Il
contrabbando era per molti di noi lavoro, stipendio, vita. Una città
che si reggeva su unattività parallela illegale. Nelle case,
nei bassi, agli angoli delle strade, le donne vendevano sigarette. Gli
uomini erano impegnati con i motoscafi, o nel trasporto delle bionde verso
altre città. Oggi lo definiremmo un ammortizzatore sociale. Oltre
centomila persone rappresentavano un esercito che traeva profitto da quella
situazione, che ne ricavava un po di benessere.
- Che ci dovete fare? A che vi servono? Così senza letti, senza
cucinino, senza prendisole, non capisco...
- Fratello, aggiungi il dieci percento al prezzo che stai pensando, tira
fuori un prototipo in venti giorni, e vedrai che se vola sullacqua,
se sto motoscafo va forte, ti faccio ricco! Parola di Sasà.
Volava, cazzo se volava. Tutto blu, scarichi con otturatori aperti, due
motori Mercruiser americani a benzina: un proiettile!
Barche nude e veloci, come belle femmine, scattanti, con la pancia vuota,
leggere.
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Introduzione
Senza
mezze misure
Salvatore
di Gesù, per lanagrafe. Sasà, per i conoscenti. Lo
Studente, per gli amici.
Un uomo affascinante, intelligente, soprattutto furbo. Rapido di cervello,
spregiudicato e pregiudicato. Un Robin Hood partenopeo guidato da unidea
fissa: la vita bisogna godersela, e per godersela servono soldi, tanti
soldi, da spillare a quelli che ne hanno tanti, troppi. Ai potenti e ai
corrotti. Alle mele marce del sistema.
Sasà studia, progetta, inventa e osa. I suoi piani, preparati nei
minimi dettagli, sono accompagnati da una buona dose di fortuna e spavalderia.
Sasà raggira, truffa, imbroglia. Ruba ai riccastri e poi sperpera
tutto in alberghi di lusso, località alla moda, negozi griffati.
È generoso, si circonda di belle donne e di amici spassosi, è
protagonista di colossali bevute, è rispettato e ricercato dai
pezzi grossi della malavita. Non si pone limiti.
Il diagramma della sua esistenza ha alti e bassi. Ma lui non demorde mai;
nemmeno il carcere riesce a fermarlo. Sasà è uno che non
si perde danimo. Sa rialzarsi e rimettersi in carreggiata, per puntare
verso nuovi obiettivi e nuove prede. Il rischio è nel suo Dna.
Ladrenalina gli dà la carica giusta in ogni occasione.
La sua storia individuale si intreccia con la storia di Napoli, con le
complesse trasformazioni sociali e urbanistiche, non tutte positive, che
la città ha attraversato nella seconda metà del Novecento.
Ma i cambiamenti dei tempi non spaventano Sasà e non ne scalfiscono
lindole. Come un camaleonte, lui si adatta alle circostanze ed elabora
piani ancora più ambiziosi e dirompenti.
Fino a quando non arriva la droga, che spariglia le carte e fa saltare
il banco. Per un malavitoso vecchio stampo come lui, il traffico di sostanze
stupefacenti diventa una partita molto grossa da giocare. E da accettare.
Fino a quando dagli Stati Uniti, dove vive Nelly, il grande amore della
sua vita, non giungono notizie sconvolgenti...
Lo
Studente è un romanzo avvincente, brillante e disperato.
È una magnifica prova dautore di Sandro Luglio, che conferma
le sue scintillanti doti narrative. È una storia narrata in presa
diretta, fitta di dialoghi ed episodi che trasportano il lettore nel cuore
della trama. Senza mezze misure.
Lo Studente profuma di realtà. Quella vera, non quella
edulcorata da perbenismi e conformismi politically correct.
Pino
Imperatore
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Brano
tratto da "Lo Studente"
(...)
Ho studiato
tante cose. La prima è stata come vivere.
Sono nato dove le strade si chiamano così per un eufemismo. Sono
piccole, una dentro allaltra. Sincrociano. Dedali.
Le case sono una sullaltra. Se non sai dove sei, non puoi trovare
la via per uscirne.
Da lì, io volevo uscire. Sin da piccolo. Mi piaceva quella grande
famiglia che mi ha cresciuto. La mia era già numerosa di per sé.
Si moltiplicava con quella dei vicini. Eravamo una grande famiglia.
Potevi mangiare nella casa accanto, al piano terra. Dormire dalla signora
Anna, quella del ballatoio al terzo piano. Giocare con gli amici in strada.
Gli androni di quei palazzi storici, cadenti, tirati su dagli spagnoli,
erano il teatro dei nostri giochi: semplici, e al tempo stesso antichi.
