|
Ponte
per l'eternità è
il testo scritto per una rappresentazione radiofonica di eccezionale
simbolismo e oggettivismo insieme, che tuttavia Kanafani non fece mai
andare in onda e di cui non si conosce l'esatta data di stesura, probabilmente
successiva agli altri due pezzi teatrali, La porta (1964) e Il
cappello e il profeta
(1967).
L'opera alterna momenti di pacata e umana ironia con momenti di veemenza
esagitata e di violento realismo. Si tratta di una metafora, oltremodo
chiara visibile, in cui quel senso tragico di Palestina va di pari passo
con un altro concetto di analogo e sottile valore, quello di morte,
a cui è sottoposto il protagonista Fares, un profugo uscito da
chissà quale campo palestinese, il quale viene investito dall'automobile
di Raja', una ragazza benestante, ma ignara dei giochi e delle similitudini
del destino. Attraverso una storia fatta di dialoghi coinvolgenti e
di rapida scorrevolezza, Fares descrive a Raja' tutto l'orrore della
sua personale (e tremendamente universale) vicenda, portandola, quasi
senza che lei se ne accorga, (il tutto supportato da una mirabile freschezza
linguistica), a prendere viva coscienza del peso insopportabile e oscuro
della propria situazione. Entrerà così in scena l'amore,
unico valido espediente, ad aprire gli occhi di Raja' e a salvare Fares
da una condanna infame, che oltretutto sarebbe stato costretto a subire
lontano da lei, dalla sua comprensione e, si potrebbe dire, lontano
dagli occhi del mondo intero.
*Il
traduttore, Marco Criscuolo, ha
conseguito il Diploma in Lingua araba (riconosciuto dallo Stato Italiano)
presso l'Università "Habib Bourghibah" (sezione stranieri)
di Tunisi, nonché presso l'Istituto di Lingua Araba per Stranieri
di Damasco ed è inoltre laureato in Lingua e Letteratura araba
presso l'Università degli studi L'Orientale di Napoli.
Di
Ghassan Kanafani ha tradotto anche Il
cappello e il profeta
pubblicato per la prima volta in Italia da Cicorivolta nel 2007.
|
titolo:
"Ponte per l'eternità"
collana
i quaderni di Cico
autore
Ghassan
Kanafani (trad.di Marco Criscuolo*)
ISBN
978-88-95106-00-7
©
luglio
2006
- €
10,00 pp. 80
studio
e illustrazione di copertina e controcopertina di Simone
Pieralli, elaborazione di Phab
Postini
dello
stesso Autore vedi anche
Il
cappello e il profeta,
L'Altra
cosa (Chi
ha ucciso Layla al-Hayk?),
Uomini
e fucili e L'Innamorato.
L'8
luglio del 1972, con un ordigno esplosivo, veniva assassinato, a Beirut,
lo scrittore e intellettuale palestinese Ghassan
Kanafani. Accompagnato dalla nipote sedicenne Lamis, in quel
giorno di caldo umido e particolarmente insostenibile, salì sull'auto
parcheggiata proprio davanti a casa. Girò la chiave, e non appena
mise in moto saltarono in aria.
L'opinione più diffusa nel mondo arabo dice che si trattò
di una vendetta del Mossad contro un attentato terroristico in Israele,
attribuito al "Fronte Popolare di Liberazione della Palestina"
di cui Ghassan Kanafani era portavoce.
Nato nel 1936 ad Acri (in arabo: 'Akka), citta' costiera della regione
palestinese, da una famiglia della borghesia araba, (il padre era uno
stimato avvocato), nel 1948, in seguito alla costituzione dello stato
d'Israele, Kanafani subì le stesse vicissitudini di migliaia
di connazionali: l'espulsione e l'esilio. Dapprima si rifugiò
con la famiglia nel Libano del sud, dunque in Siria, dove nel 1955,
pur coltivando incessantemente gli studi di letteratura e la passione
per la pittura e il disegno, lavorò come insegnante nella scuola
elementare di un campo profughi dell'UNRWA (United Nations Relief and
Works Agency), l'ente dell'ONU per l'assistenza ai rifugiati palestinesi.
Fu in questo periodo che seguendo i corsi all'Università di Damasco
entrò in contatto con George Habash, leader del Movimento Nazionalista
Arabo, fautore degli ideali socialisti e successivamente fondatore del
Movimento Popolare di Liberazione palestinese.
