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Federica
Pistono e Bahaa Taher.
Intervista alla traduttrice e curatrice de "L'oasi
del tramonto"
(Cicorivolta Edizioni) a cura di Giuseppe Iannozzi
Bahaa
Taher appartiene al gruppo di autori
egiziani chiamati 'la generazione degli anni Sessanta'. Questi scrittori
e intellettuali sono accomunati dalla volontà di un profondo
rinnovamento sociale e dall'opposizione alla riduzione delle libertà
civili imposte dal regime nasseriano. La delusione degli intellettuali
raggruppati intorno alla rivista 'Galleria 68' è dovuta anche
alla disastrosa sconfitta riportata nella Guerra dei Sei Giorni, sconfitta
interpretata come un tradimento delle speranze nutrite nel periodo della
lotta per la liberazione e negli anni successivi. 2.
Il '68 Egiziano, in linea teorica, potrebbe aver qualche punto di contatto
socio-culturale con il niccianesimo e poi con l'esistenzialismo ateo
di Sartre e Camus? Il
'68 Egiziano trova la sua voce nella rivista letteraria 'Galleria 68',
che esprime l'insoddisfazione degli intellettuali che vi aderiscono
nei confronti della politica nasseriana dell'ultimo periodo. Negli intellettuali
di 'Galleria 68', troviamo influenze e punti di contatto con la cultura
occidentale contemporanea. La problematica centrale, caratteristica
di Taher ma comune anche agli altri scrittori, è quella della
rottura del confine tra lo spazio fisico e lo spazio psicologico dei
personaggi. Questa rottura, presente in modi diversi nei vari autori,
identifica il discorso autoritario e repressivo del regime con lo spazio
fisico e psicologico in cui si sentono confinati gli intellettuali.
Questo mi fa pensare, più che a un contatto con il niccianesimo,
a un indebitamento con Kafka. L'esistenzialismo di Sartre e Camus ha
indubbiamente influenzato il '68 Egiziano, anche se, più
che nell'opera di Taher, mi sembra di trovarne tracce in altri scrittori
egiziani di questo periodo. Penso per esempio a Edouard al-Kharrat,
nei cui romanzi si respirano atmosfere che ricordano i 'saggi solari'
di Albert Camus. 3.
Ne "L'oasi del tramonto", Bahaa Taher racconta
le vicissitudini di Mahmud e Catherine a Siwa. La storia è quella
di un rapporto basato sull'incomunicabilità. In gioventù,
Mahmud ha fatto parte di una loggia massonica e si è anche proposto
in prima linea a favore della rivolta urabista. Mahmud è stato
costretto ad abiurare i suoi ideali oltreché ad abbandonare colei
che amava sul serio, con il cuore: una schiava. Si deve dunque pensare
a Mahmud come a un uomo senza nerbo, come a un perdente? Sicuramente
la vicenda di Mahmud e Catherine, protagonisti del romanzo "L'oasi
del tramonto", è una storia di incomunicabilità,
non solo tra i due personaggi e il mondo esterno, ma anche tra Mahmud
e Catherine. Anche Mahmud vive, a mio avviso, quella rottura tra spazio
fisico e spazio psicologico cui accennavo sopra. È questo il
senso del suo progressivo chiudersi in se stesso, del suo isolarsi dal
mondo che lo circonda fino alla devastante scelta finale. È certamente
un perdente, un uomo che non riesce a venire a patti con il proprio
passato, un individuo che non riesce a perdonare se stesso, che rimane
invischiato nel proprio inferno interiore. È sicuramente una
figura tragica, un uomo triste e introverso, un 'personaggio irrisolto',
ma non lo definirei 'senza nerbo'. Forse sfortunato, la moglie di certo
non lo comprende e non lo aiuta, oggi lo definiremmo probabilmente un
depresso. 4.
La rivolta urabista: cosa significò questa rivolta sotto lo slogan
"l'Egitto agli egiziani"? E, oggi, l'Egitto
è degli egiziani, o rispetto al 1882 poco o nulla è cambiato? La rivolta urabista del 1882 si opponeva all'invasione inglese dell'Egitto. Lo slogan 'l'Egitto agli egiziani' significava dunque, semplicemente, dire no alla colonizzazione del proprio paese da parte di una potenza straniera. L'Egitto di oggi, due anni fa, ha vissuto quella che viene chiamata la Primavera araba, una riscossa contro i regimi autoritari e oppressivi, una richiesta di libertà, di democrazia, di giustizia sociale. La situazione oggi, a due anni dalla Rivoluzione di Piazza Tahrir, appare ancora indefinita e confusa. La presidenza di Morsi, leader dei Fratelli Musulmani, ha deluso le aspettative dei giovani rivoluzionari e di quanti si aspettavano un reale cambiamento in senso democratico. La situazione è comunque ancora nebulosa, difficile prevedere quale piega prenderanno gli avvenimenti. Una cosa è certa: libertà, democrazia, giustizia sociale, sono gli ideali in cui aveva creduto Mahmud nella sua giovinezza, quelli per i quali Taher ha dovuto scegliere la via dell'esilio negli anni '70, quelli per cui ancora oggi ci si batte in Piazza Tahrir.
