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Brano
tratto da
"La
discendenza dell'acqua"
Pavia annega
nella nebbia. Eppure linverno vero non è ancora iniziato.
La macchina sembra unisola ghiacciata. Salgo e metto in moto. Raggiungo
la comunità in orario e la vedo: una bambina vestita di rosso,
nel sedile posteriore di una Opel Corsa bianca parcheggiata vicino allentrata.
Due donne stanno fumando, una con il braccio fuori dal finestrino.
Non appena entro, vengo intercettato dal mio responsabile dottor Mauri.
- Sono in sala riunioni, - dice allontanandosi - dovrebbe arrivare unassistente
sociale di Genova o dintorni per un inserimento.
- Buongiorno - rispondo ironicamente.
Le due donne superano la soglia senza incertezze, una tiene per mano la
bambina. Possono avere fra i trenta e i cinquantanni. La più
giovane, dai fianchi straripanti, si rivolge a me: - Barbara, assistente
sociale, lei è la dottoressa Orti, Franca Orti, abbiamo un appuntamento
con il responsabile di struttura, il dottor Mauri.
- Sì, vi sta aspettando in sala riunioni - rispondo e dimentico
di presentarmi.
La bambina è immobile, nascosta tra le gambe rotonde di Barbara,
indossa un vestito rosso troppo voluminoso, dalle spalline sottili escono
braccia minuscole. Ha i capelli cortissimi, quasi rasati. Mi guarda senza
parlare, mi esamina è il termine più adatto. Ho la sensazione
di conoscerla, o meglio, di conoscere i suoi genitori, adulti con lineamenti
simili.
A invadermi sono i suoi occhi, occhi da grande in sguardi di bambina,
posseggono qualcosa di familiare che non so afferrare.
Non sorride, non parla, sembra non essere presente, forse intuisce che
da quel momento in poi sarò la persona che si occuperà di
lei, o meglio, dei suoi bisogni primari: dormire e mangiare.
Mi vedo attraverso i suoi occhi: un quarantenne con ancora qualche sembianza
da ragazzo, lunghi capelli tra il biondo e il bianco, un corpo alto, magro
e nervoso.
Una voce mi raggiunge nonostante sia lontano mille miglia: - Francesco,
accompagnale per cortesia e rimani con noi. Chiama Cristina per occuparsi
della bambina, per un giro panoramico della struttura.
È il mio capo. Devo essere presente per definire linserimento,
a quanto pare immediato, ricevere le informazioni necessarie e attivarmi
per far sistemare una stanza per la nuova ospite. Non ho mai capito perché
le persone si fidano di me.
Sembra che, nonostante la misantropia, alla fine faccia precisamente ciò
che deve essere fatto.
Questo pareggia il difficile rapporto con i colleghi, la loro monotonia
il più delle volte minfastidisce. Continuano a emettere fiato,
a parlare di quanto il nostro responsabile sia stronzo, degli orari disumani,
dello straordinario non pagato, di cosa avrebbero fatto se la vita non
li avesse portati dove ora sono. Vociano di contratti, donne, uomini,
sesso, calcio.
I ragazzi invece non sono mai banali. Bisogna interpretarli oppure tinsultano.
Nulla di personale, ma con le persone è come guardare negli occhi
e vedere oltre, quasi fossero esseri trasparenti, vetri leggermente appannati
da parole banali.
Spesso mi chiedo come faccia il mondo a essere così vuoto, così
maledettamente simile a una giostra per bambini, dove tutti, con movimenti
sempre identici, cercano di raggiungere un codino sventolato sul naso,
con lillusione che prima o poi toccherà loro.
In realtà luomo è solo uno dei finti cavalli a dondolo,
obbligato nello stesso movimento, perennemente.
- Accomodatevi - sussurra il dottor Mauri indicando le sedie, rivolto
alle due donne.
Affido la bambina a Cristina faticando non poco. Insiste nello stringermi
la mano ed io non voglio lasciarla andare.
- Lui è Francesco, leducatore che si occupa dellinserimento
dei nuovi ospiti nella nostra struttura e della supervisione dei progetti
individuali.
Faccio un cenno di assenso con la testa.
Barbara, assistente sociale dellASL di Genova, mi porge la mano
e così anche la dottoressa Orti, neuropsichiatra, seduta di fianco
a lei.
- La ringrazio per aver accettato un inserimento con così poco
preavviso e senza le informazioni necessarie. È abbastanza urgente.
Anche la dottoressa annuisce e conferma.
Barbara sembra in imbarazzo.
- Non cè molto da dire, purtroppo, si tratta di un caso inusuale.
Non abbiamo informazioni che riguardino la storia biografica della bambina,
pochi elementi rispetto la sua condizione psichica ed emotiva. Sappiamo
solo che è in buona salute, in base ovviamente agli esami medici.
- Direi di partire dallinizio, se non le spiace - il dottor Mauri
sfoggia un sorriso accogliente, la sua arma migliore.
- Un agente della polizia ferroviaria ha trovato la bambina accovacciata
in un angolo del bagno della stazione di Sestri Levante, nascosta tra
un lavandino e il ripostiglio delle scope, i primi di settembre.
Traffica con una borsetta di marca e ne trae una cartella: - Precisamente
la sera dellotto settembre, verso le venti e quarantacinque. Era
completamente inzuppata, aveva i capelli rasati, sporca e con ecchimosi
varie sul viso e sul corpo. È stata chiamata subito unautoambulanza.
Non sembrava avere danni fisici e nulla faceva presumere violenze sessuali.
Una bambina sana, almeno dal punto di vista fisiologico, a parte il fatto
che non parlava.
Barbara aggiunge che ovviamente non aveva documenti e la polizia non aveva
fornito informazioni di bambini scomparsi che riguardassero la Liguria
o le regioni limitrofe.
