Brano tratto da "Smeraldo"
(...)
La pioggia
batteva con monotona insistenza sui vetri della finestra della camera
di Smeraldo con un rumore sottile, un fruscio lieve.
La sera precedente, quando Eunice dopo avergli portato la cena laveva
lasciato solo, Smeraldo, prima di addormentarsi, aveva spalancato le
persiane per essere svegliato dai raggi del primo sole, di quel primo
sole primaverile, dopo il buio e la tristezza del lungo inverno.
Aveva passato la notte in una specie di dormiveglia, in trepida attesa,
ma ad una certa ora si era levato il vento, che lui sapeva essere foriero
di pioggia.
Sarebbe stata unalba senza sole, la sua attesa risultava vana.
E quellattesa non realizzata aveva cambiato il suo stato di eccitazione
in delusione, che si stemperava al rumore continuo e conciliante della
pioggia, in un senso di abbandono, con il respiro breve ancora un po
affannato. Il corpo, disteso sul letto, nella quieta penombra della
camera si rilassava, sembrava sciogliersi nelle sue fibre più
intime, diventare leggero, mentre gli occhi si chiudevano, e la mente
si affacciava sul buio infinito che incombeva su di lui.
Ed il corpo, ormai svincolato dal proprio peso, iniziava a trasmigrare,
minuscola astronave alla deriva, in quella buia immensità.
Dal buio cominciavano ad emergere vaghe forme colorate che si allungavano,
si ramificavano in meravigliosi alberi di cristallo, con le foglie di
verde giada, i rami popolati da stupendi uccelli di lapislazzuli, con
le ali aperte come a voler prendere il volo, ma immobili, con i becchi
aperti come a voler cantare, ma muti.
E tra gli alberi, stava immobile una figura corporea dal volto bellissimo,
dalle membra perfette di lucente cristallo, gli occhi chiari come gelide
acquemarine, spalancati in una vuota fissità, la bocca aperta
come a voler parlare, ma muta.
Niente si muoveva o si udiva in quel paesaggio di lucenti cristalli,
di trasparenti alabastri, splendente e gelida dimora di quella figura
chiusa nelle sue forme perfette, incapace di esternare la forma di vita
che si era come raggelata in lei.
E dai suoi occhi aperti, fissi, cominciavano a fluire le lacrime di
un pianto silenzioso che sgorgavano come acqua di sorgente dal profondo
di una roccia. E quel pianto risvegliava nellanimo di Smeraldo
una tristezza in esso sepolta, che trovava riscontro nellincapacità
di quella figura a manifestare la forma di vita in essa racchiusa.
Da quelle remote lontananze, una voce che ripeteva il suo nome pian
piano lo riportò alla realtà.
Aprì gli occhi, e vide curva su di lui Eunice, che lo guardava
con i suoi occhi tristi velati di pianto.
Eunice mormorò Smeraldo tendendole le braccia in
un gesto di consolazione, perché piangi?
No caro, non piango rispose la donna provando a controllare
il tremito della voce è che stanotte ho fatto un brutto
sogno che mi ha rattristato, mi ha fatto dormire male, e così
vedi, mi sono svegliata tardi, che è già mezzogiorno passato.
Che sogno? la interruppe Smeraldo.
Brutto, bambino mio, figurati che sognavo di perderti, ma tu,
qualunque cosa succeda, non mi lascerai mai, vero, Smeraldo? Perché
tu qui con me sei felice, non ti manca niente, Smeraldo, dimmelo ti
prego.
Ma, Eunice si meravigliava Smeraldo che era alloscuro
di tutto perché mi fai questi discorsi?
Perché il brutto sogno e la mia angoscia dipendono da
certi strani discorsi che mi ha fatto il professore ieri sera.
Quali discorsi?
Ascoltami, Smeraldo continuò Eunice sedendosi sul
letto accanto a lui il professore, tu lo sai perché qualche
volta te ne ho parlato, è uno specialista nel campo della chirurgia,
in particolare per quanto riguarda trapianti di organi, e ieri sera,
nel parlarmi, mi ha detto che in tutti questi anni ha compiuto esperimenti
sugli apparati sessuali degli esseri umani, che li distinguono nei due
sessi, il maschile e il femminile, che tu, per tua fortuna, non possiedi
né in un senso né nellaltro. Dico per tua fortuna
perché tutte le sofferenze del genere umano dipendono dal sesso,
perché è sotto la spinta dellimpulso sessuale che
la natura ha messo dentro di noi per costringerci allaccoppiamento
che gli esseri umani accettano di subire questa tragedia che è
la vita, tragedia dalla quale tu, chiuso nel tuo guscio protettivo,
sei al riparo. Ma ora, il professore vuole intervenire su di te, per
spezzare questo guscio, e portare alla luce quellessere umano,
uomo o donna, che sta racchiuso in te, ma con quale risultato? Con il
risultato di esporlo alle miserie, ai dolori che la natura riserva alle
sue creature. E per convincerti a sottoporti ai suoi esperimenti, il
professore ti dirà che il sesso è portatore di felicità.
Non è vero! Lui te lo dirà soltanto perché vuole
soddisfare la sua ambizione di ricercatore.
Dopo queste ultime parole, dette con voce vibrante di passione, Eunice
tacque stremata.
