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Nota
del traduttore
Sarmada
è una cittadina arroccata sulle montagne, nel sud della Siria.
Il suo nome deriva da una radice araba che rimanda al concetto di “eternità”.
L’autore, il giovane scrittore siriano Fadi ‘Azzam, descrive
eventi e riti quotidiani di Sarmada, vera protagonista del libro, attraverso
la storia di tre personaggi femminili: Hila, Farida e Buthayna.
Il romanzo si apre con l’incontro casuale a Parigi, nel 2010, tra
Rafi ‘Azmi, un regista siriano, e ‘Azza Tawfiq, una professoressa
di fisica quantistica alla Sorbona. ‘Azza, libanese di confessione
drusa, rivela a Rafi di essere la reincarnazione di Hila Mansur, una donna
di Sarmada assassinata nel 1968 dai fratelli per aver sposato un uomo
estraneo alla comunità drusa.
Il lettore viene così introdotto nel mondo dei riti e delle credenze
dei Drusi di Siria, con particolare riferimento a uno dei pilastri della
fede drusa, la trasmigrazione delle anime.
Rafi torna a Sarmada, indaga sull’omicidio di Hila, trovando la conferma
della storia di ‘Azza fra gli abitanti della cittadina, che ricordano
ancora la vicenda di Hila, del suo amore senza speranza e del suo assassinio
selvaggio.
Stregato dall’atmosfera di Sarmada, come sospesa nel tempo, Rafi
ricostruisce la storia del secondo personaggio femminile del romanzo,
Farida, una giovane bellissima che resta vedova il giorno delle proprie
nozze, a causa di una pallottola vagante sparata per errore da un invitato
alla festa. La sfortuna si accanisce su Farida che, alla vigilia del secondo
matrimonio, perde tragicamente anche il nuovo sposo. Circondata dalla
fama di strega e di iettatrice, Farida viene isolata dalla comunità.
Oppressa dalla solitudine e dalla tristezza, scivola in una sorta di ossessione
erotica, che la spinge a sedurre tutti gli adolescenti del paese. Dopo
la maternità, la donna cambia vita, per dedicarsi al figlio Bulkhayr,
ma i rapporti con il ragazzo non saranno facili, e Farida trascorrerà
sola e ritirata in se stessa gli anni della maturità e della vecchiaia.
Buthayna, cognata di Farida, è, fin dalla giovinezza, segnata dalla
malasorte: orfana di padre, perde tragicamente i fratelli, quindi la madre.
Anche il fidanzato, emigrato in America, la abbandona. Dopo anni di isolamento,
qualcosa si inceppa nella mente della donna, che seduce Bulkhayr, il bambino
di Farida, che ha soltanto sei anni. Questa vicenda segnerà il
ragazzo per sempre. Dopo dieci anni di matrimonio sterile e infelice negli
Emirati Arabi, Buthayna torna a Sarmada, dove riprende la relazione con
Bulkhayr, ormai sedicenne. Per sfuggire alla donna, al passato vergognoso
della propria madre, all’atmosfera stagnante di Sarmada, il giovane
fugge a Damasco per non tornare più, mentre Buthayna conclude tragicamente
la propria vita.
Il
romanzo ruota intorno ad alcuni temi fondamentali: la memoria, la convinzione
della ciclicità della vita umana, il sesso, la religione drusa.
La memoria è quella collettiva di Sarmada, una cittadina che non
dimentica, che anzi è sempre pronta a narrare le sue storie, sia
pur filtrate dal ricordo e arricchite dalla fantasia popolare. A raccontare
sono soprattutto gli anziani, depositari dei segreti della comunità,
ma i giovani sono avidi di ascoltare, di sapere, per poter tramandare
i racconti alle generazioni successive. È una narrazione corale,
una voce circolare che lega il passato al presente, il presente al futuro,
i morti ai vivi e a quelli che devono ancora nascere.
La convinzione che i destini umani siano votati a ripetersi ciclicamente
è legata alla credenza drusa della trasmigrazione delle anime.
L’anima di un Druso è destinata a reincarnarsi in un altro
Druso. Questa convinzione spiega forse il fatalismo degli abitanti di
Sarmada, che non attribuiscono una particolare importanza alla vita del
singolo individuo, dal momento che è destinata a ripetersi.
