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Paolo DAmato. Intervista allautore di Settimo a cura di Giuseppe Iannozzi
Scrivo da sempre: ho iniziato con le classiche poesie adolescenziali per poi proseguire con appunti, semplici pensieri, racconti brevi e molto semplici. Qualche anno fa decisi di iscrivermi ad un corso di scrittura creativa (LOfficina del Racconto, curata dallo scrittore Domenico Notari). Il laboratorio mi è servito soprattutto ad acquisire consapevolezza delle mia capacità, oltre che a confrontarmi con uno scrittore esperto e con altri appassionati come me. Da qui è poi nata la decisione di inviare il primo racconto ad Inchiostro: la pubblicazione, i complimenti di amici e parenti, la conseguente fiducia in me stesso, sino alla decisione di mettermi al lavoro per creare qualcosa di più corposo.
Sicuramente sono stato influenzato da tutto ciò che ho letto nella mia vita, e non è poco. Sono un lettore famelico ed onnivoro. Non sono però in grado di stilare una classifica delle mie preferenze, anche perché un autore può esaltarti con un libro e deluderti con un altro. Una cosa però voglio dirti: George Simenon non mi ha mai deluso e il piacere che provo ogni volta che leggo un suo libro mi sorprende ogni volta! E possibile che oggi si legga più King che Hemingway, perché purtroppo oggi manca una educazione alla lettura e soprattutto tra i giovani la consapevolezza del grande piacere che essa procura (con tutto il rispetto per il grande Stephen, naturalmente!). 3. I fatti di cronaca nera oggi, per fortuna o purtroppo, sono diventati anche entertainment: molti i talk-show e i programmi di approfondimento sui fatti di sangue della nostra società, ma sono anche tanti i libri che parlano di certi tragici accadimenti. Par non si possa proprio far a meno di portare in prima pagina il morto ammazzato e farci su business. Sembra quasi che si sia tornati indietro nel tempo, in una nuova epoca vittoriana. Non parlarmene! Odio quel genere di trasmissioni televisive. E soprattutto mi danno il voltastomaco quegli esperti improvvisati che in TV celebrano veri e propri processi: giudicano, insinuano, si schierano, condannano. Tutto sulle spalle delle disgrazie altrui. Bisogna ovviamente tenere ben distinti i pareri e gli approfondimenti trasmissioni televisive e soprattutto libri delle persone qualificate, ma in genere il pubblico preferisce dettagli macabri ed emozioni sconvolgenti, urla e pianti. Non mi piace tutto questo, decisamente no! 4. A tuo avviso, Paolo DAmato, in che misura la fiction potrebbe aiutare lopinione pubblica a farsi unidea dei pericoli che, bene o male, oggi noi tutti corriamo mettendo il naso fuori di casa? Stiamo attraversando un periodo storico nulla affatto felice, dove il crimine si consuma alla luce del sole non risparmiando né giovani né anziani, il più delle volte per rubare pochi euro. Non ci si fa scrupolo alcuno ad ammazzare per una catenina doro, e poco importa al criminale di turno che la vittima da lui designata sia una ragazzina o una anziana signora. Limportante è che linformazione sia seria. Che si faccia fiction o un semplice telegiornale, è necessario che dietro ci siano professionisti equilibrati, altrimenti la notizia facilmente si trasforma in provocazione e condanna. E non dimentichiamo il ruolo che dovrebbero ricoprire la famiglia e la scuola. 5. Non mancano i delitti passionali, e purtroppo neanche gli stupri. Ahinoi, le donne sono le vittime privilegiate da chiunque intenda delinquere. Si parla di femminicidio, quando sarebbe forse più giusto parlare di barbarie; ciononostante si chiacchiera di sesso, a tutte le ore, oggi più di ieri, e spesse volte sesso e delitto si sposano per dar corpo a dei romanzi, di fiction, che par vadano per la maggiore. La tua ultima fatica, SETTIMO, mette nero su bianco una torbida vicenda, dove tu non manchi daffrontare il non poco delicato tema del voyeurismo. I delitti passionali e gli stupri esistono da sempre, non è che oggi ci sia una recrudescenza. Forse la cosa peggiore che affligge la nostra società è limpunità degli autori di tali crimini, le pene troppo lievi, i benefici di legge, spesso eccessivi, un garantismo inopportuno che spesso privilegia il carnefice alla vittima. Per non parlare poi delle deficienze investigative: oggi non cè più lintuito e lesperienza dello sbirro a farla da padrone ma centinaia di indagini scientifiche che non approdano a nulla. E spesso, troppo spesso, il libero convincimento dei giudici è dettato da fattori che Vabbé, lasciamo stare! E vero che uno dei personaggi di Settimo è un guardone violento, ma giuro che alla fine avrà ciò che si merita 6. Paolo DAmato, secondo te noir e gialli possono in qualche modo contribuire a sviscerare delle realtà nascoste, o questi generi letterari sono più che altro un facile divertimento per il lettore in cerca di emozioni più o meno forti? Possono essere entrambe le cose, dipende dal lettore. Un buon libro è un buon libro. Il noir secondo me insegna o dovrebbe insegnare che intorno a noi non tutto è bianco o nero ma che ci sono mille sfumature in ogni persona o situazione. 