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da Fuori le Mura il primo settimanale on line di Roma
Condividere per vivere: Mio fratello muore meglio di Renzo Brollo
lunedì, 30 agosto 2010
di Flavio Camilli

Credo che una grande verità che rimane spesso agli angoli dei pensieri, sia che, dopotutto, si tende a costruire l'esistenza maggiormente sulle assenze che sulle presenze. Il miglior carburante, l'aspirazione, nasce, per definizione, dal bisogno di "avere" ciò che per il momento non si possiede, o di essere chi non si è.
Si finisce perciò troppo spesso, e probabilmente erroneamente, per strutturarsi come figure in negativo, i vuoti dietro il ritaglio e non il ritaglio stesso, presto accartocciato e dimenticato in virtù di una logica di certo non salutare, ma forse normale, per cui ciò che non siamo ha più peso di ciò che, non importa dopo quanti e quali sforzi, siamo diventati.
Lo sa bene Giovanni, protagonista del bel Mio fratello muore meglio, ultimo romanzo del gemonese Renzo Brollo (Leggi l'intervista), già autore di Se ti perdi tuo danno, entrambi pubblicati per i tipi di Cicorivolta edizioni.
Giovanni, nella fattispecie, non è suo fratello gemello, ne ha certamente le fattezze, ma niente più ("Non era lui, eri solo tu"). Lui è morto tragicamente all'età di otto anni, lasciandolo solo a riempire la voragine di due contorni. Schiacciato dalla solitudine e dalla convinzione di essere il sopravvissuto sbagliato, Giovanni conduce un'esistenza passiva, ai limiti dell'isolamento.
Forse perché "chi non chiede, riceve. E ne riceve molto più di quanto possa trattenere, finendo per soffocarci in mezzo", a scaraventarlo al centro dell'attenzione del piccolo paese di provincia in cui abita ci penserà il regalo del Caso per il suo trentacinquesimo compleanno; un getto di sangue umano fuoriuscito dalla sua doccia lo trasforma, ai soli occhi della paccottiglia popolana che attraverso la "superstizione svende la realtà" e alla ricerca costante di nuovi santi a cui delegare la responsabilità delle proprie esistenze, in un miracolato, un prescelto, l'eletto non si sa bene di quale diabolica congrega con diritto di voto.
Un sindaco truffaldino e arraffone, un messo comunale insopportabile e tutta una processione di fedeli dell'ultima ora cercheranno di valutare quanto, in termini puramente materiali, potrà essere ricavato dal singolare evento.
Solo il disadattato e disadatto Giovanni e la non vedente Angela, assieme a Tommaso, cane-guida di lei, si interrogheranno invece sul perché. Messaggio di Dio, eredità del defunto fratello o solo l'ultimo complesso intruglio generato dalle coincidenze?
Renzo Brollo, forte di una scrittura matura, evocativa, dettagliata ma anche incredibilmente sintetica, che attraverso poche e ben selezionate parole riesce a veicolare una quantità inusitata di sensi, racconta una vicenda atipica e coraggiosa, che non fa dell'incipit il proprio punto di partenza ma piuttosto meta e pretesto da cui viaggiare all'interno della psiche di un carattere che con il procedere della lettura diviene sempre meno personaggio e sempre più persona. Giovanni, prima accecato e poi riscaldato da un riflettore puntatogli improvvisamente in faccia, a lui che ha sempre vissuto all'ombra di un'ombra, prende coscienza dei contorni delle cose, ricominciando in positivo, imparando la bellezza dell'arte dell'addizione per mezzo della condivisione forzata ma anche catartica delle proprie debolezze e abbandonando l'esercizio della sottrazione, operazione elementare del dolore. Se durante l'infanzia vivere era effettivamente condividere con un doppio e dimezzare così le angosce raddoppiando i piaceri, ora esistere sarà cercare dentro se stessi brandelli della defunta metà, per realizzare che si è sempre stati anche ciò che ci ha lasciato.
Brollo, silenziosamente, suggerisce che non importa se, come, e soprattutto perché le cose avvengano; spesso il significato è il tramutarsi dell'evento stesso in occasione, e il suo vero valore risiede in ciò che da esso può scaturire e non in quel che l'ha determinato.
In un momento in cui l'editoria e molti scrittori si inchinano forse eccessivamente alle logiche di mercato, tradendo l'equilibrio sacro (e casuale) che rende i capolavori tali (ovvero l'essere nella stessa misura opera scritta per sé stessi e per gli altri) e declinando il libro esclusivamente al lettore-sovrano a cui è oramai eresia chiedere uno sforzo intellettuale, leggere un romanzo come Mio fratello muore meglio, una vicenda statica ma non certo piatta, una bolla lisergica di buona narrativa striata di delicato noir e misurata tragicommedia dove i pensieri vincono sui fatti, è una boccata d'aria fresca, un piacevole diversivo che trascende il trend per approdare forse nel complesso ma certamente nel lodevole.

 

MIO FRATELLO MUORE MEGLIO