- Le forze dellordine sono in alto mare, non sappiamo neppure se
Ariel è italiana o straniera, in attesa di scoprire il suo vero
nome è così che labbiamo chiamata.
- Dal punto di vista psicofisico sono stati fatti accertamenti e valutazioni?
Mi riferisco sia al mutismo che a presumibili disabilità o deficit
psichici - chiede il dottor Mauri, osservando il quadrante dellorologio
appoggiato sul tavolo.
È una vecchia abitudine. Non che abbia fretta o debba gestire i
tempi della riunione, come avevo pensato nei primi anni di lavoro, ma
semplicemente ama gli orologi. La lancetta dei secondi si muove senza
incertezza o errore, con un metodico movimento, come un compagno di viaggio
attraverso fiumi di parole, intuizioni, conclusioni. Tutto questo gli
dona un senso di sicurezza.
Prende la parola la dottoressa: - È stata ricoverata una settimana
nel reparto di medicina dellospedale di Genova, poi trasferita nel
reparto neuropsichiatrico, per tre settimane circa. Come detto in precedenza
non sono state riscontrate malattie in corso, escluse anche epatite, aids
o altre patologie. Per quanto riguarda laspetto psicologico è
tutta unaltra faccenda.
È una donna trasandata, ma con semplicità. Sembra non imporsi
un gusto particolare. Magrissima, capelli lunghi raccolti da un mollettone,
uno spolverino nero corto che copre la gonna al ginocchio. Le parole vengono
sussurrate, le labbra quasi non si muovono.
- Deve aver subito uno o più traumi emotivi. Non sono state possibili
valutazioni psicologiche e non sappiamo se presenta lacune a livello cognitivo.
Ariel non ha mai parlato né scritto da quando è stata trovata.
Il problema principale sembra essere la sua totale chiusura a ciò
che la circonda. Collabora con chi si occupa di lei, senza comunque essere
partecipe nella relazione. Il suo sguardo
il suo sguardo è
presente, ma nello stesso momento distante.
- Avete escluso la presenza di componenti autistiche?
- Non abbiamo escluso nulla. Il nostro invio in questa struttura è
anche mirato a esami specifici. Posso solo dire che pur essendoci unassenza
di volontà di entrare davvero in relazione con laltro, il
contatto oculare è sempre presente, invasivo, penetrante. Questo
mi fa pensare a un altro tipo di problema, non allautismo.
La dottoressa Orti abbassa lo sguardo e aggiunge che Ariel sembra così
presente nel reale, quasi troppo per la sua età e, insieme, così
disinteressata da tutto e tutti. Si comporta come un robot. Si muove e
ubbidisce agli ordini, senza mai concedere un sorriso.
- Mi creda, la sua originale storia, il non sapere chi è, da dove
viene, la sua età
ha colpito molto le infermiere del mio
reparto. È stata coccolata e accudita come mai ho visto in questi
anni, eppure non ha reagito in alcun modo. Non una parola o un sorriso
- sembra scoraggiata.
- Caso interessante sia dal punto di vista medico che umano. Le vorrei
solo ricordare che la nostra struttura è socio-educativa, benché
tra i nostri ospiti ci siano minori con diversi tipi di problematiche,
anche psichiatriche.
- Non si preoccupi, - interviene Barbara - ci siamo indirizzati a voi
perché riteniamo che la bambina possa essere idonea a una struttura
con le vostre caratteristiche.
Lintuito mi dice che per arrivare a Pavia, partendo da Genova, i
servizi non devono aver trovato troppa disponibilità nelle comunità
vicine.
È una bambina senza identità, senza voce, senza sorriso,
alla quale è stato affibbiato il nome Ariel. È stata trovata
inzuppata in un bagno della stazione, quasi fosse una sirenetta di una
fiaba finita male.
Non è un caso comune.
Ho acquisito una certa dimestichezza con le stranezze della vita, in dieci
anni ne ho sentite di ogni. Sotto la pelle mi sono entrati abusi, abbandoni,
indifferenze, follie, fantasmi che mi hanno regalato una pericolosa neutralità
verso i fatti della vita.
Ma Ariel chi è? Come si è materializzata senza rumore e
senza passato?
- Mi ero quasi scordata un particolare importante. Presenta una forma
di rituale compulsivo verso lacqua. Si lava spessissimo mani e viso,
anche quindici o più volte al giorno, rifiuta sapone o detergenti.
Credo che in parte le ecchimosi del viso se le sia procurate per sfregamento
- conclude la dottoressa, sistemandosi occhiali troppo voluminosi per
il suo viso.
(...)
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Lucio
Figini nasce l'8 febbraio del '71, laureato come Educatore professionale,
sposato con Claudia e padre della splendida Giada, lavora da diciassette
anni in ambito psichiatrico e come Formatore.
Ha pubblicato: "Essere sotto le parole", (poesie giovanili,
Montedit, 2001), "Autobiografia di uno sconosciuto", (romanzo,
Arduino Sacco Editore, 2009), "La fiaba della Buonanotte" (romanzo
breve, Giallomania, 2013 e Youcanprint, 2014).
Per Cicorivolta, ha pubblicato i romanzi: "La
discendenza dell'acqua" (2011), "Sopravvivere
a un angelo" (2012), "Ariel
(delitto a Sestri Levante)" (2013), "FolleMente"
(2014), "Michelangelo
il giostraio (e le donne)" (2015), "Il
rumore di una lacrima (Le inusuali indagini dell'educatore Leonida)"
(2016).
I suoi romanzi non seguono un genere specifico, ma in essi si raccolgono,
contaminandosi, generi quali noir, giallo psicologico, mistery, fantasy,
amore.
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