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Febbraio
1076, nei pressi di Anversa. Ed ecco lincipit, che secondo me è
molto efficace, di questo affascinante romanzo storico: Il conte
Roberto delle Fiandre si spogliò completamente nudo, si tolse gli
abiti ed i segni distintivi che potevano renderlo riconoscibile legandoli
in uno stretto involto, indossò un vecchio abito ed aprì
la porta della stanza dopo aver nascosto una spada dietro la schiena.
La porta cigolò e si fermò. A questo punto la curiosità
si fa strada nella mente del lettore che proseguirà appassionatamente
nella lettura, durante la quale emergerà la figura della contessa
Matilde di Canossa, una donna, maritata ad un uomo che non lama
e a cui è morta anche una figlia. E si sa, quando manca lamore,
se si ha la fortuna prima o poi di incontrarlo, lo si accoglie a braccia
aperte. Donna dal carattere forte e volitivo, attraverserà mille
avventure in un periodo storico in cui le femmine erano considerate di
rango inferiore. Sfilano tra le pagine personaggi memorabili, dallimperatore
Enrico IV a Papa Gregorio VII. Si stagliano nella mente del lettore lAbbazia
di Nonantola con il suo tesoro nascosto, le cime dei monti ed il cielo
chiaro. È sempre entusiasmante leggere un romanzo storico e Angelo
Vaccari è veramente bravo nel descrivere personaggi, situazioni
e cose, nel mettere, pagina dopo pagina, quel pizzico di curiosità
che non guasta mai, usando un linguaggio sobrio e appropriato. Un bel
romanzo di 385 pagine in cui si nota conoscenza della materia, capacità
narrativa e descrittiva,
un ottimo iter degno di lode.
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Brano
tratto da :
"Santa o prostituta? (Matilde
di Canossa e Nonantola, a.D. 1076-1115)"
Nei pressi
di Anversa Febbraio 1076
Il conte
Roberto delle Fiandre si spogliò completamente nudo, si tolse gli
abiti ed i segni distintivi che potevano renderlo riconoscibile legandoli
in uno stretto involto, indossò un vecchio abito ed aprì
la porta della stanza dopo aver nascosto una spada dietro la schiena.
La porta cigolò e si fermò.
Sporse la testa in corridoio per guardare se cera qualcuno e poi,
lentamente e con il cuore in gola sgusciò fuori richiudendo piano
la porta alle sue spalle.
Fin qui tutto bene! pensò.
Era scalzo ed i suoi passi erano silenziosi.
Qualche candela accesa illuminava il corridoio e la grande scala che scendeva
a piano terra.
Doveva fare presto.
Scese gli scalini fermandosi ogni tanto per ascoltare e per guardarsi
intorno, ma cerano i soliti rumori della notte.
Quellala del palazzo nelle ore notturne era abitata solo dai nobili,
difficilmente avrebbe incontrato uno dei tanti servitori e nessuno doveva
vederlo.
Roberto attraversò il grande salone senza il minimo rumore, si
aggiustò linvolto sulla schiena che conteneva i suoi abiti,
guardò fuori da una delle finestre per controllare se cera
qualcuno in cortile sul davanti della reggia e respirò di sollievo.
Nessuno, non cè nessuno. Ce la farò!
Il fuoco del camino era ancora acceso, un ceppo scoppiettò provocandogli
un tuffo nel panico.
Doveva andare sul retro del palazzo ed aveva due scelte: aggirare la costruzione
dallesterno, oppure uscire da una delle porte sul retro.
Aveva studiato tutto in precedenza e sapeva cosa fare.
Notti e notti insonni per controllare i movimenti delle guardie, per ascoltare
i rumori di qualcuno che russava o mormorava parole sconnesse dormendo,
di qualche inserviente che tardava a finire di espletare le sue mansioni
lo avevano convinto sulla strategia da seguire.
Roberto conosceva bene quel palazzo e percorrendo lala riservata
alla servitù, si ritrovò in breve ad osservare le stalle
dei cavalli che distavano almeno cento passi.
Stentava a trattenere il panico, non aveva mai fatto una cosa come quella
che stava per fare e se lavessero scoperto...
Un cavallo nitrì lontano, una guardia passò indolente osservandosi
più la punta dei piedi che guardandosi intorno fino a quando sparì
dietro le prime stalle.
Era quasi arrivato; le latrine erano proprio fuori da quella porta...
la stessa che avrebbe usato anche il gobbo per uscire.
Bastardo, essere spregevole e deforme!
