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Cesena - Galà del Premio Bancarella 2011 - Tommaso Balbi si aggiudica... (schiaccia qui e leggi e guarda tutto)

Tommaso Balbi (non nella foto) al Galà del Premio Bancarella 2011

 

titolo: "L'AMORE AI TEMPI DELLA GELMINI" (introduzione di Francesca Boari)
collana i quaderni di Cico
autore Tommaso Balbi
ISBN 978-88-95106-90-8
- pp. 289 - euro 14,00 - in copertina, illustrazione originale di Simone Pieralli


“La manifestazione di domani non è una questione di destra o sinistra, lo capite? Domani si manifesta per noi, per il nostro futuro, senza distinzione di razza, di religione o di schieramento! Il preside diceva che lunedì tornerà tutto come prima… Io spero che Lunedì NON tornerà tutto come prima! Dovremo entrare nelle nostre classi con una consapevolezza nuova… Che devono ascoltarci, perché in gioco c’è il nostro futuro! Garantire un’istruzione libera è garantire il futuro!”.

Cesena, 2008 dopo Cristo.
Mentre divampa la protesta contro la riforma Gelmini, Enrico Giuliani (detto Giulian) e Manuel (il fratello “Eunuco” di Giulian), vivono un momento
cruciale della loro vita.
Il primo, sedici anni, studente liceale, deve fare i conti con la fine della sua storia d’amore con Luna; il secondo, ventotto anni, è alle prese con l’ultimo esame universitario già lungamente differito...

“Domani occuperemo il liceo, mentre sabato un’onda travolgerà le strade di Cesena e saremo noi i protagonisti. Dobbiamo farci ascoltare da tutti, anche da quelli che fanno la voce grossa con le loro minacce! Per una volta non dobbiamo subire le decisioni dei piani alti! Perché la scuola siamo noi!”.


 

 

Leggi l'articolo di Elide Giordani su La Voce di Romagna

Leggi l'intervista de Il Resto del Carlino a Tommaso Balbi

 

 

dall'Introduzione di Francesca Boari

(...)

Romanzo che a pieno titolo potremmo definire “generazionale”, dalla trama colma di sorprese, scritto con il ritmo di una evidente necessità. L’Amore ai tempi della Gelmini, è un romanzo semplice e intelligente, una cronaca di vita e una testimonianza letteraria che ci apre un varco, una porta, una finestra, una piazza di luce sul senso di un’epoca, questa nostra squinternata epoca che i giovani, questi nostri giovani, stanno vivendo quasi senza essere visti né valutati, ma che anche per questo tipo di attenzioni e di prospettive, un giorno, fra non molti anni, sarà ricordata e probabilmente rivalutata e meglio storicizzata. Un romanzo, dunque, specchio dei tempi, che restituisce cultura e dignità sociale all’importanza dell’essere individuale prima ancora che comunitario. Un romanzo, infine, onesto e autentico, la cui trama si srotola e si sviluppa di scena in scena proprio come un film dedicato alla famiglia, alla società, ai giovani e ad un mondo studentesco vivo e vegeto, descritto con brillante competenza, ironia e spontaneità narrativa.

 

 
 

 

Brani tratti da L'AMORE AI TEMPI DELLA GELMINI

(...)

