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FolleMente "Elogio
della follia perché ci sono folli e folli"
Grazie
dellormai consueta intervista, Iannozzi Giuseppe, che aspetto
sempre con curiosità e un po di patema. Ti dico subito
che questo romanzo vuol essere lultimo omaggio a questa città,
che tanto 2. A differenza di "La discendenza dellacqua (2011), Sopravvivere a un Angelo (2012) e Ariel (delitto a Sestri Levante), FolleMente è sostanzialmente un noir. La trilogia di chiaro stampo urban fantasy sì è conclusa con Ariel. Tuttavia, anche in FolleMente il nome di una protagonista, seppur marginale, è Ariel. Lucio Figini, perché Ariel è sempre presente in tutte le tue storie? Chi è, o chi è stata, Ariel per te? Ariel è colei che ho imparato ad amare. È stato come se avessi creato un personaggio e seguito la sua crescita fino a innamorarmene perdutamente. Ma non è solo questo. Questo romanzo non è assolutamente collegato aglaltri, ma ho voluto regalare ai lettori che mi seguono alcuni omaggi. Il romanzo è ambientato quattro anni dopo gli avvenimenti di Ariel e il lettore affezionato può avere uno scorcio di ciò che è avvenuto ad Ariel e Michele. È come se le vite si incrociassero nel microcosmo Sestri. Ariel non è una sola persona, è una bambina alla quale mi sono affezionato nella mia vita lavorativa, è lo sguardo di un bambino che ho incontrato per caso, labbraccio di mia moglie, la dolcezza dei baci di mia figlia e di mia madre, è il mare dinverno, la poesia di quelle sere in cui tutto sembra un po più umano. Ariel è tutto questo. È la mia parte migliore.
Alessandro è un semplice uomo, non è in grado di vendicarsi, anche se lo desidererebbe, perché non è un angelo vendicatore. Io stesso, scrittore, ho scoperto in Alessandro un grande eroismo, che non si trova nella vendetta, ma nel rapporto con la figlia. Le notti sono affogate nella follia, ma ogni mattino lui cè, accanto a Sabrina, e si pone come scopo il farla sorridere almeno una volta, perché lei DEVE essere il più vicino possibile alla felicità, almeno lei. Sai la cosa più strana? Che alcuni lettori hanno visto come non credibili aspetti che in realtà sono i meno immaginati (e te lo dice chi ha scritto il romanzo). Alcuni esempi. Lo stesso Alessandro che ogni notte si ubriaca e ogni mattino è presente accanto a Sabrina oppure la figura di Maia, della bella e pazza Maia. Non scendo nei particolari, ma credetemi che a volte la realtà supera limmaginazione ed è divertente come il lettore spesso non se ne accorga. Certe persone esistono e vale una vita poterle incontrare: sono di carne e ossa come i miei personaggi. 4. Alessandro vive insieme alla madre e a sua figlia Sabrina. Simbottisce di psicofarmaci e tutte le sere esce per prendersi una sbronza colossale. Con FolleMente, Lucio Figini, hai forse voluto elogiare un certo tipo di follia? E se sì, per quali ragioni? Elogio
tutte le follie, ma soprattutto quelle follie meno divertenti, meno
affascinanti, quelle vere, che si ritrovano nelle foto dei Manicomi
oramai in disuso, nelle stanze pisciate e sfatte, nei muri sudici e
deturpati dai vandali. Queste stanze della pazzia, della vera psicosi
(curata con farmaci quanto più necessari per alleviare, almeno
un poco, la sopravvivenza) rappresentano, in modo neppure troppo metaforico,
5. Alessandro, nel tentativo di dimostrare la sua innocenza, simprovvisa detective: comincia così a bazzicare i locali frequentati da Lorenzo Dettis e simbatte nella sorella di lui. Se ne innamora. E inevitabile. Un cliché nero quello che laccusato si innamori della sorella delluomo assassinato! Lucio Figini, dove o da chi hai preso ispirazione per questo noir dalle tinte torbide, delicate anche, e, in una certa qual misura, profondamente carnale? In realtà Alessandro non era previsto sinnamorasse di Maia, ma già dalla descrizione della stessa (non posso citare la fonte, perché, come tu sai dallultima intervista, spesso rubo dalla realtà la descrizione fisica, e non, di persone esistenti) ho intuito che Alessandro si stava innamorando, come mai nella sua vita. E così la storia ha preso una piega inaspettata. Mi piace che tu abbia percepito la connotazione carnale del romanzo: la carne nellincontro tra i due (lui le vomita addosso), nella loro intimità, nellintimità tra Alessandro e la figlia. La carne è importante perché non è mai solo carne. In realtà non so da dove è arrivata lispirazione, io non scrivo solo per ispirazione, ma spesso per autopsicoterapia. Mi isolo, invento, creo, vivo le mie paure più profonde, ma sempre cercando di NON cadere nellerrore di metterci troppo narcisismo nella storia. Io ci sono, ma solo perché attingo da me stesso, sto sempre attentissimo a non esserci troppo e a lasciare spazio alle mie proiezioni