Prima di accedere guardò ancora dalla finestra... non cera
nessuno e depositò il fagotto con gli abiti in un angolo buio.
Alzò con cautela il gancio che chiudeva luscio e lo socchiuse
con i nervi a fior di pelle.
Cinque passi... cinque passi e ci sono!
La latrina del conte Goffredo il Gobbo era la prima, la più comoda
ovviamente... e ci poteva andare solo lui. Si trattava di una piccola
costruzione in legno con una porta per entrare ed un buco sul quale accovacciarsi
per fare i propri bisogni, ma sotto... sotto cera il deposito delle
feci al quale accedevano gli inservienti per pulire ogni tanto. Roberto
sperò che avessero pulito, quel giorno, perché doveva entrare
proprio lì.
Aprì la bassa porticina e la puzza lo colpì come un pugno
allo stomaco.
Entrò e richiuse subito tremando come una foglia.
Cera freddo, aveva paura e il fetore era nauseante.
Non vedeva nulla. Solo una fessura fra le assi della porta gli permise
di osservare una candela accesa, nel locale che aveva appena lasciato.
I piedi nudi scivolarono un po su qualcosa di appiccicoso.
Un topo corse via spaventato ed irritato, squittendo come se lo rimproverasse
che quello non era il posto per esseri umani.
Non potendo resistere al terribile lezzo Roberto strappò un pezzo
di stoffa dal bordo del sudicio abito, lo piegò più volte
e se lo premette sul naso per cercare di mitigarlo.
Speriamo che non ci metta molto! pensò.
Fino a quel momento era andato tutto bene e cercò di rilassarsi
un po, mentre un occhio non perdeva di vista quella candela.
Non temeva di perdere il momento per fare ciò che doveva, avrebbe
visto senzaltro il gobbo e comunque lo avrebbe sentito arrivare
sopra di sé.
Non puoi tardare maledetto! Con quella roba che ti ho messo nella
minestra devi venire qui per forza! Non la fai mai nel bacile che hai
in camera perché non sopporti gli odori sgradevoli, non è
così? E allora forza, che io sono qui che ti aspetto.
Il tanfo attraversò la pezza e gli salì un conato di vomito,
sentiva fra i piedi qualcosa che si muoveva e pensò agli scarafaggi,
maledisse i servitori che pulivano poco e niente e pensò a lei...
alla persona che più amava e stimava.
Era per lei che stava facendo tutto questo.
Maledetto bastardo di un gobbo, quella donna ha rischiato la vita
per darti un figlio ed è quasi morta. È forse colpa sua
se non era maschio e se la neonata è spirata dopo qualche giorno?
Hai accusato tua moglie di essere unincapace e perfino di portare
il malocchio solo perché non riesce a darti un erede. È
vero che il compito principale delle donne è quello di assicurare
una discendenza, ma lei non ha colpe, lei è bellissima, lei è
adorabile, lei è...
Il tempo non passava.
Aveva bisogno di aria pura, di muoversi.
La paura gli provocò degli spasmi allo stomaco come se dovesse
defecare e fu allora che sorrise: Se proprio mi scappa, guarda che
fortuna, sono già nel posto giusto, no?
Sentì dei passi e si ritrasse dalla fessura pensando che potessero
vederlo, ma lo sapeva che non era il gobbo.
Accidenti, dovevo dargliene di più di quella polvere! Lho
visto dalla finestra della mia stanza che è andato in bagno già
da parecchio tempo e deve tornarci di sicuro. Quelle erbe sbloccano chi
è stitico, però se prese in quantità superiore alla
norma provocano grandi dolori alla pancia e non ti lasciano posare. Lo
ricordo come fosse adesso un mio vecchio amico andare fuori e dentro dalla
stanza fino al mattino, con dei dolori lancinanti che lo facevano persino
piangere.
I passi non si sentivano più e Roberto riportò locchio
alla fessura fra le due assi e vide la luce di una torcia allinterno
della finestra.
Eccolo!
Notò il conte Goffredo il Gobbo che si teneva la pancia con una
mano attanagliato da interminabile una smorfia di dolore, lo vide aprire
la porta e uscire barcollando, lo sentì precisamente entrare nel
gabinetto ed immaginò il momento in cui si accucciava.
Un getto caldo arrivò sul piede destro di Roberto mentre il Gobbo
mormorava di sollievo.
Roberto aspettò che finisse la scarica puzzolente, sguainò
la spada da dietro la schiena e complice la luce della torcia che il gobbo
aveva appoggiato ad un supporto, vide chiaramente il deretano del suo
nemico.
