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Francesco De Nigris ha espresso
se stesso in note incantevoli

HUMORESQUE

by Giuseppe Iannozzi



Non c’è amore se non c’è morte e non c’è amore se non c’è prima il dolore, ma non sempre il dolore è valvola di sfogo per l’Eros.

Recita l’epigrafe sul monumento funebre di Antonio Salieri: “Riposa in pace! Non coperta di polvere/ l’eternità ti è riservata./ Riposa in pace! In eterne armonie/ si è dissolto il tuo spirito./ Egli ha espresso se stesso in note incantevoli/ ora è salpato verso l’eterna bellezza.”

Francesco De Nigris porta sulla pagina la musica, il patto con il diavolo, l’apollineo e il dionisiaco, lo spartito frammentato d’un impossibile vivere. L’autore di Humoresque registra gli accadimenti funerei di esistenze, che se solo il Fato lo avesse voluto, avrebbero forse incontrato, nel corso del loro passaggio terreno, non la semplice esclusività del rimpianto: per nessuno dei personaggi di De Nigris c’è una sola stilla d’illusa felicità. Uomini donne bambini, in un modo o nell’altro, tutti dipendono dalla musica, dalla salvezza e dalla dannazione che essa significa: e chi decide di partorire note musicali sempre lo fa a suo proprio rischio e pericolo.

I racconti di Francesco De Nigris hanno tutti in comune il suono, anche quando questo è silenzio, o urlo di soffocata rabbia. Utilizzando un registro narrativo post tondelliano, in alcuni casi vicino a quello di Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli, e in taluni casi in una ‘parlata’ compiaciuta nella mimesi linguistica di Alberto Arbasino, l’autore ci consegna l’amore per la musica, ma soprattutto l’uomo, la sua animalità governata dall’istinto e che è spesse volte vittima e preda d’una solitudine esistenziale non scorporabile.

Dimenticatevi però Pasolini: l’autore Francesco De Nigris, pur parlando di personaggi che vivono ai margini della società, non baratta la sua onestà intellettuale e artistica in quello che sarebbe potuto essere un grottesco tentativo di riesumare il freddo cadavere dell’autore di Ragazzi di vita. Gli accenni sottointesi o espliciti all’omosessualità, latente o dichiarata, sono sempre in una declinazione nobile e mai pecoreccia (romanesca), sono declinati in una foggia grottesca, talvolta anche divertita, un po’ à la Jonathan Ames. Nei racconti di Francesco De Nigris il dolore c’è ed è grottesco, divertito, arrabbiato, musicale, e inascoltato da tutta la società che fa da cornice a Humoresque. La felicità non è per tutti, non lo è per le vite comprese in Humoresque.

Siete disposti ad ascoltare le note dell’umoresca di De Nigris?



HUMORESQUE