Mattia Zadra, enfant terrible,
autore di “Vedere” parla del suo romanzo
Intervista
a
Mattia Zadra
a cura di Giuseppe
Iannozzi
1.
Innanzitutto ti chiedo quali sono i tuoi scrittori preferiti e che cosa
essi ti hanno insegnato.
I
miei scrittori preferiti son tutti in qualche modo legati tra loro a
mio avviso.
Non credo di dirti nulla di inaspettato parlandoti di Chuck Palahniuk,
Irvine Welsh e Charles “Hank” Bukowski come massimi ispiratori.
Poi naturalmente ce ne sono molti altri che apprezzo, vedi George Orwell,
Jack Kerouac, John Fante e così via.
Me ne piacciono anche molti di italiani, come Ammaniti, Eco, e scavando
più indietro negli anni Leopardi.
Credo siano questi in buona sostanza quelli che amo di più.
2.
Mattia, tu hai scritto un romanzo, “Vedere”, che conta alcune
non sacrificabili citazioni, più o meno in chiaro, dai lavori
di Chuck Palahniuk: perché proprio Palahniuk e non Saramago ad
esempio?
A
Palahniuk devo molto. Se ho iniziato a scrivere è stato grazie
ad un suo libro, “Soffocare”, e così non posso non
cercare di tributarlo nei miei lavori (forse anche eccedendo in questo
mio primo romanzo).
Dopo aver chiuso quel libro per l’ultima volta ho capito che pure
io dovevo provarci.
Inoltre leggere i suoi romanzi mi ha aperto come persona.
Lo apprezzo moltissimo, sia per lo stile che per le raccontate.
Perché non Saramago mi chiedi.
Semplicemente, anche a causa della mia giovane età, nel momento
in cui ho iniziato a scrivere non avevo ancora letto nulla di suo.
Se tu mi avessi chiesto appena tre o quattro mesi fa cosa ne pensassi
di Saramago non avrei potuto risponderti.
Ad ogni modo l’averlo letto spero, e ne son certo, mi aiuterà
per i miei prossimi romanzi.
3.
“Vedere” è un buon romanzo, oserei dire forse migliore
di alcune cose scritte negli ultimi anni da quello che tu indichi essere
il tuo maestro. Com’è stata la gestazione della storia?
La
storia è semplicemente venuta fuori.
Come diceva Bukowski, “non farlo se non ti esplode tutto dentro
a dispetto di tutto”.
E io così ho fatto.
Ho cominciato a scrivere perché ne sentivo la necessità,
e sono andato avanti così, senza uno schema e senza fissarmi
dei ritmi o altro.
Affidandomi solo all’ispirazione.
Mano a mano che scrivevo le idee venivano, e si incastravano tra loro.
È una sensazione bellissima quando vedi che le cose funzionano,
una delle migliori mai provate.
4. In “Vedere” il protagonista è
un giovane che ha subito una grave perdita affettiva in un incidente.
Ad un certo punto però il mondo in cui credeva di vivere comincia
a cadere letteralmente a pezzi: è giusto parlare di universi
dickiani che cadono a pezzi?
Purtroppo
mi dimostro ignorante dicendoti che non ho mai avuto il piacere di leggere
nulla di Dick.
Comunque ho il tempo dalla mia e sono certo che prossimamente non mancherò
di farlo.
5.
Kyle, l’eroe di “Vedere”, suo malgrado è costretto
a una esistenza borghese, che solo di tanto in tanto viene messa in
discussione da qualche sbronza. Kyle non è fatto per combattere
contro la società, soggiace invece ai suoi dettami etici e politici:
la ribellione è in lui latente, addormentata. Pensi che i giovani
di oggi siano delle pappamolle?
Io
purtroppo non nutro stima né affetto per quelli che tu chiami
i “giovani di oggi”.
Sarà perché non li capisco, o perché io son completamente
fuori da quello che è il loro mondo (pur rientrandoci per ragioni
anagrafiche), ma son convinto che siano davvero poche le persone della
mia età o giù di lì che si possano definire Persone
con la “P” maiuscola.
