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Scomparire di Claudio Marinaccio

Kronos divora uno a uno i suoi figli

di
Iannozzi Giuseppe


Scomparire (Cicorivolta edizioni) di Claudio Marinaccio, per certi versi, è un romanzo atipico, ma non per questo, a pieno titolo, controtendenza. Adottando un metro critico riduttivo si potrebbe forse dire che Scomparire è un lavoro che ricalca certi lavori di Chuck Palahniuk, mentre è più giusto sottolineare che il romanzo, pur includendo diversi elementi gore, accoglie una miriade di elementi postmoderni tipici dell’avantpop.


Claudio Marinaccio, in Scomparire, mette sul piatto la nostra società, e qualche volta la pesa e la misura, con compiaciuto disgusto tratteggiando impulsi e pulsioni dell’uomo moderno, un essere che tende a scomparire e che sempre è insicuro e impacciato, succube della pubblicità e della moda. L’uomo contemporaneo è stato dunque ridotto a un oggetto scevro di anima, sol più preoccupato di piacere alla gente prima che a sé stesso. Non ci sono eroi in Scomparire; c’è invece un antieroe, un giovane che bello non è e che ricorre a tutti i mezzi possibili e immaginabili pur di riuscire a non essere ignorato da quanti lo circondano.


Il protagonista è un giovane obeso; la sua è una ben pesante tara, perlomeno lui la percepisce tale, per cui, stanco di sé, si dà da fare per riuscire a diventare una sorta di mannequin. Non si risparmia pur di riuscire a dimagrire e diventare così un uomo-oggetto, qualcosa di desiderabile. Inizia così la sua discesa all’inferno. Certo, il protagonista non aveva messo in conto che per dimagrire avrebbe dovuto annullare sé stesso; all’inizio, credendoci (quasi) in buona fede, aveva pensato che dimagrendo e raggiungendo il peso forma, sarebbe stato oggetto di attenzione da parte delle donne, del mondo del lavoro, e non solo. Tuttavia, ben presto, l’idea di dimagrire diventerà una ossessione, un dèmone dal quale sarà impossibile sfuggire: il protagonista difatti, ogni giorno, perde peso in maniera drastica; rifiuta il cibo, rifiuta le calorie, per arrivare quasi al punto di rifiutare persino il solo pensiero di respirare per tema di ingrassare, di metter su (involontariamente) peso. L’inferno si delimita intorno a lui e lui ci sta bene nel suo inferno, nonostante si veda ridotto a poco più d’uno scheletro. Il giovane protagonista è molto più che anoressico: non sopporta più di esistere. Nella sua mente febbricitante presto si fa strada l’idea che l’unica perfezione consigliabile è quella di scomparire, di divorare letteralmente ogni traccia materiale di sé.

Scomparire di Claudio Marinaccio è un racconto lungo, o un romanzo breve, che si lascia divorare pagina dopo pagina. In una società ipertecnologica, dove a contare sono l’apparenza, la bellezza plastica tirata su, a forza, in laboratorio e quello che uno possiede, perlopiù accessori inutili, il protagonista di Scomparire digerisce a tutto spiano la cultura avantpop per poi subito vomitarla, senza però riuscire a smaltire il suo ferale veleno.
Adottando uno stile nevrotico, talvolta allucinato e allucinogeno, l’autore dà corpo a una narrazione tanto tesa quanto fruibile, senza perdersi in troppe elucubrazioni pseudo-filosofiche. In apertura, si è detto che Scomparire non è, non a pieno titolo, un romanzo controtendenza: non lo è perché, purtroppo, descrive la società e gli stilemi che essa ci impone. E forse, destino dell’umanità, prima o poi, sarà quello di impazzire completamente, di divorarsi e quindi di scomparire. Forse, ancora una volta, Kronos, figlio del Cielo e della Terra, divorerà uno dopo l’altro i suoi figli,
Zeus compreso!


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Scomparire