|
Brano tratto da:
"Il segreto del ponte
- Il mistero dei giganti dormienti"
(...)
Dall’esterno
si udivano uno scalpiccio convulso e squilli di tromba che gelavano il
sangue nelle vene. Alex e il professore si accucciarono silenti nel punto
più lontano dell’androne, seminascosti nell’oscurità
dal parabrezza di una grossa automobile. Speravano che gli angeli desistessero
e se ne andassero. Dopo pochi minuti, che a loro parvero un’eternità,
con i muscoli delle gambe già contratti e doloranti per lo sforzo
di mantenere la scomoda postura, da fuori giunse alle loro orecchie l’eco
di uno strano silenzio assiderato.
Che dice professore, saranno andati via?
Beh, non si sente più nulla, né turbinio di ali, né
tramestio di piedi, probabilmente avranno trovato un altro bersaglio.
Lei dice? Possiamo azzardarci a tornare in strada?
Non abbiamo alternative ragazzo, vieni, procediamo con cautela, non so
quanto i loro sensi siano acutizzati…
Socchiusero piano il portone, Alex rapidamente voltò il capo a
destra e sinistra, con fare guardingo e circospetto.
Venga, non c’è nessuno.
Sgusciarono in strada silenziosi, rasentando i cornicioni, un occhio sempre
rivolto all’apertura, unica via di scampo. Poi si mossero più
sicuri, piegando per un vicoletto sulla sinistra.
Vieni, da questa parte.
Dove siamo diretti professore?
Facciamo un sopralluogo, vediamo com’è la situazione nel circondario.
Appena sbucarono sulla piazza principale, sollevarono gli occhi stupiti
e sconvolti. La facciata della chiesa di fronte a loro era completamente
disadorna, priva di qualsiasi ornamento, scomparse tutte le statue, insieme
con le loro aurighe e cocchi e cavalli dorati.
La faccenda è più grave del previsto. Ormai la maledizione
è completamente compiuta, tutte le sculture si sono risvegliate
dal loro torpore mortale. Dobbiamo cercare degli indizi, proviamo a recarci
nel quartiere dove viveva Lucenti, forse ci sarà qualche iscrizione
o una vecchia lapide, se saremo fortunati nel trambusto generale riusciremo
anche a entrare nella sua abitazione, o magari a trovare qualche lontano
discendente o parente più prossimo.
Non sappiamo neanche se l’abitazione esista ancora…
Alex, da qualche parte dobbiamo iniziare, sono fiducioso: troveremo la
luce.
I due si mossero veloci, a scatti rapidi in prossimità dei punti
più esposti. D’un tratto sollevarono all’unisono il capo:
avrebbero voluto sprofondare nell’abisso più nero per non
assistere a quel triste spettacolo che si profilava loro innanzi.
Un carro possente, di bronzo, enorme, alato, alto forse quattro metri
e lungo almeno cinque o sei, trainato da robusti cavalli dagli zoccoli
duri, con sopra un generale, un antico condottiero, e soldati o ufficiali
in divisa militare, con le baionette spianate e pronte a far fuoco, sembrava
uscito dal Museo del Risorgimento e incuteva un terrore puro nelle povere
anime che si trovavano nei dintorni. L’aria era impregnata di urla
e grida, la gente – turisti misti a persone del posto – si ammassava
atterrita, gli occhi schizzanti fuori dalle orbite per lo spavento.
Professore, è questa l’Apocalisse?
Alex, mantieni il sangue freddo, sta’ calmo.
Al centro della carreggiata un enorme autobus turistico era rovesciato,
il traffico impazzito era bloccato e numerose erano le vetture abbandonate
coi conducenti che si riversavano in preda al panico per strada. L’atmosfera
era squarciata dal suono del clacson di qualche automobilista in stato
di shock, che in modo convulso e frenetico non staccava la mano dal pulsante.
Sulle loro teste roteavano schiere di soldati, coi loro abiti scolpiti,
le carabine al petto gli uni, le lance, scudi e spade gli altri. Era davvero
un esercito composito e disomogeneo: battaglioni che travalicavano i limiti
del tempo e dello spazio si ritrovavano misteriosamente uniti, apparentemente
senza un perché, così c’erano fianco a fianco legionari
dell’epoca romana e cadetti dell’ultima guerra mondiale, diversi
per foggia, costume, armi, eppure così compatti nel procedere.
Di colpo uno sparo fendette l’aria tersa.
È la fine!
Urlò un turista spaventato, i capelli diritti per l’orrore.
Istintivamente tutti rivolsero il viso all’insù, cercando
d’individuare il colpevole in quel plotone d’esecuzione, poi,
eccone un altro. Sull’altro lato della strada, erano riunite più
di una ventina di macchine, della polizia, dei vigili, dei carabinieri
e dell’esercito. In fondo si stagliavano le ambulanze, ferme, immobili,
pronte a dare il loro soccorso a quelli che si profilavano già
eroi di una strana guerra tra mondi diversi, priva di un apparente perché
e senza un preavviso.
