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Brano tratto da "Da un'altra
parte"
(...)
-
Pronto, Anna?
- Sì, sono io.
- Le sei e mezza. Ti ho svegliata, scusami, ma sto bollendo.
- Dormito? Come no, non ho chiuso occhio tutta la notte e ho fumato come
una turca. Sto da cani.
- Novità, sì, ma non quelle che credi. Non te le puoi neanche
immaginare.
- No, non ha chiamato.
- A volte lo fa. Mi secca pressarlo, insomma, mi sembra di essere la mammina
che
- No, no, lascia perdere questo ora, ascoltami: ieri sera sono andata
a trovare la nonna.
- No, non scherzo, la madre di lei, la mamma terribilissima della terribile
mamma.
- Credici perché quello che devo dirti è ancora più
incredibile.
- Come?, prima mi dici di buttarmi e poi mi dai di pazza?
- E colpa tua, sei tu che mi hai messo il tarlo e dal momento che
avevo il tarlo che senso aveva aspettare?
- Sì, così, detto e fatto. A volte penso che tu mi sottovaluti.
- Certo che ho paura che possa venire a saperlo ma almeno il gioco è
valso la candela e comunque da come è andata credo che non fiaterà.
- Non è stato difficile, ho chiesto a Roby il nome di Maddalena
da ragazza. Per fortuna lo sapeva: Carré. Io non so come faccia
a ricordarsi tutto. E poi a forza di telefonate sono risalita ai nonni.
- Sì, abita ancora a Milano, Agnese Carré. Da quando si
trasferirono qua non sono più tornati a Bologna.
- In via Uruguay, vicino al Cimitero Maggiore.
- Viva e vegeta più di me e te, dovresti vedere che pellaccia,
Anna.
- No, il marito è morto. Non ha mai saputo nulla.
- No, non lho avvertita, non volevo darle il tempo di prepararsi.
Sono andata diretta e le ho suonato il campanello. Al citofono le ho detto
che ero la compagna di suo nipote e che avevo bisogno di parlarle.
- Allinizio ho avuto paura che non mi aprisse, non faceva che ripetere
che non mi conosceva, che era anziana, che al giorno doggi, bla-bla-bla,
insomma la solita solfa dei vecchi, ma io furbetta le ho detto che avevo
notizie importanti, e allora mi ha aperto subito. Salgo su e mi trovo
davanti una tipa tra gli ottanta e i novanta.
- Brutta, Anna, naso grosso, ovale squadrato, mascolino, labbra fini,
va bene letà, ma quella era brutta anche da giovane, te lo
dico io, e comunque niente a che vedere con la figlia. Vattelappesca perché
da una così è nata una dea. Forse il nonno era meglio.
- Sì, entro dentro e lappartamento è esattamente come
lei: squallido, desolato, come fosse disabitato da anni. Il cellofan sui
divani, neanche un quadro, un soprammobile, mura bianche, sporche, e solo
una foto del marito su un mobiletto nel corridoio. Fine, stop. Non unimmagine
dei figli, dei nipoti, dei genitori. Ho sbirciato anche in camera da letto,
niente neppure lì.
- Sì esatto, come di una che abbia voluto rompere tutti i ponti
col passato.
- Poi ci siamo sedute in una cucina che puzzava di cavolo nero, le ho
chiesto se potevo fumare e lei ha alzato le spalle. Mi ha domandato come
stava suo nipote. Glielho detto. Lì ha capito che non venivo
a portarle notizie fresche e ha cominciato a fissami fredda, inespressiva.
Allora ho cercato di rimanerle simpatica, ho iniziato parlando del più
e del meno, le ho raccontato quello che sapevo della famiglia, e poi a
bruciapelo le ho chiesto se potevo farle alcune domande perché
cerano delle cose che proprio non mi tornavano.
- Sì, forse ho sbagliato, avrei dovuto andarci più cauta,
tanto che manca poco mi sbatta fuori di casa. Il migliore epiteto che
mi sono beccata è stata ficcanaso, giusto per darti
unidea. Comunque ho cercato di mantenermi calma e le ho allungato
un mio biglietto da visita insieme alla viva raccomandazione che se avesse
cambiato idea eccetera eccetera. Per fortuna, mentre mi spingeva letteralmente
fuori, mi è venuto in mente di dirle Mi chiami, signora,
la prego, a volte fa bene parlare con qualcuno.... Figurati, Anna,
locchiataccia che mi ha tirato. Torva, cattiva, però anche
impaurita.
- Me ne sono tornata a casa pesante sotto un cielo opprimente, grigio,
afoso. Ripensavo a quella faccia di zolla, a quello sguardo cattivo, e
nonostante il caldo mi sentivo gelare. Mi sono preparata una cenetta da
zitellona, ho mangiucchiato di malavoglia, stavo per andare a letto quando
verso le dieci e mezza arriva una telefonata. Vado a rispondere e sento
una voce bassa, roca: era lei. Mi dice che non può dormire, che
da quando mi ha visto si è agitata tantissimo, che ha anche avuto
paura le stesse venendo un infarto, insomma, prendo la palla al balzo
e la supplico di aspettarmi, ché sarei arrivata subito. Esco fuori,
salto in macchina, nel mentre comincia a piovere, visto che uragano ieri
sera?
