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Brano
tratto da "Settimo"
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“Mi
spiace averla svegliata, dottore”, si giustifica Piccoli, guardando
davanti a sé. È di fianco a Speciale, che guida.
Io sono seduto dietro.
Gli spiace. Come se l’ora in cui avviene un omicidio dipendesse da
lui.
Piccoli e Speciale, i miei collaboratori più fidati.
Fabio Speciale, agente scelto, e Agostino Piccoli, ispettore.
Il primo è giovanissimo, biondo, con un accento toscano che piace
alle donne, attratte anche dal suo fisico aitante e dal fatto che non
è sposato. Piccoli è l’esatto opposto: magrolino e
scurissimo, ammogliato e con prole; ostenta una marcata cadenza calabrese.
L’uno espansivo e sempre pronto alla risata, l’altro molto più
sottile e pungente.
I miei Stanlio ed Ollio, la mia armata Brancaleone.
“Non dormivo ancora, non preoccuparti.”
“La vittima si chiamava Ciro Pozzilli, pensionato di settantadue
anni. Il corpo è stato trovato sul lungomare, a poche centinaia
di metri dalla villa dove abitava, con la testa quasi fracassata. Viveva
con la figlia, il genero ed il fratello di lui, l’avvocato Villa,
lo conosce?”
“Mai coperto.”
Come sempre, Piccoli illustra il quadro della situazione nella maniera
la più analitica possibile. Sa tutto di tutti, come se in questa
città ci vivesse da sempre. E invece ci abita da quindici anni,
prima ed unica destinazione della sua carriera. La sua precisione, sostiene,
dipende dal fatto di essere un carabiniere mancato. Secondo lui i carabinieri
sono migliori dei poliziotti. È il suo cruccio: padre carabiniere,
fratello carabiniere, zio carabiniere, due cugini carabinieri. L’unico
che non è riuscito a vincere il concorso è stato lui, per
cui ha dovuto ‘ripiegare’ sulla Polizia. Non gli manca mai l’occasione
di far passare una giornata senza dire: “Nell’Arma non sarebbe
mai successo!”
Continua la sua esposizione, tenendo tutto a mente, senza taccuino:
“La figlia ne ha denunciato la scomparsa verso le dieci. Non avendolo
sentito per tutto il pomeriggio, ha bussato alla sua porta senza ottenere
risposta. Preoccupata, è entrata nella stanza del padre e non l’ha
trovato. Le è sembrato subito strano che fosse uscito a quell’ora,
senza avvisarla poi…”
“Te le ha dette lei tutte queste cose?”
“Sì, al telefono. Io e Speciale stavamo per passarci un attimo
quando...”
“Senza avvisarmi?”
“Volevamo vedere se si poteva evitare di disturbarla, magari si era
trattato di un malore, un’amnesia improvvisa…”
“Piccoli…”. Non continuo la frase. Sarebbe inutile. I miei
angeli custodi mi coccolerebbero anche a rischio della loro carriera.
“Continua”, lo esorto.
“Dicevo, verso le dieci la signora Pozzilli ci ha contattati. Subito
dopo, avendo notato dalla finestra della sua camera una certa agitazione
sul lungomare, ha mandato il marito ad informarsi su cosa fosse capitato.
Dopo la macabra scoperta, ci hanno subito ritelefonato. Ed io l’ho
chiamata immediatamente. Ho mandato una pattuglia sul posto ed ho avvisato
la Scientifica e la Procura.”
Non erano ancora le undici di sera quando mi è arrivata la telefonata
di Piccoli, pregustavo già il momento in cui me ne sarei andato
a letto.
“Allora?”, gli chiedo.
“Cosa, dottore?”, risponde lui facendo lo gnorri.
“Lo sai, Piccoli. Apri il tuo dossier segreto, ora. Mica vorrai dirmi
che non sai nulla di loro?”
“Poche cose, dottore”, la verità è che vuol farsi
pregare. “Il marito si chiama Lorenzo Villa, quarantaquattro anni,
ha sempre lavorato con il padre, titolare di una grossa officina meccanica
nella zona industriale. Poi, morto il vecchio, ha aperto una concessionaria
plurimarche nella stessa area, e subito si è trasformato in facoltoso
commerciante. Gli affari debbono andargli molto bene…”
“Precedenti?”
Piccoli prosegue senza rispondermi. Non ama essere interrotto durante
l’esposizione del suo rapporto segreto:
“Due anni fa il matrimonio con Manuela Pozzilli. Lui somiglia a una
scimmia, lei è più giovane, brillante, carina. Si dice che
la Bella abbia sposato la Bestia solo per i soldi della famiglia Villa.”
“Maremma che linguaccia!”, interviene Speciale, ma subito se
ne pente quando Piccoli lo fulmina con lo sguardo.
Quindi l’ispettore torna a parlare con me, stavolta voltandosi leggermente:
“Non hanno figli. Vivono nell’abitazione della famiglia di lui,
una palazzina che dà sul lungomare. Al primo piano, vicino a loro,
abita il fratello, Stefano Villa, giovane e rampante avvocato quarantenne.
Ufficialmente è scapolo, ma si dice che sia un rubacuori –
come l’agente Speciale qui al mio fianco – e che più
di una signora della città abbia tentato di incastrarlo.”
Piccoli non ha ancora perdonato al collega l’interruzione di poco
prima.
Tento di stemperare la tensione:
“E il Kgb ti ha detto se c’erano problemi a causa di questa
convivenza?”
Sorridono entrambi.
“Questo non lo so, ma non risultano segnalazioni in tal senso. Il
marito della signora Manuela, Lorenzo, quando mi ha telefonato la seconda
volta, mi ha detto che il suocero viveva con loro da circa un anno. Si
era sistemato in un monolocale a piano terra, tra palestra, sauna e garage.”
La vettura di servizio guidata da Speciale prosegue spedita nel traffico
cittadino. Ma la sirena serve a poco contro il popolo della movida del
sabato notte. Ci vorrebbe un carro armato per passare.
La famosa movida. Da qualche anno ormai un popolo di nottambuli anima
il centro storico. Un trionfo di fantasia, colori e musica, un’allegria
da fine settimana. Ma questa è soprattutto una città d’arte,
rifletto, che trasuda storia da ogni angolo, e i cui tesori sono stati
talmente occultati da anni di speculazioni che i Salernitani più
giovani ne ignorano totalmente l’esistenza.
“Notizie dal posto?”, chiedo a Piccoli.
“Ho detto ai colleghi di circoscrivere una zona la più ampia
possibile intorno al cadavere e di tenere lontano i curiosi.”
Piccoli aspetta lo zuccherino. Rimango qualche minuto in silenzio per
tenerlo sulle spine. Poi mi muovo a compassione:
“Bravo Agostì, come sempre le tue informazioni sono utilissime.
Mi sembra già di conoscerli, questi Villa.”
(...)
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