i quaderni di Cico
 
 

 

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Sierre (Svizzera) Ivan Carozzi e il profeta RAEL

 

titolo: "FIGLI DELLE STELLE (cronaca di un raduno Raeliano, il movimento neoconfessionale al centro dell'ultimo romanzo di Michel Houellebecq)"
collana i quaderni di Cico
autore Ivan Carozzi
ISBN 978-88-95106-01-4
pp. 156 - €10,00 - © 2006
illustrazione di copertina e concept grafico di Emidio Giovannozzi


... Ma che cos'è un reportage narrativo? Nel caso di questo libro, è il contenitore di un luminoso diluvio, fatto di annotazioni autobiografiche, divagazioni critico-filosofiche, irruzioni comiche, fughe in avanti, spunti fantastici, onirici e sprazzi di gonzo journalism, tutto dentro a una cornice di racconto solida e coerente. E allora, ecco la cronaca (?) di una convention di Raeliani, il movimento neoconfessionale al centro dell'ultimo romanzo di Michel Houellebecq, dove l'autore si è recato per una sorta di debito nei confronti del controverso scrittore francese e dove ha avuto la ventura d'intervistare il profeta Rael. E ancora, un reportage sul Salone del Libro di Torino, dove l'autore andò, senza troppa fortuna, per cercare un editore per il manoscritto di un proprio romanzo. E infine, il racconto di un artist in residence in un lillipuziano paesino della Toscana, dove l'autore cercò di seguire gli sviluppi di un documentario, e dove invece finì rinchiuso in una specie di cella medievale, mentre fuori scoppiava la primavera, a scrivere le cronache poetiche e visionarie che troverete in queste pagine.

 

 


Baldini & Castoldi settembre 2014

Il romanzo d'esordio di Ivan Carozzi, "FIGLI DELLE STELLE (cronaca di un raduno Raeliano, il movimento neoconfessionale al centro dell'ultimo romanzo di Michel Houellebecq)", già edito da Cicorivolta nel 2006, uscirà a settembre 2014 da Baldini & Castoldi Editore che ne ha acquistato, da Cicorivolta, i diritti.

