualche istante, e appare il marito della tenutaria; prima la colpisce
con uno schiaffo che la fa rotolare a terra, poi comincia a prenderla
a calci ignorando le sue urla di dolore.
La finisci? Vuoi che vada a prendere la frusta?
Kamala, rannicchiata a terra, implora pietà.
Finalmente arriva la tenutaria, che dopo aver calmato il marito e averlo
fatto allontanare, prende a consolarla.
E Kamala ricorda
Al villaggio la vita è grama. Dopo lultima carestia
la sua famiglia, che vive a sud di Calcutta, non ha più nulla per
sostentarsi.
Quando Sing afferma che può portarla a Bombay per farla lavorare,
i suoi tirano un sospiro di sollievo. Una bocca in meno da sfamare e qualche
rupia in più.
Kamala non vuole partire, Sing la convince con un paio di orecchini. Glieli
fa indossare e poi le porge uno specchio. Lei sorride, non ne ha mai posseduti
di così belli. Poi Sing le offre del riso e un dolce. Kamala è
contenta,ultimo pugno di riso risaliva a due giorni prima. Così
Kamala saluta la famiglia e parte per Bombay sullAmbassador bianca
di Sing. Lui ha trentanni, è bello e gentile, e prima di
arrivare a destinazione la prende sui sedili posteriori dellauto.
Dopo due giorni, Sing la consegna a Rajin in cambio di un pacco di rupie.
Dice che i soldi sono per i famigliari, che ne saranno contenti. Poi scompare
dalla vita di Kamala. Per sempre
La stanza dello slum dove si trova Kamala, è un antro buio
che lei condivide con altre coetanee, in un vicolo di settanta centimetri,
alla svolta di un altro vicolo delle stesse dimensioni. Fuori passa un
rigagnolo di fogna. I topi rosicchiano tutta la notte, come a voler scandire
il tempo alle danze degli scarafaggi che sincrociano in una sorta
di macabro minuetto. Verso mezzogiorno, delle piccole lame di luce fendono
il buio attraverso le fessure del soffitto.
Kamala è abituata ai disagi. Al villaggio la vita non era migliore.
Però stava con la famiglia, era libera e non doveva prostituirsi.
Sotto le lamiere, il caldo è infernale.
Quando Kamala esce per prendere un po daria, vede Maurizio
venire fuori da una baracca vicina alla sua: lo riconosce subito, anche
se sono passati anni. Lo vorrebbe chiamare, ma la voce le si strozza in
gola e scoppia a piangere.
Maurizio accorre verso di lei.
Kamala, in preda alla vergogna, spera che non la riconosca.
* * *
Mi trovavo in un buio e umido anfratto ammorbante con appena un filo di
luce dallalto, tra un postribolo e una conceria di pelli dove lavoravano
decine di bambini. Una mia scelta. Erano passati tre giorni dal risveglio
gravido di inquietudine a Milano, dallapparizione del Fantasma.
Claudio aveva accettato di prendere la mia quota dello studio di consulenza.
Milena ci era rimasta male. Mi voleva bene. Era protettiva nei confronti
delle persone a cui teneva. Questattenzione non mi dispiaceva. Era
un bel sentimento genuino che faceva stare bene. Era una donna libera
e piena di qualità.
Giuseppe mi aveva incoraggiato. Aveva benedetto questa fuga con la solita
indulgenza. Lui era sempre una risorsa fondamentale. Non solo tirava fuori
le energie e le idee necessarie per risolvere i problemi, ma era in grado
di scovare dentro di te peculiarità inaspettate che sarebbero servite
allo scopo.
In quanto a Laura, avevo preferito non vederla. Mi conosceva troppo bene,
e troppe volte lavevo messa di fronte ai miei malesseri. Ci eravamo
sentiti per telefono: Vuoi lasciare lazienda? Va bene, puoi rientrare
quando vuoi. Parti per lIndia? Beato te! Ti ricordi che nostro figlio
è lì da sei mesi? Magari riesci a vederlo?
Così, Bombay mi aveva accolto con un caldo umido, insopportabile.
Lungo il percorso del taxi, si annidava la bidonville che collegava laeroporto
alla città.
Era ancora notte. Nel buio si intravedeva poco e si immaginava molto.
Un formicaio di corpi rannicchiati nel sonno, sotto lafa e lo smog.