Nel '56, il ventenne Ghassan Kanafani si trasferì nel Kuwait
per insegnare disegno. Nel 1960, già noto per il suo impegno
di artista e intellettuale, convinto dallo stesso George Habash, rientrò
a Beirut, dove cominciò una brillante carriera giornalistica
e politica che culminò, nel 1969, con la direzione di al-Hadaf
(L'Obiettivo), l'organo ufficiale del FPLP che diresse fino all'ultimo
dei suoi giorni.
|
|
|
Ghassan
Kanafani
fu autore di racconti e novelle ispirati all'esempio della "letteratura
militante" di Jean Paul Sartre, scrisse articoli giornalistici, storie
e romanzi che sfociarono in un gran numero di pubblicazioni politiche
e letterarie. Il 1961, lo stesso anno in cui si unì in matrimonio
con l'insegnante danese Anni, segnò la svolta della sua carriera
letteraria: fu dato alle stampe il romanzo breve dal titolo "Uomini
sotto il sole", intensa, emozionante e sempre attuale storia di tre
confinati clandestini che, rifugiatisi dentro un'autocisterna con la speranza
di emigrare in Kuwait, verso la prosperità, vi moriranno asfissiati
durante una sosta in mezzo al deserto. Tre sventurati che, allettati da
un sogno di agiatezza, in realtà inseguono un improbabile riscatto
dalla perdita della patria e con essa dalle opportunità mancate,
pagando con il prezzo stesso della vita l'inseguimento di una speranza
impraticabile.
Ben presto si rivelò il più celebrato romanzo nella letteratura
araba contemporanea, e fece di Ghassan Kanafani, ancora molto giovane,
il modello intellettuale di tutta una generazione. Il regista egiziano
Tawfiq Saleh realizzò dal libro un famoso film dal titolo "Gli
ingannati".
Kanafani entrò a pieno diritto fra i cosiddetti scrittori "della
resistenza", ossia quel gruppo di intellettuali palestinesi che votarono
la loro trascinante ispirazione di testimonianza creativa al servizio
della patria occupata. Ogni angolo del suo stile asciutto, profondo e
delicato, trae ispirazione dalla tragedia personale e insieme da quella
del suo popolo, con l'assoluta e oggettiva capacità di trascendere
dal particolare, per rappresentare l'universalità di stati e condizioni,
che in diverse epoche storiche, senza soluzione di continuità,
uomini e donne, si sono trovati a subire e a fronteggiare: l'espatrio,
la guerra, il sopruso, l'oppressione.
Così Kanafani è considerato dalla critica araba e dagli
specialisti occidentali uno dei massimi scrittori arabi contemporanei
e molte delle sue opere sono state tradotte in tutto il mondo.
Tra i suoi scritti più significativi tradotti e pubblicati in italiano
citiamo:
Ritorno a Haifa - La madre di Saad, edito da Ripostes e da Edizioni
Lavoro, trad. Isabella Camera d'Afflitto; La morte nel letto numero
12 in Palestina, la terra più amata - Voci della letteratura
palestinese, ed. Il Manifesto, a cura di P. Blasone e T. Di Francesco
Uomini sotto il sole, edito da Ripostes e da Sellerio, trad. I.
Camera d'Afflitto; Se tu fossi un cavallo e altri racconti, Jouvence,
trad. A. Lano, presentazione di I. Camera d'Afflitto; La terra delle
arance tristi e Solo dieci metri in Narratori arabi del '900,
Bompiani, trad. I. Camera d'Afflitto; Laltra
cosa (Chi ha ucciso Layla al-Hayk?),
Cicorivolta Edizioni ne i quaderni di Cico, trad. di Federica
Pistono; Uomini
e fucili,
Cicorivolta Edizioni ne i quaderni di Cico, trad. di Federica
Pistono; L'Innamorato,
Cicorivolta Edizioni ne i quaderni di Cico, trad. di Federica
Pistono.
Nella
vasta produzione letteraria di Kanafani ricordiamo anche le tre opere
teatrali:
La porta (1964), in Palestina Dimensione Teatro, Ripostes, trad. C. F.
Barresi; Il
Cappello e il Profeta
(1967), pubblicato da Cicorivolta ne i quaderni di Cico,
trad. di Marco Criscuolo; Ponte
per l'eternità,
ancora ne i quaderni di Cico, trad. di Marco Criscuolo, Cicorivolta
Edizioni.
|
|