Uscendo per strada anche solo per un secondo ti accorgi di come stia
andando un po’ tutto a puttane.
Ovunque vai senti storie di persone i cui valori son ben lontani da
quelli che ritengo reali, e la cui cultura lascia parecchio a desiderare,
in tutti i campi.
I libri li leggono in pochi (statistiche del 2006 dicono che solo il
13% delle persone nella propria vita ha letto almeno 12 libri), e per
lo più quelli letti da questa misera percentuale son stronzate
(mi astengo dal far nomi, ma credo si capisca a chi mi riferisco).
La musica invece, quella vera, ormai la fanno in pochi e pure loro sono
poco considerati.
Se non hai un bel visino o non sei una grottesca caricatura d’essere
umano al giorno d’oggi non ti si fila più nessuno, se non
quella stretta cerchia di persone che si definiscono “alternative”.
Insomma, riassumendo il tutto credo che i giovani siano per il 10-15%
delle persone valide.
Quel che resta son solo mezzeseghe.
6.
“Vedere” vuol essere un romanzo di mero intrattenimento o
include anche un messaggio socio-politico, di rivolta forse?
La
mia idea iniziale era quella di scrivere una storia che piacesse a me
e magari pure agli altri.
Non mi ero prefissato di inserire insegnamenti o che altro.
Però, mio malgrado, alcune cose le ho fatte trasparire (forse
pure troppo).
L’esempio che mi sento di farti è quello di Dio.
Io sono un ateo convinto, e leggendo un passaggio del libro in cui definisco
Dio la più grande invenzione dell’uomo per spiegare ciò
che non riesce a capire credo traspaia la mia opinione a riguardo.
Comunque in linea di massima “Vedere” è abbastanza
contenuto per quanto riguarda la critica socio-politica di cui mi chiedevi.
Il romanzo che sto scrivendo ora invece è di tutt’altra
pasta, ma questo lo si vedrà in seguito.
7.
Il tuo stile. Parliamo di questo. Nel tuo stile ho ravvisato delle ingenuità,
comunque scusabili data la tua giovanissima età. Ne approfitto
dunque per chiederti a bruciapelo: i nuovi giovani scrittori quanta
importanza danno allo stile?
La
domanda andrebbe posta a più persone.
Io posso parlare per me e per quel che ho potuto osservare negli altri,
quindi è una visione abbastanza limitata quella che ti offro.
Per me lo stile è una delle componenti fondamentali che aiuta
a distinguere uno scrittore da uno che prova ad esserlo.
Nel mio caso ho cercato di dare ritmo alla storia con dei periodi brevi
(a volte brevissimi), riprendendo anche un po’ alcuni tratti appartenenti
ad altri scrittori (come il già plurinominato Palahniuk).
Purtroppo però leggendo cose scritte da altri giovani come me
vedo che lo stile non traspare minimamente.
Tutti sono troppo impegnati a dire quel che vogliono dire, senza far
sì che risulti anche efficace il loro messaggio oltre che chiaro.
Concludo la risposta con una citazione, manco a dirlo di Palahniuk,
che riassume il mio pensiero:
“Il mio scopo è di intrattenere piacevolmente il lettore
veicolando in modo indiretto dei messaggi che nella loro nuda verità
risulterebbero sgradevoli.”
8.
Un libraio in che categoria dovrebbe inserire il tuo romanzo? Tra la
letteratura italiana, l’horror, il fantasy, la fantascienza? Spiega
perché.
Beh,
stando a quanto dicono i miei amici scherzando sui miei 19 anni dovrei
essere inserito nella categoria “letteratura junior”.
Parlando seriamente invece ti confesso di non sapere a quale genere
attribuire la mia opera.
C’è chi l’ha definita pulp, chi psicotica e più
vicina alla fantascienza, ma io davvero non le saprei dare un posto
preciso e non mi pongo il problema del farlo.
