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Brano
tratto da:
"Lajos
il barbaro - (a.D. 887-924)"
(...)
Lajos,
a.D. 899
Lajos era
un giovane ungaro che per la prima volta da adulto si preparava ad affrontare
lo spostamento del suo popolo.
Era notte fonda e le tre streghe Astrud stavano chiedendo laiuto
degli Dei, perché il viaggio fosse privo di pericoli e perché
i turchi non disturbassero gli ungari durante lo spostamento.
A Lajos che era vissuto alcuni anni in quei luoghi dispiaceva molto lasciarli,
eppure si rendeva conto che negli ultimi mesi grosse bande di turchi avevano
massacrato molte famiglie del suo popolo ed i soldati di re Arpad non
riuscivano a fermarli.
Le sorelle Astrud iniziarono il rito magico ed era la prima volta che
poteva assistere; prima dei sedici anni si era considerati bambini e sua
madre lo aveva sempre rinchiuso nella capanna insieme ai fratelli, perché
era troppo giovane.
Le streghe iniziarono con un canto che non riusciva a capire, usavano
unantica lingua oppure dei termini che conoscevano solo loro e Lajos
rabbrividì.
La più giovane emetteva sibili che sembravano quelli dei serpenti,
indossava una veste fatta con le loro pelli.
Unaltra gridava in modo rauco e qualche volta il giovane riconobbe
i versi del lupo e dellorso, in testa portava un copricapo peloso,
era avvolta in una pelliccia dalla quale pendevano unghie e denti di una
lunghezza impressionante.
La terza era la più anziana e la più lugubre e spaventosa,
con quei gesti di rapace e strilli di aquila, con addosso una mantello
fatto di piume e lunghi artigli alle dita.
I visi delle donne erano dipinti di rosso con gli occhi cerchiati di nero,
le bocche erano sdentate e gocce di saliva sgocciolavano sul loro mento,
mentre cominciarono a muoversi piano intorno al grande fuoco che bruciava
nella vallata illuminando la notte.
Tutto il popolo degli ungari era raccolto ad osservarle, ad ascoltare
le loro previsioni, ad aspettare un buon presagio, a tremare di paura
perché le sorelle erano capaci di invocare gli spiriti fino a farli
camminare fra loro.
Battendo i piedi sporchi sul terreno la più anziana allargò
le braccia e le piume caddero in giù come se avesse le ali, poi
le alzò in alto e tornò ad abbassarle come se tentasse di
spiccare il volo.
La più giovane si sdraiò sul terreno e cominciò a
strisciare, le scaglie lucenti che aveva cucito insieme riflettevano i
colori ed i movimenti del più grosso serpente mai visto prima.
La seconda si accucciava come se avesse quattro gambe e grugniva, guaiva,
annusava il terreno e poi si alzava in piedi mostrando quei denti e quelle
unghie spaventose.
Fecero un primo giro intorno al fuoco, poi si fermarono ballando sul posto
ed emettendo sempre quei terribili lamenti, che ai presenti sembravano
minacce di orribili sofferenze e di morte.
Dopo molto tempo si fermarono e tacquero.
Il silenzio sembrò più minaccioso.
Il popolo ungaro si guardava intorno come se dovesse arrivare qualcosa
o qualcuno di terribile, chi si trovava ai margini della folla cercò
di infilarsi fra gli altri guardandosi le spalle, gli uomini misero mano
alle armi e cera chi osservava il cielo con gli occhi sbarrati.
Una delle megere lanciò un urlo acuto e cominciò a dimenarsi
come se soffrisse terribilmente: dagli occhi le scese del sangue che brillava
alla luce delle fiamme, dalla bocca le uscì qualcosa di verde e
schiumoso, le piume svolazzavano in su ed in giù, in su ed in giù.
Le altre due non si muovevano, sembrava che fossero in attesa di qualcosa.
Lajos voleva andarsene, era terrorizzato. Forse intuendo cosa stava pensando,
suo padre gli mise una mano sulla spalla e la strinse forte.
Lajos girò lo sguardo per guardare il genitore e lo rigirò
subito in direzione del rito magico; aveva quasi diciotto anni ed era
diventato uomo quasi due anni prima, non poteva dimostrarsi impaurito.
