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Giuseppe Iannozzi & Massimiliano De Menna

Appunti su gli Angeli caduti e l’editoria

 

M.D.M.: Sto leggendo il tuo “Angeli Caduti”, che dire… bello! Se avessi il coraggio della tua penna non scriverei cazzate per far ragliare gli asini in convento. All’inizio ho pensato a Rimbaud. Poi ho capito che il punto di riferimento è Iannozzi, il Iannozzi di Angeli caduti… mi ossessiona la copertina: bella! Afferrerò Dio per quella. L’agguanterò per la coda dovessi scalare l’inferno per acchiapparlo… ho molto da fare adesso, ti lascio. Procederò nella lettura & mi faranno male i tuoi colpi al corpo. Il vuoto dell’anima è la mia forza. Angeli Caduti, Giuseppe Iannozzi… non vorrei essere nei tuoi panni quando avrò finito con te. O nei miei ora che già mi hai colto al centro, poco sotto il cuore… ma tu, credi di sapere veramente quanto sanno coprirsi gli uomini quel punto? Spacca pure mattoni giù in palestra, l’unico che cerchi veramente potrebbe frantumarti il metatarso. Non fa male, all’inizio, ti senti solo di svenire. E’ il giorno dopo, quando tutto è chiaro, che ti fa ridere il dolore di quando ti rimetteranno a posto.

 

Massimiliano De Menna


G.I.: Caro Massimiliano De Menna, sei dunque impegnato nella lettura dei miei “Angeli caduti”; spero che la lettura non ti disgusti troppo. Sono consapevole che non è una lettura facile, né i temi da me trattati sono semplici, e però sono più che mai attuali. Credo che l’universo da esplorare sia l’Uomo, nelle sue molteplici umbratili e cangianti spigolature. Prima d’ogni altra cosa mi interessa esplorare quella che è la psiche umana e perché certi personaggi, appartenenti al popolo (o agli umili, per usare una connotazione prettamente manzoniana) o alla Storia si sono mossi in una maniera piuttosto che in un’altra. Ti sarai già reso conto che non sono poche le distonie che porto sulla pagina, ma sempre non facendo riferimento a un genere letterario preciso. La mia idea è quella di evadere da tutti i generi, per consegnare al lettore qualcosa che possa essere valido oggi ma anche domani. E’ presto, troppo presto, per poter dire se sono, almeno in parte, riuscito in questo mio intento. Nell’intanto qualcuno ha detto che leggermi è difficile. E’ vero e non lo è. Non amo i cliché letterari: la più parte della narrativa moderna fa riferimento a degli stereotipi collaudati, che vengono adoperati in maniera ossessiva: ecco così che fioriscono libri-fotocopie che durano il tempo di una moda paraletteraria, e che domani nessuno più ricorderà. Le mode, in ogni campo, non sono destinate a durare: vivono il loro tempo e si estinguono. Sono la futilità, e forse anche esempio emblematico della povertà culturale in cui siamo immersi, di certo oggi più di ieri. Non amo le mode, perché, a mio avviso, non conducono da nessuna parte. Scrivere utilizzando degli stereotipi riconosciuti sarebbe molto più semplice, ma alla fine non direi niente di nuovo, finirei con l’essere uno dei tanti che scrive, e morta lì.
Colpisco e colpisco duro. Non sono politicamente corretto, perché se lo fossi sarei un ipocrita; e con i miei “Angeli caduti” colpisco alla bocca dello stomaco l’ipocrisia dilagante. Perlomeno questo è l’intento; saranno poi i lettori a dire se sono riuscito a farli cadere in ginocchio o meno.
Di ossa me ne sono rotte un po’: le cicatrici che ho sul mio corpo sono testimonianza di cui vado fiero. E anche le ossa delle mia anima sono state massacrate per bene, più e più volte. I colpi, oramai, non li sento quasi più. Ciò non significa che sia io un duro, più semplicemente sono mitridatizzato nei confronti degli attacchi che mi si muovono, a livello di idee e non. I colpi fanno sempre male. Le cicatrici rimangono ed è un bene che non si possano cancellare, testimoniano che sono vivo e che ho vissuto alla mia maniera.


M.D.M.: Caro Giuseppe, sfondi uno specchio rotto. Noi non fummo per scriver come bruti ma per seguir vertude e conoscenza. Io l’ho fatto, o l’ho creduto. E pure, sono sopravvissuto. Ma è dura! Tu hai molti meno anni di me e fai bene a dubitare, se mai dubiti della tua saggezza io lo ripeto spesso: “Never complain, never explain!”. E quando qualcuno ti inviterà a vendere meglio le tue cose io ho difficoltà a fargli intendere che non sono un laico nella scrittura – che è chiacchiera e icona, parola alata e dipinta a scalpello sopra il marmo; musica e affini – ma che comunque ha il soffio dell’immortalità. Homar Kajan dice: “La mano scrive e ciò che è scritto non può essere cancellato!”. Fa’ che di te no vi siano solo tracce di scarabocchi lungo il cammino senza senso… Frequenta – se posso – più il deserto candido che le dune, che dall’alto te ne rendi conto, qualcuno le ha vergato a posta per farci credere che non esiste. Osserva gli scorpioni più che la lucertola… è un ramarro; e sopravvive al fuoco! Dio, lo sanno tutti: è l’aquila e la lepre, la prataiola e l’erba. Il mondo è un imbuto occluso alle Marianne e cuoce merda per il Leviatano.

