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Brano
tratto da "UBRIACHI"
“Pavimento
Liquido”
E'
soltanto un labirinto di incroci dinastici.
Vedo la pazzia oscillare scialba come un ubriaco.
Penso a Sfigati, mangiammerda, pseudoserialkiller da borgo meccanico.
Il pavimento quella sera sembrava liquido, un trip eccezionale, un pavimento
freddo, di marmo grigio, increspato come la superficie del mare.
Tu bloccato ci navighi sopra su una sedia stile primo Rinascimento, e
sei immobile, non ondeggi, ma il pavimento è d'acqua, il pavimento
ondeggia, uno stupido lastricato di marmo che diventa liquido, semovente,
vivo.
E tu sei immobile, sempre, e l'osservi.
Provi a guardare un bicchiere ed è la stessa storia, il bicchire
danza, su se stesso, sulla sua base, sembra un invertebrato, un flaccido
del cazzo, grasso di vetro ondeggiante.
Poi guardi la più classica delle scene.
Ubriachi, i soliti 4 stronzi, i soliti vitafobici, tecnicamente intelligenti
ma mentalmente stupidi.
Automi senza cervello, senza idee, senza una donna all'infuori dello schermo
del pc.
Gente così talmente demente da farti impallidire, cerebrolesi pieni
di sé.
Convinti, credenti, belli a sentir loro.
Lì, prosecco, bicchiere obeso, e sorriso da ebete, nella convinzione
più subdola e triste, di credersi ok, autonomi, inseriti.
Con la fotuttissima idea di piacere, di piacersi, di avere speranza.
Riempirsi gli occhi e la testa della bellezza di donne altrui, sentirsi
gonfi, impasticcati di vanagloria, in overdose di fiducia dei propri mezzi,
in claustrofobia di idee sensate.
Averci 30 anni, sentirsene 50 e dimostrandone 10.
Roba da altro mondo, roba da ospedali psichiatrici.
Ma tu sei lì, testimone e spettatore di questo dissacrante teatro
degli orrori.
Sei in trip è vero, ma non hai bevuto nulla.
Pensi sarebbe bello sventrarli con un machete, farne bistecche da arrostire
e avanzi da conservare in congelatore.
Al contempo ti sembra inutile, capisci che gli faresti un favore, sarebbe
da mangiaprozac.
Allora ti uniformi, ti mascheri, ti vesti di imbecillità, e ti
metti alla loro mercè.
Ti rendi ridicolo al loro giudizio, li fai ridere di te, e gli riempi
l'ego.
Per diventare più furbo devi sceglierti un avversario più
furbo.
Loro non lo sono, non lo saranno mai, ma devi farglielo credere.
Devi suturare con stupidità le loro ferite, devi riempire le loro
vite stupide, piatte, senza senso.
Vite che in cuor loro sanno, e ne sono certi, sono vite dimmerda, ma continuano
ad illudersi.
E tu li fai illudere, gli dai la convinzione che sono migliori di te,
migliori di tutti, capi al centopercento garantito made in man.
Poi, quando sei inoffensivo, quando stanno per sopraffarti e si avvicineranno
a te, lì, in quel preciso momento sferrerai il tuo ignobile colpo,
la tua vigliacca bastonata, la tua giustizia divina.
Una coltellata calma, calda, benassestata, un solo colpo dolce e mortale,
improvviso inaspettato.
Passarti la lama sulla lingua, leccarla, e ridergli in faccia guardandoli
morire.
In fondo, c'è stupore, il pollo sarai sempre tu caro amico, ma
il pollo che cuoce lento al forno quello non sei tu, quello sono loro.
E ridi, e riderai a crepapelle.
Alto, enorme, gigantesco, ma nascosto, sempre, e per sempre eternamente
nascosto, e che nessuno lo sappia mai, per carità!
(...)
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