Le tre megere ricominciarono a ballare e questa volta sembrava che chiamassero
qualcuno; ripetevano sempre lo stesso nome complicatissimo in quella lingua
sconosciuta, mentre i tamburi iniziarono a suonare piano.
Nooo, nooo! si sentì gridare da un luogo imprecisato
della grande assemblea di persone.
Nooo, nooo, nooo! Lasciatemi, liberatemi, non voglio!
Lajos cercò di girarsi per capire chi stava gridando e la mano
di suo padre gli strinse più forte la spalla, per obbligarlo a
tenere lo sguardo in avanti.
Le urla continuavano e la folla cominciò a spostarsi per aprire
uno stretto corridoio, nel quale passarono due guerrieri che trascinavano
una ragazza completamente vestita di fiori.
Arla? Cosa centra Arla in tutto questo? pensò
Lajos, preoccupato per lei.
Le megere si erano fermate e guardavano in direzione delle grida di aiuto,
erano immobili e solo le piume si muovevano ogni tanto per effetto della
brezza primaverile.
Arla passò davanti a Lajos. Aiutami Lajos ti prego. Non voglio
morire... aiutami!
Il padre del giovane era rigido ed impettito e la ragazza lo vide. Ti
prego padre, non ho fatto niente di male. Salvami per favore!
I due guerrieri la trascinarono avanti; Lajos voleva fare qualcosa e non
sapeva cosa, ma non poteva permettere che facessero del male a sua sorella.
Quelle vecchie streghe cosa potevano farle?
Arla passò a fianco dello scranno dove sedeva re Arpad, sorprendendo
le guardie gli afferrò un piede e cominciò a pregarlo. Non
darmi alle streghe maestà, per favore! Lo sai che non ho fatto
niente di male, abbi pietà di me! Ti supplico!
I due uomini la tirarono, ma lei si era agganciata alla caviglia del monarca
e stringeva con tutte le sue forze, mentre Lajos cercò di divincolarsi
dalla stretta della mano del padre per aiutarla. Non possiamo lasciare
che...
Il padre girò lo sguardo per rimproverarlo. È un grande
onore per la nostra famiglia, dovresti essere fiero del destino di tua
sorella.
Ma come fiero... cosa vogliono farle? Le faranno del male?
Stai zitto, guarda e non osare ribellarti alle usanze del tuo popolo.
In qualche modo i guerrieri riuscirono a staccare Arla dal sovrano e le
legarono i polsi, poi si allontanarono da lei tenendo ben tirate le corde
perché non potesse muoversi.
Le tre streghe ricominciarono a chiamare quel nome che sembrava composto
di sole vocali, era incomprensibile e terribile allo stesso tempo.
Migliaia di occhi cercavano di guardare cosa stava succedendo, in quella
valle naturale con piccole colline che terminavano in basso dove cera
il fuoco con la foresta alle spalle.
Cera silenzio assoluto ed i brividi correvano anche se non cera
freddo, i nervi si contraevano involontariamente come se fossero percorsi
da qualcosa di invisibile sotto la pelle.
Si udirono rumori nel folto della foresta: rami strappati con rabbia,
cespugli calpestati con forza, passi pesanti e tonfi sordi spaventarono
una volpe che corse fuori e quando vide gli uomini cercò di scappare.
Il sottobosco si aprì come se stesse passando qualcosa di enorme
e subito dopo i rami di un cespuglio si richiusero, lerba si rialzò
e la luna spuntò tonda e rossa in cielo.
La megera più anziana alzò le braccia verso la luna per
ringraziarla, poi si girò per guardare quel qualcosa che stava
arrivando continuando ad invocare quel nome.
La folla cercò di perforare il buio, ma non vedeva niente.
Solo i più vicini si accorsero che lerba si piegava come
se fosse pressata da un peso immane e che poi si rialzava. Quella cosa
era quasi invisibile, era poco più di unombra; una delle
tante illusioni create dal fuoco e dalla luna.
Qualcuno era sicuro di vedere un orso enorme, qualcuno vide un mostro
alato, altri erano certi che fosse un enorme caprone, ad altri ancora
parve unaquila con la testa di cane.
Arla ricominciò ad urlare, anche lei aveva sentito la presenza
pericolosa.
Le tre megere si inginocchiarono a terra e poi si sdraiarono a faccia
in giù, mentre quellombra si avvicinava alla giovane.