Jena si sente accarezzare una spalla, rotea lo sguardo e mette a fuoco una figura femminile con i capelli a caschetto neri come lo smeriglio, che sorride smaltata in un modo tra il puttanesco e il propagandistico. Il portamento fine e intellettuale, l’abbigliamento da donna in carriera più che da ragazzina all’alba dei diciotto anni, stride con quei due occhi inequivocabilemente ammiccanti e maliziosi. È Annalisa Valentini. Sembra una ex velina che si è riciclata in politica. Annalisa gli sventola davanti al grugno un volantino su cui è apposto, a caratteri cubitali:
NON FERMIAMO LE LEZIONI. DIFENDIAMO LA RIFORMA!
L’ex velina è una signorina di seconda liceo, militante della setta Giussani, per intenderci di cielle, promotrice di una scuola conservatrice ed integerrima. Voti altissimi in tutte le materie, un vero e proprio vanto per il pluridecorato e per il Cattolicesimo cesenate. Parallelamente alla sua attività politica e al suo fermento cristiano, ama farsi sifonare con prepotenza da uno dei consoli del triumvirato che governa il liceo. Federico De Lorenzis, ovvero una fotocopia tardoadolescenziale di Casini. Un Rotariano che fa credere al mondo liceale di essere un centrista moderato ma che ha già affisso il suo nome nella lista della Giovane Italia.
“Ragazzi, dovete capire che è fondamentale una riforma seria della scuola. Bisogna tagliare le spese superflue, e fidatevi che ce ne sono parecchie. Ragazzi, certe modifiche sono necessarie… E poi non ci sembra giusto fermare le lezioni, così si impedisce il fluire della cultura!” afferma l’ex velina decisa e puttanesca allo stesso tempo.
“Non hai tutti i torti, stiamo riflettendo sulla faccenda” ribatte Jena accomodante e sbrigativo, giacché ora il suo primo pensiero non è certo la legge 133 bensì la vecchia professoressa Medusa.
Giulian assume un atteggiamento piuttosto strafottente, si gira verso l’ex velina solo per educazione e sussurra un “ciao” poco convinto. Ultimamente l’ha analizzata con attenzione lungo i camminamenti del liceo. È convinto che si tratti di una femmina ipocrita, benpensante e di scarso valore umano. Ha un portamento da reginetta intellettuale e di certo si rivolge alla plebe del pluridecorato come ad una mandria di sottosviluppati.
È una di quelle signorine che alla mattina si guardano allo specchio e domandano ‘Specchio specchio delle mie brame chi è la più affascinante acculturata cristiana fanciulla del cesenate?’.
Lui solitamente non la degna né di un sorriso né di uno sguardo, preferisce non darle soddisfazione così da non alimentare quella detestabile vanagloria che si porta addosso come una gualdrappa.
L’ex velina dopo le raccomandazioni si allontana scodinzolando e prosegue la sua opera di proselitismo. Jena e Giulian la vedono accalappiare una frangia di pulcini anonimi di quarta. Ovvero le sue prede preferite. Gli imberbi senza identità che non sanno dire di no.
“Jena mi dai il volantino?”.
Jena senza protestare glielo porge svogliatamente.
Giulian lo appallottola come carta stagnola mentre individua un cestino a pochi metri da lui. “Se faccio canestro, la Medusa ti interroga” lo provoca il giovane emo.
Il tiro arcuato e perfetto alla Dino Meneghin centra perfettamente il cestino.
“Fanculo!” esclama Jena toccandosi il pacco in segno scaramantico.
Giulian fino a qualche giorno fa non si era interessato alla Gelmini e compagnia bella, né a tutto quel tumulto che sta ingoiando il pluridecorato. Subiva le decisioni prese dall’alto seguendo la piega degli eventi con un certo distacco ignorante e superficiale. Anche oggi, in realtà, durante l’assemblea ha in previsione di farsi largamente gli affari propri immergendosi nella lettura di “On the road” di quel geniaccio di Kerouac, precursore della beat generation nonché suo albeggiante profeta. Lo affascina in modo portentoso il fatto che il grande Jack abbia scritto quel capolavoro su un rotolo di carta, in sole tre settimane. E poi quel suo linguaggio rancido che fa a brandelli le solite regole grammaticali e sintattiche. Finalmente qualcosa di nuovo e di più libero. Un tipo tosto, maledetto e morto prematuramente di cirrosi, emarginato in una guglia della controcultura americana, ha letto Giulian su wikipedia.
Probabilmente, quindi, leggerà Kerouac e non si interesserà al divampare dell’A porta a porta (dove non ci sarà Vespa a moderare ma il Casini ‘de noantri’, Federico De Lorenzis) che andrà in onda all’interno dell’aula ginnica, non si mischierà mai a quel ceppo di figuranti che non sanno un accidente di politica e pontificano sprezzanti frasi del tipo ‘È roba sporca quella, i politici sono tutti ladri e ignoranti’. Non sopporta le generalizzazioni dei finti contestatori che scendono in piazza scandendo slogan con voce roca solo perché è di moda e perché si saltano le lezioni sbizzarrendosi in un cazzeggiamento selvatico. Non sopporta nemmeno le metamorfosi di certi maschietti che fino a ieri non sapevano nemmeno chi fosse il presidente della Repubblica e che quest’oggi manifestano, con la barba incolta e la maglia del Che, per accaparrarsi le grazie di qualche fighetta di sinistra con la kefiah infiocchettata al collo, l’eskimo ancora sfoderato perché è autunno, i maglioni larghi e gli accessori rigorosamente non di marca. Le stesse fighette poi, se le senti parlare, sprigionano odio contro l’ingerenza delle multinazionali ma non possono fare a meno di un paio di Nokia galleggianti nel tascone, uno con la scheda Tim e l’altro con la Omnitel nel caso non prendesse la Tim.
Nonostante il Partigiano si infiammi per le questioni del mondo e nonostante anche l’Amazzone, prima di diventare un’aspirapolvere in carne ed ossa, fosse stata un’agguerrita sindacalista, i due figli fino ad oggi sono cresciuti distanti da ogni ardore politico.
Jena si alza. “È giunta l’ora” afferma con l’angoscia di un soldato americano in partenza per la guerra del Golfo.

