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Brani
tratti da L'Elenco
Universale delle cose tristi
(...)
Nadine
era poco più che una bambina, quando Madame Dancourt scese dal
treno tenendola per mano. Era estate. A Saint Michel, quellanno,
il mare sembrava unenorme ametista, lucida e trasparente. I pesci
saltavano fuori dallacqua e andavano da soli nelle reti dei pescatori.
Le trattorie servivano zuppe di pesce fresco e piatti di cozze marinate
e ogni altro ben di Dio. I gamberoni arrostivano sulle graticole improvvisate
agli angoli delle strade dai giovani turisti. La campagna circostante,
dove le gru nidificavano, donava allaria un inebriante balsamo di
rosmarino selvatico e di lavanda, che cresceva a cespugli lungo le vie
scoscese che portano alle scogliere. Nadine aveva solo tredici anni. Il
sole volgeva alla fine di giugno. Il treno sbuffava nel cielo azzurro
una densa nube di vapore bianco e lei stringeva nella mano destra un fagottino
con dentro chissà cosa e nella sinistra la mano di Madame Dancourt.
Il lungo viale di Saint Jacques, che univa la stazione alla pensione,
era affollato. Le botteghe traboccavano di visitatori, soprattutto quelle
che offrivano accessori per la pesca e souvenir. Alle cinque del pomeriggio
tutto il paese si concentrava nei Café del corso e le signore dagli
eleganti copricapo facevano compere nella bottega di Madame Debussy.
Fu così che tutto il paese le vide. Le vide mentre, mano nella
mano, attraversavano il corso per recarsi alla pensione. Tutto il paese
le vide come se fossero apparse una mamma con al fianco la figlioletta.
E se così fosse stato, se si fosse trattato davvero di una madre
con la sua bambina, tutto sarebbe stato normale, nessuno avrebbe detto
nulla. Anzi, i più avrebbero magari sorriso a quella scena così
rasserenante per lo spirito, una scena di quieta vita famigliare dolce
e poetica e non avrebbero trovato nulla da ridire. Invece mentre loro
passavano per il corso, a passo fiero Madame Dancourt, timida e spaesata
Nadine, che si guardava attorno sollevando leggermente lo sguardo dal
ciottolato polveroso, tutta la gente usciva fuori dalle botteghe e le
persone sedute ai Café si facevano cenni con gli occhi o davano
di gomito a quel passaggio. La stessa Madame Debussy interruppe di servire
una cliente per uscire fuori e incrociare il suo sguardo perplesso con
quello di Monsieur Lacroy, il barbiere che, con le forbici nella mano
destra e il pettine in quella sinistra, si precipitò anchegli
sulla porta del negozio e si mise a guardare lasciando una basetta tagliata
a metà. Anche Givency, il fornaio, che pure conosceva bene Madame
Dancourt, o almeno fino a quel momento aveva creduto, uscì di corsa,
rovesciandosi addosso per la furia un sacco di farina e ritrovandosi imbrattato
di bianco nel bel mezzo del corso quando Nadine passò. Così
che lei, voltandosi, non poté fare a meno di notarlo e sorridere.
Fu lunica cosa divertente che in seguito Nadine ricordò di
quellarrivo, a parte lo sbuffo del treno, il sorriso di Madame Dancourt
e la sua bambola dentro il fagottino, che aveva già classificato
tra le cose belle.
Fu
il notaio Anvrel a parlare per primo di una relazione tra Madame Dancourt
e il Barone Bellamy, un pomeriggio verso le sei di qualche settimana dopo,
la gente seduta ai tavolini del Café, la luce del giorno ancora
viva, la noia che assale e loro tre che come sempre parlano e fumano:
il notaio Anvrel, il maggiore Blandino, il reverendo Carraba. Nullaltro
da fare che chiacchierare, sorseggiare un aperitivo e osservare le persone
che passano.
- Una relazione - precisò il notaio, - una relazione a cui si oppose
la famiglia di lei, perché il Barone di nobile conservava soltanto
il titolo, avendo perso al gioco tutto il patrimonio del casato.