Alcuni dormivano sui bordi delle strade o negli spartitraffico. Le macchine
sfrecciavano sfiorandoli. Un espediente per sentirsi in compagnia. Un
accorgimento per non farsi derubare del poco che avevano.
Il tassista si fermò a fare benzina. Dal buio uscirono fantasmi
neri. Mani imploranti si tesero verso di me. Controllai che i bagagli
fossero al loro posto.
Alle quattro del mattino arrivai al Taj Mahal, il fresco e lussuoso hotel
che aveva prenotato Milena.
La mattina dopo andai in taxi a Santa Cruz, alla scuola di yoga che Giuseppe
Folle mi aveva consigliato. Si trovava vicino allaeroporto dei voli
nazionali. Gli aerei rombavano sopra il tetto. Durante le sedute di yoga,
a intervalli regolari, il rumore dei motori produceva dei roboanti ooohmmm
Lassistente del direttore Swami Digambarji, si chiamava Sam Ping.
Si mise a mia disposizione e insisté per ospitarmi a casa sua in
un piccolo appartamento in prossimità dei Dhobi Ghats. La moglie
di Ping si ritirò a dormire con il marito, il figlio e la mamma
nellunica stanza che faceva da sala e cucina, lasciando a me la
camera da letto.
La seconda tappa del viaggio fu il tempio giainista.
Ci andai da solo. Mi mancava. La tranquillità di quel luogo sacro
accarezzava la mente. Immerso nella pace rotta solo dal tintinnio delle
monetine, dai suoni di gong e campanelle, potevo percepire un flusso di
pensieri che non era più un torrente impetuoso, ma unonda
lunga del mare, senza increspature. Osservavo i fedeli muoversi composti,
nei loro vestiti bianchi, con una mascherina di garza sulla bocca per
non ingoiare inavvertitamente degli insetti.
Avevo bisogno di vedere, sentire, sperimentare. Era per quello che mi
trovavo di nuovo in viaggio. LIndia mi favoriva, con unimmersione
in un bagno di multiforme umanità.
Isolarsi risultava impossibile. Ti sentivi una molecola di una moltitudine
che taceva immobile, o si agitava impaziente verso mete sconosciute e
incomprensibili.
Vorrei alloggiare per qualche giorno a Dharavi dissi a Ping.
No problem rispose.
Come un indigente qualsiasi, in un piccolo spazio. Voglio sentire
la vita di Dharavi che mi scorre intorno. È per il mio libro.
No problem.
* * *
Dharavi è il gigantesco slum di Bombay, dove vivono tre milioni
di persone in case di latta e cartone, in un dedalo di viuzze che sembrano
districarsi allinfinito. Cè di tutto: povertà,
mafia, prostituzione, fabbriche, delinquenza, malattie, fogne a cielo
aperto. Ogni settimana vi arrivano più di mille nuovi poveri in
fuga da una miseria peggiore.
* * *
Stavo vicino a un bordello. Cerano prostitute poco più che
bambine.
Una di loro ogni tanto mi veniva a trovare.
La vidi piangere e mi avvicinai. Parlammo un po in inglese e un
po in bengali. Si chiamava Kamala, era stata portata lì da
un villaggio del delta del Gange, a sud di Calcutta. Proprio quel giorno
era il suo diciottesimo compleanno. I genitori, dei poveri contadini,
lavevano venduta per sfamare i figli più piccoli. Era di
una bellezza regale.
Le regalai una collanina che avevo comperato al tempio giainista. Lei
si commosse e si mise a piangere di nuovo.
Portami via, ti prego! implorò.
Questo non lo avevo previsto. Rimasi senza parole.
Allora, Cavaliere? Fai qualcosa! Lo so, non puoi eliminare tutte le ingiustizie
del mondo. Comincia con una.
Cerano altre ragazzine, nello slum. Trattate come bestie. Avrei
dovuto aprire la gabbia per farle fuggire tutte. E poi?
Gettati nella mischia, Cavaliere. La paura ti accompagnerà, le
macchie saranno il tuo sangue e quello dei tuoi nemici.
Almeno una avrei potuto salvarla. Una potevo nasconderla. Provai a usare
la logica. Ammesso che ci fossi riuscito, dove lavrei portata? Che
futuro le avrei offerto? Non si poteva liberarla e lasciarla al suo destino.
Ci avrebbe messo un giorno a tornare tra le grinfie degli aguzzini.
Avevo bisogno di tempo e di consigli, ma la decisione era presa. Lavrei
portata via.
(...)
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