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titolo: "Un commento al pensiero di Jacques Lacan"
autore Paolo Mansanti
Prefazione di Francesca Boari
collana
temalibero
ISBN 978-88-99021-41-2
€ 15,00 - pp.165 - © 2016 in copertina, concept grafico di Javier Guado.


Jacques Lacan, (1901-1981), di formazione medico e psichiatra, amico dei surrealisti in gioventù, ha valorizzato particolarmente il ruolo svolto dal linguaggio per la formazione stessa dell'inconscio, proponendo un legame indissolubile tra le due dimensioni. Personaggio eccentrico, dallo stile espositivo raffinato e barocco, Lacan diviene celebre negli anni Sessanta per la pubblicazione dei suoi “Scritti”, divenuti all'epoca molto di moda. Dedicatosi inizialmente all'esplorazione dell'immaginario con la teoria dello stadio dello specchio, ha sviluppato in un secondo momento il registro del simbolico, arrivando poi, negli ultimi seminari, a enfatizzare la dimensione del reale. Tuttavia, i tre registri qui presentati (reale, immaginario e simbolico) sono stati sempre considerati unitariamente da Lacan, che non ha mai dato al suo insegnamento un indirizzo sistematico. A differenziarlo dagli altri teorici della psicanalisi è, tra le altre cose, la valutazione del discorso dell'inconscio rispetto a quello dell'io e l'accento posto sul tema del desiderio.

 


Leggendo Lacan si ha sempre di più la certezza che sia destinata a tramontare solo quella psicoanalisi che non ha il coraggio di uscire dalle camere della clinica di coloro che si ostinano a studiarla con “gli strumenti gelidi della ragione astratta e geometrica” (E. Borgna, Come se finisse il mondo, ed. Feltrinelli 1995).

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Francesca Boari intervista Paolo Mansanti dopo la pubblicazione della raccolta poetica
"In viaggio (volume uno)" e del saggio filosofico "Un commento al pensiero di Jacques Lacan".
Dalla poesia alla filosofia, conversando attorno al tema del linguaggio.
 
 

 

Dalla Prefazione di Francesca Boari

Jacques Lacan (1901-1981) ha compreso e tradotto l’urgente necessità di una connessione profonda tra linguaggio filosofico e psichiatrico e ha dedicato l’intera vita nella direzione della comprensione dell’Altro. È riuscito, solo in questo modo, a fare della psicoanalisi un ambito del pensiero in grado di superare il muro freddo della clinica psichiatrica, pur essendo da sempre convinto della estrema difficoltà che debba affrontare chiunque si appresti a conoscere il linguaggio dell’inconscio, unico che parli attraverso quel linguaggio che è sostanzialmente quello di tutti.
La personale e maturata consapevolezza, chiara e distinta, che non si possa conoscere e curare l’uomo occidentale a prescindere dalla filosofia, mi conduce a intraprendere una lettura del tutto particolare del coraggioso commento all’opera di Lacan di Paolo Mansanti. Si rifletta, innanzitutto, sul fatto che non esiste alcun riferimento filosofico in nessuno dei testi delle diverse scuole di formazione di psichiatria. Gli psicoanalisti e gli psicoterapeuti non fanno un buon uso della filosofia, anzi sono più propensi alla diffidenza e al distacco (a questo proposito basta guardare i programmi delle scuole di specializzazione in psichiatria dove non compare alcun riferimento ai contenuti della filosofia).
In realtà, il linguaggio della psicoanalisi affonda le sue radici in termini di gran lunga familiari alla filosofia come io, inconscio, volontà, simbolo, angoscia, disperazione, che poi vengono declinati in termini strettamente clinici. L’orizzonte di senso originario di queste parole, su cui si fonda una buona parte del sapere dell’analista, è rinchiuso nella filosofia moderna e contemporanea.


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Bisogna avere il coraggio di inseguire le ragioni del cuore, da non intendersi semplicemente come depositario delle emozioni ma piuttosto come quell’universo che grida nel silenzio la verità che ci appartiene, e dell’ascolto attivo, pensando che questa disciplina non si debba rivolgere a quelli che Friedrich Nietzsche chiamava “piccoli uomini” la cui esistenza è destinata ad esaurirsi in “una vogliuzza per il giorno, una vogliuzza per la notte, fermo restando la salute”.
Pensare a Jacques Lacan significa iniziare questo processo di capovolgimento.
“Je parle aux murs” è il titolo di uno degli ultimi incontri, meglio detti dallo stesso Lacan “conversazioni”, che lo psichiatra settantenne condusse al centro ospedaliero di Sainte Anne di Parigi. Possono sembrare parole poco significative; in realtà condensano buona parte del senso del lavoro condotto da Lacan nella sua esperienza psicoanalitica.

(...)



 

Paolo Mansanti è nato a Parma nel 1990 e risiede a Ferrara.
Si è diplomato al Liceo classico Ludovico Ariosto della sua città e ha frequentato la facoltà di Filosofia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

Autore e interprete di canzoni, regista di cortometraggi, oltre a questo saggio filosofico-psichiatrico, ha pubblicato anche, per Cicorivolta Edizioni, nel maggio 2016, la silloge poetica dal titolo "In viaggio (volume uno)", con la Prefazione di Francesca Boari e, nel dicembre 2016, "In viaggio (volume due) - Il Canzoniere ".

 

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