Vedeva sul volto di Smeraldo unespressione di incertezza, quasi
di incomprensione, difficoltà a decifrare ciò che gli
stava dicendo. E questo aumentava quel senso di angoscia che già
aveva dentro, e che si andava trasformando in terrore di non riuscire
a spiegarsi, a far capire a Smeraldo il senso delle sue parole.
Doveva assolutamente calmarsi, trovare il modo di scaricare lenorme
tensione che si era accumulata in lei, e che le impediva di continuare
il discorso.
Smeraldo, mi rendo conto dellincertezza che si crea in
te nelludire queste parole, dal momento che di questi argomenti
non ne abbiamo mai parlato. Ora io devo andare a Milano per un lavoro
molto urgente ma sarò di ritorno molto presto, al massimo alle
cinque, tu intanto rifletti su quanto ti ho detto. Al mio ritorno finirò
di spiegarti il mio pensiero, ed allora vedrai che ti sarà tutto
chiaro, e quando domani mattina verrà il professore, tu sarai
in grado di convincerlo che non ti vuoi sottoporre al suo intervento.
Ora vestiti e scendi a pranzare, io parto subito così sarò
di ritorno ancora prima delle cinque.
Salita in macchina rifletteva, mentre guidava, che lunico modo
per ritrovare la calma era di andare a Milano allappuntamento
con John.
Aveva deciso di non vederlo più, ma non poteva farne a meno,
era più forte di lei, le sarebbe servito a riacquistare quella
lucidità mentale di cui aveva tanto bisogno in un momento simile.
Smeraldo, dopo che Eunice fu uscita, alzatosi dal letto e adempiute
le abluzioni mattutine, si era vestito indossando pantaloni di velluto
e un maglione a collo alto, dal momento che la giornata continuava a
essere umida e piovosa, ed era sceso da basso a pranzare.
Mangiava adagio, con frequenti pause di riflessione.
Fino a quel momento, di argomenti riguardanti il sesso, della differenza
tra quello maschile e quello femminile, ne avevano parlato molto poco.
Solo una volta, da bambino, dopo aver assistito alla nascita di alcuni
gattini in un cespuglio del parco, incuriosito dallevento, aveva
chiesto spiegazioni ad Eunice, che nel dargliele aveva accennato alla
differenza dei sessi, dicendogli però che a lui non interessava,
dato che la sua naturale condizione non la prevedeva.
Esaurita quella sua curiosità, dovuta alla novità del
caso, largomento aveva perso interesse per lui.
Dopo che Eunice gli aveva insegnato a leggere i libri che gli portava
dalla città, gli argomenti che lo interessavano di più
erano la mineralogia, ma soprattutto lastronomia che divenne in
seguito la sua grande passione.
Quante ore aveva passato, fin da bambino, su nella torretta che sovrastava
i tetti della villa, dove Eunice era costretta a chiuderlo quando andava
a Milano per quello che gli aveva fatto credere essere un suo lavoro
e che altro non erano che i suoi appuntamenti con amanti mercenari,
immerso nella lettura di quei libri, seppur in forma elementare che
trattavano di astronomia.
Quella forzata clausura era una necessità che Eunice aveva dovuto
adottare fino ad una certa età per impedirgli di andare incontro
ad eventuali pericoli.
Quando poi era cresciuto aveva mantenuto quella passione, anzi si era
talmente appassionato che aveva trasformato la torretta in un vero e
proprio osservatorio astronomico, dotandolo degli strumenti necessari
che gli erano stati regalati da Eunice.
E nelle notti destate, quando la volta del cielo si presenta in
tutto il suo splendore, con locchio fisso al cannocchiale, si
perdeva in quellimmensità, seguendo con gli spostamenti
dello strumento la composizione delle varie costellazioni, finché
le prime luci dellalba gli sottraevano loggetto delle sue
osservazioni.
E così trascorreva la sua esistenza felice, dividendo il suo
tempo fra la lettura, le osservazioni astronomiche e le lunghe escursioni
nella stupenda natura della vasta tenuta che circondava la villa.
E se nelle sue solitarie passeggiate gli capitava di vedere occasionali
visitatori, per lo più cacciatori, o cercatori di prodotti del
bosco, li evitava nascondendosi.
Ed ecco ora, allimprovviso, Eunice gli parlava di quellargomento
riguardante il sesso, che a lui non interessava affatto.
Una frase, però, laveva colpito di quello che il professore
avrebbe voluto fare; spezzare quel guscio per portare alla luce lessere
umano che è racchiuso in lui.
Si ricordava in particolare di quelle parole, perché aveva ancora
vivo nella memoria il sogno fatto qualche ora prima, e che già
altre volte gli era capitato di fare; quella bellissima statua di cristallo
che prigioniera della sua immobilità non poteva fare altro che
piangere, facendo soffrire anche lui.
Ma perché soffriva, perché il dolore della statua risvegliava
un eco nel profondo del suo animo, dal momento che lui era soddisfatto
di quella sua condizione, che Eunice diceva essere naturale per lui.
Se era dunque veramente soddisfatto, cosa aveva in comune lui con quella
statua, da doversi associare al suo dolore?
O forse anche lui, come quella statua, era prigioniero di un guscio
che gli impediva di realizzare veramente la sua vita? Guardò
lorologio che portava al polso. Segnava quasi le tre del pomeriggio.
(...)