Lallucinogeno cabarettista/investigatoredi ZERO67
nel nuovo romanzo di Gino Nardella
recensione di Giuseppe
Iannozzi
Un
cabarettista non è un barista introdotto nel circuito dellavanspettacolo,
anche se di tanto in tanto o anche spesso non disdegna di buttar giù
un paio di bicchierini di troppo. In Italia il cabaret nacque con Ettore
Petrolini, e successivamente trovò una dimensione anche musicale
con i Gobbi, poi con i Gufi di Nanni Svampa, con Enzo Jannacci e infine
si può dire che mutò nel teatro canzone con Giorgio Gaber,
fino ad arrivare ad una forma più moderna e disimpegnata, quella
de I Gatti di Vicolo Miracoli, di Cochi e Renato, Francesco Salvi, Diego
Abatantuono, Claudio Bisio e del trio Aldo Giovanni e Giacomo.
Bene,
ora dovrebbe essere a tutti chiaro che un cabarettista non è
un barista e tantomeno uno stinco di santo, perlomeno non lo è
Donato Nardecchia, il protagonista non assoluto di Zero 67, ultimo romanzo
di Gino Nardella, pubblicato per i tipi Cicorivolta edizioni.
Nardecchia Donato, un nome che è tutto un programma, non ha il
becco dun quattrino, è uno sfigato che negli anni Novanta
tira a campare cercando di far ridere gli altri per tirar su qualche
spicciolo. Non è un vero e proprio lavoro ma altro non sa fare,
per cui si arrabatta come può. La sua vita sentimentale e sociale
praticamente non cè, è più piatta duna
pietra tombale: è insomma quello che in gergo vien definito un
cattivo partito. Di suo ha poco, una Peugeot 504 color amaranto,
soldi in tasca niente e allorizzonte soltanto due possibilità:
fermarsi ai semafori e rubare il mestiere ai marocchini che fanno i
lavavetri o far ridere la gente. A trentaquattro anni, per il mercato
del lavoro, è vecchio, così gli vien detto. Non ha scelta,
tentare al Burlesque, fare un provino e sperare di non doversi seppellire
nella vergogna. Nardecchia è un precario, la sua donna non cè
e al massimo gli riesce di tampinare qualcuna, che subito lo spedisce
a gambe allaria. La sua vita non è di quelle che si possono
definire felici; ha però una faccia che fa ridere e non si deve
sforzare di risultare buffo e goffo. Al Burlesque, dove è riuscito
a ottenere di fare un provino, se non spacca riesce comunque a convincere
il gestore del locale, il quale gli accorda di trascinarsi sul palco
e metter su il suo numero. Il compenso non è un granché,
ma se non altro è qualcosa più di niente. Una volta davanti
al pubblico gli applausi esplodono facili, viene così notato
da un tizio poco raccomandabile che ha in tasca un sacco di grana. Questi
lo vuole per una festa di beneficienza: Donato accetta, per il gettone
che è di trecentomila Lire. Quello che Nardecchia non può
immaginare, pur essendo nelle vesti dun cabarettista, è
che presto si troverà impantanato in un traffico di burundanga,
cioè di scopolamina più benzodiazepine. Lo spaccio si
concentra soprattutto nella Roma bene e per Nardecchia cè
poco o nulla da ridere.
Nardecchia
incontra Laura, una ragazza, non troppo bella ma neanche da buttar via.
Fa la sua conoscenza alla serata di beneficienza quando lei è
già belle sbronza. Da questo momento in poi per Donato
sarà un susseguirsi di complicate situazioni tragicomiche: da
cabarettista che era Donato simprovvisa investigatore e si fa
crescere i baffi tranne poi farseli tagliare da Laura, che, papale papale,
gli spiega che non è buono a dire bugie, non ne ha
dunque bisogno. Fortuna che Nardecchia non le ha ancora detto di amarla!
Un
romanzo divertente ZERO67 di Gino Nardella, che utilizzando i cliché
del giallo investigativo, traduce un cabarettista squattrinato nella
Roma bene, in un traffico di burundanga, sostanza ricavata dalla
pianta della Datura, incolore, inodore, solubile, capace di produrre
perdita di memoria, allucinazioni, esaltazione e stordimento. Per Donato
Nardecchia sarà unavventura non da poco, con risvolti imprevedibili
e al limite dellassurdo.
Gino Nardella si diverte a prendere un po per i fondelli la figura
dellinvestigatore che simprovvisa tale: ne vedrà
di tutti i colori il cabarettista Donato Nardecchia, e potete scommetterci
sin dora la vostra sanità mentale che vi farà morire
intossicati da una generosa dose di risate.