Nota
critica
Racconto
per quadri, lo si potrebbe definire; oppure polittico in una serie di
tavole; o, se si vuole, azione drammatica in successione di parti monologanti,
senza tuttavia una grande differenza. È questa raccolta di prose,
per scene e voci, di Carla Paolini, intitolata Internectasie, suggestiva
crasi di internet ed ectasie. Un piccolo grande libro dall'accentuato
peso specifico: compatto e filante, stratificato e intenso, originalissimo
nel taglio e nella scrittura, sulla linea della produzione ormai consolidata
della scrittrice cremonese.
La materia della prosa di Carla Paolini è di immediata e assoluta
implicazione esistenziale. Nella situazione normale e corrente della
quotidianità, alla minaccia del confuso stato di coscienza o
di possibile cancellazione nella dimenticanza e ai residui della pellicola
retorica che avvolge i rapporti umani, l'autrice oppone improvvisi graffi
e tagli del reale. Il flusso della vita, nello spettro della personale
esperienza, si impone a qualsiasi vocazione letteraria, producendo sulla
pagina un effetto ondulatorio tra i poli opposti del lessico della cronaca
e dell'andamento della lirica, con effetti subito coinvolgenti nella
loro forza espressiva.
Internectasie è il viaggio di un Ulisse che vive nel pieno di
una società alienante, tecnologica e spersonalizzante, e che
combatte la sua battaglia pronto ad interpretare il nostos verso l'interiorità,
consapevole della sacralità del suo viaggio. E sta proprio qui
la natura particolare di questo nuovo libro di Carla Paolini, nell'ottica
dell'interiorità, cioè dentro il labirinto mentale ed
egocentrico dell'uomo contemporaneo. È infatti un viaggio interiore,
dentro la coscienza, quello dell'autrice verso l'Itaca personale, quell'isola
invisibile che sta dentro di noi. E tuttavia, pur nel suo continuo rimando
allegorico, tale viaggio non è meno fitto di eventi, di figure,
di colori, di atmosfere della realtà esterna e tangibile. È
dunque un viaggio radicato comunque nei luoghi: il paesaggio è
quello dell'autrice, nel riferimento addirittura ai posti della sua
esperienza di vita, eppure dentro una grande metafora disegnata in passaggi
nitidi e fluenti, di piena maturità.
Il mistero della vita e il senso del suo incommensurabile valore attraversano
tutto il libro e ne sono il messaggio in qualche modo squillante, anche
formalmente, a livello di cromatismo verbale. Anche se, apparentemente,
il tono del discorso è sommesso; anzi, proprio con un effetto
inversamente proporzionale alla controllata contrazione del grado del
parlato. Secondo una formula contemplativa che subordina i gradi del
pensiero ai risvolti più umani dell'affetto e della comprensione;
nella vigile volontà di ridare credibilità ai valori attraverso
l'uso del "sottovoce" e fuori, dunque, da ogni intenzione
retorica.
Paolo Ruffilli