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"Sopravvivere a un angelo" di
Lucio Figini intervista
di Giuseppe
Iannozzi all'autore 1.
Il tuo esordio, come narratore Cicorivolta edizioni, Lucio Figini, è
avvenuto con La
discendenza dellacqua,
un romanzo che definirlo in maniera semplicistica un giallo
non è a mio avviso possibile, siamo difatti di fronte a una sorta
di esplorazione condotta allinterno delle latebre umane
senza dimenticare mai il territorio geografico. Parlando del tuo
romanzo, tra le altre cose, ebbi modo di sottolineare: Ariel,
spirito dellaria, personaggio de La Tempesta di William Shakespeare;
ma Ariel è anche un nome ebraico e biblico, più volte
citato nelle Sacre Scritture per indicare la città di Gerusalemme.
Nel ventinovesimo capitolo della Bibbia, Ariel fa la sua apparizione
come Leone di Dio; ed ancora Ariel designa una schiera di
angeli o più semplicemente uno spirito angelico. Nel misticismo
e nella letteratura apocrifa giudaico-cristiana Ariel è un arcangelo,
o anche langelo della creazione, della cura e dellira. [
]
Lucio Figini investiga lanimo umano come un novello Oliver Sacks;
ed è proprio questa la grandezza del romanzo di Figini, che muove
i suoi passi soprattutto allinterno del non poco insidioso territorio
dellAnima, o della Psiche che dir si voglia.
2. In Sopravvivere a un angelo ritroviamo il protagonista del tuo primo romanzo, ma questa volta Francesco vive in un mondo di sotto, forse in una Milano alternativa e infernale dove niente è come sembra. Vivere nella Milano di sotto non è facile, i pericoli sono tanti: gli ospiti della Milano di sotto sono variegati e tutti braccati da quelli che, in apparenza, sembrano essere degli angeli. Cè stato un cambiamento radicale per Francesco ma anche per la tua storia iniziata con La discendenza dellacqua: adesso il lettore è immerso in un mondo alieno, che, in alcuni tratti, ricorda quel mondo fantastico di Neil Gaiman ritratto in Nessun dove. Francesco è sempre Francesco, la sua follia si è solo evoluta, o meglio involuta. Mi spiego meglio. Chi ha letto La discendenza è rimasto spiazzato, si aspettava tutta unaltra cosa, ma la continuità è proprio nel cambiamento. Francesco portava in sé tratti ossessivi, che quasi sfociavano nella psicosi, manie di controllo sul mondo che percepiva attorno a lui. Lincontro con Ariel e col suo passato gli ha permesso di comprendere che nulla è controllabile. Di conseguenza lascia dallaltra parte questa sua caratteristica, ma solo per affrontare (in Sopravvivere a un angelo) il nucleo più atavico della propria follia (che ovviamente vuole fare da specchio alla follia umana). Rimane sempre un eroe atipico che lotta costantemente con i suoi demoni, le sovrastrutture, il potere precostituito, in sostanza lineluttabilità del fato. Francesco è un semplice uomo che non vuole accettare il non scegliere e questo lo rende un diverso. 3. In Sopravvivere a un angelo descrivi un mondo dove sembra imperi il male assoluto, dove un amico fa presto a voltarti le spalle e dove la sopravvivenza è appesa a un filo: il solo modo per riuscire ad arrivare al termine della giornata è di dar credito a tutta la propria forza di volontà, spesse volte ricorrendo a un atavico istinto di violenza per non finire schiacciati dalla violenza promossa dagli angeli, che si comportano come dei veri e propri squadroni delle SS.Tra le righe de La discendenza dellacqua e di Sopravvivere a un angelo, tu, Lucio Figini, hai voluto anche lanciare un allarme sociale? Il
romanzo può essere letto a più livelli, per alcuni è
una semplice storia di azione, fantasy o fantascienza che dir si voglia,
per altri una fiaba metropolitana, un mistery, un noir, per altri ancora
(e sono i lettori che prediligo) una storia visionaria,
dove la ricerca antropologica dello spirito umano (o come tu hai ben
detto la psiche) va a braccetto con un personale approccio
sociologico. Quando un uomo può fare tutto senza pagare per le
proprie azioni, quale parte di sé esce? Francesco è il
buono o il cattivo della storia? E poi siamo tanto sicuri che questa
distinzione esista? Le nostre scelte da quale antico meccanismo derivano,