Catherine,
la moglie irlandese di Mahmud, è, a mio parere, prima di tutto
una persona egoista e superficiale. Lo dimostra nel corso di tutta la
sua vita: sposa il primo marito Michael senza amarlo, disprezzandolo
anzi, solo per rubarlo alla sorella verso la quale ha un complesso di
inferiorità. Rimasta provvidenzialmente vedova, sposa Mahmud,
uomo appartenente a un'altra cultura e religione, in base a una mera
e fuggevole attrazione fisica, senza interrogarsi sul futuro di una
simile unione e senza sforzarsi minimamente di capire il marito. Con
l'arrivo a Siwa esplode la sua 'follia archeologica', la sua determinazione
a scoprire il sepolcro di Alessandro Magno, motivata in gran parte da
un gran voglia di rivalsa per gli insuccessi matrimoniali e da un desiderio
sconfinato di affermarsi come studiosa. Nulla le importa dei problemi
del marito, non la scuote neppure la consapevolezza di irritare i suscettibili
e bellicosi abitanti di Siwa. Si dimostra egoista e direi, spietata,
sia con la giovane Malika che con la sorella Fiona, gravemente ammalata. 6.
E chi è invece Malika che sfida le regole dell'oasi? La donna,
dopo la morte del marito, si traveste da uomo e si incontra con Catherine
decretandone così la rovina. Catherine e Malika sono forse faccia
d'una stessa medaglia? Malika
è una giovane e bellissima siwana, Taher ce la presenta proprio
come un simbolo della gioventù e della bellezza. Ama la sua libertà
sopra ogni altra cosa, è animata da uno spirito fiero e indipendente
che la induce a comportarsi senza tenere in considerazione leggi e consuetudini.
È questo suo spirito libero, che la accomuna allo zio, l'anziano
Shaykh Yahya, che la spinge a travestirsi da uomo e a vagare nell'oasi
durante il periodo del 'lutto vedovile', infrangendo una secolare tradizione
che vuole le vedove recluse per mesi dopo la morte del marito. Non credo
che Malika e Catherine rappresentino due facce della stessa medaglia:
Malika è fiera e coraggiosa, paga con la vita le sue scelte.
Catherine, invece, pur comportandosi in modo provocatorio, trasferisce
il rischio delle sue azioni sugli altri, a pagare saranno Malika e Mahmud,
non lei. 7. Catherine crede, sbagliandosi, che la giovane siwana Malika stia con lei tentando un approccio lesbico. Ma c'è dell'altro: scoprendosi attratta dalla giovane siwana, Catherine la condannerà senza esitazione alcuna, con terribile crudeltà. Nell'attuale società araba, per quella che è la tua esperienza del mondo arabo, Federica Pistono, con che occhio viene guardata la condizione di essere omosessuale?
9.
Come hai affrontato la traduzione de "L'oasi del tramonto"
di Bahaa Taher? Quali sono le peculiarità linguistiche
e stilistiche di Taher? La
gran parte del romanzo è in arabo classico, piano e scorrevole.
La traduzione non ha comportato particolari difficoltà. Diversa
la situazione per alcuni dialoghi resi in dialetto. Si trovano nei capitoli
in cui la voce narrante appartiene a un abitante di Siwa. In queste
parti ho incontrato maggiori difficoltà, ho comunque scelto di
rendere il dialetto in lingua italiana, senza differenziare il tessuto
linguistico di questi dialoghi da quello del resto del romanzo. Non
avrei saputo scegliere un criterio di diversificazione, così,
inevitabilmente, la traduzione risulta meno 'gustosa' dell'originale. 10.
Federica, tu hai tradotto dall'arabo parecchi romanzi che, altrimenti,
sarebbero rimasti sconosciuti ai più, ottenendo un buon riscontro
di critica e di pubblico; tuttavia c'è ancora molto da fare affinché
la cultura araba entri a pieno diritto fra i Classici della Letteratura
mondiale. In Italia, e non solo, la Letteratura Araba è guardata
con sospetto e pregiudizio, per cui un editore è quasi sempre
restio a pubblicare opere di autori quali Bahaa Taher, Ghassan
Kanafini, Zakarrya Tamer, etc. etc. Qualcuno, sbagliando,
pensa che la Letteratura Araba sia difficile. È invece vero,
perlomeno a mio giudizio, che il lettore, oggi come oggi, è stato
purtroppo abituato a leggere fin troppe storie che mettono in campo
pochi collaudati facili e semplicistici stereotipi; nel corso degli
anni il lettore è stato come lobotomizzato, privato della capacità
e della voglia di scoprire mondi e culture diverse da quelle occidentali.
La tua opinione in merito? La letteratura seriale, commerciale, ha effettivamente 'lobotomizzato' il lettore occidentale medio, abituandolo a una trama 'preconfezionata', a personaggi scontati e insipidi, a un finale banale. Quando questo lettore, non più avvezzo ad applicare il senso critico a quanto legge, si trova di fronte a un testo diverso, con ritmi narrativi nuovi, situazioni e personaggi diversi dal solito, sovente si perde, non capisce, chiude il libro e torna agli amati, vecchi schemi. Occorrono scelte coraggiose da parte di editori, autori, traduttori, che spingano i lettori ad essere più curiosi e coraggiosi nelle loro letture. 11. Quali sono i prossimi libri che per noi tradurrai? Puoi fornire qualche anticipazione?
leggi anche: Occidente e mondo Arabo a confronto. Alla scoperta di Ghassan Kanafani e Zakariyya Tamer. Giuseppe Iannozzi intervista Federica Pistono
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leggi la recensione di Giuseppe Iannozzi a "L'altra cosa (Chi ha ucciso Layla al-Hayk?) leggi la recensione di Giuseppe Iannozzi a "Primavera nella cenere e altri racconti"
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