i quaderni di Cico
 
 

 

 

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*La traduttrice, Federica Pistono, è laureata in Lingua e Letteratura araba presso l’Università degli Studi L’Orientale di Napoli, ha conseguito un diploma di master in Traduzione letteraria ed editoriale dall’Arabo presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Vicenza. Ha inoltre conseguito il Diploma in Lingua araba presso l’Istituto di Lingua Araba dell’Università Statale di Damasco nonché il Diploma in Lingua araba presso lo Yemen Language Center di Sana'a. Ha tradotto, di Ghassan Kanafani, il romanzo L'altra cosa (Chi ha ucciso Layla al-Hayk?)”, i racconti Uomini e fucili e i tre romanzi brevi, o racconti lunghi, L’Innamorato, Susine di aprile e Il cieco e il sordo, contenuti nell’opera dal titolo “L’Innamorato” . Ha inoltre tradotto “Primavera nella cenere e altri racconti” e la raccolta “Il tuono”, tratti dall’Opera di Zakaryya Tamer, nonché il romanzo “L’oasi del tramonto” di Bahaa Taher, già vincitore dell’International Prize for Arabic fiction, “Sarmada” di Fadi ‘Azzam, romanzo finalista all’Arabic Booker Prize del 2012, “La nipote americana” di Inaam Kachachi, dalla short list dell’International Prize for Arabic Fiction del 2009, i romanzi “Dita di datteri” e "Cugini, addio" di Mushin al-Ramli.

Tutti pubblicati in Italia da Cicorivolta Edizioni.

 

 


titolo: "Dita di datteri"
collana i quaderni di Cico
autore
Muhsin al-Ramli
(traduzione dall'arabo e nota introduttiva di Federica Pistono*)

ISBN 978-88-99021-03-0
© 2014 - € 13,00 - pp. 205 - in copertina, illustrazione originale di Khalid Kaki
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Selim, fuggito dall'Iraq di Saddam Hussein per motivi politici, vive a Madrid. Lavora come autista di un furgone che distribuisce giornali e vive in un piccolo appartamento solitario, dove solo alcune vecchie foto del paese natio gli offrono qualche conforto. Selim è nato e cresciuto in una famiglia patriarcale e conservatrice, dominata dall'autorità e dal pugno di ferro del nonno, che ha educato figli e nipoti al rigido rispetto della tradizione islamica e, al tempo stesso, alla costante opposizione al regime di Saddam. I ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza nel villaggio natio, nei pressi di Tikrit, sulle rive del fiume Tigri, i volti dei genitori, del nonno, dei fratelli, delle sorelle e, soprattutto, dell'adorata cugina Alia, suo primo e unico amore, annegata nel Tigri, accompagnano Selim giorno e notte. Ma un giorno il destino lo attende al varco e gli rivoluziona la vita: in una discoteca di Madrid, incontra per caso il proprio padre, che credeva ancora in Iraq. Nuah, il padre, è irriconoscibile: l'iracheno severo, rigidamente osservante, si è trasformato in un personaggio bizzarro, che sfoggia capelli tinti, indossa abiti stravaganti, porta più di un orecchino e gestisce una discoteca nel centro della capitale...

 

 


...di Muhsin al-Ramli
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"Cugini, addio"

 

 
 
 

"Dita di datteri"di Muhsin al-Ramli:
il romanzo dell’esilio

di Lorenzo Mazzoni per "IL FATTO QUOTIDIANO" (leggi)


 
“Dita di datteri” di Muhsin al-Ramli
leggi l'intervista di Giuseppe Iannozzi a Federica Pistono
 

Federica Pistono e Bahaa Taher.
Intervista alla traduttrice e curatrice de "L'oasi del tramonto"
(Cicorivolta Edizioni)

 
“La nipote americana” e “Sarmada”. Inaam Kachachi e Fadi ‘Azzam, due grandi autori tradotti da Federica Pistono. A cura di Giuseppe Iannozzi
 



Nota del traduttore

Selim, il protagonista, è un giovane iracheno rifugiato in Spagna, fuggito dall’Iraq di Saddam Hussein per motivi politici.
Il giovane vive, a Madrid, la vita vuota e noiosa dell’immigrato, lavorando come autista di un furgone che distribuisce giornali. La sua esistenza di sradicato si dipana ogni giorno tra il lavoro e il piccolo appartamento solitario, dove solo alcune vecchie foto del paese natio gli offrono qualche conforto.
Selim è nato e cresciuto in una famiglia rigorosamente patriarcale e conservatrice, dominata dall’autorità e dal pugno di ferro del nonno, che ha educato figli e nipoti al rigido rispetto della tradizione islamica e, al tempo stesso, alla costante opposizione al regime di Saddam.
I ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza nel villaggio natio, nei pressi di Tikrit, sulle rive del fiume Tigri, accompagnano Selim giorno e notte, riemergendo nei pensieri del giovane, che rivede i volti dei genitori, del nonno, dei fratelli, delle sorelle e, soprattutto, dell’adorata cugina Alia, suo primo e unico amore, annegata nel Tigri.
Il romanzo si snoda, dunque, lungo due binari: c’è il presente, che si svolge a Madrid, e il passato, incastonato in Iraq, rievocato poco a poco con la tecnica del flash-back attraverso la storia del villaggio utopico fondato dal nonno e dominato dalla sua autorità, al di là delle leggi del regime. La ribellione alle regole ha, però, trasformato la vita della famiglia in un incubo, costringendo padre e figlio all’esilio, l’uno all’insaputa dell’altro.
Un giorno, il destino attende al varco Selim, cambiandogli completamente la vita: in una discoteca di Madrid, per caso, il giovane incontra il proprio padre, che credeva ancora in Iraq. Nuah, il padre, è cambiato, è irriconoscibile: l’iracheno severo, tradizionalista, rigidamente osservante, si è trasformato in un personaggio bizzarro, che sfoggia capelli tinti, indossa abiti stravaganti, porta addirittura l’orecchino, gestisce una discoteca nel centro di Madrid.
Per padre e figlio comincia una tempestosa avventura che conduce entrambi a una rivisitazione del passato con occhi nuovi, ciò che porterà alla caduta dei miti e, per il figlio, a un modo diverso di affrontare il futuro; di certo con animo più ottimista e sereno, fino alla sorpresa finale.