Lajos era esterrefatto. Allinizio aveva pensato di avere le allucinazioni,
poi, pian piano e seguendo lerba schiacciata, cogliendo i bagliori
del fuoco ed un raggio di luna che passando dalla chioma degli alberi
arrivava sul terreno, si accorse che quellombra, quel fumo o quella
cosa invisibile, somigliavano tanto al servitore deforme delle streghe.
Quel passo mezzo strascicato, quella postura della enorme gobba, quel
modo di tenere le braccia penzoloni come se fossero disarticolate dal
corpo, quelle gambe storte e quel testone enorme non potevano appartenere
ad altri.
Padre... padre... hai visto chi è?
Il padre strinse ancora per un momento la sua spalla per farlo tacere.
Da bambino Lajos aveva trovato il coraggio di spiare da una finestra del
tugurio delle streghe. La sua intenzione era stata quella di dimostrare
agli amici quanto era coraggioso, ma era anche incuriosito da quello che
si diceva sulle sorelle Astrud. Le tre donne erano indaffarate con erbe
ed intrugli, ma laveva visto bene quello strano essere accucciato
in un angolo. Allinizio gli era sembrato un grosso cane che si era
alzato in piedi e che forse aveva annusato il suo odore, ma il giovane
si era accorto che era incatenato ed era scappato.
Unaltra volta laveva visto di notte; Lajos si trovava nel
bosco per cacciare qualcosa da mangiare per il giorno dopo, quando aveva
scorto le streghe che lo portavano fuori guardinghe.
Quella camminata e quella figura gli si erano impressi nella mente ed
era sicuro che si trattava di lui, nonostante gli avessero messo degli
zoccoli molto spessi ai piedi per farlo sembrare più alto, qualcosa
sulle spalle al quale era appoggiato un larghissimo mantello per aumentarne
la statura e le dimensioni del corpo, e dei rami che gli allungavano le
braccia che quasi toccavano terra.
Era lui... anche se aveva quegli occhi rosso fuoco, anche con quel testone
grande come un macigno... era sicuramente lui, ne era certo.
Padre, padre ascoltami!
Stai zitto! sussurrò Chenzo stringendogli la spalla
e poi lasciando la presa, ma tenendo appoggiata la mano.
Cosa vuol fare ad Arla? Hai visto chi è?
Luomo girò lo sguardo sul figlio che era alto quanto lui,
e lo bruciò con gli occhi per ammonirlo.
Solo una cosa non sapeva spiegare il giovane. Comera possibile che
quel mostro, a volte era visibile ed altre spariva quasi completamente
alla vista?
Sua sorella gridava come una forsennata. Aiuto, aiutooo! Qualcuno
mi aiuti! Padre, madre, aiuto!
Le streghe intonarono un nuovo canto lugubre ed il mostro si fermò
un attimo per guardarle, poi il suo sguardo fu attratto dalla ragazza.
Migliaia di persone osservavano la scena, qualcuna con le mani alzate
per pregare il Dio.
La donna accanto a Lajos mormorava parole ed il giovane cercò di
capirle. Portala con te e non rifiutare il nostro dono, non ucciderla
grande Dio e mostrati favorevole. Non ucciderla grande Dio... non ucciderla.
Quello non è un Dio, è solo un essere deforme!
pensò Lajos. Io lo so che non è un Dio!
La mostruosa figura sparì quasi completamente e riapparì
qualche passo dietro ad Arla. Questa è magia! Come può
sparire e riapparire in quel modo?
Le streghe continuavano il canto che sembrava un invito, un atto di sottomissione
ed una preghiera.
Il mostro sparì nuovamente e tutti i presenti videro Arla che si
alzava da terra, come se qualcuno lavesse appoggiata sulle spalle.
La ragazza si divincolava a mezzaria, scalciava e tentava di liberarsi
gridando come se la stessero uccidendo, sotto di lei cera il vuoto
e solo lerba si piegava per rivelare la presenza di una forza invisibile.
Lajos voleva correre dalla sorella, voleva uccidere quel mostro e liberarla,
non poteva più resistere e siccome gli altri stavano guardando
a bocca aperta si sentì impotente.
Suo padre gli afferrò il polso sinistro in una morsa ferrea.
Lui tentò di liberarsi perché non sopportava più
le grida della sorella; la nonna lo guardò con aria di rimprovero,
sua madre gli sorrise.
Che cosa cè da ridere? pensò sorpreso.