3.

I due si dirigono verso l’entrata al minimo dei giri e prima di varcare la soglia del pluridecorato vengono affiancati da Roberto Armucci, un amico ‘triangolare’.
Nel gergo di Jena, l’amico triangolare è quel personaggio con cui non si ha la confidenza per trattare temi di una certa profondità ma nello stesso tempo si ha una conoscenza tale che salutarlo fugacemente sarebbe troppo poco, quasi un gesto di snobismo. Il problema è che dopo il canonico ‘ciao, come stai?’ gli argomenti sono già quasi terminati. Ergo non resta che disquisire su concetti di una epidermica quotidianità, ovvero esternare invettive contro i prof e condividere il travaglio pre-interrogazione.
“Che materie avete oggi?” si informa l’Armucci che non vuole saperne di volatilizzarsi.
“C’abbiamo la Medusa che ci fa il culo!” ribatte Giulian scoglionato.
“Speriamo che non me l’appioppino il prossimo anno…” riflette inquietato.
“Lo spero per te” interviene Jena secco.
Gli argomenti sono esauriti e il bivio all’ingresso li sta per dividere ma l’Armucci non demorde, vuole protrarre questa futile interazione. Così sfodera il terzo lato del triangolo, l’amico in comune. Quello grazie al quale ci si è conosciuti. In questo caso il terzo lato è Davide Scarpellini, nonché storico vicino di casa di Giulian. Nei pomeriggi primaverili Giulian e Davide si ritrovavano a giocare a pallone nel campo sotto casa insieme alla tribù protozoica di via Don Minzoni. Al termine delle fatiche sportive si andava tutti, fetidi, nel soggiorno di Davide a trangugiare the freddo con le gocciole del Mulino Bianco e a spararsi film porno, scaricati dal padre, che narravano le campagne in terra Ceca dell’esimio Rocco Siffredi. Lo Scarpellini spesso si portava appresso un suo cugino basso e fetente, ovvero il qui presente Roberto Armucci.
In questo preciso istante, al tramonto di un funesto duemilaotto, tale amico triangolare appare azzimato e si dice sia fregiato di ottimi voti nel suo secondo anno ginnasiale. Durante quei pomeriggi primaverili di scuola media, però, nonostante fosse il più girino della covata, di fronte alle mirabolanti tope Ceche, aveva una fotta da far impallidire anche i ragazzi più grandi.
Giulian ricorda in modo indelebile quella bocca che sbavava come il cane di Pavlov di fronte al cibo.
L’Armucci si informa con l’amico d’infanzia se per caso lo vede ancora quel deboscia del suo cugino. Lui con un tono asettico risponde che da un paio d’anni ci si è persi e si frequentano compagnie diverse. L’amico triangolare ostenta un dispiacere inappropriato e gli confida che purtroppo Davide si è infognato con una tribù di sbandati.
“Che bei pomeriggi abbiamo passato a giocare a pallone!” decanta nostalgico l’Armucci.
“Eh già!” sospira Giulian che vira verso sinistra pronto a salutare l’amico triangolare.
Non ha tanta voglia di rivangare i tempi delle medie, soprattutto stamattina che c’ha altri pensieri in testa e non gli fa bene per niente ripensare al passato. Magari un sera di queste, quando sarà in pace con se stesso, ci si potrà incontrare al Gallery e davanti a un birra bionda alla spina si riesumerà il passato e le campagne Ceche dell’esimio Rocco. Ma ora proprio no, il passato gli parla solo di Luna. E Luna non c’è più. Troppo banale dire che si è eclissata. Ha semplicemente deciso di fare finta che lui non esista.
E la faccia compassata di tale personaggio gli ricorda prepotentemente anche lei, visto che in quei pomeriggi la Piccola Indiana, amante del pallone, partecipava insieme all’Armucci alle sfide calcistiche di via Manzoni, astenendosi però dalle successive visioni vietate ai minori.
