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Paolo D'Amato
TEMPO

recensione di Arcilettore

È strano come pochi si soffermino a pensare al 1968, benché quest’anno ricorra il quarantennale di quegli avvenimenti. L’impressione è che si tenda a cancellare un periodo storico nel quale, come è raramente avvenuto nella storia del nostro paese, si è cercato di cambiare profondamente una nazione il cui sviluppo è sempre troppo condizionato da tangenti, corruzione morale, trasformismo, segreti che sono costati centinaia di morti. Così non sembra affatto una contraddizione che gli stessi personaggi del libro, che tanto intensamente hanno vissuto quel periodo storico, facciano quello che hanno fatto molti dei protagonisti di quegli anni: cercare di dimenticare il proprio passato. Nel racconto ci sono due gruppi di giovani che si contrappongono con il loro carico di ideali: i primi di sinistra e i secondi di destra. Ad essere sinceri la narrazione finisce per descrivere quel movimento mettendo l’accento soprattutto sulla violenza, dimenticando che questa era una cosa marginale. Tuttavia è giusto ricordare i tanti morti che la stupidità di alcuni fondamentalisti ha finito per disseminare lungo gli anni Settanta e Ottanta. Ma cosa resta dopo tanto tempo di tutto questo. L’autore è impietoso nel descrivere la vita di quei personaggi, simulacri di se stessi e non è un caso che, nel giallo che contiene la narrazione, l’autore abbia fatto una scelta tanto simbolica. Diventa infatti paradossale che la speranza di una cambiamento venga da chi, allora, era il nemico per gli uni e per gli altri. Certo non si tratta delle stesse persone, la Celere non esiste più, gli uffici politici delle questure non hanno più le sembianze di allora, ma resta comunque la polizia, quella che è e resta il baluardo dell’ordine costituito. Ed è proprio tra loro che si ritrova una solidarietà che non è corporativa ma umana; una coerenza che non è chiusura ottusa, ma capacità di mantenersi coerenti agli ideali anche con modalità diverse, coerenti a un senso di legalità che è difesa, prima di tutto, dei deboli. Un bel libro, con una impostazione narrativa e una costruzione linguistica piacevoli.


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