Il sesso è forse la tematica centrale del romanzo. Non ci viene
mai presentato direttamente, ma è sempre proposto attraverso la
memoria, il ricordo della trasgressione. E non si tratta mai di una sessualità
felice, vissuta serenamente nell’ambito di un rapporto articolato
su più dimensioni, oltre quella erotica, tanto meno di una sessualità
inquadrata in una relazione amorosa. Il sesso, per i personaggi del romanzo,
è sempre trasgressione, dettata da desideri carnali tanto infuocati
quanto incontenibili. Per questo, le scene di sesso sono sovente crude,
brutali. E, in quanto trasgressione, il sesso presenta sempre un conto,
molto salato, da pagare: Hila, l’unico personaggio che viva un normale
rapporto d’amore, pagherà con una morte atroce. Per Farida,
il prezzo sarà rappresentato prima dall’ostracismo sociale,
quindi dal disprezzo e dalla fuga dell’adorato figlio, infine dalla
solitudine più amara e totale nell’ultima parte della vita.
Neppure per Buthayna la situazione è allegra: abbandonata dal primo
fidanzato, ingannata dal marito, lasciata da Bulkhayr, concluderà,
ancora giovane, la sua esistenza in modo drammatico.
Il lettore potrebbe pensare che, in questo libro, siano solo le donne
a pagare per gli errori propri e altrui. Non è così: anche
i personaggi maschili soffrono e pagano lo scotto che la vita presenta.
I cinque fratelli di Hila, dopo aver assassinato la sorella, perderanno
per sempre la pace, “andando incontro ciascuno alla propria personale
rovina”. Bulkhayr, figlio di Farida e amante di Buthayna, non avrà
un destino felice.
Il dolore, la sfortuna, la solitudine sono, dunque, parte integrante della
condizione umana.
Il
tema della religione ha una sua importanza nel romanzo: la religione principale
di Sarmada è, come si è detto, quella drusa, con il suo
retaggio di credenze sulla metempsicosi e di rigide regole di comportamento.
Ma è interessante notare come nella cittadina convivano, felicemente
e pacificamente, i fedeli di tre religioni: a Sarmada vivono, infatti,
numerose famiglie cristiane e musulmane, senza che le differenze religiose
incrinino il clima di serenità e di solidarietà che regna
nella piccola comunità. Questa pacifica e felice convivenza di
religioni diverse era una caratteristica peculiare della Siria.
Molto importante l’ambientazione storica: sullo sfondo delle vicende
dei protagonisti, scorrono le sequenze della storia siriana degli ultimi
quarant’anni: l’ascesa del Partito Baath, la Guerra dei Sei
Giorni, la Guerra di Ottobre, tutti i conflitti del mondo arabo, senza
contare i frequenti riferimenti alla dominazione ottomana, a quella francese,
alla guerra di indipendenza.
Questo libro è stato indicato, a volte, come “il romanzo della
primavera siriana”: pur trattando diffusamente il tema della dittatura,
del regime poliziesco che affligge la Siria, degli effetti devastanti
che tale regime produce sui cittadini, il libro non sfiora il tema delle
rivolte arabe degli ultimi anni, concludendosi nel 2010, un anno prima
dell’esplosione del fenomeno delle “primavere arabe”.
Per quanto riguarda l’impianto narrativo, una precisazione si impone:
nel romanzo si registrano due prospettive, anche stilistiche, diverse:
mentre la vicenda di Hila è raccontata nella prospettiva scettica
di un narratore positivista, in uno stile sobrio e contenuto, nella seconda
parte del romanzo la trama si scioglie, diviene surreale e bizzarra, con
un intrecciarsi continuo di storie diverse che intersecano la vicenda
principale, in uno stile fantasioso che riflette le stramberie della trama.
Nella prima parte, appare evidente l’influsso di Cronaca di una
morte annunciata, di Gabriel García Márquez.
Per
quanto riguarda la lingua, ci troviamo di fronte a un caso di diglossia,
tanto comune nella narrativa araba contemporanea: mentre la cornice del
romanzo è in arabo classico, i dialoghi sono tutti in dialetto
siriano, da me resi in un italiano colloquiale.
Federica
Pistono
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