Gennaro
Morra
ALL'OMBRA
DELLA GRANDE FABBRICA
recensione
di
Vincenzo Aiello (Il Mattino di Napoli)
E un libro drammatico e commovente questo Allombra
della grande fabbrica (pagg. 143, euro 11; Cicorivolta edizioni)
esordio letterario del trentenne napoletano Gennaro Morra che ci parla
dellamicizia di due ragazzi ventenni Stefano, studente di sociologia
affetto da tetra-paresi spastica con una passione per linformatica
e Marco, studente di Filosofia. Teatro di questo rapporto la Novasider
di Bagnoli la grande fabbrica che colora il cielo di nuvole strane e
rossicce che sono il motivo di lite tra Franco De Biase, operaio della
stessa fabbrica e suo figlio Marco militante di unassociazione
ambientalista che si batte per la sua chiusura perché è
oramai evidente che la fabbrica avvelena laria ed uccide pian
piano gli abitanti di Bagnoli e di Fuorigrotta. Ma non è la dismissione
della fabbrica il tema centrale del testo, che ne costituisce più
che altro la cornice asfissiante che investe i rapporti familiari e
sociali di quel pezzo di Napoli degli anni 80 e 90. E
la voce media dellumanità delle relazioni umane che ne
rappresenta il fulcro della narrazione, portando a tanti destini figli
della rabbia e del dolore irrisolto. Stefano oltre allhandicap,
che ha vinto adattandolo alla propria vita, vincerà anche la
battaglia con un linfoma maligno. Franco De Biase morirà prima
di vedere la sua fabbrica rasa al suolo, in un litigio con il figlio
ambientalista, e filosofo mancato, che emigrerà a Milano dove
si rifarà una vita con Antonella ed un nuova famiglia, mentre
la sua sposa Dina resterà a Napoli e vivrà di ricordi.
Napoli invece riproporrà i suoi clichè e le sue lentezze
svelando i giochi di criminalità e politica. Morra, invece, esce
da questo suo primo testo con una lingua che dimostra fermezza civile
e passione per i sentimenti che ci sono apparsi autenticamente narrati.
Forse questo suo testo ci ha svelato uno scrittore anchesso autentico
che potrebbe darci nuovi testi da assaporare nel tentativo di spiegare
un passato che lambisce un po tutti noi, perché pieno di
vita.