Anvrel raccontò così tanti particolari che per forza la
sua storia doveva essere vera.
- Come le saprebbe certe cose, altrimenti? - Aveva dichiarato il maggiore
Blandino, mentre tagliava la punta al suo sigaro prima di accenderlo.
Tutti e tre avevano concordato che, in effetti, doveva essere così.
- Non cè altra spiegazione - aggiunse il notaio Anvrel, -
se non quella di una figlia avuta in segreto da una relazione tenuta nascosta.
La storia di Anvrel si reggeva bene in piedi.
- Anche considerando - aggiunse il reverendo Carraba, lontano cugino del
Barone Bellamy - che questultimo si è suicidato, proprio
per amore. Così si dice!
Adesso tutto tornava, il suicidio, la fuga damore, la relazione
con Madame Dancourt e la bambina che ormai aveva allincirca tredici
anni.
Le date erano esatte, anche se nessuno aveva mai visto Madame Dancourt
con il pancione.
- Ma, si sa - aggiunse il maggiore Blandino, - le donne, se vogliono,
sanno nascondere bene certe cose e poi... - sentenziò dopo una
pausa studiata che aveva allungato ad arte lisciandosi il baffo destro
con lindice e il pollice della mano destra, - non ricordate forse
che per due settimane, tredici anni fa, Madame Dancourt disse che andava
a Londra?
Nessuno se ne ricordava ma il notaio Anvrel fu lesto a schioccare le dita:
- A Londra, è vero! - quasi stupito che quella sua fandonia, inventata
per scacciare la noia di un pomeriggio qualunque passato al Café,
avesse in men che non si dica trovato un così facile seguito.
(...)
Sono
la pensione più vecchia di Francia e, ne sono sicura, anche quella
con i clienti più affezionati.
Nelle stanze al piano terra, quelle più comode per accedere al
giardino, soggiornano da anni diversi ospiti. Alcuni stanno qui da un
lustro. Hanno concordato con Madame Dancourt una cifra ragionevole, comprensiva
di vitto, alloggio e servizio di lavanderia. Oltre al professor Poustkin
e al signor Parton, ci sono i coniugi Fernet. I coniugi Fernet sono sposati
da cinquantanni e dunque sono diventati uguali, come tutti coloro
che trascorrono la loro vita insieme.
Hanno identici atteggiamenti, analogo modo di guardare, addirittura gli
stessi pensieri, contemporaneamente.
Amore - dice qualcuno; simbiosi, replica il professor Poustkin nel suo
Elenco Generale delle parole vuote, quando descrive il comportamento dei
coniugi Fernet.
Lui, Leopold, ha anche scritto poesie per lei. Bellissime poesie. Lei,
Justine, ha campato facendo la sarta. La vita distribuisce dei ruoli.
A casaccio, a volte. Ma loro si stimano reciprocamente. Ognuno conosce
il valore dellaltro e stanno assieme da tutti quegli anni. Negli
sguardi di lei cè un sentimento buono, di fiducia, come se
la vita potesse ancora cambiare, come se, da un momento allaltro,
dalla porta, qualcuno potesse chiamare fuori suo marito anteponendo al
nome di questultimo lunico e solo possibile appellativo: non
il signor Leopold, non lavvocato Leopold, ma il poeta Leopold. Lei
ha fiducia nella vita. Lui no. Il suo sguardo è triste, triste
come le poesie che scrive per lei. Parlano di inverni, di piogge, di occasioni
che fuggono.
Nientaltro.
Non cè nientaltro da dire su questi due clienti. Perché
la vita non è un romanzo. Non dà a ciascuno un ruolo che
si incastri con quello degli altri. La vita fa di suo. Ha messo Leopold
e Justine in questa pensione e si è dimenticata di loro.
Poi
cè il signor Ruppert. Nella stanza numero tre. Scrive e riceve
corrispondenza da tutta lEuropa. Ogni tanto arriva Chichy, il postino,
che gli porta una busta. Io guardo. Il timbro è quello di Parigi
o di Vienna, addirittura di Cracovia. Una volta ha ricevuto una missiva
da Napoli, poi unaltra gli è giunta da Berlino. Passa le
giornate a leggere. Ogni tanto sparisce per un mese o due. Poi torna.