(brano tratto da "FIGLI DELLE STELLE")... Da questa finestra, la notte è serena, come il tuo viso. Stelle che fluttuano amorose, e cantano filastrocche, nel fluido cielo matematico. Trasmissione di accordi, rintocchi di antiche teorie e nuove congetture. Unisci i punti e ottieni una chitarra. Giro un po' per la stanza, la testa appesantita, come imbalsamata, mi guardo intorno senza capire, mi sdraio. Scelgo un'impostazione fra le otto disponibili dello schienale regolabile della mia poltrona, e lascio che la nuca atterri sul cuscino a rulli. Mi sfilo le scarpe, appoggio i piedi sull'apposita pediera e la manovro per mezzo del telecomando collegato al bracciolo. A terra, vicino alla poltrona, il rettangolo blu di un romanzo Bompiani. Trecentonovantotto pagine pigiate nella mia memoria recente.
Rimango così, supino, chiudo gli occhi, tutto è immobile.
Ascolto il formicolio meccanico del cuscino a rulli, la musica lieve, granulare, che si sparge come miele fra le radici del mio cuoio capelluto. Il mondo si ritira, si allontana, è la bassa marea degli eventi, delle cose. La città e la notte, come pesi leggeri, origami di carta, scivolano via oltre la finestra e la strada. Una processione d'immagini appassite -strade, palazzi, quartieri- che si congedano e procedono verso un altro polo. Non posso dire di non sentirmi assolutamente comodo, in questa poltrona di pelle, rilassato, non posso negarlo, a meno di non smentire la brochure che mi ha consegnato il quarantenne abbronzato che lavora al mobilificio. Foppa Pedretti, l'albero delle idee, il top del relax, le vette dell'estasi domestica. Riapro gli occhi e appare il soffitto della stanza. Provo ad immaginarlo come se fosse la curva lenta e indefinita della volta celeste. Punto lo sguardo in profondità, lo lascio vagare, come un pendolo rovesciato, contro la legge di gravità. Il cielo è quello schermo che non cessa di allontanarsi e di venire interpretato. Mi metto a frugare fra le stelle, i pianeti, le galassie che si allontanano, gli indistinti ammassi gassosi, le tempeste di meteoriti, le code lattescenti delle comete, le pulsar che bruciano come enormi fiammiferi in fondo a quello spazio spento e nudo. Adesso, per il puro piacere di giocare, provo a viaggiare a ritroso nel tempo, lungo la mia vita di giovane uomo, provo ad attraversare i miei anni '90, i miei anni '80. La mia storia privata, nelle sue plaghe periferiche, si fonde ad immagini di Bettino Craxi, della prima Repubblica, di Roberto Baggio e del rigore americano -il pallone risucchiato in una zona d'antimateria, dove ciò che è perso lo sarà per sempre, oppure no, potrà esserci restituito-, di Pannella che fuma scoppiettante marijuana, e assordanti folate di pura informazione e vecchie, impolverate compilation di San Remo che permeano tutto questo sottocutaneo riaffiorare della memoria, fino a quando non decido di andare oltre, varcare il buio confine di un nuovo decennio, fino agli anni '70. Qui dove mi trovo adesso, nel punto esatto in cui sono riuscito a spingermi, cerco di non badare troppo al caso Moro, al suo pietoso volto d'agnello, alle molotov, ai falò, alle P38, cerco di dimenticare/cancellare i teleromanzi con Ugo Pagliai, e mi limito a constatare che l'anno in cui nacque la storia in cui mi sto per addentrare fu lo stesso in cui venne pubblicato un album di Lou Reed, le cui due facciate erano interamente solcate da un arcano ed elettrico rumore di fondo. Adesso mi sposto fino alla notte stellata e senza profumi del 7 ottobre 1975, e ciò che vedo è un uomo che non riesce a prendere sonno. Claude Vorilhon, ex cantante, ex giornalista sportivo, ex pilota automobilistico, fondatore della rivista 'Auto Pop', si trova nella grande casa di campagna in cui si è appena trasferito, nella regione medievale del Perigòrd, in Francia. Sdraiato su di una poltrona, le gambe coperte da un plaid a scacchi, sente (che cosa significa, qui, la parola 'sentire'? Forse significa che sente un'immagine prendere forma all'interno della sua scatola cranica, come se qualcuno o qualcosa ce la stesse proiettando? Oppure è una specie di suono che sente, una frequenza remota, lo stesso sciame di onde captate da Lou Reed e che ispirarono il suo 'Metal Machine Music'?) che qualcosa o qualcuno sta per prendere la sua mano e portarlo molto lontano, dove nessun uomo, nella storia degli umani, è mai stato. Claude s'infila un giubbotto, con movimento automatico, braccia e gambe azionate da un impulso in arrivo da un non meglio precisabile comando a distanza, e s'incammina nella campagna screziata dell'oro e del rosso carminio di un autunno già molto inoltrato. Con passo marziale, alimentato da un'energia nuova, diversa, che sente di non aver mai posseduto, che nessun essere umano ha mai posseduto, si