- Sì, be, ritorno in via Uruguay. Suono, entro, lei mi aspetta
sulluscio impaurita, scossa. Venga, signorina, venga
mi dice. Prima non vedeva lora che andassi via, ora non vedeva lora
che arrivassi. Di nuovo in cucina. Si lascia cadere su una sedia, lo sguardo
basso. Senza chiederle il permesso mi accendo una sigaretta e la fisso,
adesso ero in vantaggio io. Quella comincia con tutto un brontolio sibilante
da asmatica, mi dice che da quando ha parlato con me non può liberarsi
da un groppo qui, ma non indica la gola, Anna, indica il cuore. Io zitta,
immobile, la osservo tranquilla con un sorriso di pietra. La voglia era
di prenderla a schiaffi, ma mi volevo giocare bene la mano. Aspetto che
arrivi al punto, quella tergiversa un po e alla fine mi dice Lei
è forte, signorina?, io la guardo fissa senza risponderle,
Lei non può neppure immaginare... non ci si può immaginare
una cosa simile, e io A volte fa bene parlare con qualcuno
e poi zitta, una sfinge. Quella mi guarda e dice Non è servito
cambiare città, mi ha inseguita, braccata. Mio marito decise il
trasferimento della sua azienda da Bologna a Milano, sa, maggiori opportunità
di lavoro, il nuovo polo produttivo, e per me fu come manna dal cielo,
anche se dubito che esista. Ma mia figlia non mi mollò. Stefano,
che era impiegato presso lazienda di mio marito, era indeciso, sarebbe
rimasto volentieri anche a Bologna, avrebbe trovato un altro lavoro, però
lei riuscì a convincerlo a trasferirsi a Milano. Una donna sa come
fare, è capace di tutto quando vuole raggiungere il suo scopo.
Si figuri, poi, una bella e furba come lei. Credo abbia speculato sulla
morte di suo padre, capisce cosa voglio dire? Chi avrebbe ereditato lazienda
dopo il trapasso se non il genero? Una vera meschinità. Mio marito
non stava bene da tempo, soffriva di cuore, e infatti poco dopo ci lasciò.
Quella buonanima si risparmiò il male. Ci crede se le dico che
fui contenta che se ne fosse andato? E Dio mi è testimone di quanto
lho amato
Ma questo non ha più importanza, niente ha
più importanza. E qui si alza e sparisce nel corridoio. Io
penso: ma che?, è andata a suicidarsi? Sì, figurati, una
pelle come quella... Dopo un po torna con in mano una busta e mi
fa Lavevo nascosta così bene che non mi ricordavo più
neanche dovera e la sbatte sul tavolo come se le bruciasse
tra le dita. Tenga, la prenda lei, io la conosco a memoria, potrei
ripeterle parola per parola anche a ottantaquattro anni suonati. La legga
e si diverta, lì cè scritto tutto quello che cè
da sapere, la mia colpa e la colpa di tutti quelli che ce lhanno.
Ma non creda lo faccia per mia figlia. Quello che ho fatto lo rifarei
cento, mille volte. Fui costretta a prendere unamara decisione.
Comunque avessi scelto avrei fatto del male a una persona cara. No, non
lo faccio per lei, né per giustizia, una parola che non vale niente,
lo faccio per mio nipote, lunico vero innocente di questa brutta
storia. Un uomo buono che è sgusciato fuori come un genio ignaro
da una lampada corrotta. Solo per lui, signorina, solo per lui, e ringrazio
Iddio che abbia trovato una ragazza come lei. Ne faccia buon uso, signorina.
Mi auguro che possa renderlo finalmente felice». Giuro che non me
laspettavo, Anna. Mi sono alzata e lho abbracciata...
- Sì, giuro, in quel momento le ero grata, anzi, quasi quasi le
volevo bene. Siamo rimaste così un paio di minuti, io e la vecchia,
timorose di lasciarci e di ritrovarci di nuovo sole. Poi mi faccio coraggio,
le carezzo la faccia incartapecorita e me ne ne vado.
- Pioveva a dirotto, schizzo in macchina mezza fradicia e vai col terzo
pacchetto di Marlboro. Col cuore a mille apro la busta e inizio a leggere
la lettera della figlia alla madre. Tre, quattro, cinque volte. Come una
cretina sono rimasta lì, in via Uruguay, in mezzo al temporale,
a piangere per ore. A un certo punto non distinguevo più lacrime
e pioggia, mi sembrava che lacquazzone fosse la proiezione esterna
della tempesta che avevo dentro. Piangevo io, il cielo, tutta Milano piangeva.
E stato terribile, ma paradossalmente anche bello, capisci? Poi
però la pioggia è diminuita e io mi sono sentita sola, terribilmente
sola. Sono tornata a casa, ho cercato di dormire ma niente. Sono stanca
morta ma tanto so che non chiuderò occhio finché non ne
parlerò con te.
- No, ti prego, vediamoci prima.
- Lo so, gli appuntamenti... ti prego...
- Sì? Davvero? Oddio, sei eccezionale, un amore.
- Alluna è perfetto, solito posto, a dopo.
(...)
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