Quando torna è sempre affannato. Gli si legge negli occhi la paura.
Ieri ha ricevuto questa lettera...
Parigi,
2 agosto 1843
La
MACCHINA PER SCRIVERE
Caro
Ruppert,
ti rendo partecipe di questa invenzione che penso possa classificarsi
al primo posto del tuo Elenco generale delle cose tristi.
Si tratta di un dispositivo inventato da Pierre Foucault e successivamente
ripreso da Charles Thurber, composto di leve a ventaglio che, premute,
permettono di ottenere la stampa del carattere sul foglio di carta portato
da un cilindro.
Immagina: questa potrebbe essere lultima lettera che ti scrivo a
mano. Sono sicuro che linvenzione non tarderà a diffondersi.
Sembrano tutti molto entusiasti del nuovo mezzo meccanico. Dovè
la tristezza, ti chiederai? Sono sicuro che lhai già individuata.
Quando sento arrivare il postino, io scendo dabbasso e appena mi consegna
una lettera, riconosco già dal tipo di scrittura sulla busta il
mittente. Tu, per esempio, caro amico, usi degli svolazzi sulla G o sotto
le Q. Il mio cuore batte forte. Quel briciolo dansia prima dellapertura,
conoscendo lautore della missiva ma non il suo contenuto, dove andrà
a finire? Riceverò una lettera scritta a macchina. Le buste sembreranno
tutte uguali. Sono sicuro che questo non è che linizio di
un appiattimento generale, di una indifferenziazione universale. Daltronde,
il progresso tende a omogeneizzare. Le diversità sono difficili
da governare, come tu ben sai. Non starò più in ansia aprendo
la busta. Non saprò di che si tratta finché non avrò
letto la firma. E poi lo spirito. Che fine farà lo spirito? Dal
modo in cui hai tracciato le parole, io sono in grado di stabilire quale
fosse il tuo stato danimo nel momento in cui stavi compilando la
lettera. Per esempio, lultima volta che mi hai scritto, inserendo
nel tuo Elenco, al settimo posto, la voce- settembre, perché qualcosa
sta per finire-, io ho avvertito nella tua grafia una certa inquietudine.
Le vocali non erano più ampie e rigogliose ma quasi meste, inclini
alla malinconia, timide e riservate.
So che stai attraversando un momento difficile. Quando il tuo Elenco sembra
concluso, ecco che arriva una segnalazione nuova da una qualche città
dEuropa e poi unaltra e unaltra ancora e così
devi ricominciare daccapo.
Sono al corrente del fatto che lamico Friedrich da Vienna ti ha
segnalato, da ultimo, come cosa tristissima, la Borsa. Ne convengo. Non
trovo nulla di più triste della Borsa in questi ultimi tempi. Non
ne faccio una questione morale. Né insisto a sottolineare, come
fa lamico Friedrich, il carattere riprovevole dei guadagni o delle
perdite derivanti dalle speculazioni finanziarie. è una questione
diffusa di dabbenaggine. Ovunque trionfa il soddisfacimento sfrenato degli
appetiti malsani che trova la sua soddisfazione nel gioco. Gli investitori
ancora non hanno capito che solo pochi iniziati dettano le regole. Si
è diffusa lidea del danaro facile e presto molti si accorgeranno
di quanto sia pericoloso il luogo in cui hanno depositato i loro risparmi.
Banchieri, industriali e politici hanno creato un mostro che in poco tempo
distruggerà le ricchezze di tutti questi creduloni. Per questo
mi mette tristezza chi adesso guadagna in Borsa. Non ha ancora capito,
questo povero stolto, che presto quel contentino che gli viene concesso
è come il formaggio che si offre al topo per farlo cader in trappola.