7. Nel tuo ultimo romanzo, SETTIMO, seppur per vie un po traverse, si parla anche delle Brigate Rosse. Sono esse oramai diventate un cliché nel plot di un romanzo; le BR si stanno forse, per così dire, riscattando nei tanti romanzi (italiani) a loro dedicati? Riscattando? Più che altro in Settimo, oltre che raccontare un fatto di sangue capitato nella mia città e rendere omaggio alle vittime, ho voluto denunciare la lieve entità delle pene a cui vennero condannati gli assassini e soprattutto i benefici che furono loro concessi. Macellai senza scrupoli, vigliacchi che spararono dieci contro uno approfittando della sorpresa. Questo tipo di gente può girare libera per strada, secondo te? 8. In SETTIMO compare anche una sorta di angelo buono, don Alfonso, personaggio liberamente ispirato alla figura di Alfonso Menna, il quale nutriva forti simpatie per quella che era allora la Democrazia Cristiana. Tu, Paolo DAmato, sei un uomo di fede, e se sì, credi che la fede possa aiutare in maniera concreta chi si trova in difficoltà economico-sociali? Non ho mai avuto molta simpatia per i partiti politici ma per le ideologie. Don Alfonso, hai detto bene quando lo hai definito angelo buono, era un esponente della Democrazia Cristiana. Se non lo fosse stato, sarebbe stato un comunista o un fascista. Altro non cera allepoca. Bei tempi Credo in Dio e ci parlo spesso. Laiuto che può ricevere qualcuno dalla propria fede è interiore: e spesso è proprio quello di cui si ha bisogno, al giorno doggi! 9. Il medico di guardia al pronto soccorso in quel fatidico 26 agosto di circa trentanni fa si chiama Giovanni DAmato, e la sua singhiozzante telefonata era diretta a me, allora diciassettenne. Lagente Antonio Bandiera spirò in ambulanza le mani insanguinate strette a quelle di mio padre [ ]. Chi era Antonio Bandiera? Che ruolo ha nel tuo romanzo? Antonio Bandiera, come Mario De Marco, come Antonio Palumbo, era un ragazzo che un giorno è uscito di casa per andare al lavoro e dopo poche ore giaceva disteso sul tavolo di un obitorio, sporco di sangue e crivellato di proiettili. Una settimana fa mi ha telefonato la sorella dalla Calabria, aveva ricevuto il libro tramite un ispettore di Polizia di Salerno: mi ha detto non le passo mia mamma al telefono perché sta piangendo commossa. Dopo trentanni quella povera donna piangeva ancora il proprio figlio. Vuoi sapere il ruolo di Antonio Bandiera e degli altri nel mio romanzo? Eroi, semplicemente 10. Esistono poliziotti che fanno il loro dovere in maniera più che onesta, ma esistono forse anche dei poliziotti un po così e così. Qual è la tua opinione in merito? Esistono i buoni e i cattivi. Tutto sta a guardare le cose dalla prospettiva giusta, intendo non strumentalizzata. 11.
Sulla rivolta di Valle Giulia, Pier Paolo Pasolini scriveva: A
Valle Giulia, ieri/ si è così avuto un frammento/ di lotta
di classe: e voi amici/ (benché dalla parte della ragione)/ eravate
i ricchi./ Mentre i poliziotti (che erano dalla parte/ del torto) erano
i poveri./ Bella vittoria, dunque,/ la vostra! In questi casi/ ai poliziotti
si danno i fiori, amici. Pasolini era un grande e il suo pensiero è sempre attuale. Un animo libero, come pochi Mi viene in mente un film con il grande Totò, e precisamente una scena in cui uno splendido Aldo Fabrizi dice: «Bella gente noi Italiani. Arrestano qualcuno? Tutti a dire: Poveretto, aveva bisogno . Ci troviamo il ladro in casa? Allora diciamo: Delinquente, assassino, acchiappatelo!». 12. Napoli è soltanto quella che racconta Roberto Saviano o cè invece dellaltro? Napoli non è quella che racconta Saviano. Napoli è tutta unaltra cosa. Saviano ha solo fotografato un po di spazzatura e lha messa in prima pagina 13. Lo stereotipo del poliziotto di quello buono che risolve i casi da sé anche a costo di andare contro gli ordini dei propri capi è quasi sempre disegnato come una persona solitaria sui quarant'anni, introversa, di poche parole, senza una famiglia a cui badare, con problemi esistenziali che affondano le proprie radici in un passato ben lontano. Vorrei mi smentissi. E vero che esiste questo stereotipo, del resto in letteratura ci sono precedenti illustri. Forse è il fascino di una vita vissuta in bilico tra il bene e il male. In realtà non ho mai conosciuto un poliziotto o un carabiniere che somigli anche molto lontanamente a Settimo. Gli sbirri che ho incontrato io? Persone semplici, con un forte senso del dovere, dotate di senso dellumorismo e capaci di un'autoironia spiazzante. 14. Quali i tuoi progetti per il futuro? Hai già pronto un nuovo lavoro? Avresti voglia di accennare qualcosa a tal riguardo? Magari avessi già qualcosa di pronto Sì, alcuni racconti, molte idee, qualche pagina di appunti. Tieni presente che io scrivo nei ritagli di tempo che riesco a strappare alla famiglia e al lavoro. Però una cosa posso dirtela. Il prossimo libro sarà ambientato a Salerno, il protagonista sarà ancora Settimo e il titolo sarà Beh, mò vuoi sapere troppo!!!
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