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Brano tratto da:
"Il
rumore di una lacrima -
Le inusuali indagini dell'educatore Leonida":
Prologo
Ciò
che mi affascina ha sempre avuto
poco a che fare con la superficie.
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XXIII
Venerdì 12 febbraio 2016
Leonida non è un nome, ma una responsabilità. Soprattutto
per chi sopravvive in unepoca dove le lance non risplendono sui
campi da battaglia, alla luce folgorante del sole. Allora non resta che
puntare gli occhi verso se stessi e mantenere lo sguardo, per scoprire
che spesso ciò che ci è ignoto è visibile solo a
chi ci sta accanto. A volte, invece, si cela così in profondità
da essere sconosciuto. Ed è un bene, perché, se svegliato,
potrebbe avere la meglio.
Sestri
Levante. Baia del Silenzio. 3:35 del mattino.
È
la prima volta che ho in mano una pistola. Piccola. Pesante. Fredda. Unautomatica,
perché non ha il tamburo, questo lo vedo, ed è molto vecchia,
limpugnatura è logora, la canna lunga. Leggo la scritta P38
sul fianco. Sopra al grilletto, un po arretrata, cè
una levetta, la alzo e il rumore secco mi fa pensare di aver sbloccato
la sicura. Almeno, così credo, perché le armi da fuoco non
sono mai state il mio hobby preferito.
Potrei chiedere a lui, dopotutto larma era del suo amico, ma gli
ho fissato lo scotch da pacchi sulle labbra e mi devo accontentare di
quel poco che so sulle armi da fuoco.
Lho legato alla Statua del Pescatore. Ha smesso da circa mezzora
di tentare di liberarsi o di urlare.
Osservo le luci che partono da me per allungarsi, a corona, per tutta
la Baia, sino alla strada per il convento dei frati, un serpente giallo
che scivola sulla collina. Cè una panchina, a metà
percorso, dalla quale si gode la vista sul golfo. Da lì parte un
sentiero impervio, sino a unansa rocciosa sul mare. Ci ho portato
meno donne di quanto avrei voluto.
Alla mia destra cè il complesso dellAnnunziata, dietro
le mie spalle il Portobello, di fronte, la chiesa francescana, sempre
illuminata e, appena sopra, le luci del Vis à Vis.
Non ci sono molte barche stanotte, lacqua è una tavola e
la brezza appena accennata. Ho freddo, nonostante sia riparato. Lui deve
essere semicongelato e questo un po mi spiace. Il freddo diminuisce
la percezione del dolore. Non sanguina troppo e questo, invece, mi fa
piacere, perché non vorrei sporcare il mare.
Osservo ancora la pistola e mi vengono alla mente vecchie pellicole di
Indiana Jones. Sembra un pezzo da museo della Seconda Guerra Mondiale.
Ma poco importa, basta che funzioni.
Guardo il cielo. Niente luna, solo un planetario sulla testa e un assedio
di costellazioni che entrano neglocchi e nel cuore. Da ragazzino
le avevo imparate a memoria, ora riconosco solo lOrsa Maggiore e
Cassiopea, per la W. Anche la figlia della principessa, Andromeda, aspettava
la morte sugli scogli per una colpa non sua. Ma questa cosa è diversa.
Lui è colpevole. Non ha scusanti.
E neppure io.
Il tempo a disposizione non è molto. Sono al buio, seduto su una
roccia, a pochi metri dalla barca di Mario, il pescatore più vecchio
della Baia, con una cartina topografica al posto della faccia. La statua
è illuminata e basterebbe che qualcuno si affacciasse dalla finestra,
per accorgersi che qualcosa non torna. Tra pochi mesi la Baia si colmerà
di gente, ma per ora è deserta.
Un uomo legato a una statua, il culo sullo scoglio, schiena a schiena,
carne a bronzo, le mani incrociate sul petto e la testa leggermente inarcata
allindietro, con un grosso nastro che lega collo a collo, fino a
raggiungere la bocca.
Solo pochi anni fa, la statua di grandezza naturale, sugli scoglietti
del lato ovest della spiaggia, non esisteva. Io su questa spiaggia ci
ho fatto linfanzia e i pescatori non erano nudi e tanto meno muscolosi,
ma mangiati dal vento e dal mare, con la faccia segnata dalla salsedine
e le mani rugose. Ma i tempi cambiano e a questo bronzo, che ricorda un
dio greco e che ora fa da sedia a questo stronzo, mi ci sono abituato
e la Baia, senza, non sarebbe più la stessa. Ci si abitua davvero
a tutto.
Ma sto temporeggiando.
- Scusa la poca ospitalità, ma almeno il panorama merita. No?
Bofonchia.
- Dimenticavo, non puoi parlare. Aspetta un attimo.
Appoggio la pistola su uno scoglio e mi avvicino. Spero che la poca risacca
non me la porti via, ma non accadrà, perché il mare è
lunico amico che mi è rimasto.
Non è stato facile portarlo qui. Con la coda dellocchio spio
la BMW parcheggiata male e sento nelle ossa tutto il peso del suo corpo
inerte, trascinato per una ventina di metri e scogli. Mi chiedo come possa
sembrarmi naturale una situazione che, fino a tredici giorni fa, mi sarebbe
sembrata impossibile.
