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temalibero
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titolo:
"Il
sangue di una tartaruga feroce" QUESTE STORIE PARLANO DI CRUDELTÀ. OGNI RIFERIMENTO A FATTI E PERSONE REALMENTE ESISTITE È PURAMENTE CASUALE.
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È
d'obbligo precisare che di camorra, di delitti, di malavita nelle pagine
rabbiose di Daniela Ambrosio non c'è traccia: la vera crudeltà
è, semmai, nelle storie quotidiane di personaggi banali che si aggirano,
mescolati fra di noi, nelle nostre città. L'autrice sembra aver trovato
un punto d'osservazione privilegiato, si muove fra loro, ascolta i loro
discorsi, è simpatetica ai loro drammi. Eppure, con grande freddezza
e una buona dose di lucidità riesce, descrivendoli, a distaccarsi
dai suoi personaggi, dalle location della sua Napoli e della "sua"
Milano. I protagonisti delle sue storie sembrano infatti, al contempo, immersi
nella realtà che li plasma e sospesi fuori dal tempo e dallo spazio.
Sono storie crudeli e feroci, ma il più delle volte i carnefici coincidono
con le vittime e le sofferenze di questi ricadono sui primi. Daniela Ambrosio, senza orpelli politici, ricostruisce un mondo tanto spietato quanto realistico. Più che le storie, ciò che colpisce maggiormente è la febbricitante freschezza del linguaggio. (Andrea G. Pinketts ) |
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Brano tratto da "IL SANGUE DI UNA TARTARUGA FEROCE" Napoli
si svegliava la mattina come una donna sfatta e pingue, con il trucco
sbavato e unaria cattiva, come in una stanza dove si è stati
tutto il giorno a fumare Merit di contrabbando. Paola si sveglia assonnata
come tutte le mattine, leyeliner sul cuscino, il rossetto ancora
appiccicato sulla bottiglia di birra poggiata di fianco al letto. Non
mette mai il pigiama, Paola, e spesso si sveglia con qualcuno, oppure
con lodore di chi ha dormito nel suo letto la sera precedente. Un
odore che molto spesso non è buono, è odore di ascelle,
oppure di alcol, di rancido e fumo messi assieme. Paola non fa mai troppo
caso alle persone che passano la notte con lei, perché lei pensa
sempre ad altro. Solitamente, si concentra sul soffitto, oppure sul pavimento,
o sulla parete di fianco, perché Paola non guarda mai negli occhi.
Nessuno. Appena sveglia comincia a fumare, a digiuno, lo stomaco ancora
in disordine e gli occhi spenti. La ragazza spagnola che divideva con
lei lappartamento si è trasferita a Bologna, e a Paola tocca
cercarsi una nuova inquilina. Non ne ha voglia, così come non ha
voglia di cercarsi un lavoro, né di terminare gli ultimi tre esami
alluniversità, facoltà di lettere. Si era iscritta
a lettere perché le piaceva leggere, amava soprattutto Moravia
e Pasolini, ma anche Dante. Preferiva il Purgatorio, ma non sapeva neanche
il perché. Il suo scrittore straniero preferito invece era Yukio
Mishima, il giapponese che si suicidò facendo karakiri. Paola vorrebbe
andar via, lontano, in una città grande, perché Napoli è
solo un grande paese, troppo complicato, troppo difficile viverci. Napoli
è sporca e cattiva. Londra o New York andrebbero meglio. Barcellona
o San Francisco pure. Che importa? Si è trasferita a Napoli per
via dell università, sempre meglio di quel buco in provincia
di Salerno dove i suoi genitori ancora vivono. Paola non torna quasi mai
lì, perché dice sempre che se Cristo si è fermato
ad Eboli, deve esserci un motivo. Per fortuna, i genitori le pagavano
laffitto, così poteva permettersi una vita quasi decente.
Tanto, i soldi che ha a disposizione li spende tutti al bar, compra libri
e crack e mangia pochissimo. Paola cammina per la strada e non vede nessuno. Molti, però, guardano lei: è alta, magra, bionda, potrebbe quasi essere una modella, oppure una rock star, oppure tutte e due insieme. È solo il suo modo di vestire a farla rientrare nella condizione dei mortali, di quelli che non badano alle etichette così come non badano a loro stessi. È già pomeriggio, ma a Napoli non si capisce mai che ora è, è sempre ora di punta. Cè gente per la strada, ma Paola cammina come se ci fosse solo lei al mondo. Cerca un bar, il suo baretto. Piazza del Gesù nuovo.Una Becks con vodka alla fragola. Beve sempre il solito intruglio, Paola, al pomeriggio. Corregge la birra con la vodka alla frutta perché così è più buona, più dolce. Va giù facilmente. E un caffè. Amaro. Spera che non le si avvicini nessuno, lei conosce tutti qui e tutti conoscono lei, perché vuole leggere in santa pace. E nondimeno, forse tutto ciò gli era indispensabile al perseguimento della vera bellezza: quel vuoto interiore, quella dispersione di ogni gioia, perfino quella totale incapacità di credere che il peso oppressivo di ogni singolo istante fosse un dato di realtà, che il suo dolore, quantomeno, gli appartenesse in proprio. I sintomi affioranti in un uomo afflitto dalla bellezza somigliano non poco a quelli della lebbra. Ciao
Paola, che fai Paola?. Si avvicina a lei un ragazzo, alto, magro,
con gli occhi neri e nervosi. (...)
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Daniela
Ambrosio è nata ventisette anni fa allombra del Vesuvio.
Si è laureata a Napoli in Storia dellarte e ha vissuto un
po qua un po là, prima di stabilirsi a Milano, dove
lavora come curatrice di mostre. |
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