solo pura sopravvivenza o qualcosa di altroo di oltre? 4. Tu, Lucio Figini, lavori in un ambito psichiatrico e socio educativo. Come e quanto la tua preparazione professionale ti è servita per dar anima e corpo ai tuoi romanzi? La mia preparazione professionale mi è servita, ma solo in parte. Diciamo che il mio vivere quotidianamente un lavoro basato sulla relazione con le persone, con il disagio, la malattia, la diversità, è stato fondamentale non tanto per i miei romanzi, quanto per la mia personale interpretazione dellanimo umano. Senza contare che ho avuto e ho modo di confrontare la follia diagnosticata con quella invece dei cosiddetti normodotati e questo mi ha permesso di comprendere che non sono tanto diverse. Il mio Francesco è un folle, o per lo meno è quanto di più lontano ci possa essere da un sano, ma, scusa la citazione cè della logica in questa pazzia (Amleto) e tutto quello che fa nella Città lo prova. 5. Ci sono degli autori in particolare ai quali hai guardato per conferire spessore al tuo stile nonché alla tua fantasia davvero particolare, unica, e per molti versi innovativa? Per prima cosa: grazie. La fantasia non mi è mai mancata,in effetti, ma la definizione di innovativa mi lusinga. Le mie contaminazioni sono davvero varie e spesso contraddittorie. Nasco tra Pirandello (come analisi psicologica dei personaggi), Dino Buzzati (come fascino del mistero e del surreale) e Hesse (come descrizione dei luoghi e dei contesti). Fino ad arrivare a Dick e a altri autori di quel filone che io amo definire socio psico fantascientifico (americani e non solo degli anni 60 e 70), generalmente sconosciuti dal grande pubblico (Friz Leiber ad esempio, autore di un ottimo Scacco al Tempo). Ovviamente non mi sto confrontando, ci mancherebbe, ma la mia generazione è cresciuta con questi autori. Poi mi sono sbizzarrito con un po di tutto. Non credo di avere un autore in particolare al quale mi riferisco, anzi cerco sempre di smettere di leggere almeno un mese prima di iniziare un nuovo romanzo, per non essere condizionato nello stile. Non potrei assolutamente leggere e scrivere insieme. Quando scrivo sono totalmente nella storia (dovrei dire ossessivamente). 6. Credi tu negli angeli e nei dèmoni, in quelli canonici che il Cristianesimo e tanti artisti a esso legati hanno disegnato per gli uomini nei corsi dei secoli? E se sì, dove credi si possano nascondere? Tranne qualche mistico e presunto santo, nessuno ha mai avuto la fortuna (o la sfortuna) di trovarsi faccia a faccia con un essere dellAldilà. Argomento delicato. Non voglio svelare nulla del romanzo, ma mi permetto di sottolineare che spesso quando si sente parlare di Angeli e Demoni si pensa subito, come tu ben dici, al Cristianesimo. Ma lorigine del termine è ben più antico, quando utilizzo questi termini (il protagonista verrà appunto chiamato Demone rosso) mi riferisco (se vogliamo cercare dei riferimenti) ai demoni delle prime civiltà tribali, a quegli esseri che sono i tramiti tra luomo e ciò che luomo non conosce o non accetta come realtà preconfezionata (o comunque che non sa spiegare). Sono stato sufficientemente credibile o si è intuito che ho eluso la domanda? Senza andare a scomodare presunte realtà soprannaturali, cè ancora molto (nonostante Freud e le nuove frontiere della psicoterapia) da scoprire dentro lessere umano. Cose che non è detto ci piaceranno. 7. A tuo avviso, Dio è unipotesi, o meglio ancora unentità superiore che potrebbe esistere o esser esistita? O è più logico pensare che Dio è giusto una probabilità, come il fatto che nellUniverso, in chissà quale tempo galassia e pianeta, potrebbe esserci stata una civiltà intelligente non troppo dissimile dalla nostra? Giordano Bruno il Nolano fu bruciato sul rogo per aver scritto e detto, fra le altre cose, che nel spacio infinito o potrebono essere infiniti mondi simili a questo, o che questo universo stendesse la sua capacità e comprensione di molti corpi, come son questi, nomati astri; ed ancora che (o simili o dissimili che sieno questi mondi) non con minor raggione sarebe bene a luno lessere che a laltro; perché lessere de laltro non ha minor raggione che lessere de luno, e lessere di molti non minor che de luno e laltro, e lessere de infiniti che di molti. Là onde, come sarebe male la abolizione ed il non essere di questo mondo, cossì non sarebe buono il non essere de innumerabili altri. Bellissima