Chi ha inventato il sottomuro? E il nascondino? E le corse con i carruoccioli,
giù per le strade ripide? Così passavamo gli anni delladolescenza.
In maniera semplice, con pochi soldi e molto tempo libero.
A casa rientravo tardi, quando non era più possibile stare fuori.
A volte, mentre gli altri dormivano, uscivo di nuovo.
Non cera bisogno di allontanarsi molto, per vivere il mondo dei
grandi. No. Tutto era lì vicino, condensato in quei vicoli. In
quei palazzi abitati dalla più svariata umanità.
Scuola di vita.
Altro che scuola...
Per chi ha avuto la fortuna, dico la fortuna, di passare linfanzia
nei quartieri della mia città, lesperienza accumulata non
ha eguali al mondo.
Tutti i sensi allerta. Sempre.
Dove sono nato, non puoi distrarti un attimo. Ascolti. Apprendi una bibbia
di detti, di racconti che non puoi codificare. Che non sono scritti sui
libri.
Che sono la storia popolare: la racchiudono, la condensano. Non esiste
una scuola dove la si insegna. Quella scuola è lì, in strada.
Cresci. Cresci così. Dando ascolto alle memorie del vicolo, ai
detti, a quello che le esperienze delle persone ti trasmettono.
Ascolti musica.
In ogni basso, in ognuna di quelle case al piano terra, cè
una nenia, una musica che si diffonde, che vaga. Se sei stonato, in qualche
modo canti. Se sei intonato, ti esibisci in maniera eccelsa.
Il canto lo ascolti dai venditori. Fruttivendoli, pescivendoli, robivecchi...
tutti hanno un canto per attirare la clientela. Un richiamo. Un vocio
che cresce in ogni luogo, in ogni strada.
Comè possibile non amare la musica, quando sei nato in un
posto così? La veneri.
E gli odori?
Dice che siamo tutti un po grassi. Ma noi attraverso il cibo comunichiamo.
Parliamo attraverso il cibo. Vuoi bene a qualcuno? Gli regali qualcosa
di particolare da mangiare. Qualcosa che hai cucinato personalmente, qualcosa
che tua mamma ha fatto per te e di cui ti privi, per donarglielo. Per
dirgli o dirle che lami.
I fritti.
Sono sempre impazzito per quellodore di fritto che permeava il vicolo.
Di fianco a noi cera Gennarino, che sfornava di continuo pizze montanare,
fritte in un olio che per anni mi è sembrato sempre lo stesso.
Siamo sopravvissuti tutti, nel vicolo. Nessuno è mai morto per
le pizze di Gennarino. Anzi.
Bisognava procurarsi le lire per pagargliele, quelle pizze. Mica te le
dava gratis!
Credo sia stato il cibo, la prima leva che mi ha spinto a guadagnare qualche
soldo.
I bambini che crescono nei vicoli della mia città, capiscono subito
quanto sia necessario procurarsi del denaro.
Sono diventato presto una piccola banca. Ho iniziato a moltiplicare i
miei esigui capitali. Ero lesto di mano e intelligente nel cogliere le
disattenzioni altrui. Le mie prime vittime le ho mietute al mercato rionale.
Riuscivo sempre a sottrarre frutta e verdura dai banchi. I venditori si
crogiolavano al sole per il passaggio di belle clienti o godevano nel
servire qualche ricco signore. E io li punivo. Mi muovevo con destrezza.
Nascondevo la refurtiva in una piccola portineria di legno, abbandonata,
di un palazzo. Avevo scardinato unanta e dentro vi avevo creato
un nascondiglio.
Alle volte mi muovevo su ordinazione. Rifornivo la signora Titina, quella
del primo piano, con fichi o fragole di cui era ghiotta. Credo immaginasse
che fosse refurtiva.
Nel mio quartiere è prassi non fare domande.
Non tutti, nonostante amino molto parlare, sono contenti di confessare.
Silenzi. Silenzi complici.
Iniziavo a guadagnare qualcosa, con i miei piccoli furti.
Investivo i guadagni giocando a sottomuro. Ero un campione. Usavamo monete
o tappi di bevande. Avevo sempre in tasca gli strumenti personali. Con
quelli sfidavo gli amici e vincevo. Quei giochi fruttavano monete. Che
investivo, che cercavo di moltiplicare.
Dopo un po, mi sono specializzato nel gioco delle tre carte.
Mi bastava, tra i vicoli, un cartone come banco; e con Giovanni, un complice
che alzava la posta a ogni scommessa, radunavo grandi folle.
Mi posizionavo nei pressi della funicolare alla fine della mia strada,
dove i signori passavano per andare al lavoro. Con Giovanni e i miei trucchi
riuscivo a portare a casa un bel po di lire.
Nessuno riusciva mai a individuare dove fosse la carta vincente.
