temalibero
 
 

 

 

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... e di Emanuela Carli, leggi anche Uun Amore lungo un'estate e Libertà agrodolce


titolo: "Se tu mi vuoi"
collana temalibero
autore Emanuela Carli
ISBN 978-88- 95106-89-2
€ 12,00 - pp.127 - © 2011


Dopo le tragicomiche vicende di Un Amore lungo un'estate (romanzo d'esordio dell'autrice), ricomincia per Emma e Andrea una nuova faticosa ed esilarante stagione nel loro stabilimento balneare a Lido Di Spina.
I due fratelli, entrambi fidanzati e apparentemente felici, continuano in verità a vivere inseguiti dallo spettro dei loro amori passati che sembra non volerli abbandonare mai.
Fra tradimenti, litigi, avventure, amicizie pericolosamente vicine all'amore, gelosie e risate dietro al bancone del bar del Bagno le Piramidi, una cosa rimarrà immutata e indubbia: la loro amicizia fraterna.

E ancora una volta, con humor e malinconia, Emanuela Carli ci racconta le difficoltà di gestire situazioni sentimentali sempre più confuse e sfaccettate in una labirintica società moderna in cui le relazioni vengono continuamente scompigliate dai social network e dalla diffusa sindrome di Peter Pan.


 
 


Brano tratto da "
Se tu mi vuoi"

marzo (2010)