Quella cosa sta portando via mia sorella e voi siete contenti?
Dalla folla si alzò un mormorio di approvazione.
Il Dio era sparito nella foresta con la ragazza e tutti si congratulavano
con il vicino, ridevano, piangevano di gioia.
Le tre streghe si alzarono in piedi. Il Dio ha accettato il dono,
il popolo degli ungari può partire sotto la sua protezione e troverà
ampie vallate, animali e cibo in quantità. Il Dio vi proteggerà
e guiderà i passi del saggio re Arpad che vi comanda.
La folla cominciò a muoversi e disperdersi... la cerimonia era
finita. Lauspicio era stato uno dei migliori e tutti lo commentavano.
Lajos invece non riusciva a muoversi: i suoi fratelli e le sorelle cercarono
di portarlo a festeggiare, il padre e la madre lo guardarono sorridendo
e la nonna gli disse qualcosa. Hai visto che è andata bene,
che ha accettato Arla senza ucciderla? Eri tanto preoccupato, ma il nostro
Dio è buono e troveremo altri luoghi dove vivere.
Il giovane non riusciva a capire, gli sembrava che i suoi parenti fossero
improvvisamente impazziti.
Tutto il suo popolo era impazzito.
Restò da solo, al buio e con quello strano peso sulle spalle. Perché
non capisco come gli altri? Perché mi sto preoccupando per Arla
quando sono tutti felici?
Solo il fuoco stava ancora bruciando vivacemente, lanciando alte scintille
nel cielo buio.
Le streghe se nerano andate.
Cercando una spiegazione a ciò che aveva visto, Lajos fece i pochi
passi che lo separavano dalla conca; suo padre era un nobile e per questo
aveva potuto assistere da molto vicino.
Erba calpestata, il fuoco che crepitava, le corde che avevano legato i
polsi di Arla, una piuma che si era staccata dal mantello della strega
anziana, orme gigantesche e nientaltro.
Che cosa stava cercando?
Nella testa gli ronzava il fatto di non capire come mai quel Dio che lui
sapeva essere una persona reale, a volte spariva e poi riappariva come
se fosse fumo. Aveva deciso cosa doveva fare, però quella cosa
gli rodeva il cervello ed esitava a partire in cerca della sorella.
E se fosse stato veramente un Dio?
E se lessere che lui aveva preso per un uomo deforme nel carro delle
streghe, fosse stato davvero uno dei tanti Dei del suo popolo?
È assurdo! Lho visto ed era un poveretto, un essere
umano. Quello non può essere un...
Doveva vedere e capire, era più forte di lui ed altre volte si
era ficcato nei pasticci perché non aveva resistito alla tentazione.
Sua sorella aveva sicuramente bisogno di lui e senza pensarci troppo afferrò
un pezzo di legno infuocato, entrò nel bosco e cominciò
a seguire quelle orme gigantesche.
Le foglie, i rami, i cespugli e la notte gli si chiusero addosso come
se fosse entrato in una stretta caverna, la torcia serviva a poco e ogni
quattro o cinque passi si fermava per illuminare il terreno alla ricerca
di quelle orme.
Ma quale essere vivente o Dio può avere i piedi di quella
forma? Ho ragione, quelli sono zoccoli di legno e non i piedi di qualcuno.
Devo fare presto!
Le orme erano inconfondibili e le seguì per almeno duecento passi,
poi sparirono improvvisamente.
Spostò foglie e rovistò fra i resti marci del sottobosco,
spostò cespugli e rami caduti e non trovò nulla... assolutamente
nulla.
Limprovvisata torcia si stava spegnendo e non volendo rinunciare
alla ricerca strappò un cespuglio, lo legò ad un ramo basso
per ritrovare lesatto punto con la luce del giorno, poi si voltò
indietro ripromettendosi di tornare.
Sarebbe tornato ed avrebbe ritrovato sua sorella.
Ne era sicuro!
Arrivò a casa molto tardi e trovò suo padre che lo aspettava.
Dove sei stato? gli domandò sottovoce per non svegliare
gli altri.
Ho cercato Arla. Ho seguito le tracce del mostro per salvarla, perché
siete andati via senza aiutarmi?
Allontaniamoci dalla capanna, vieni con me! rispose Chenzo.
