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La ladra di spaghetti
Marthita Pepe

di Giuseppe Iannozzi

Un libro veloce che si legge in un paio d’ore, divertendosi e eccitandosi lievemente anche. I libri non li si dovrebbe mai giudicare dalla copertina, ma una volta tanto, perlomeno in questo caso, val la pena di dire anche della copertina, che è non poco accattivante e, a mio avviso, parte integrante del testo che Marthita Pepe ci propone: un olio su tela di Andrea Tarli, l’adattamento grafico è invece di Phab Postini. In copertina una ragazza, di spalle, in ginocchio su dei cuscini, con addosso i soli jeans parzialmente sbottonati, e con innocente malizia si copre i seni con il braccio, e uno sguardo sereno, due occhi quasi da orientale spagnoleggiante però, e una lunga fluente massa di capelli rossi, di una rossa naturale! E chissà che questa avvenente fanciulla, che è un po’ tizianesca e un po’ à la Gabriel Dante Rossetti, non sia proprio la protagonista de “La ladra di spaghetti”: io nutro il dubbio e la speranza e l’egoistico bisogno d’illudermi che sia proprio così, uguale uguale a quella che ho amato tra le pagine del romanzo.
Due ragazze, due liceali, che a breve dovranno affrontare la matura, ma nelle loro vite manca qualche cosa: la figura paterna. Entrambe le ragazze non hanno mai conosciuto il loro genitore, però entrambe sono state amorevolmente allevate dalle rispettive madri. Nonostante le difficoltà, si può presumere che alle due liceali non sia mancato niente, né l’amore né qualche innocente vizio materiale. La protagonista (Marthita!) si accompagna a Olivia, l’amica del cuore: ma per lei è semplicemente Oli. E la madre di Oli fa la cuoca al Tio Tepe, dove le due non disdegnano di mangiare quasi tutti i giorni. La madre della protagonista è invece una lap dancer, che si esibisce allo Chatam. Nella loro vita nessun terremoto d’emozioni, tranne il fantasma d’un’assenza: quella della figura paterna. Un giorno, quando Oli confida all’amica che conoscerà il proprio padre, la ladra di spaghetti sente nascere in sé un iceberg. E’ invidiosa? Forse ha solamente bisogno pure lei di conoscere il padre. Ma lei non lo sa chi è e sua madre non sembra intenzionata a dirle del genitore, forse perché lei stessa ignora chi sia il padre della figlia. La protagonista è una vera peperina, sensuale simpatica ingenua e anche un po’ perfida ma solo con qualcuno: le piacciono gli spaghetti, moltissimo le piacciono, conditi con un filo di olio d’oliva e una bella grattata di parmigiano reggiano. A ogni forchettata che le arriva in bocca, con genuina malizia tutta femminile, gli uomini che non possono fare a meno di notarla o s’imbarazzano o più spesso immaginano chissà che. Ma questa ladra di spaghetti è fondamentalmente ancora una bambina, una donna-bambina, anche se le sue belle scopate se l’è già fatte non disdegnando qualche marchetta, per necessità: però l’amore lei ancora lo fa con innocenza, con un’innocenza disarmante e provocante al tempo stesso. Lei è genuina, non fa male. No: fa anche male. Sia come sia: è acqua e sapone, o meglio una rossa naturale che va matta per gli spaghetti.
La lingua di Marthita Pepe è schietta e acerba, a tratti quasi pervasa da ingenuità ma tutta al femminile: non mancano però né la passione né la malinconia, come una storia d’amore, quella più sincera e duratura per la Vita, per un’impellente necessità di viverla tutta la Vita. Ne “La ladra di spaghetti” l’autrice, Marthita Pepe cerca di rintracciare quelle radici, che per troppo tempo ha finto che non le interessassero. Forte solamente della sua giovinezza, questa giovane ladra vuol sapere chi è il padre, forse più per sentirsi completa nell’anima, dando così corpo a un mero atto d’egoismo, che non per un disinteressato atto d’amore verso il genitore mai conosciuto. E non manca un po’ di crudele erotismo, e in qualche caso di sesso strappato con la forza: la ladra di spaghetti dovrà fare i conti anche con la violenza, dovrà decidere d’inghiottirla, di far finta di niente, di denunciarla. O d’infliggerla. Ma prima di prendere qualsiasi decisione in merito al suo futuro, prima d’ogni altra cosa dovrà scoprire le sue radici. Radici che sono in quella porzione di sangue che le ha dato il padre e di cui ignora l’identità.

(leggi anche l'intervista a Marthita Pepe)