G.I.: Non ho mai pensato di (per)seguire una strada facile. Perlopiù sono sempre sotto il sole cocente o immerso in un freddo siberiano. Ma non vedo alcun buon motivo per scrivere la solita paccottiglia. Mi riuscirebbe bene, ci metterei davvero poco a convertirmi, a far la faccia che conviene, a leccare anche un po’ di culi; e tutt’al più verrei forse ricordato come un freak, uno scherzo delle patrie lettere. I più gentili direbbero che sono stato un coglione fra tanti coglioni, uguali o peggio di me. Nell’arco di dieci anni ho visto sorgere e svanire tanti sedicenti scrittori. Gli è forse bastato il successo di un libro per far un po’ di soldi, poi il silenzio assoluto; non che non ci abbiano provato a replicare il successo, ma, semplicemente, la moda a cui avevano venduto l’anima era già morta e sepolta, per cui i loro libri non se li è filati più nessuno, manco un cane con la rogna. Anch’io non me li sono più filati: non mi piace rovinarmi la vista per leggere libri-fotocopie, dove non c’è innovazione, dove i contenuti sono sempre uguali e stantii. E’ dunque giusto che siano caduti nell’oblio. Chi con le mani in pasta, continua a pubblicare, anche con grossi editori, riuscendo a vendere giusto una manciata di copie: il resto finisce al macero; e però avendo le mani in pasta, c’è subito pronto un altro editore a ripubblicare il romanzo finito al macero da neanche un mese. Va da sé che avere le mani in pasta accorda un po’ di visibilità in più, ma morta lì, deo gratias. Uno dei tanti problemi che l’editoria italiana deve risolvere è di non riproporre ad aeternum autori invalidi. Sin tanto che si continueranno a pubblicare i libri di Tizio solo perché lui, proprio lui, si chiama Tizio, il mercato editoriale non avrà dalla sua né prestigio né un bacino di lettori. Sono molti gli editori che si lamentano: ma, per Giove!, perché continuano a pubblicare fesserie e sempre Tizio, e al limite, ma solo per far catalogo, Caio e Sempronio? Anche nel panorama editoriale dobbiamo purtroppo parlare di Caste e Mafiette. Non di rado si pubblicano autori (per così dire ‘nuovi’), ma solo perché sono amici di altri amici: la solita vecchia catena dell’amicizia del Griso manzoniano. E gli amici degli amici, pubblicati sì, anche da editori più o meno in vista, non vendono. Non interessano alla critica, al pubblico, interessano solo a quelli che sono legati alla catena del Griso.
E poi, a chi diavolo gliene frega dei presunti diari di Mussolini? Carta da macero. A parte qualche vecchio fascista, chi vuoi che si prenda la briga di leggere ‘sta roba?

M.D.M.: Vai bene così, e non ti porre tutti questi problemi. Scrivi come ti piace, come ti dà piacere parola per parola. E se vuoi mettere “&” al posto della “e”, fallo… tanto un editor è la prima cosa che ti toglie. Rifletti! Pensa, per esempio, che a me non piace leggere. Eppure ho letto tanto. Né in questo momento piace scrivere, eppure ho scritto tanto. Riflettici: sei più distratto, più a tuo agio e felice se sei in amore con una tua creazione, non so, il ritratto di una donna nuda, la descrizione delle sue fluide pulsioni, dei suoi morbidi tratti o quando – può succedere – qualcuno ti compra quel ritratto? Ti fa un contratto per il tuo scritto? Il prezzo alla fin fine è sempre basso. E se è troppo ci puoi pagare il biglietto per il successo… che è l’anticamera della persecuzione nella casa della vanità del tic tac. E te ne stai là, a misurarti coi tuoi pari e a non sentirti mai abbastanza omaggiato, rispettato, amato. Ma di che? “J’appris la modestie”, diceva Camus. Tu invece vuoi subito giganteggiare… magari un critico che ti spieghi meglio, che sottolinei ogni tua invenzione mirabolante… va bene, va bene anche così. Tanto alla fine tutti scrivono uguale e leggono così poco che si rassegnano a scrivere meglio… è il metodo per arrivarci che è personale. Giuseppe, credo che purtroppo quello che ho letto del tuo scritto è solo un appunto per ciò che ti accompagnerà vita natural durante. C’è più materia nel tuo racconto che energia nell’atomo… decidi tu per la fusione o la fissione. Ma sappilo, le scorie ti masticheranno il cuore.

G.I.: In molti casi gli editor sono stati la rovina di non pochi autori: emblematico rimane il caso Raymond Carver, per fortuna oggi ristampato senza la mano censoria di Gordon Lish, che praticamente ci consegnò un Carver ben più che dimezzato. Louis-Ferdinand Céline, il geniaccio dei puntini di sospensione, fu costretto a far bloccare tutto prima che il suo romanzo venisse ridotto a una cosetta insulsa dall’editore che intendeva rimuovere i puntini di sospensione.
Non dico che tutti gli editor siano un male, però in molti casi uniformano le opere degli autori e le riducono a qualcosa di preconfezionato.Sono un uomo libero, quindi non ricattabile.
Non tifo per il tricolore, per la falce e il martello, i centristi o la democrazia cristiana, né per i movimenti o fac-simili. A me interessa solamente il buono che c’è nell’umanità, quando c’è. Ho una sola bandiera, senza simboli, quella della libertà.
Se si scrive sotto costrizione, legati a delle esigenze puramente di mercato, il risultato non potrà che essere discutibile. Gli artisti che hanno fatto della libertà (di espressione) la loro bandiera, avendo dalla loro un innato talento, credo non ci sia bisogno di sottolinearlo, sono poi quelli che hanno contribuito a creare una Cultura resistente, adatta al loro proprio tempo storico ma soprattutto utile ai posteri.



 


 

Angeli caduti