Mi ritengo tuttavia soddisfatto che nel tuo ultimo Elenco tu abbia inserito,
alle prime dieci posizioni, tre voci da me segnalate, e precisamente:
il
ricordo distrutto
la noia della domenica
lappagamento e il dolore
Sono
voci dovute allintuito del mio amico Arthur. Lho conosciuto
a Weimar. Ha scritto alcune pagine in merito che vorrei farti leggere...
A proposito del ricordo distrutto, sappiamo entrambi che è solo
per lincanto della lontananza che vediamo paradisi destinati a svanire
come illusioni ottiche qualora potessimo viverli davvero...
Il futuro ed il passato creano fate morgane destinate a procurarci infelicità.
Ogni volta che soddisfiamo un bisogno, eccone subito un altro. La vita
si presenta come un continuo inganno, quel che ha promesso non lo mantiene.
Sai cosa scrive Arthur? La vita è un affare che non copre le spese.
Ma quando avessimo appagato tutti i bisogni, che cosa accadrebbe? Saremo
assaliti dalla noia, il vero male della borghesia, il supplizio delle
classi superiori.
In definitiva, nulla vale la pena del nostro sforzo, perché esso
svela linganno dellappagamento, che subito è sostituito
da un altro bisogno o, nella peggiore delle ipotesi, dalla noia. Così
il dolore irrompe prima come privazione, bisogno, ansia e poi ricompare
sotto altre forme: diventa amore passionale, gelosia, ambizione ed inquietudine.
Come dice Arthur, il mondo fa bancarotta da tutte le parti.
Per cui, alla luce dei recenti sviluppi, io credo che la lista, ai primi
dieci posti, vada così ridisegnata:
il
ricordo distrutto
la noia della domenica
lappagamento e il dolore
la macchina per scrivere
la Borsa
settembre perché qualcosa sta per finire
il suono dellaccordeon
la macchina fotografica
il seltz
la bambola di stracci
Come
puoi notare, le prime quattro voci sono frutto della mia ricerca e mi
sembrano meritare la loro collocazione non solo per profondità
ma anche per qualità oggettiva.
Dopo diversi anni di collaborazione ritengo esaurito il mio compito, sicuro
di aver svolto un ottimo lavoro. Ti prego pertanto di dichiarare la mia
vittoria nella classifica generale dei compilatori dellElenco Universale
delle cose tristi e di inviarmi la somma pattuita.
Tuo
Auguste
Saint
Michel, 14 agosto 1843
Caro
Auguste,
il tuo contributo si fa sempre più interessante e prezioso.
è vero, allo stato attuale, direi che non vi sono dubbi sulla collocazione,
nel mio Elenco Universale, delle tue segnalazioni.
Permettimi però di farti notare, anche alla luce di quello che
tu scrivi in riferimento alla condizione miserrima della vita, che nulla
meglio della macchina fotografica simboleggia la condizione meschina dell'uomo,
il suo desiderio di apparire ciò che non è, la sua voglia
di mostrarsi secondo la rappresentazione che egli stesso ha o vorrebbe
avere di sé.
Pertanto, non ho ancora trovato nulla che meglio possa rappresentare la
tristezza, anche se le tue considerazioni filosofiche circa lappagamento
ed il dolore e soprattutto la noia della domenica appaiono entusiasmanti.
Comunque sappi che, dopo tanto tempo, ho deciso che concluderò
lElenco entro la fine di questanno. Lasciamo passare Natale,
caro amico, (a proposito, come mai nessuno di voi ha pensato di segnalarmi
il Natale come meritevole di entrare nellElenco Universale delle
cose tristi?) e poi stilerò la classifica finale. Per ora le segnalazioni
che ho ricevuto da tutta Europa ammontano a settanta voci, ma alcune sono
state eliminate quasi subito. Mi rendo conto che più si va avanti
più la selezione diventa difficoltosa. Ti farà piacere sapere
che alcune delle voci che tu mi hai segnalato trovano spazio nelle prime
dieci posizioni, ma questo non è ancora sufficiente per assegnare
il premio.
Riceverai la classifica finale per i primi giorni dellanno venturo.
A presto.
Tuo
Ruppert
(...)
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