Io mi limito a scrivere e faccio solo i miei auguri ai librai a cui
è toccata o toccherà tale compito.
9.
Abbiamo parlato del tuo romanzo, “Vedere”. Ora parliamo un
po’ di te seppur a grandi linee: chi è Mattia Zadra?
Mattia
Zadra è un paradosso. Un sognatore disilluso.
Io sono una persona estremamente critica, polemica, a tratti cinica,
ma che comunque anche se in un qualcosa di bene non ci crede almeno
ci spera.
Sicuramente sono pieno di valori in cui credo, e ho delle idee di lotta
in testa, di ribellione, e quando posso mi lascio andare (pagandone
anche le conseguenze alle volte, come mi è già successo
in alcuni episodi).
Mi definisco anche un “viaggiatore della mente” perché
vedendo che in questa realtà rimango deluso da qualsiasi cosa,
anche quella che per un attimo sembra esser la più bella, passo
intere ore in una giornata a sognare ed immaginare una vita alternativa
nella mie mente, cosa che mi aiuta a scrivere.
È una sorta di applicazione della teoria del piacere infinito
di Leopardi se vogliamo.
A grandi linee io sono questo.
10.
La vendetta: la tua è una storia che non lascia scampo a nessuna
illusione di speranza o di redenzione. E così? Spiega…
Nel
libro traspare il mio carattere estremamente vendicativo, è vero.
Non credo nel pentimento delle persone, così come non credo nella
loro bontà.
Se subisco un torto tendo a rispondere rincarando le dosi e fregandomene
di cosa mi possa accadere dopo.
Su questo aspetto ora sto lavorando, perché riconosco di essere
un po’ troppo sanguigno alle volte.
11.
La pena di morte. Nel tuo “Vedere” alla fine ad averla vinta
è la morte. Che cosa ne pensi della pena di morte comminata dallo
Stato? E di quella eseguita invece di propria mano?
Premetto,
io sono contrario alla pena di morte se applicata, come nel caso dello
Stato, a tutte le persone che commettono un dato reato.
Però in alcuni casi non sono assolutamente contrario alla giustizia
fatta in casa.
Troppe volte capita che persone perdano i propri cari per mano altrui
e che i colpevoli la facciano poi franca cavandosela con poco.
Questo secondo me non deve esistere.
Purtroppo uno dei limiti della legge sta proprio in questo.
12.
In una società violenta l’unica risposta possibile è
la violenza?
No,
non credo, però sicuramente alle volte sembra essere l’unico
mezzo per farsi sentire.
Non approvo l’uso della violenza, ma non biasimo chi vi ricorre
in determinate condizioni.
Pure io probabilmente la userei in alcune situazioni.
È tanto facile al giorno d’oggi fare i moralisti e i buonisti
nel condannarla a priori, ma io voglio esser sincero, anche se questo
dovesse costarmi critiche o altro.
Personalmente vorrei sentire l’opinione di chi dice che la violenza
non vada mai usata dopo aver sentito sulla propria pelle cosa si prova,
ad esempio, quando qualcuno ti violenta e ammazza la figlia (tanto per
restare in attualità).
Avrebbero ancora il coraggio di condannare l’uso della violenza
su quella data persona?
Una cosa è certa: chiunque sia sincero quantomeno con sé
stesso non potrà mai biasimare dei genitori che in una situazione
simile ricorrano alla violenza per una propria vendetta.
13.
Un buon motivo per leggere il tuo libro “Vedere”…
Molti
lo hanno letto per la curiosità di vedere cosa abbia da dire
un ragazzino di 19 anni.
Io dico di leggerlo perché ci ho messo il cuore e l’impegno,
e ritengo che il risultato valga comunque la pena di investirvi quelle
3-4 ore di tempo che ci vogliono per leggerlo.
Magari anche solo per valorizzare gli sforzi di un ragazzo che vuole
emergere in questo campo.

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