Lajos era preoccupato; per lui era tutto tempo perso mentre sua sorella
stava soffrendo, inoltre non capiva larrendevolezza di suo padre.
Proprio lui... lui che adorava i suoi figli dal primo allultimo.
Proprio lui che molte volte era corso ad aiutarli ed aveva sofferto quando
erano ammalati. Proprio lui che non faceva niente?
Camminarono un po e poi si fermarono. Tua sorella è
diventata una Dea, non puoi ritrovarla. È la prima volta che assisti
da adulto ad una delle nostre cerimonie, perciò devi accettare
le usanze del tuo popolo anche se ti procurano molta sofferenza. Non puoi
intervenire in cose che nessuno può capire.
Voi credete che sia venuto un Dio a prendere Arla, ma lho
già visto quello strano essere. Lho visto nel carro delle
streghe dove lo tengono legato con catene. Quello non è un Dio,
devi credermi padre, non ho mai detto bugie.
Taci e ascolta. Ho dovuto sacrificare Arla per il bene del nostro
popolo, il Dio lha presa e gli ungari sanno che è diventata
una Dea che dalle stelle li proteggerà. Guarda in alto figliolo,
una di quelle stelle è tua sorella. Adesso è felice e non
puoi riportarla a casa, sono le nostre tradizioni e dovresti essere fiero
che un Dio abbia accettato tua sorella. Domani partiremo e troveremo buona
terra con pascoli rigogliosi, saremo ricchi e ci salveremo dai turchi
che ci stanno massacrando.
Proprio non vuoi credermi, quello non è un Dio! È
un trucco e sono sicuro che Arla è morta per mano di quelluomo
deforme, oppure delle streghe. Forse la tengono rinchiusa nel loro carro,
forse lhanno abbandonata nel bosco dove morirà divorata dalle
bestie feroci. Vieni con me padre, andiamo dalle streghe e vedrai quel
mostro con i tuoi occhi.
Adesso basta! Ti proibisco di continuare le ricerche e nessuno può
avvicinarsi a quel carro!
Lajos non sapeva come convincere il padre.
Andiamo a dormire, domani ci sono molte cose da fare.
Padre!
Andiamo a dormire, questa storia è finita anche se mi sono
vergognato di te durante la cerimonia. Ti proibisco di fare qualsiasi
cosa che possa procurare altro imbarazzo alla famiglia. Ci siamo capiti?
Lajos annuì; non poteva ribellarsi al proprio genitore anche se
era sicuro di ciò che aveva visto.
Il popolo degli ungari partì allalba.
Un gruppo di mille guerrieri armati lasciò gli altri fin dal mattino
presto; il loro compito era quello di aprire la strada per evitare che
il sovrano, gli anziani, donne e bambini potessero cadere in imboscate.
Altri mille guerrieri presero posto davanti a re Arpad, subito dietro
cerano i nobili fra i quali la famiglia di Lajos, poi i meno nobili
ed il popolo.
In fondo cerano le mandrie di mucche, pecore, capre e maiali, proprio
per ultimo un altro distaccamento di mille soldati per proteggere lesodo
del popolo.
Era una cosa impressionante a vedersi, lampia vallata era affollata
di persone, animali e carri. Molti altri guerrieri a cavallo coprivano
i fianchi, pronti ad intervenire se si fossero presentati i turchi.
Come un essere mostruoso quella moltitudine cominciò a strisciare
piano sulla terra, lasciando solamente il fango e la distruzione che può
provocare il passaggio di migliaia di piedi e di zoccoli.
Lajos si girò indietro sulla sommità di una delle collinette,
laccampamento che avevano abbandonato stava bruciando. I fienili
vuoti sprizzavano alte scintille, i pozzi per lacqua erano stati
riempiti di terra, i recinti per gli animali non esistevano più.
Gli si strinse il cuore al pensiero che niente sarebbe stato come prima,
poi guardò il boschetto dove si era consumato il sacrificio di
sua sorella e la salutò con la mano. Forse era ancora là
che invocava il suo nome... non aveva fatto niente per aiutarla.
Quasi per caso locchio gli cadde sul carro delle streghe in fondo
alla lunga colonna; era lunico completamente coperto da assi di
legno come fosse una casa semovente. Riusciva a vederlo molto bene perché
il popolo si teneva a distanza per paura, per superstizione o temendo
chissà che cosa.