Il romanzo è attraversato da diverse tematiche, tutte, a mio avviso, interessanti.
In primo luogo, troviamo il tema dell’emigrazione, dell’esilio dal paese natale, arabo e musulmano, per cominciare una nuova vita in un paese europeo e cattolico. Selim vive in una Madrid multietnica: la sua vicina di casa è cubana; Fatima, la futura fidanzata, è marocchina; gli amici sono quasi tutti stranieri, provenienti da diverse aree del mondo. Inevitabile, per Selim, il confronto tra Oriente e Occidente: se, da un lato, il protagonista sperimenta la nostalgia, il senso di perdita, di solitudine e di straniamento, dall’altro deve constatare di vivere in un paese dove pace, libertà e diritti umani sono rispettati.
Il confronto non avviene sul piano della razionalità, ma su quello dell’emotività: Selim, che vive sognando l’Iraq mitico della sua infanzia, divorato dalla nostalgia, sa perfettamente che la sua patria adorata è ormai un paese invivibile, mentre la Spagna, che lo ha accolto, gli offre una vita dignitosa e serena. L’Iraq, dunque, è rivisitato attraverso la cifra del ricordo, dello struggimento, del senso di perdita di un passato mitico, ma non è mai considerato un luogo cui far ritorno per riprendere le fila di quell’antica vita. Non così per il padre di Selim, Nuah, che si trova in Spagna per compiere un giuramento sacro e realizzare un’oscura e terribile vendetta. Per Nuah, dunque, non esiste cesura tra la vecchia e la nuova vita, tra Iraq e Spagna, tra Oriente e Occidente: la vita, trascinandolo nel suo gorgo, non gli concede la possibilità di affrancarsi da un passato burrascoso che lo insegue fino in Europa.
Seconda tematica interessante è quella del rapporto padre-figlio, vissuto in due direzioni: da Nuah con il figlio Selim, ma anche dallo stesso Nuah con il proprio padre, l’anziano e terribile mullah Mutlaq, capo del numeroso clan che viveva seguendo regole proprie, sfidando l’onnipotenza del dittatore.
Mentre il rapporto di Nuah con Selim è improntato al dialogo e al confronto, anche se molto duro, quello di Nuah con Mutlaq era fondato sull’ubbidienza cieca del figlio verso il padre, anche a costo della rovina della famiglia e della comunità. Questo rapporto con il padre, mai risolto, ha segnato per sempre la vita di Nuah, e anche quella di Selim.
Non ultimo, il tema dell’amore: Selim è innamorato di Alia, una ragazza morta, e lo sarà sempre, anche se accetta di dividere la vita con Fatima, destinata a uscire perennemente sconfitta nel confronto con la defunta Alia che, proprio perché morta giovanissima, vivrà per sempre nel ricordo del suo innamorato.
Il sentimento prevalente nell’animo del giovane Selim è, dunque, quello della rassegnazione: l’Iraq gli manca moltissimo, così come i familiari e gli amici lasciati laggiù, ma si rassegna a organizzare la propria vita in Spagna; suo padre, Nuah, persegue un oscuro progetto che Selim non condivide affatto, ma alla fine si rassegna alla decisione paterna; è innamorato di Alia, e però si rassegna a sposare Fatima e a dividere la vita con lei. Di fronte a ciò che non si può cambiare, la ribellione è inutile, occorre accettare il proprio destino: questa è la differenza fondamentale tra padre e figlio.
Tutto il romanzo, pur trattando temi drammatici, è pervaso da una sottile ironia, che lo rende leggero e piacevole.

 

Federica Pistono


 
Muhsin Al-Ramli è nato in Iraq nel 1967.
Poeta, romanziere, giornalista e traduttore, si è laureato in Filologia spagnola all'Università di Baghdad e ha conseguito il Dottorato in Filosofia e Filologia spagnola presso l'Università Autonoma di Madrid. Ha lavorato come giornalista in Iraq, Giordania e Spagna.
Dal 1995 risiede a Madrid.
È stato finalista all'IPAF (Arabic Booker Prize) del 2010 con Dita di datteri (tradotto in italiano nel 2014 da Federica Pistono e pubblicato da Cicorivolta Edizioni) e nel 2012 con I giardini del Presidente.
Ha curato la traduzione di vari classici spagnoli in arabo. È co-editore della rivista culturale Alwah (L'Ispiratore). Attualmente è professore all'Università Saint Louis di Madrid. Nel 2015, per Cicorivolta Edizioni, ha pubblicato in Italia, con la traduzuone di Federica Pistono, il romanzo breve "Cugini, addio".