Il colpo era partito da lì. Agli angoli delle strade la gente si
radunava in gruppetti compatti, cercando di farsi scudo a vicenda, buttandosi
disperata a terra, le mani intrecciate sul capo, anche il professore fu
spinto al suolo proprio da Alex, riuscendo così a evitare una pallottola
radente che, rimbalzata da uno scudo, era andata a conficcarsi proprio
sul muro dietro di loro, una decina di centimetri più su delle
loro teste.
Stia attento professore, per l’amor del cielo…
Dobbiamo allontanarci da qui.
Non ora, è troppo pericoloso.
Sì, ma il tempo stringe, non possiamo indugiare oltre.
Di nuovo l’eco di uno sparo, stavolta più lontano. Poi una
raffica sonora di proiettili si abbatté come fuoco sul battaglione
che, vorticando nell’aria, generava mulinelli di smog e cartacce,
poi sbattute di nuovo a terra. Era tutto inutile, semmai pericoloso, i
proiettili venivano spinti lontano dagli scudi sonori o dai corpi duri
degli invincibili nemici, scalfiti, ma non feriti. Dall’alto qualche
scheggia si staccò piovendo rovinosamente sulla gente sottostante:
frammenti di ali, pezzi di tuniche, parti scomposte venivano a terra come
una pioggia malsana. Nelle statue più porose il proiettile restava
conficcato, come riassorbito nella carne dura, mentre negli altri casi
scatenava solo un imprevedibile fiotto a zig zag che spesso andava a colpire
proprio quanti dovevano essere difesi. Infatti, due metri davanti a loro,
videro un uomo di mezza età accasciarsi a terra, la mano stretta
al petto sanguinante. Le prime vittime innocenti iniziavano a piegare
il capo impotenti andando incontro disarmate al massacro più totale.
Sulle loro teste al primo carro sospeso maestoso tra le nubi, si erano
aggiunti cocchi trainati da puledri con pesanti cannoni che, stranamente
leggeri, sfidavano – vincendo – tutte le leggi di gravità.
Per un attimo un lungo boato squarciò l’aria scura, poi un
sibilo più netto, infine lo schianto. Una pesante granata, un ordigno
in uso nella prima guerra mondiale, sfondò completamente le mura
di una casa signorile là vicino, propagando all’istante un
vasto incendio. Le fiamme alte e scure che si avviavano a lambire il cielo,
tingendo di rosso scarlatto l’aria densa e rarefatta, davvero sembravano
essere uscite dal libro dell’Apocalisse e numerosi erano coloro che,
scalzi, erano scesi in strada coi rosari in mano, colpendosi il petto
e raccomandandosi l’anima.
Dobbiamo agire in fretta, non c’è tempo da perdere!
Aspetti un secondo, vede quello schieramento laggiù? Si sta dirigendo
freneticamente verso di noi, adesso è troppo pericoloso.
Giù, presto!
Per la seconda volta i lesti riflessi di Alex avevano salvato la vita
al suo mentore.
Ti sono debitore…
Se ne usciamo vivi mi deve una cena…
Ti devo ragazzo molto di più di una cena, in ogni caso, avendo
tu stesso messo la tua vita in pericolo per salvare gli altri.
Professore, non vede l’inferno che ci circonda? Avevo forse altra
scelta?
Il professore gli strinse adagio la mano sinistra, facendogli avvertire
una leggera pressione sul palmo: era il segno di una stima reciproca e
di un rapporto di profonda empatia.
Intanto, sui loro capi si era scatenato lo scenario più orrendo
che la mente umana, neanche solo lontanamente, potesse concepire. L’aria
era satura di vapori e armi di ogni epoca e foggia rilucevano sinistre
alla fioca luce dei lampioni. Ecco, all’improvviso, le prime statue,
capeggiate da un Angelo forte e muscoloso, misero piede a terra. Da questa
prospettiva era ancora più nitido il divario tra i due contendenti
e la disparità delle forze scese in campo. Il poderoso angelo nero
era alto quasi quanto due uomini, e sicuramente più robusto di
due di grande stazza. I muscoli visibili sotto gli abiti stranamente leggeri
lasciavano attoniti ed esterrefatti gli astanti che, pur se annichiliti
dal terrore, non potevano fare a meno di notare l’estrema perizia
degli artisti che li avevano creati dalla nuda e informe materia.
Forse era proprio questo che Lucenti voleva!
A cosa ti riferisci figliolo?
Al fatto che mai come ora sono balzate alla ribalta per la loro perfezione
e sublime bellezza opere che, a torto, sono state relegate per secoli
nella soffitta del dimenticatoio comune, anticamera di quella dimensione
limbica che porta prima alla scarsa considerazione, infine alla totale
rimozione. Lei sa, per esempio, chi sono gli artisti che hanno partorito
queste maestose sculture?
Alcuni certamente sì, altri francamente no.
Vede, se persino lei che è un vero e proprio nume in ambito artistico,
opera questa divisione tra noti e ignoti, grandi dell’arte e sconosciuti,
si figuri il volgo, la gente comune. Io credo che Lucenti abbia voluto
combattere una battaglia più grande, in nome di tutta quella fitta
schiera di anime lasciate in disparte, dimenticate e sole.