Il giovane pensò che forse... forse... spronò il cavallo
per andare avanti, aveva fatto una promessa a suo padre e non poteva fare
niente.
Siamo come le locuste! pensò Lajos amareggiato, fermandosi
ancora un po per osservare il disastro che si lasciavano dietro.
Disgustato girò il cavallo in avanti e lo spronò fino a
trovarsi al fianco di suo fratello Soros, che lo guardò in viso
e capì che qualcosa non andava. È dura partire, vero
Lajos?
Suo fratello pensava come tutti gli altri che la vita di una ragazza fosse
poca cosa; lui se nera già fatta una ragione che Arla non
era più tra loro.
Lajos annuì silenzioso.
Il fratello lo guardò ancora. Hai voglia di fare un giro?
È una noia mortale andare avanti tanto piano, mi piacerebbe raggiungere
i soldati in avanguardia o quelli in retroguardia, vieni con me?
Ti accompagno, rispose Lajos. Ti accompagno e ne approfittiamo
per controllare se qualcuno è rimasto indietro. Facciamo qualcosa
di utile.
Vediamo chi arriva per primo in fondo alla colonna?
Il fratello partì e Lajos lanciò anche il suo cavallo. Laria
fresca gli schiarì presto il cervello e cominciò a godere
della sfida e della corsa, gli occhi gli lacrimavano per il vento e sembrava
che piangesse, ma in fondo al cuore aveva quel pensiero che lo assillava.
Divertendosi come due ragazzi sfiorarono la lunga colonna tra gli sguardi
invidiosi e stanchi di chi era a piedi, si fecero inseguire da un grosso
cane da pastore perché avevano sparpagliato le sue pecore, alcuni
vecchi li guardarono con palese disapprovazione, altri sorrisero.
Arrivarono in fondo alla colonna e suo fratello che era arrivato per primo
si fermò contento. Questa volta ho vinto io, finalmente ti
ho battuto!
Lajos era distratto e dopo aver tirato una pacca sulla spalla del fratello
per congratularsi con lui, si fermò per guardare un carro in lontananza.
Ehi, cè qualcuno che ha bisogno di aiuto. Guarda quanto
è rimasto indietro quel carro, Soros!
Andiamo ad aiutarli allora, rispose il giovane ricominciando
a correre.
Pensavano che uno degli animali del carro si fosse azzoppato, che una
delle ruote si fosse rotta, ma, man mano che si avvicinavano videro che
la distanza era tenuta deliberatamente.
I due cavalli erano sani e robusti ed il carro avanzava agevolmente come
gli altri, solo che... solo che alla guida cera una delle tre indovine.
Andiamo via, torniamo indietro! disse Soros.
Ma no! Invitiamola ad unirsi agli altri, da sola è in pericolo
se arriva un manipolo di turchi...
A Soros non restò che seguire il fratello che in fondo aveva ragione,
anche se alle loro spalle ad una distanza di circa duemila passi cera
uno stuolo di un migliaio di guerrieri ungari.
Giunti ad un centinaio di passi dal carro, la megera che lo guidava si
alzò in piedi puntando un grosso e nodoso bastone per ammonirli
a non avvicinarsi.
Il fratello di Lajos si fermò subito.
Lui continuò a correre; sembrava che avesse perso il controllo
del cavallo, le redini penzolavano dal collo dellanimale e per non
cadere si era attaccato alla criniera.
Suo fratello Soros ripartì per aiutarlo, ma Lajos puntava esattamente
su quel carro e poteva fermare lanimale in qualsiasi momento, se
solo avesse voluto. Fingendo di scivolare dalla coperta sulla groppa e
stringendo le setole della criniera per rimettersi dritto, Lajos si piegò
sul collo dellanimale ed afferrò le redini un attimo prima
di investire il carro.
Oh meno male, se non riuscivo a fermarlo mi sarei ammazzato. Questo
stupido animale si è spaventato per qualcosa, io che ero distratto
ho perso il controllo.
Suo fratello arrivò subito. Che diavolo combini? Non sei
più un ragazzo per farti scivolare le redini di mano!
Erano arrivati entrambi dietro al carro che era chiuso, cera una
capra legata che trotterellava e la megera si girò per guardarli
e rimproverarli. Andatevene, nessuno può avvicinarsi!
Chiedo scusa, non è colpa mia! Adesso ce ne andiamo!