fa largo nel sentiero, fra ampie foglie marce che cadono sotto il peso di piccole gocce d'acqua -gocce d'acqua che racchiudono un riflesso, il riflesso di qualcosa che lui non è ancora riuscito a vedere-, e raggiunge una radura che si apre improvvisa nel bosco, come uno squarcio. Claude solleva lo sguardo, il collo e la testa che emergono dal bavero rialzato, che si affacciano nell'aria frizzante e metallica, un mulinello che solleva da terra un vortice di foglie e ramoscelli, e vede un prisma di luce che discende da un oggetto, una cosa che sta come appesa ad un filo, nel cielo argentato. Le sue scarpe si stanno bagnando, l'acqua delle pozzanghere ha penetrato attraverso le crepe sottili della suola, ma ad un certo punto i suoi piedi infreddoliti registrano una piacevole variazione della temperatura. Il fascio di luce, infatti, si è spostato direzionalmente fino alla zolla di terra occupata dalle scarpe da ginnastica di Claude, che istintivamente si è portato una mano di fronte agli occhi, creando sulla metà superiore del volto una perfetta ombra cinematografica. La terra brucia, c'è qualche breve scintilla, delle piccole fiamme che si animano e poi si spengono. Due opposte colonne di vapore si stanno sollevando dalla punta delle scarpe e risalgono attraverso la luce bianca. Ecco, adesso può vederlo, è un disco volante quello, e lui sale in alto, aspirato nel vuoto, verso quello scudo che bascula a mezz'aria, ed è l'inizio di tutto, la prima tacca, il momento fondativo. Dopo essere salito a bordo gli viene iniettato un liquido gelido, e Claude, come nel sogno di un bambino buono, vola oltre gli striati confini della galassia, posa il piede sul pianeta degli Elohim, civile, urbano, progredito, libero, dove si divertirà molto (si accoppierà per una notte intera con sei robot biologici; durante un banchetto converserà amabilmente con Gesù, Budda, Maometto, il quale Maometto, come Claude dirà in seguito, nel corso di un'intervista concessa ad una TV canadese, gli risulta essere il più simpatico ed affabile dei tre), dove gli verrà svelato di essere nato da una relazione fra il leader degli Elohim, Jahvè, e sua madre, e dove soprattutto gli verrà mormorato il segreto tecnologico che sta all'origine della vita. L'uomo, lo informano gli alieni, nel loro idioma semplice, melodioso, è un prodotto di laboratorio, l'esito di un esperimento genetico avvenuto migliaia di anni fa e di cui gli Elohim sarebbero stati i benevoli artefici. La famiglia umana, quindi, non è un frutto complesso sbocciato nel panorama più vasto dell'evoluzione delle specie viventi, secondo un complicato processo di selezione occorso nel tempo, ma sarebbe piuttosto nata all'improvviso, in un dato momento, successivo alla formazione dell'habitat biologico terrestre, e sarebbe una diretta e conseguente emanazione del DNA di un gruppo di Elohim: una teoria assimilabile a quella divulgata nel 1969 dallo scrittore svizzero sensazionalista Erich Von Daniken, il quale nel suo 'Chariots of the gods', affermò che visitatori provenienti da un'altra galassia sarebbero giunti sulla terra e attraverso un'alterazione del codice genetico delle scimmie avrebbero creato l'uomo, andando così a colmare quel lasso di tempo biologico che nella vulgata è stato definito come l''anello mancante'.
Adesso, l'esperimento che diede luce all'uomo e alla donna può essere ripetuto su vasta scala, scala planetaria, attraverso la tecnologia della clonazione, la stessa di cui a suo tempo si servirono gli Elohim. 'Se vi fate tutti clonare, vivrete tutti per sempre: vivere per sempre, l'eternità è così vicina...', gli dicono in coro gli alieni, che hanno volti aggraziati, un po' orientali, e sono alti come bambini. Quando in seguito Claude torna sulla terra (dove la sua assenza non è durata che una manciata di minuti, come nelle storie della fantascienza più rigorosa), la sua vita, ovviamente, non potrà più essere la stessa. Adesso è un profeta e il compito dei profeti è fondare religioni, indicare col braccio levato nuove terre promesse e sapervi condurre tutti coloro che vorranno dargli credito. Così Vorilhon, che presto cambierà nome in Rael, su quanto appreso durante il suo viaggio costruisce un corpo dottrinale leggerissimo, superlight, piumato, intorno al quale cominceranno, nel tempo, a...
(continua)

 

 
Articoli di Ivan Carozzi sono apparsi su 'Il Manifesto', 'Diario', 'Rolling Stone' e sulla rivista di ufo 'Area 51'. Un suo saggio-racconto (leggi in proposito un'intervista a Ivan Carozzi, a cura di Deborah Marinacci, su www.rizzoli.rcslibri.it) è uscito in DIE FOR ME- racconti di amicizie corrotte (libro + vhs), Gallo & Calzati Editori, 2003, insieme a testi di Emidio Clementi, Anna De Manincor, Davide Longfills, Manuel Agnelli e Jadelin Gangbo.