Mentre Alex terminava di sussurrare queste parole all’orecchio del
suo interlocutore, ecco, rapida come una folata di vento, una sagoma uscire
dal mucchio e volare verso di loro.
Non posso crederci…
Di nuovo, incredibilmente per la seconda volta nell’arco di poco
tempo, si era stagliato di fronte a loro in tutta la sua imponente figura
l’Angelo coi chiodi, come se avesse captato quelle parole consegnate
al soffio roco del vento, e con la sua presenza ne confermasse la veridicità.
Hai ragione, Alex, pare essere proprio così.
Temo che ci siamo cacciati in un bel guaio professore, guardi quei tre
angeli là in fondo, stanno raggiungendo a gran velocità
l’angelo di Lucenti.
Questi se ne stava immobile, il volto rivolto verso di loro, le ali chiuse
sul dorso e il viso reclinato da un lato, non pareva minaccioso né
in assetto di guerra, forse anche perché non aveva armi, per quanto
un solo poderoso colpo di ala avrebbe potuto inchiodarli per sempre al
muro. Alle sue spalle, invece, si erano già fatte più vicine
scure sagome brandenti asce e lance.
Alex e il professore erano pietrificati per la paura. Quelle statue possenti,
a distanza così ravvicinata dai loro corpi mortali, avevano loro
gelato il sangue nelle vene, paralizzandoli in una ridicola paradossale
immobilità. Quando tutto sembrava perduto per loro, mentre dal
fondo continuavano a risuonare inutili proiettili, sparati da ambo le
parti, in una scena generale di desolazione e distruzione, sulla strada
già intrisa del sangue di innocenti, ecco la salvezza. Repentinamente
l’Angelo coi chiodi aprì le ali, enormi, maestose, turgide,
belle come la coda del pavone, simbolo dell’eternità, facendo
così scudo alle loro fragili membra. Schizzarono ai lati frammenti
di marmo reciso, provenienti da quella barriera protettiva contro armi
improvvisate. E poi, di scatto, si girò, immenso e voluttuoso,
la mano ad indicare il fronte opposto. Era un segnale di comando, l’armata
fantasmagorica si ritrasse velocemente, ciascuno facendo dietro front,
diretti al punto opposto a quello in cui si trovavano in quel momento.
Quindi l’Angelo coi chiodi ebbe un nuovo brusco sussulto, si voltò
indietro, stavolta le sue orbite cave parvero davvero scorgere e vedere
oltre il marmo oscuro, il viso rivolto verso loro due; quindi, l’ala,
che pochi istanti prima li aveva protetti facendo loro da scudo contro
il fuoco nemico, ora era protesa in direzione di una misteriosa stradina
sulla sinistra… pareva proprio indicare la via. Fu una frazione di
secondo, poi, come un bolide in fiamme, tornò alla testa del battaglione
inferocito, mentre dalle viuzze laterali nuovi mostruosi alleati di duro
e levigato marmo andavano ad ingrossare le fila del misterioso e invincibile
esercito.
La piazza era ridotta a un campo di battaglia, le macchine, rovesciate
o in fiamme, improvvisate trincee, chi era in casa aveva abbassato serrande
e controfinestre, barricandosi come in stato di assedio. Le povere anime
malcapitate sorprese per strada cercavano come potevano rifugio in ogni
pertugio aperto, citofonando alle palazzine circostanti come forsennate
nell’attesa di un mutuo aiuto che, neanche in una simile situazione
di pericolo, pareva venire. I medici e il personale paramedico procedevano
con estrema cautela cercando di scoprire lo stato e le condizioni cliniche
dei feriti: per alcuni non c’era altro da fare, il fuoco incrociato
aveva reciso arterie o colpito organi vitali, altri venivano curati con
fasciature di fortuna o portati a braccio alle più vicine ambulanze.
Sgomenti, il professore ed Alex, si fissarono per una frazione di secondo
che parve loro un’eternità, gli occhi asciutti avevano impressi
nelle pupille uno scenario di orrore e devastazione che neanche nelle
previsioni più apocalittiche avrebbero mai immaginato.
Infine, recuperato un barlume di razionalità, muti e lesti sgattaiolarono
indistinti tra la folla, seguendo la direzione indicata poc’anzi.
Professore, ci ha aiutati, ha visto? Ci ha difesi, facendoci scudo con
le sue ali… Come è mai possibile? Sembra quasi ribellarsi
alla profezia…
No, Alex, non è così, se ci pensi bene tutto è nel
disegno oscuro e maligno dell’anatema. Se noi due fossimo morti,
nessuno avrebbe potuto spezzare il maleficio, e allo stesso tempo l’anima
di Lucenti sarebbe rimasta invendicata. Difatti, chi mai avrebbe potuto
restituirgli l’anello oltre a noi?
Dunque siamo protetti, è questo il filo che le vicende devono compiere?...
(...)
|