Lajos strizzò locchio al fratello e tornando indietro sfiorò
il legno con le orecchie tese, con i nervi a fior di pelle e la paura
della strega che gli torceva le budella. Se lì dentro cè
Arla mi sentirà e mi chiamerà!
Andando di poco più veloci del carro raggiunsero la donna alla
guida che li fulminò con gli occhi. Siete ancora qui? Dovete
andarvene... vi farò punire dal re per la vostra sfrontatezza!
Lavete visto che non è stata colpa mia e chiedo perdono,
siete molto distante dalla colonna ed abbiamo pensate che foste in difficoltà.
Non sono affatto in difficoltà, dovreste saperlo che nessuno
può avvicinarsi!
Io credevo che foste più avanti, ho visto il vostro carro
e non immaginavo che... il cavallo mi è sfuggito di mano e...
Basta! gridò la donna puntandogli il bastone addosso.
La vista del pomolo scolpito a forma di testa di ariete, con due pietre
rosse al posto degli occhi paralizzò i due giovani. Quel bastone
era famoso fra gli ungari. Cera chi sosteneva che si trasformava
in serpente, che da quegli occhi sprizzavano lingue di fuoco, che quando
la megera lo appoggiava a terra lerba si seccava, che era capace
di rendere ciechi e che aveva il potere di incenerire.
Lajos restò paralizzato; quella testa era maligna e sembrava viva.
La strega aveva puntato lo sguardo su di lui e gli parlò. Tua
sorella è stata gradita al Dio, devi smetterla di pensare a lei.
Il bastone fu abbassato e Lajos riacquistò lucidità, ancora
però non poteva parlare: avrebbe voluto dire tante cose e protestare,
voleva guardare dentro al carro dovera sicuro che avrebbe trovato
quel falso Dio ed anche sua sorella, voleva minacciare quella megera e
farle ammettere che... che...
Adesso vattene e ricorda che gli spiriti proteggono il carro, me
e le mie sorelle. Se ritornerai dovrai fare i conti con loro.
Lajos spronò il cavallo e si allontanò con la sensazione
che quella donna poteva leggergli i pensieri. Risalì una collinetta
alla sinistra della colonna con il fratello dietro e si fermò,
doveva respirare e cercare di riprendere il controllo di se stesso. Quellessere
schifoso... quella strega... maledetta.
Quella è una santa donna, per fortuna che abbiamo loro tre
per proteggere il popolo dagli spiriti malvagi. Non dire quelle cose fratello.
Sono sicuro che Arla è in quel carro, oppure in quello più
avanti!
Arla non è più su questa terra, quando doniamo una
fanciulla al Dio nessuno la rivede.
Non è vero! Lo sai anche tu che qualcuno ha rivisto la propria
figlia, o la sorella, o lamata...
Sono tutte storie, il dolore della perdita provoca spesso delle
allucinazioni. Qualcuno ha visto la figlia sul carro di un ambulante,
altri lhanno rivista in terreni lontani che abbiamo lasciato, per
altri ancora era notte e molti erano sicuramente ubriachi. Arla è
fra le stelle adesso, non pensarci più.
Non posso prometterlo, sono sicuro che Arla è ancora viva
e la ritroverò. Giurami che non lo dirai a nostro padre.
Te lo giuro, stai tranquillo. Però ti conosco Lajos. Lo so
che quando ti metti qualcosa in testa non cè modo di togliertela.
Questa volta hai torto e ti metterai sicuramente nei guai, lascia stare
le streghe, lo dico perché ti voglio bene.
Lajos spronò il cavallo e tornò dietro a quello di suo padre.
I giorni passavano lenti e monotoni; per raggiungere una collina in lontananza
ce ne volevano a volte due o anche tre. Il popolo degli ungari era talmente
numeroso e lento che quando giungeva il buio, la coda della colonna si
trovava nello stesso posto in cui si era trovata la testa la sera prima.
A giorni alterni Lajos dava il cambio agli uomini in avanguardia o in
retroguardia, oppure a quelli ai lati che proteggevano i civili dagli
attacchi dei loro nemici.
I giorni passavano, dietro a quel popolo restava solo desolazione e morte.
Gli animali brucavano e calpestavano lerba, i cacciatori sterminavano
la selvaggina, i predatori rubavano tutto quello che poteva servire ed
uccidevano i contadini dei dintorni.
