Paolo
D’Amato
Esordio
folgorante con
Tempo
di Giuseppe
Iannozzi
Folgorante
esordio quello di Paolo D’Amato che con il romanzo breve Tempo,
Cicorivolta edizioni, consegna ai lettori/alla società gli ultimi
trent’anni di storia italiana condensati in meno di cento pagine.
Scrittura adamantina quella di Paolo D’Amato, che non si perde
in inutili preziosismi linguistici o involuti barocchismi, adottando
uno stile diretto vicino a quello del miglior Gianrico Carofiglio e
Carlo Lucarelli.
Tempo, romanzo breve o racconto lungo, si divide in due tempi, che per
velocità d’azione e precisione spazio-temporale, potremmo
definire cinematografici. Durante il Primo Tempo, nel 1975, su una sponda
il Movimento Sociale Italiano, agitato e in vena di dare la caccia ai
comunisti con ogni mezzo, sull’altra i compagni e proprio nel mezzo
due giovani infiltrati, Napoleone Senape e Graziano Lipari, che dovranno
cercare di frenare l’onda d’urto di uno scontro già
scritto nella storia. Movimenti studenteschi, occupazioni delle scuole
pubbliche, idealismo anarchico stampato e distribuito in strada, e purtroppo
anche le Brigate Rosse con la loro inesorabile ascesa tra sangue e terrore,
che per Napoleone e Graziano culmina con l’omicidio del Giudice
Giannotti, il 30 novembre 1975. Il terrorismo ha ormai inaugurato una
nuova èra e Napoleone e Graziano, i due giovani poliziotti, dovranno
combatterlo, come possono con la giustizia e le leggi che hanno a disposizione,
nonché con il loro idealismo. Gli anni passano, le leggi si corrompono,
la giustizia scricchiola e anche l’idealismo giovanile si smorza
per lasciare spazio alle necessità personali: Senape e Lipari
sono uomini con problemi e famiglie che non possono ignorare e che devono
difendere. Imborghesiti, costretti loro malgrado ad accettare dei compromessi,
sono però ancora insieme alle soglie del Duemila, che li sbatte
proprio davanti al (loro) passato, con gli stessi personaggi d’allora.
Ma nel 1999 le Brigate Rosse, che in verità non si sono mai estinte,
tornano alla ribalta in maniera prepotente: la loro firma è una
catena di sanguinosi delitti, le cui radici sono sepolte sotto 24 anni
di apparente silenzio. Con il nuovo millennio alle porte, il Secondo
Tempo mostra la crudeltà della realtà, che forse soltanto
la violenza di ieri è per sempre, nel presente e nel futuro.
Tempo è un’analisi precisa, senza abbellimenti idealistici,
che partendo dal 1975 arriva alle soglie del Duemila, mettendo in evidenza
che forse, che forse non è poi cambiato molto in ventiquattro
anni; che i rancori di ieri sono quelli di oggi; che la malvagia stupidità
dello squadrismo è immutabile tanto a Destra quanto a Sinistra,
impossibile da eliminare, un cancro le cui metastasi si possono solo
eliminare una per volta ma con una quasi rassegnata consapevolezza che
in breve si riformeranno; e non da ultimo, che gli ideali di giustizia,
non importa se tu sia un compagno, un anarchico o un poliziotto, fanno
presto a lasciarsi fiaccare dal vento, implacabile contro i castelli
di sabbia. Eppure per chi nel giusto sopravvive, se non i castelli nella
loro interezza, almeno la forma che non è molto ma sicuramente
qualcosa più di niente per non arrendersi al terrorismo e alla
stanchezza di sé stessi, dei meccanismi della giustizia.
Tempo di Paolo D’Amato è un romanzo esemplare che riesce
a far luce là dove Nelle mani giuste di Giancarlo De Cataldo
ha fallito.