mentali, che spesso si muovono da sole (prova ne è il rapporto tra Alessandro e Maia). Tra parentesi, io adoro Maia. 6. Tu, Lucio Figini, credi nella lex talionis? Nella Bibbia (Levitico 24, 19-20) si legge: Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto allaltro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatta allaltro. Ed Alessandro ci crede nella legge taglione? Alessandro cita Nemesi, la dea non della vendetta, ma colei che si occupa di giustizia compensatrice. E tuttavia in realtà Alessandro non crede più in nulla. Io fisso una telecamera su un frammento di vita di una persona, a voi la sentenza, non a me. Che il lettore non si aspetti che gli dica o suggerisca cosa provi Alessandro o cosa pensi, ma il mio tentativo è di far sentire il lettore come si sente il protagonista, vedendo quello che vede Alessandro. Spero di essermi spiegato, ci tengo a questo. Dimenticavo, io non credo nella legge taglione. 7. Lucio Figini, qual è la tua posizione sulla pena di morte? Io non credo nella pena di morte, ma onestamente credo anche che ci siano dolori che attingono a parti di noi che non abbiamo il diritto di giudicare. 8. Molti artisti sono (stati) anche dei folli, delle persone eccentriche, non poche volte con dei gravi disordini mentali. La storia della Letteratura ne conta un numero infinito. Quandè che la cosiddetta sanità mentale sconfina nella follia? Tu, Lucio Figini, ritieni di essere un po folle? E se sì, in che modo, in quale misura? Parlavo di questo argomento, allincirca, nella mia ultima presentazione. Io credo che ci siano due tipi di artisti. I primi hanno la fortuna (o sfortuna) di avere un canale comunicativo (pittura, fotografia, cinema, scrittura, musica, ecc ) e se famosi, spesso è permesso loro tutto, lasciano figli, scopano tutte le donne del mondo, le mettono incinte e lasciano i figli, sposano bambine, si drogano, non tutti certo, ma non si può negare che capiti. I secondi (spesso sconosciuti) che hanno la sfortuna (o fortuna) di avere larte nel sangue, ma di non avere doti comunicative. Ecco allora che essi, spesso, fanno della loro vita unopera darte. Ecco, io prediligo i secondi. Non voglio evitare la domanda con la solita banale storia che tutti siamo folli e la differenza sta in quanto evitiamo che la nostra follia esca a livello sociale (lo dico spesso, memore del mio lavoro, e lo penso davvero). Ma ci sono folli e folli. Non bisogna mancare di rispetto ai veri folli, i malati che non hanno scelta e che spesso portano nelle ossa una follia molto meno romantica, più psicotico-psichiatrica. Detto questo, la risposta è sì, io un po lo sono. In quale misura? Una amica psicoterapeuta, dopo aver letto tutti i miei libri, mi ha chiesto se volevo andare da lei in seduta. Al che le ho risposto che sono frutto di fantasia, ma lei, non soddisfatta, ha continuato dicendo che non è così facile, che da qualche parte sono uscite queste fantasie, da me, non da qualcun altro. In sostanza (citando la mia buona amica): io sono un libro aperto solo per chi sa leggermi tra le righe (FolleMente ne è la prova evidente). A te o ai lettori intravedere la mia, di follia. 9. In FolleMente cè una morale o un insegnamento che i lettori possono accettare di buon grado, o siamo piuttosto di fronte a noir punto e basta? Non siamo di fronte a un noir punto e basta, come ti ho già detto in passato, io odio i generi e la generalizzazione, letichettamento, ma a quanto pare il mondo ne ha bisogno, tutti ne abbiamo ancora bisogno. Il motivo del mio scrivere è soprattutto (oltre al fatto che mi permette di non fare cazzate nella vita reale) la profonda curiosità di ciò che mi muove, e non parlo di qualcosa che arriva dallesterno, ma dallinterno, perché reagisco e provo e soffro. Ripeto: COSA MI MUOVE. Chi legge i miei romanzi si accorge subito che non sono solo dei noir o dei gialli, ma generalmente se ne accorge troppo tardi, quando certe domande iniziano a dare fastidio. Insegnamenti? Forse uno: non tiriamocela. Non è un romanzo didattico, non voglio insegnare nulla a nessuno, assolutamente. Solo il non giudizio suglaltri e forse anche su se stessi (questo non vuol dire il non pensiero, è molto differente, ma spesso confondiamo le due cose). Non possiamo capire come reagiremmo a certe situazioni o come saremmo cresciuti in ambienti socioculturali diversi, con insegnamenti diversi, con religioni diverse. Non tiriamocela, ma impariamo ad ascoltare e sentire, solo questo come insegnamento. Uno e semplicissimo. Grazie Giuseppe, è sempre un piacere. E non lo scrivo per educazione, in questo periodo non mi sento troppo educato. Lo scrivo perché conoscere chi sa LEGGERE, con la lettera MAIUSCOLA, è sempre un privilegio. Lucio
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