Brani
tratti da "Libro da semaforo (il mondo sottosopra)"
il
caldo
Il caldo mi ricorda le formiche, le cicale. Il sudore. I corpi nudi. La
terra e l'erba. Il sole che ti acceca. Qualche fiore. Le sere lunghe.
La voglia di vivere, di correre e ballare. Mia madre però mi dice
che non è proprio così. C'è anche il traffico; ci
sono i rumori, le urla. E, mentre mi sistema la macchina respiratrice,
si gira dall'altra parte. Così crede che io non la veda piangere.
il mare
Non l'ho mai visto. Solo sui giornali o in qualche fotografia. Credo che
mi piacerebbe. Qualcosa che non finisce mai. Uno può cercare di
toccarlo tutto, di accarezzarlo. Ma occorrerebbe tutta la vita. E forse
non basterebbe. Ho provato a dirlo al mio vicino di letto. Mi ha detto
che sono matto. Invece l'infermiera, quando è passata a darmi la
solita pastiglia, mi ha detto che ho ragione io.
nero su nero
Sono preciso, robusto, di bella presenza, riservato. Il posto è
quello che fa per me. Mi presento alle otto e trenta, appena aperto l'ufficio.
L'agenzia di pompe funebri ha tre locali con due vetrine che danno sulla
strada. Stanno cercando un addetto. Mi sistemo la giacca ed entro. Sorrido.
C'è il titolare in divisa nera. Mi squadra. "Certo che nero
lei, nera la divisa... Ma vada a fare il gelataio che è meglio."
la fruga
Richiede sistematicità, puntualità, vista buona. Se poi
hai anche un paio di guanti sei a cavallo. Non è come andare al
supermercato ma ci manca poco. Apri il coperchio del cassone. Apnea per
non più di un minuto. E recuperi tante di quelle cose. Alimentari
pochi recuperabili, ma oggetti tanti. In fretta, prima che arrivino quelli
della raccolta. Questi sprecano tutto.
l'ultimo colloquio
L'orario di visita in carcere era per le 13,30. Me l'ha accompagnato mia
madre. In tutti i 9 anni di carcere si era sempre rifiutato di incontrarmi.
Durante i miei pochi permessi si assentava da casa pur di non vedermi.
Ma ormai un male incurabile gli dava solo un mese di vita. Mia madre è
riuscita a trascinarlo nella sala colloqui. Il tempo di sedersi, di guardarmi.
E mio padre è morto.
sorriso del bambino
Sulla mia solita panchina. Mi è arrivata una pallonata in faccia.
All'improvviso. Non sono riuscito a schivarla. è arrivato di corsa
un bambino che inseguiva il pallone. Con imbarazzo e rispetto mi ha chiesto
scusa e ha accennato un sorriso. L'ho riconosciuto: è mio nipotino.
Lui non sa che sono suo nonno: mio figlio si è sempre vergognato
di me e me l'ha sempre tenuto distante, per non infettarlo.
semaforo
Rosso. La macchina si è fermata. Mi sono avvicinato, gentile, con
la mano tesa. Lui ha chiuso bene il finestrino e ha girato lo sguardo
dall'altra parte. Verde. Fa per ripartire. Il motore si spegne, non riesce
a riaccenderlo. Abbassa il finestrino e mi chiama. Mi affretto, lo aiuto
a spingere la macchina. Il motore riparte dopo pochi metri. "Grazie"
mi fa, e sgomma.
(...)
|