Rasero al suolo interi villaggi rubando e saccheggiando, rapendo le ragazze
giovani e stuprandole prima di portarle via per farne delle schiave. Uccisero
vecchi e bambini, si divertirono torturando gli uomini e distruggendo
le loro cose.
Era un popolo di selvaggi, che non avendo una terra propria viveva di
quello che poteva offrire la natura e lo sforzo di altri uomini.
Tagliarono alberi per accendere i fuochi, insudiciarono il terreno con
feci ed urine, distrussero ogni cosa per molte miglia ai lati del loro
passaggio.
Lajos odiava il servizio di retroguardia perché gli forniva loccasione
di guardare queste cose. Le sue narici si riempivano del fumo di alberi
bruciati, del puzzo di escrementi, dellodore di sangue: i suoi occhi
sfuggivano dai cadaveri e dalle baracche incendiate, dai resti di migliaia
di pasti abbandonati a marcire.
Lui voleva affrontare i turchi con la spada e se avesse perso sarebbe
morto, ma fuggire come un vigliacco non poteva sopportarlo.
Passarono le settimane, fra le nuvole e la nebbia spuntarono altissime
montagne.
Lajos era in avanguardia ed era loccasione per ammirare la natura
stupenda che aveva davanti. Foreste immense alternate a grandi spazi aperti,
fiumi impetuosi ed altri più tranquilli, uccelli in volo e tanti
animali, che si fermavano per guardare gli esseri umani come se fossero
degli intrusi in un territorio che era loro.
Quante volte gli era successo, che dopo essere stato in avanguardia era
andato in retroguardia ed aveva visto la differenza?
Fra due o tre giorni questo paesaggio non sarà più
così, pensò con amarezza. Il mio popolo lo devasterà
e ci vorranno anni perché torni bello come ora.
In quel momento arrivò uno degli esploratori; ce nerano tanti
che precedevano il grosso del popolo per trovare la strada migliore, per
scoprire villaggi o case, chiese o monasteri, campi coltivati o pastori
con le loro pecore, fiumi dove buttare le reti, gruppi di animali selvatici
da catturare.
Sulla nostra destra cè un grosso villaggio Lajos. Intorno
al villaggio ci sono campi coltivati, recinti con decine di mucche, pecore,
capre, maiali. Cè un mulino ed una struttura in pietra che
sicuramente contiene oro e pietre preziose.
Hai visto dei soldati?
Macché soldati, secondo me ci sono solo lavoratori.
Per la prima volta Lajos decise di partecipare ad un saccheggio. Erano
giorni che non trovavano abbastanza cibo per sfamare la popolazione, quella
poteva essere loccasione buona per accontentare chi si lamentava.
Le montagne erano vicine, una volta cominciato lattraversamento
avevano poche speranze di trovare abbastanza cibo per tutti, forse qualcuno
sarebbe morto di fame e fatica ed un buon rifornimento era necessario
per creare scorte.
Le mandrie che cerano alla partenza si erano molto ridotte di numero,
perciò Lajos decise di tornare indietro per chiedere il permesso
di re Arpad.
Occorsero pochi minuti ed il giovane magiaro partì, seguendo lesploratore
e alla guida di un centinaio di uomini.
Arrivarono che nel villaggio non cera più nessuno. Gli abitanti
si erano accorti dei barbari ed avevano abbandonato le loro cose, si erano
nascosti da qualche parte nella speranza di salvare almeno la pelle.
Cera rimasto un prete davanti alla chiesa che sembrava voler difendere
da solo, impugnava un alto crocefisso che teneva davanti a sé e
Lajos pensò che quella era unarma a lui sconosciuta. Fermò
i suoi uomini, smontò dal cavallo ed impugnando la spada si avvicinò
alluomo con la lunga tonaca nera che sembrava non aver paura.
Non aveva mai visto un prete e gli sembrava strano che un solo uomo osasse
sfidarlo con tanto coraggio, armato di due pezzi di legno incrociato poi...
Lajos studiò quella croce e non vi trovò niente di pericoloso;
non cerano punte di ferro che potessero ferirlo, non cerano
frecce che potevano partire e colpirlo. Erano solo due pezzi di legno;
uno più lungo in verticale e laltro più corto in orizzontale,
ma quelluomo tutto nero lo esibiva come se fosse unarma micidiale.
(...)
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