Jena capisce il disagio di Giulian e il pericolo che sta correndo il pulcino ginnasiale.
Quindi, prima che l’Armucci proferisca nuovamente verbo e magari rigurgiti frasi fuori luogo del tipo ‘Vedo sempre Luna nell’ora di ginnastica’ oppure, ancora peggio, ‘Te e Luna non stavate insieme? Non vi vedo più nemmeno parlare’, quel cranio rasato saluta con uno sbrigativo “Ciao, la Medusa ci aspetta” e salva l’amico triangolare da un inutile spargimento di invettive e di sangue.
Giulian dal canto suo regala a Jena un’espressione di riconoscenza. È ancora piuttosto suscettibile quando si nomina quella certa ragazza, anche se da qualche settimana cerca di non parlarne e millanta appena può una serenità interiore in stile santone new age.
I due amigos appaiati si avviano silenziosi e solenni verso le scale.
Giulian è attirato dal suono distorto di un altoparlante. Si blocca di colpo, si guarda intorno cercando di carpire l’origine di quel suono e intravede dalla porta semichiusa della palestra un fermento innaturale.
“Vado a vedere che cosa stanno combinando…”.
“Io fuggo in classe... Devo ripassare… Non mi ricordo niente” farfuglia Jena nuovamente in preda a vuoti di memoria.
“Che razzo ti serve ripassare adesso?”.
“Mi sento più sicuro così”.
Giulian si pianta di fronte allo stempiato bidello Franco, reliquia e senatore del pluridecorato, che, seduto come uno scrutinatore dietro a una cattedra, è alle prese con la spellatura di una mela. Il coltellino svizzero porta via, oltre la buccia, anche metà della polpa.
“Cosa succede là dentro, capo?”.
“Fanno del casino” risponde Franco intento ad addentare ciò che rimane del frutto.
Sembra quasi scocciato che gli si rivolga la parola in un momento così importante e decisivo della sua mattinata.
“Se ti vede Brunetta che mangi la mela nell’orario di lavoro…” lo provoca Giulian che intanto si introduce nella roccaforte delle virtù ginniche.
“Che si faccia inchiappettare Brunetta” si accalora Franco baldanzoso e intoccabile come Kevin Kostner.
In palestra lo sorprende un’aria nuova, quasi da golpe.
Al centro del parquet Alessandro Pruni, sinistrorso contestatore di seconda liceo, è intento a srotolare uno striscione. Il suo profeta è Gramsci, il suo mito è il subcomandante Marcos, con cui condivide il cappellino. Da quando è salito al potere Berlusconi, Marcos ha trovato il nemico tanto atteso e ha deciso di ridiscendere dalle montagne del Chiapas e riprendere la lotta. Non più da clandestino ma da persona libera. Ha imbastito una lista studentesca rastrellando tra i giovani e agguerriti sinistroidi del pluridecorato e le ha dato il nome di ‘Izquierda Unida’, in onore della coalizione politica spagnola della sinistra radicale.
È un tipo imponente, più pingue che muscoloso. Indossa una felpa nera dei Ramones, ha un chiodo piantato sulla lingua e uno sull’arcata sopracciliare.

(...)

 

 

 

Tommaso Balbi ha una trentina d’anni, professione psicoterapeuta, e vive a Cesena.
Esercita in uno studio privato e all’interno di vari plessi scolastici con uno sportello d’ascolto per studenti, genitori, docenti e non docenti.
Lavora inoltre come animatore all’interno della Casa Protetta (ovvero Casa di Riposo) in quel di Roncofreddo e come educatore nel progetto “Dopolavoro” (utenza: handicap adulti), patrocinato da ausl, anfass e cils di Cesena.

Ha pubblicato Il dado è tratto (racconti, Edizioni Farnedi, 2007) e Volevo essere Spiderman (romanzo, Arduino Sacco editore, 2009).