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Davide Corongiu

COME SE NULLA FOSSE SUCCESSO

L'intervista all'autore da www.icaffeculturali.com


I Caffè Culturali: "Chi è Davide Corongiu?".
Davide Corongiu: "Eh eh eh... complimenti ai "Caffè Culturali" per la domanda facile facile... siete anche gli autori di Marzullo? Ad ogni modo, cercherò di schivare la domanda iniziando da alcune notizie biografiche.

Sono nato a Genova, trentun anni or sono. Mi sono laureato all'università di Genova in Scienze internazionali e diplomatiche con una tesi dal titolo "Modernizzazione e sviluppo politico in Mozambico". In parallelo operavo come volontario presso una ONLUS attiva nel sostegno a distanza. Ed è proprio in questa organizzazione che ho vissuto la mia prima vera esperienza lavorativa. Tre anni, principalmente nella sede di Genova, ma con alcuni viaggi di monitoraggio in Mozambico, Zambia e Cambogia. Un'esperienza motivante, una passione personale diventata professione. Ma anche tanti travasi di bile, e, purtroppo, una conclusione davvero poco degna dei valori etici che dovrebbero, e sottolineo dovrebbero, avvicinare la gente a quel tipo di professione. Decisi quindi di non rinnovare il contratto e trasferirmi a Lisbona, in Portogallo, dove già avevo studiato durante l'università. Proprio a Lisbona ho recuperato l'interesse per la scrittura, che giaceva latente in qualche cantuccio recondito, dopo anni di tiepidi tentativi nel partorire qualcosa di leggibile. Ho frequentato un corso di scrittura creativa e, senza più alcuna scusante, ho buttato il cuore al di la dell'ostacolo, cercando di concludere il primo, vero, romanzo. E così è nato Come se nulla fosse successo, dopo una gestazione di un anno. Qualche mese più tardi, in concomitanza con il mio rientro in Italia, è pure arrivata la fiducia di una casa editrice, Cico Rivolta edizioni, il cui responsabile, evidentemente in stato di ebbrezza ha accettato di pubblicarmi. Ed è così che ora mi gongolo con la concretizzazione di un sogno diventato realtà, e la pressione derivante dalla scadenza per la consegna del prossimo libro.

Siamo arrivati al presente, cari "Caffè culturali" e di conseguenza anche il mio temporeggiare con notizie biografiche lascia ormai il tempo che trova. Cosa mi aspetta ora? Dovrei descrivervi che tipo di persona sono? Che interessi ho? In cosa credo? In questo modo avverto forte il rischio di produrmi in un elenco di qualità, difetti, sogni a modo di squallido annuncio matrimoniale. E allora me la medico così, parafrasando una persona che, a onor del vero, non conosco abbastanza ma che, a differenza di molti, non mi ha mai entusiasmato. Stay foolish, diceva un giovane Steve Jobs ad un branco di ragazzini della Università di Stanford, sognanti posizioni di rilievo, denaro e status sociale. Beh, io non credo a questi obiettivi di vita e, in tutta sincerità, non credo neppure al consiglio del buon Steve (che manco a farlo apposta si chiama Lavori). Il consiglio che io darei, e che mi sono sempre dato nella vita, sarebbe invece stay curious. Curiosi di scoprire cose nuove, vedere posti nuovi, conoscere gente nuova e farsi appassionare da diversi interessi, sempre differenti. Buttarsi a capofitto nell'approfondire ora quello sport, poi quella lingua straniera, poi quel passatempo, etc,etc. E' l'unico modo per stare vivi, per arricchirsi personalmente, per non vivere di routine. A voi la palla, cari "caffè culturali", per la prossima domanda. Vi autorizzo ad essere scomodi...".

I Caffè Culturali: "Perché ha sentito l'esigenza di scrivere?".
Davide Corongiu: "Io non la chiamerei esattamente esigenza. Intendo dire che il termine riconduce all’obbligatorietà di un evento, ho l’esigenza di mangiare, cosa che in questo caso evidentemente non si è prodotta. Avrei vissuto tranquillamente facendo a meno di scrivere. Ciò che mi ha indotto a provare è stata la curiosità di cui parlavo nel precedente intervento. Sono una persona curiosa, che si fa affascinare da diverse cose e cerca di viverle con il massimo impegno, almeno fino a che ciò sia veicolo di piacere personale. E questa cosa di scrivere mi ronzava per la testa da parecchio. Credo che semmai la domanda più pertinente sarebbe, e non me ne vogliano i caffè culturali: perché proprio tra tanti spunti hai offerto particolare dedizione alla scrittura? E la risposta, oltre a l’eterna sfida nel produrre qualcosa di mio che ho citato pocanzi, si deve ad un fatto molto, molto più banale. Avevo parecchio tempo a disposizione. Durante il mio soggiorno portoghese i miei orari erano decisamente anticipati rispetto alle mie abitudini e solitamente tornavo a casa per le 17 di sera. Il che significa avere tre ore al giorno per coltivare i propri interessi. Un lusso non di poco conto. Ed è stato allora che il ronzio di un tempo si è fatto convinzione e determinazione. Più che per altri interessi ho però subito capito quanto sia sconfortante prendere convinzione delle proprie possibilità nello scrivere. Con questo voglio dire che fino al raggiungimento delle prime cinquanta pagine, credo che chiunque sia fortemente invogliato a cedere. Come potrò mai arrivare a duecento? E’ solo il volume dei fogli sulla scrivania che pian piano ti rende ottimista e improvvisamente la convinzione cresce e il cammino sembra più piano. A quel punto un altro demone si appropria di te. Credo lo abbia anche evidenziato Bruno Arpaia in una recente intervista. Da quando inizi a scrivere un libro, questo diventa parte integrante della tua vita, 24 ore su 24. L’intreccio del racconto ti frulla sempre in testa, le circostanze di vita quotidiana sono costanti spunti da riportare nero su bianco, qualunque input viene trasposto in funzione del libro. E questo stato di cose ti accompagna fino all’ultima pagina, quando, riguardando il volume dei fogli scritti, non puoi che augurarti davvero di venire pubblicato, se non altro come ricompensa per tutto quel sudore versato sulle pagine".


