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Mi piace la leggerezza. Mi piace linsostenibile.
Mi piace lessere. Tolgo le scarpe. Più libera. Tolgo la sottoveste.
Sono io, sempre io. E la pelle? Come posso spostare questa pelle e indossare
il mio scheletro?
Passerà, dicono i medici. Io non voglio che passi.
Io voglio amare e gioire.
È malata, sono cose lunghe, ci vuole tempo...
Malata un cazzo. Mi fa orrore la vita che ho scelto. Mi fa orrore un marito
che mi picchia e mi tiene prigioniera dentro questa casa enorme che non
ho scelto. Mi fa paura mia figlia che non mi vede nemmeno. Non sono ombra
per loro, magari lo fossi, sono peso, peso e peso.
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Brano tratto
da "Un
dentro tanto grande".
(...)
2
Mi sveglio.
Sono avvolta nelle ordinarie coperte di indifferenza. Odorano di pulito,
bucato, fresco. Le lavo ogni giorno. Il tuo corpo è appoggiato
di fianco al mio. Così sembra. Sono sicura che sono sveglia e tu
ci sei. Ci sei sempre come la peggiore delle ossessioni. Mi sento minacciata
e oppressa dal quel respiro, che cresce dentro me un terrore senza confine
e limite. Prima di chiudere gli occhi, la sera, ogni sera, innalzo una
preghiera perché si erga a muro a proteggermi da una violenza che
traduce in incubo senza via di uscita questa esistenza. Vorrei essere
rinchiusa in una cella e uscirne solo quando questa paura cesserà.
Uscirne forte della leggerezza che inseguo da sempre, svuotata di te,
di quegli occhi che mi paralizzano ogni giorno dentro le lancette dellorologio
che controlli. Mi hai tolto tutto. Ogni forma di relazione, anche con
la nostra creatura, la dignità, i vestiti. Naufrago anche in questa
giornata senza luce. Le pareti sono rosse, la sottoveste bianca e voi
mi guardate come fossi un fantasma, una larva, un niente. Perché?
Questo avete voluto che divenissi. Tu controlli il tempo dellorologio.
Non ti do accesso a quello dellanima. Le finestre si spalancano.
Entra aria pulita dellafa di ieri e mi sento meglio. Sono sola.
Sono niente. Resto immobile. Voi vi preparate ad entrare nella quotidiana
ripetizione dei gesti. Io continuo a guardare dalla finestra. Davanti
a me un grande albero. Si agitano lievemente le foglie. Attraverso questo
fragile movimento la vita che ancora mi resta. La vita che mi chiama,
mi scioglie, mi grida dentro. Rivedo mia madre e mio padre. Il loro affetto
solido e buono nelle nostre vite di figli. Ho sempre temuto la severità
e la intransigenza di papà. Era, tuttavia, un timore reverenziale.
Dovuto, necessario. Per me era un modello. Gli voglio bene. Ricordo la
casa della mia infanzia e un sorriso tende le mie labbra sigillate ed
immobili. I ricordi, il suo studio appassionato e puntuale, la sua aria
fiera, i sorrisi, anche se parchi e a volte forzati dalla fatica, a mia
madre. Parlava poco. Lavorava sempre. Mi bastava guardare i suoi occhi
per capire quando sbagliavo, oppure stavo semplicemente entrando in una
direzione che a lui non sembrava giusta.
Non possiamo pretendere che qualcosa cambi se ci ostiniamo a ripercorrere
le stesse strade, duno asfalto riposto in altri tempi.
Ricordo come il peggiore dei miei incubi lo sguardo inquisitorio di papà
quando tradii il mio primo fidanzatino.
Se non sei in grado di mantenere un impegno, semplicemente non prenderlo,
non aveva aggiunto altro.
Io rimasi immobile. Ebbi una sensazione di sporco, di sudicio intorno
a me. Lentamente quella sensazione diventava un tuttuno con la mia
pelle, con il mio corpo. Avevo solo diciannove anni. Decisi che dovevo
allontanare quella puzza da me e che avrei dovuto punirmi. Il controllo.
Solo attraverso il controllo delle emozioni e dei bisogni potevo diventare
come mio padre mi chiedeva di essere. Diventò una sfida. Vivere
senza emozione equivale alla morte. Me ne resi conto molto in fretta.
Smisi di mangiare, mi rimisi insieme al mio fidanzato silenzioso e complice
in questo estremo delirio. Controllare la fame e la sete mi faceva sentire
quella forza che non avevo saputo dimostrare nellaffetto. Mi sembrava
di potere fare qualunque cosa. Non senti più, non rispondi più.
Un processo di graduale e continuo annichilimento. Pesavo quaranta chili.
Le mestruazioni cessarono. Non avevo più sangue. La vita lavevo
messa da parte, soffocata dentro un controllo patologico di cui avevo
perso ogni coscienza. Non avevo riconosciuto il mio desiderio di morte.
Volevo che gli altri, chi io avevo sempre amato, specie mamma e papà,
se ne rendessero conto. Un sacrificio assurdo. Non parlavo a nessuno di
questa mia lotta. E nessuno si accorgeva che stavo male.
Ero riuscita a rendermi invisibile fisicamente. Il mio cuore si era tuffato
in una solitudine nella quale avrei stretto gli anni che sarebbero passati
sopra la vita che mi avanzava calpestandola. Ero dentro un mare di disperazione.
Il passaggio dallanoressia nervosa, così laveva chiamata
il medico dopo la scomparsa delle mestruazioni, alla bulimia era avvenuto
solo dopo la nostra furiosa unione. Avevo lasciato quel fidanzato e avevo
avuto il coraggio di unirmi a te. Pensavo nella mia angoscia che non riuscivo
ancora a de-finire che mi avresti salvata. Lindifferenza degli altri
mi aveva gettata ancora di più in questa inconcepibile sfida con
la morte. Conoscere e progettare una vita nuova con te, inizialmente,
mi aveva illusa di un progetto di rinascita. Ero riuscita ad annullarmi
dentro la casa in cui ero nata e cresciuta. Pensavo che entrando in una
vita nuova con te avrei potuto rinascere.
Invece ben presto abbiamo dovuto riconoscere le nostre due solitudini,
le disperazioni che per ragioni totalmente diverse ci avevano congiunti.
Due solitudini per niente complementari, anzi, entrambe distruttive pronte
ad annientarsi reciprocamente in una nuova casa di silenzi e assenze.
Il giorno in cui ci siamo sposati siamo entrati abbracciati nel solco
di una comunità di destino nella quale si sarebbe realizzata la
nostra fine.
(...)
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Francesca
Boari è nata a Ferrara nel 1966.
Educatrice, scrittrice, insegnante di storia e filosofia, ha pubblicato
Il
prezzo del riscatto
(romanzi brevi, Cicorivolta 2008), Aldro (romanzo ispirato
alla vicenda giudiziaria e di cronaca sul caso Aldrovandi, Corbo 2009),
Piovono
sassi dal cielo (romanzo,
prima e seconda edizione, Cicorivolta 2013 e 2014), Ragazzi
cari vi odio, vi amo
(diario epistolare per una nuova grammatica dellagire, scritto a
quattro mani con Andrea Bonvicin, Cicorivolta 2014),Un
dentro tanto grande
(romanzo, Cicorivolta 2016), "E
così sia"
(Lettera al padre, Cicorivolta 2018). Ha organizzato eventi e convegni
a Ferrara sul tema delladolescenza, in collaborazione con la Clinica
di psichiatria e lUniversità.
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