E, invece, alla fine niente è impossibile. Basta fare ciò
che nessuno si aspetta da te. Einstein direbbe che un qualcosa è
impossibile finché non arriva un tizio che non lo sa e la fa, o
almeno così mi sembra di aver letto da qualche parte.
Gli strappo il nastro adesivo dalla bocca e lui inizia a tossire. Aspetto
una manciata di secondi, ma non smette.
- Se non hai nulla da dire
- e mi riavvicino per serrargli ancora
le labbra.
- Asp
Aspetta.
Lacqua mi supera di poco le caviglie. Fredda, nera, disinteressata.
Le sue guance, alla luce del faro che illumina il Pescatore, si tingono
di rosso. Sorrido, non perché ne abbia voglia, ma perché
vederlo così mi fa ridere.
- Fermati Leonida
C
Cosa stai facendo? C
Cosa vuoi?
- chiede.
Mi avvicino.
- Farti una domanda.
Vomita, ma essendo legato, il vomito gli rimane in gola e per poco non
mi soffoca davanti.
- Lib
Liberami, ne parliamo. A
Aiuto
Gli tappo bocca e naso con la mano per un minuto buono.
- Sicuro di voler urlare?
Tenta di liberarsi, spinge, trema. Poi muove la testa e capisco che è
no la risposta. Lo lascio e mi lavo le mani nel mare. Le avvicino al naso.
Sanno di pesce, di vomito e di stronzo.
- C
Cosa vuoi? - chiede.
Gli mostro le spalle e raggiungo la pistola, come se per un istante non
mi fidassi più del mare. Ma il mare è indifferente alle
questioni degli uomini. La prendo in mano e la punto nella sua direzione.
- Perché? - gli chiedo.
Tossisce.
- Non
Non so di cosa parli. Tu mi conosci, Leonida. Ma cosa ti
Ti passa per la testa?
Mi avvicino.
- Io non ti conosco veramente. Per esempio, non sapevo avessi amici pericolosi
- giocherello con la pistola.
- Ma che dici?
Con la mano libera lo soffoco, ancora.
- Tu sei qui per rispondere a una sola domanda: perché?
Abbassa lo sguardo, per quel che riesce.
Il mare fa silenzio, laria, le stelle, la Baia stessa.
- Puoi anche smetterla di raccontarmi stronzate - concludo - lho
trovata.
Chiude gli occhi per una frazione di secondi, prima di iniziare.
- Ti appenderò al canestro di quella tua comunità di merda
con le palle. Sei... - sputa sangue nella mia direzione - un gran figlio
di puttana. Solo uno psicotico, gran figlio di puttana.
Non rispondo, perché lo spettacolo è appena cominciato.
Finalmente ha capito che non ha alcuna possibilità di convincermi.
- Tu non sai un cazzo - continua. - Goditi il momento, tanto non avrai
mai il coraggio di ammazzare qualcuno. Depresso di merda. Lui ti troverà
e poi troverà i pochi amici che ancora ti rimangono e
- Può essere - rispondo più a me stesso.
È unaltra persona, non colui che conoscevo. E questo mi regala
un respiro di sollievo.
Non lo faccio apposta, ma il mio ginocchio cade in mezzo alle sue cosce
e lui smette di parlare. Per un po almeno.
- Rispondi. Perché forse non avrò il coraggio di ucciderti,
ma possiamo far mattina a calci nelle palle.
Respira profondamente.
- Perché mi andava, contento?
Sentirlo a voce alta fa male.
- Potrei dirti che cè un motivo particolare - continua -
o che è successo per caso, ma non è così.
Mi inginocchio nellacqua, di fronte a lui.
- Allora perché? Perché? - ripeto come un martello pneumatico,
anche se non è una risposta quella che voglio. Perché non
ci sono risposte.
- Perché mi andava. Tutto qui, non ci sono altri motivi - tossisce
- non ho avuto uninfanzia di merda o stronzate simili. Nessun trauma
affettivo, a differenza di te.
Riprendo la pistola.
- Ma non preoccuparti - conclude - non credo che importi a nessuno.
- Importa a me - rispondo a mezza voce.
- Ma tu sei pazzo, lo sanno tutti - incalza.
Non devo neppure alzarmi. Allungo un braccio e sferro un pugno nel mio
posto preferito.
Si chiuderebbe a riccio, ma, così legato, può solo urlare.
Un paio di luci si accendono alle mie spalle, una finestra sillumina.
- Pr
Prendi un paio di pastiglie e
E fottiti lontano da qui
Non sei in grado di fare niente
Perché tu sei un niente
- riesce ancora a dire.
Sento la sua voce e un rumore che echeggia nella Baia non più silenziosa,
ma è solo litania per le mie orecchie. Forse è stato un
errore smettere di prendere gli antidepressivi. O forse no. Ma tutte le
mie scelte mi hanno portato laddove voglio essere.
La sua pistola. Le mie mani. La sua arroganza.
Non mi sono mai sentito tanto libero e tanto stanco.
- Su una cosa hai ragione. Devo fare qualcosa - rispondo più a
me stesso.
Mi alzo e mi avvicino a lui. Impugno la pistola con forza. La punto sulla
sua testa, poi verso il cielo e, infine, me la metto in bocca.
Poi ripeto i movimenti in modo meccanico più e più volte.
Una semplice scelta: sparargli in faccia, sparare alle stelle e raccontare
tutto alla Polizia o spararmi in testa.
Una semplice scelta.
Click.
(...)
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