I Caffè Culturali: "Che cosa scrive Davide Corongiu?".
Davide Corongiu: "E’ chiaro che la domanda, di primo acchito, richiami il mio istinto da camionista, il quale mi porterebbe a rispondere con un usuale parola che inizia con la c. Ebbene sì, cari “caffè culturali”, non sono mai stato bravo nella pratica dell’auto elogio e protendo sovente verso la sdrammatizzazione/autoironia. Quindi che dire… scrivo di ciò che mi richiama l’attenzione, forse come velata giustificazione per poter approfondire degli argomenti a me cari. Scrivo per fare il punto della situazione; scrivo per sottolineare; scrivo con la velata speranza di passare un messaggio; scrivo con l’onirica idea di aiutare la riflessione… e poi… scrivo per ricordare e omaggiare. Un amico, una circostanza, un ricordo caro. E’ curioso vedere come, sfogliando le pagine del libro, riveda con chiarezza i periodi in cui sono state scritte. E associati a quei momenti rivedo gli stati d’animo, le preoccupazioni, i momenti belli che le hanno accompagnate. Mi piace scrivere di momenti passati, di eventi storici, di analisi politiche, di drammi interiori, di analisi psicologiche. Le cose da scrivere sono tante, cari “caffè culturali”… c’è solo bisogno di tanto tempo e dedizione".


I Caffè Culturali: "Veniamo all'opera: di cosa tratta Come se nulla fosse successo ?".
Davide Corongiu: "Come se nulla fosse successo può essere interpretato attraverso due possibili chiavi di lettura. La prima, più diretta e scontata, tratta della scomparsa di una bambina tedesca, avvenuta a Santa Margherita Ligure nell’estate del 1990, e la relativa indagine che ne segue. In questo caso il lettore si troverà di fronte ad un classico romanzo poliziesco, nel quale tra colpi di scena, delusioni e un sottile gioco diplomatico con le autorità tedesche, il protagonista del libro, L’ispettore Fabrizio Santamaria, cercherà di portare a termine l’indagine e risolvere così il mistero della scomparsa della bambina. Già dalle prime pagine, tuttavia, il lettore capirà di trovarsi di fronte ad un intreccio più complicato e assai meno lineare. Con lo scorrere delle pagine ci si immergerà sempre più nella seconda chiave di lettura, ovvero in un romanzo sempre più psicologico, che scandaglia gli stati d’animo dei personaggi, le loro sicurezze, i desideri e le loro ambizioni. I successi e le delusioni delle loro vite. Più si prosegue con la lettura più si capisce che l’indagine veste un ruolo sempre più marginale nell’economia del romanzo, cedendo il ruolo di protagonista alle vite dei personaggi, in primo luogo quella del protagonista. Anche e soprattutto per questa ragione il libro presenta una struttura inusuale. Nel prologo l’ispettore Santamaria torna a casa affranto, trova tre lettere nella cassetta della posta e dopo averle lette si toglie la vita. Tutto il libro, fino all’epilogo finale, sarà quindi un lungo flashback dell’ultimo mese e mezzo di vita dell’ispettore che coincide con l’indagine relativa alla scomparsa della bambina. Nell’epilogo, un collega dell’ispettore, al ritrovamento del corpo esanime di Santamaria, recupera le tre lettere che verranno presentate direttamente al lettore il quale in ultima battuta otterrà le risposte del suicidio del protagonista".


I Caffè Culturali: "Perché il genere giallo?".
Davide Corongiu: "In parte perché mi è sempre piaciuto e mi affascinava l’idea di creare aspettativa e suspense. Ragionando meglio credo che ci fosse da parte mia anche il desiderio, se volete un po’ macabro, di permettersi la maturazione di eventi per i quali, nella vita reale, si rischierebbe la galera. Ad ogni modo, come già vi avevo accennato nella precedente risposta, non è esatto catalogare questo libro al 100% come “romanzo giallo”. Vi dico questo forte dei giudizi di diverse persone che si sono dette “amanti del genere giallo”. Quasi tutte sono rimaste interdette dal ruolo marginale che via via l’indagine detiene nell’economia del romanzo. Ecco, diciamo che dal punto di vista giallistico sono rimasti un po’ con l’amaro in bocca. Ma è comprensibile. Le sorti della scomparsa della bimba e le ragioni che stanno dietro all’indagine vengono solo accennate e probabilmente una fetta di lettori avrebbe preferito un romanzo con un po’ più “Poirot style” e un po’ meno psicologico".


 

COME SE NULLA FOSSE SUCCESSO