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Angeli caduti di Beppe Iannozzi

recensione di Giovanni Agnoloni

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Angeli caduti è un’opera multiforme. Una raccolta di racconti diversi per impronta e genere, ma tutti con in comune il tema straniante della Caduta, della deviazione da un percorso preordinato e prevedibile. Quella di Giuseppe Iannozzi è una sedimentazione (o una proliferazione) entropica che giustappone e shakera spunti di vita quotidiana che sanno di (e invitano a) un quieto raccoglimento laico, esplorazioni di territori weird e intuizioni (cyber)punk imbevute di profondità storica.

Non amo dare troppi dettagli delle opere che leggo, perché alla fine la trama è l’ultima cosa a contare. Questo è un libro fatto di sensazioni. È un coagulo di sangui diversi, un rinterzo di stili, generi e situazioni pertinenti ad ambiti artistici i più vari (anche pittorici e musicali). In questo senso, è un esempio di multimedialità pur nella “staticità” tradizionale del medium cartaceo. È di avanguardia pur senza esserselo prefisso.
Viene da chiedersi come potesse essere altrimenti, data la vocazione di blogger dell’autore. Resta allora una domanda: che cos’è la caduta, e chi sono gli angeli? Sballottati in questo tourbillon di spunti, viene da pensare che si cada (o si possa cadere) dalle certezze “date per scontate”, dai dogmatismi di ogni sorta, dai perbenismi e dagli accademismi. E se è vero che anghelos, in greco antico, vuol dire “messaggero” – e quindi “inviato” –, pare proprio che colui che cade (dalle nubi?) sia forse, nella nostra società, chi non riesce più a credere alle impalcature di pensiero che non nascono da dentro e che, proprio per questo, si lancia nell’orbita umana da un’altra prospettiva. Un po’ come i veri credenti dell’omonimo libro di racconti di Joseph O’Connor.

Premendo, dentro di sé, un segreto e personalissimo tasto “INVIO”.

 


 

Angeli caduti