Studiavo, ed ero diventato un campione del Rovescio Messicano: si puntano
soldi sulla carta, lasso, che è vincente sulle due figure
dei re. In realtà lasso si trovava sotto gli occhi di tutti,
nella posizione che raccoglieva il numero maggiore di puntate. Al momento
di girare lasso, infilavo sotto un altro re. Quella mossa era chiamata
Rovescio Messicano.
Giravo la carta e ti ritrovavi una figura di re invece dellasso,
che era nascosto sopra. Una prestidigitazione? Una piccola truffa? Piuttosto
una cosa che ti riusciva bene solo dopo anni di allenamento.
Fratello, dicevo agli sconfitti, non è giornata, lascia stare.
Loro no. Ritentavano. Cercavano di far girare la fortuna. Non capivano
che le sensazioni erano giuste. Quello che avevano visto era corretto,
ma la mia abilità nel manipolare le carte non lasciava scampo.
Come tutte le attività di strada, anche la mia era parzialmente
tollerata dalla tenenza dei quartieri. Cè un mondo consolidato,
di piccoli e grandi commerci illegali quali contrabbando o prostituzione,
che nel mio quartiere ha sempre avuto una zona franca.
Non si trattava, non si tratta, di lassismo.
La gente, la mia gente, è costretta a inventare modi rocamboleschi
e non sempre legali per sopravvivere. Il mio gioco delle tre carte era
uno di questi.
Si avvicinavano professionisti e gente comune. Padri di famiglia e scapestrati.
Massaie e donne di malaffare. Tutti credevano di riuscire a trovare il
trucco, a capire dove fosse lasso. Su quel tavolo di cartone, io,
il croupier, vincevo sempre.
Giovanni è stato il mio primo amico. Possiamo definirlo un complice?
Tutti gli amici che mi hanno frequentato negli anni possono essere giustificati,
o dobbiamo ritenere che le nefandezze compiute insieme siano state frutto
di un sodalizio criminale?
Queste persone che hanno condiviso la mia vita, chiedo, sono da perdonare
perché le ho coinvolte nei miei giochi, nei miei traffici? O sono
responsabili anche loro, perché hanno reso possibile che il tutto
si avverasse e poi hanno goduto con me dei benefici?
Giovanni, ad esempio. Il mio primo aiutante. Sapeva cosa facevamo: spillavamo
con intelligenza i soldi a chi li aveva, e poi li spendevamo insieme.
È stato un complice, o una vittima del mio modo di vivere, del
mio cercare di arrivare il più in alto possibile?
Volevamo abbandonare il nostro quartiere per uno di quelli nobili. Per
uno di quei posti dove il sole lo vedi, non lo immagini solamente. Fratello,
gli dicevo, per volare hai bisogno di un mezzo. Qui, ora, abbiamo solo
i motorini, ma a noi servono gli elicotteri.
Avevamo voglia di volare. Volare via...
(...)
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Sandro Luglio è
un uomo napoletano che comunica.
Ha iniziato a lavorare molto piccolo, quando i pannolini, nei negozi di
famiglia, invece che indossarli ha imparato a venderli.
Crescendo, si è specializzato in programmazione di computer.
Ha venduto vacanze e soggiorni da sogno; in seguito, sommelier, vini di
pregio. È stato patron di numerosi bar e ristoranti,
aprendo attività a Napoli, Perugia, Bologna e nellisola eoliana
di Panarea. Ha conosciuto la notte e i suoi protagonisti con linteresse
di chi ha voglia di apprendere ed evolversi. Nel capoluogo partenopeo
ha fondato Bidonville, lAssociazione Culturale che si
occupa di baratto e di riciclo creativo, immaginando e dando vita alla
più grande fiera dellusato in Italia. Ha poi creato una serie
di punti nolo di biciclette nei parchi dei musei; dato vita a manifestazioni
sulle tematiche del mondo equo e solidale, della beneficenza, del biologico;
allestito e predisposto incontri e Mostre dArte.
Amante di quella che lui stesso definisce buona musica ha
realizzato tappeti sonori per alberghi, locali, centri commerciali.
Ha due figli, 5 fratelli e sorelle ed è nonno di due nipoti.
Da sette anni vive in Austria, dove ha aperto una delicatessen italiana
di successo: la Salumeria Principe.
La ricerca delle cose buone e belle, siano esse cibo, sensazioni, oggetti
e soprattutto sentimenti, continua incessantemente nel mondo ogni giorno
diverso del napoletano trapiantato al centro dellEuropa.
Questo è il suo secondo libro che segue lottimo successo
di Mario,
Don Mario. Conosco bene il mondo, sai
io non ho mai viaggiato
(Cicorivolta, 2014).
Per
restare in contatto con lAutore:sa@salumeriaprincipe.com
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