Mormorando: Per Matilde! spinse in alto e con forza la spada,
che penetrò fra le natiche del gobbo quasi per metà.
Si udì un urlo tremendo, possente, straziato: ormai era fatta e
Roberto uscì dal gabinetto; entrò nella sala in cui aveva
lasciato gli abiti e dopo averli presi corse ad un ripostiglio dove sapeva
che cerano sempre a disposizione diversi secchi pieni di acqua.
La residenza si animò di colpo.
Le grida che venivano da fuori non cessavano.
Non è morto, quel bastardo!
Roberto si spogliò, si lavò i piedi con attenzione nonostante
il buio, stava cominciando ad indossare i suoi abiti quando sentì
i primi passi di gente che arrivava.
Doveva stare calmo... assolutamente restare calmo. E però le mani
cominciarono a tremare, stentò a capire da quale parte doveva infilare
labito, vestirsi fu più complicato del previsto con i lacci
che gli scappavano via.
Gli stivali sembravano vivi e scivolavano come pesci.
Stai calmo! Se anche non ti vesti perfettamente sarai giustificato
da tutto questo trambusto e dalla fretta di accorrere in aiuto a chi grida!
Da fuori sentiva un grande andirivieni di gente che urlava: È
il conte, è ferito! Chiamate linfermiere, fate presto!
Altri che dicevano: Comè successo, è ferito
gravemente?
Roberto aspettò di non sentire più nessuno; lo sapeva che
i servitori sarebbero tutti usciti in cortile per assistere o per cercare
di aiutare; di sicuro, da lì a poco, quelle stanze si sarebbero
svuotate.
Infatti, uscì poco dopo e lì intorno non cera nessuno.
Attraversò i locali della servitù e quando arrivò
a quelli riservati ai nobili fermò una giovane serva. Che
sta succedendo? Chi è che urla?
Non lo so signore, scusatemi ma devo correre dalla sorella del conte
che si è sicuramente svegliata.
In quel momento entrarono nel salone cinque guardie armate di spada, si
guardarono attorno e non vedendo segnali di pericolo uscirono di nuovo.
Il cortile davanti al palazzo si stava riempiendo di soldati e Roberto
ne fermò uno, si finse assonnato e trafficava con i cordoni della
scollatura come se si stesse rivestendo in quel momento. Qualcuno
si è fatto male?
Sembrano urla del conte Goffredo signore. Andate nella vostra stanza
e chiudetevi dentro per favore. Non credo che ci sia pericolo, però
non si sa mai!
Grazie soldato, ma voglio accertarmi che il conte stia bene!
Quando è così, verrò con lei per proteggerla
in caso di pericolo.
In caso di pericolo? Che pericolo ci può essere?
Non lo so signore, ma è meglio essere prudenti.
Roberto svoltò a destra per aggirare il palazzo, poi si accorse
che il soldato storceva il naso e che nonostante si fosse lavato i piedi,
intorno a lui aleggiava ancora odore di feci.
Goffredo il Gobbo fu trasportato nella sua camera con la spada ancora
infilata in corpo, sopravvisse per qualche giorno e morì il 27
Febbraio 1076 straziato da atroci sofferenze.
Il conte fiammingo Roberto delle Fiandre lasciò il palazzo dopo
i sontuosi funerali. Di seguito iniziarono le indagini e solo molto tempo
dopo fu sospettato di essere lautore dellomicidio.
(...)
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Angelo
Vaccari è nato a Nonantola nel 1952, ha lavorato in banca tutta
la vita e ha fatto una brillante carriera. Dopo la pensione ha cominciato
a coltivare la sua passione che è la storia. Volendo renderla leggibile
e divertente, accessibile a tutti e non solo agli appassionati, con il
desiderio di far conoscere il suo paese che un tempo era un centro di
fede, ha cominciato a scrivere romanzi storici e ha pubblicato La reliquia,
Anselmo e lAbbazia, Dammi un segno, La Charta,
prima di pubblicare da Cicorivolta, nel 2014, Santa
o prostituta? (Matilde
di Canossa e Nonantola, a.D. 1076-1115) ed ora Lajos
il barbaro, con il quale si è aggiudicato il Primo
posto al Gran Premio dEuropa 2013, il Secondo al Memorial Vallavanti
Rondoni Caorso 2014, il Secondo al Premio Giacomo Puccini 2014.
Oltre a ciò,
negli ultimi anni ha vinto un gran numero concorsi letterari.
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