Non posso dormire.
Non posso nemmeno respirare.
Prima era tutto semplice, fino a 5 minuti fa.
Abbiamo fatto sesso, abbiamo guardato un film e ora lui dorme di là.
Ma lui non è Marco.
Marco è morto in quell’incidente, due anni e mezzo fa.
E perché, perché quello sta dormendo al suo posto? Perché non c’è Marco di là?
Me la ricordo l’ultima notte che siamo stati insieme. Abbracciati a ridere fino alle 6 di mattina. Non riuscivo a dormire. Avevo il volo alle 10.30 da Bologna per un viaggio di lavoro ad Auckland e l’adrenalina scorreva all’impazzata tra le mie vene. L’idea di staccarmi da lui mi preoccupava, non eravamo mai stati un mese lontani, così non riuscivo a fare a meno di avere un contatto fisico con lui.
Poi la mattina dopo.
Aspettavamo i miei che stavano venendo a prendermi. Mi sarei fermata in Thailandia per 10 giorni prima di arrivare ad Auckland. Volevo passare un po’ di tempo con loro. Poi arrivò quella macchina ai 160 all’ora che aveva fatto quella rotonda e si dirigeva a tutta velocità su di noi che stavamo in piedi a lato dell’auto di Marco. Mi sollevò al volo e mi fece cadere insieme a lui nell’aiuola dietro di noi. L’urto tremendo delle lamiere che si schiacciavano preceduto dallo stridio delle gomme sull’asfalto mi fermò il cuore per qualche lungo istante. Eravamo vivi e illesi. La macchina di Marco era completamente distrutta. Cominciammo a litigare con il cretino che aveva fatto quel testacoda da paura, ma i miei arrivarono, l’aereo ci attendeva e non c’era tempo né per aiutare Marco nella constatazione amichevole (che tanto amichevole non era, io gli avrei tirato un pugno in faccia!) né per aspettare la polizia, così lo salutai frettolosamente, come se ci fossimo visti a casa per cena la sera stessa.
E invece era finita.
Quello era l’ultimo minuto insieme, l’ultimo abbraccio, l’ultimo bacio.
Quanto è vuota questa casa ora, e silenziosa e grande.
E con quel ragazzo che dorme di là mi sembra ancora più vuota.
Ci frequentiamo da poche settimane.
Mi piace, ci sto provando. Non voglio buttare via tutto subito. Voglio darmi una possibilità. Voglio lasciare Marco nel passato. Devo riuscirci, prima o poi.
Ma sto talmente male dentro che non riesco neanche a rivivere il passato con la memoria. Il vuoto è una voragine che mi schiaccia.
È successo tutto perché prima stavamo guardando un film e stavo bene, per un attimo gli ho voluto bene davvero.
Ma quando sono andata a dormire il ricordo di Marco mi ha schiacciato con tutta la sua forza. Forse è troppo presto per dormire con un’altra persona. Forse le altre due volte in cui ha dormito qui ero più stanca o leggermente ubriaca, quanto basta per addormentarsi subito, prima dell’arrivo dei maledetti pensieri.
Ma ora…
Mi chiedo se sarebbe diverso se lui non fosse di là. Forse sì.
Forse me ne starei da sola con il mio dolore e potrei piangere senza il silenziatore e potrei non recitare un ruolo che non è il mio, smettere di fare la ragazza spensierata e felice che ha superato tutto.
Vorrei che fosse una di quelle sere in cui litigavamo e io venivo di qua a dipingere e aspettavo che lui venisse a prendermi. Me la tiravo perché sapevo che non riusciva a dormire senza di me. Me la tiravo troppo, davvero! Quanto esageravo! Quanto pagherei ora perché lui fosse ancora di là!
C’è bisogno di questo per capire che la maggior parte delle volte si litiga per delle stronzate? C’è davvero bisogno di una punizione così grande? Forse sì… perché ci si rovina la vita per delle piccolezze assurde, quando si potrebbe stare bene con poco. Ma siamo solo stupidi umani e sappiamo solo complicarci l’esistenza con le nostre gelosie dovute alle nostre insicurezze, e le nostre ansie per ogni cosa. Bisognerebbe imparare a goderci ogni momento, ogni frammento di felicità , ogni magia che Dio ci regala. Invece pensiamo che saremmo felici solo se vincessimo il supenalotto, se potessimo andare a letto con Brad Pitt o Belen Rodriguez o se diventassimo ricchissimi. Vogliamo di più, sempre di più e viviamo solo per raggiungere i nostri scopi principali ma, una volta raggiunti, ne abbiamo pronti altri e poi altri ancora. Siamo schifosamente ambiziosi, ricercatori, calcolatori. Ed è giusto sì, perché la vita è questo, la vita è avere obbiettivi. Io lo so bene: sono un avvocato. Due viaggi a Auckland per diventare l’unico consulente della Fruit&Juice, multinazionale esportatrice di frutta della Nuova Zelanda. Tante cause in tribunale. E ogni causa vinta è solo desiderio di maggiore potere. Lo avete visto “L’avvocato del diavolo” con Kenue Rives e Al Pacino? Ecco… la sensazione è quella. Di non accontentarsi mai, di pretendere di più . Volevo che Marco mi dedicasse più attenzione, che smettesse di uscire ogni venerdì con i suoi amici scapoli a caccia di qualche ragazzetta single da inchiodare. Volevo che mi aiutasse di più nei lavori di casa, che portasse giù la spazzatura e che trovasse un lavoro che gli potesse dare più soddisfazione. Che stupidaggini… Che richieste ridicole ora che è 3 metri sotto terra e non potrò mai più litigare con lui perché non ha lavato i piatti!
Sono troppe le volte che ci dimentichiamo dei contorni, delle piccole cose, di un tramonto sulla spiaggia, dell’affetto di un gelato con tua mamma da Linus, di una colazione frettolosa prima del lavoro con la persona che ami.
Ma che mi sta succedendo? Stavo bene e ora sono qui con questi pensieri paranoici.
Sono qui a pensare ancora a Marco. Alle vacanze in Grecia, alle serate ai quiz in cui eravamo campioni, alle trasferte con il Bologna calcio nelle giornate di sole. Alle notti in cui dormivamo insieme e litigavamo… e io venivo a dormire di qua.
A volte mi sembra di vivere un incubo-sogno per i bei momenti.
Vivo pensando che prima o poi mi sveglierò nel mio letto IKEA montato dal mio migliore amico Mik (Mister Ikea) e sarò abbracciata a Marco e non ci saremo mai lasciati, e non avrà mai lasciato le chiavi sulla tavola del salotto prima che io atterri al Marconi di ritorno dal mio viaggio, non lo avrò mai visto con quella bionda dal naso lungo in centro e tutto sarà stato solo una pausa-sogno per riprenderci un attimo e accorgerci di quanto il nostro amore sia unico, grande, pazzesco.
Lo trovo buffo. Trovo tremendamente buffo il fatto che di là ci sia un ragazzo che conosco a mala pena e non ci sia Marco. Che speranze posso avere? Che futuro mi aspetta?
Soffro in silenzio ma almeno ho smesso di piangere. Però non ho il coraggio di tornare di là. Rischio di scoppiare in singhiozzi. Che fare?
Posso rimanere qui, ma Marco non verrà a prendermi per chiedermi di tornare di là, a nanna. Non amerò mai nessun altro.
Forse lo abbiamo sempre saputo che non saremmo rimasti insieme. Forse per questo abbiamo sempre litigato, perché sapevamo che prima o poi sarebbe finita…
Non saprò mai la verità su di lui.
Avrebbe lasciato Annalisa e sarebbe tornato con me? Lei c’era già prima che io partissi per quel viaggio? Le cose sarebbero state diverse se non avessi accettato quell’incarico di lavoro?
Se non avessimo litigato quell’ultima stupida volta. Non volevo che andasse ad Ancona a trovare il migliore amico della sua ex di ritorno dalla trasferta a Roma a vedere il Bologna. Che cazzo me ne fregava, poteva anche vederlo quel coglione se avessi saputo che questo avrebbe cambiato il nostro destino.
Le gelosie sono più care di un mutuo trentennale. Il dolore che provocano necessita di un periodo ugualmente lungo per essere espiato.
“Emma, che ci fai qua alzata?”, mi chiede il ragazzo alto biondo in piedi sulla porta del mio soggiorno. Vestito solo con i calzoncini corti del pigiama ha un fisico statuario e l’aria assonnata.
Ritorno al mio presente come una persona che viene salvata prima di annegare negli abissi del passato. Respiro a fondo e metaforicamente sputo fuori l’acqua che mi stava strozzando.
“Ah, dipingo, scusa mi è presa l’ispirazione.”
“Vieni a nanna?”
“Sì, 5 minuti.”
Qualcuno mi è venuto a prendere.
Qualcuno bellissimo ha appena varcato la soglia della porta del mio salotto e mi ha chiesto di andare a nanna, gentilmente, sorridendo…
Non è Marco.
Ma la devo smettere.
Ora è tempo di ricominciare a vivere…

(...)


 

Emanuela Carli, nata a Faenza nel 1982, vive da 10 anni a Bologna.
Proprietaria insieme alla sua famiglia dello stabilimento balneare Le Piramidi ( a Lido Di Spina, in provincia di Ferrara), e di Ma.Ma. catering (organizzazione di eventi e matrimoni), da sempre ha coltivato la passione per la lettura e la scrittura.
Laureata in lingue e appassionata viaggiatrice, ha già pubblicato, nel 2009 con Cicorivolta, Un amore lungo un'estate, le cui vicende vengono riprese in questo secondo romanzo.