la definizione di Dio come probabilità. 8. Nei tuoi romanzi, tu, Lucio Figini, guardi con particolare rispetto a quella fetta di società più sfortunata: i tuoi personaggi sono quasi sempre degli sconfitti, dei disadattati o delle persone che portano dentro di sé delle grandi ferite. Qual è il motivo principale e sostanziale di questa tua precisa scelta? Onestamente non lo so. Ma il fatto che alcuni lettori mi scrivano che questi personaggi (che spesso hanno più problemi di coloro che si trovano a salvare, concedimi il termine) mi riescono particolarmente bene, mi obbliga a rivolgermi la stessa tua domanda. Banalmente mi sono sempre stati antipatici gli eroi, coloro che sanno sempre quale sia la cosa giusta da fare, che quando cadono sbattono le spalle e continuano a compiere gesta eroiche, che non si fanno mai troppe domande. Francesco (per dirne uno) se cade si massacra la faccia per terra e quando si rialza è pieno di cicatrici e non sa proprio quello che deve fare, è pieno di dubbi e domande (con le donne, con il prossimo, con il proprio passato, persino con il suo corpo) ed è spesso incazzato per questi motivi (non aspettarti lascetica accettazione socratica dellignoranza). Più seriamente, adoro la follia, il mistero che si annida nelle parti più ataviche delluomo e soprattutto i meccanismi di risposta alle grandi sconfitte della vita, ma parlo di quelle serie, quelle che ti fanno uscire dalla società odierna, dalla metropoli, da tutto ciò che fino a un attimo prima ritenevi importante, per tornare nella Foresta, dove davvero il buio non è solo assenza di luce, ma ha quasi un gusto. 9. Possiamo dire che, sostanzialmente, Sopravvivere a un angelo è un urban fantasy? E in caso affermativo, per quali motivi? Io non scrivo seguendo dei generi, sono gli altri che mi definiscono in tal modo. Ho scoperto solo dopo che il mio ultimo romanzo ha molti elementi di un urban fantasy (anzi mi dicono distopic e adult). Gli elementi ci sono tutti, in effetti (anche se non credo che sia solo questo): la storia fantastica, la metropoli, la distopia della società rappresentata e il fatto che non è per adolescenti. Sembra che convenga a livello commerciale far parte di un genere, ma il mio stile di vita spesso mi ha dimostrato quanto non sia nelle mie corde. Ho avuto un'Harley (in un lontano passato), ma non mi sono mai sentito un harleysta (se esiste il termine), aborrivo i raduni e altro, ho fatto canoa, ma non mi sono mai sentito un canoista e qui mi fermo perché non ti voglio tediare e perché di cose ne ho fatte abbastanza. Credo di essere più adatto allo stile solitario, provare esperienze che ti permettano di crescere, ma affrontarle a modo tuo e non dipenderne, avere delle passioni, ma non identificarti totalmente in esse. 10. Quale potrebbe essere il principale target di lettori al quale si rivolgono i tuoi romanzi La discendenza dellacqua e Sopravvivere a un angelo? Consiglio i miei romanzi a coloro che odiano il politicamente corretto, che sono pieni di dubbi, che continuano a farsi domande, a qualsiasi età, ma che spesso non sono soddisfatti delle risposte, coloro che amano meravigliarsi sempre e che non smettono di cercare. Sconsiglio i miei romanzi a coloro che non si mettono mai in discussione e che non amano farsi trasportare in avventure dentro e fuori dellanimo umano. 11. Ci sarà un seguito a Sopravvivere a un angelo? Nutro infatti il sospetto che siamo di fronte a una trilogia; o hai forse un nuovo progetto già pronto o in corso di definizione da proporre al tuo affezionato pubblico? Dovrebbe uscire (il mio editore volendo) verso luglio 2013 il mio ultimo romanzo. Sarà la storia di Ariel diventata grande, un omaggio a questo personaggio che nella mia testa ha preso vita, è diventato grande, ma con le conseguenze di ciò che ha vissuto (il titolo sarà appunto: Ariel). Sarà la conclusione della trilogia, come giustamente tu hai intuito. Spiegherà tutto, o quasi. È un romanzo (e qui non vorrei diventare contraddittorio) che alcuni definirebbero poliziesco o giallo, dai risvolti psicologici e in parte surreali. Ma non solo. 12. Last but not least, chi è Lucio Figini, luomo e lo scrittore? Un
collega ultimamente mi ha presentato alla moglie come uno scrittore
che per vivere lavora come educatore, altri invece potrebbero
definirmi un educatore che per passione scrive. In realtà
spero di non essere definibile in questi ruoli.
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